Cassazione Civile, Sez. Lav., 19 ottobre 2017, n. 24765 - Infortunio sul lavoro e prestazioni previdenziali. Ricade nella copertura assicurativa qualunque attività manuale connessa allo svolgimento delle mansioni


 

Presidente: D'ANTONIO ENRICA Relatore: CAVALLARO LUIGI Data pubblicazione: 19/10/2017

 

 

 

Fatto

 


che, con sentenza depositata il 24.3.2011, la Corte d'appello di Roma ha confermato la statuizione di primo grado che aveva rigettato la domanda di A.P. volta a conseguire le prestazioni previdenziali dovutegli per l'infortunio occorsogli in data 25.7.1996; che avverso tale pronuncia A.P. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura illustrati con memoria; che l'INAIL ha resistito con controricorso; ,
 

 

Diritto

 


che, con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 421 e 437 c.p.c., nonché vizio di motivazione, per avere la Corte di merito ritenuto che, non essendo stato tempestivamente dedotto da parte ricorrente lo svolgimento di attività manuale, la prova testimoniale pur disposta dal collegio non avrebbe potuto supplire alla deficienza dell'allegazione in fatto;
che, con il secondo motivo, si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 421, 437, 214-216 c.p.c. e 2113 c.c., nonché vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale attribuito rilievo decisivo ad una dichiarazione concernente le modalità con cui era avvenuto l'infortunio che il ricorrente, viceversa, aveva tempestivamente disconosciuto;
che, con il terzo motivo, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 38 Cost., 1 e 4, T.U. n. 1124/1965, nonché di vizio di motivazione, per avere la Corte di merito ritenuto che le attività svolte dal ricorrente non fossero manuali nel senso voluto dalle disposizioni citate e comunque per non aver ritenuto che il lavoratore assicurato dovesse essere tutelato per qualunque rischio riconducibile all'attività svolta; che, con riguardo al primo motivo, è sufficiente ricordare che l'esigenza della ricerca della verità materiale, cui è doverosamente funzionalizzato il rito del lavoro, postula pur sempre che i poteri d'ufficio del giudice d'appello in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova, ove essi, ai sensi dell'art. 437, comma 2°, c.p.c., siano indispensabili ai fini della decisione della causa, possano e debbano esercitarsi esclusivamente con riferimento a fatti che siano stati allegati dalle parti ed emersi nel processo a seguito del contraddittorio delle parti stesse (cfr. da ult. Cass. n. 20055 del 2016); 
che, nella specie, i capitoli di prova richiesti in sede di gravame (debitamente trascritti a pagg. 9-10 del ricorso per cassazione) concernevano, per un verso, le mansioni svolte dal ricorrente quale socio amministratore di SOGET s.r.l., descritte esclusivamente in termini di «acquisizione commesse, misurazioni, preventivi di spesa etc.», e per altro verso la dinamica del sinistro, di talché la deposizione del teste C., nella parte in cui ha riferito che «le mansioni del [ricorrente] consistevano nell'operare manualmente quotidianamente nel cantiere», eccede obiettivamente l'ambito di quanto dedotto dal ricorrente medesimo nel ricorso introduttivo del giudizio e chiesto di provare per testi, avvalorando piuttosto quanto egli aveva per la prima volta riferito in occasione del libero interrogatorio disposto in sede di gravame circa il carattere prevalentemente manuale della propria attività (cfr. la trascrizione del verbale di udienza a pag. 14 del ricorso), e del tutto correttamente la Corte di merito non ne ha tenuto conto ai fini del decidere;
che, con riguardo al secondo motivo, è sufficiente rilevare che la Corte territoriale, lungi dall'attribuire rilievo decisivo alla dichiarazione a firma del ricorrente e datata 4.11.1996, ha semplicemente rilevato come il suo contenuto fosse coerente con quanto da lui stesso dichiarato in seno al ricorso introduttivo, di talché, indipendentemente da ogni questione circa la tempestività del disconoscimento della sottoscrizione (che parte ricorrente riferisce di aver effettuato solo in occasione del libero interrogatorio disposto in sede di gravame), il motivo di censura va ritenuto inammissibile per estraneità al decisum (Cass. n. 17125 del 2007 e numerose successive conformi);
che, con riguardo al terzo motivo, questa Corte ha già chiarito che la disposizione di cui all'art. 4, n. 7, T.U. n. 1124/1965, secondo cui sono ricompresi nell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro «i soci delle cooperative e di ogni altro tipo di società, anche di fatto, comunque denominata, costituita od esercitata, i quali prestino opera manuale, oppure non manuale alle condizioni di cui al precedente n. 2)», ossia allorché, «anche senza partecipare materialmente al lavoro, sovraintendono al lavoro di altri», deve interpretarsi nel senso che i soci delle cooperative e di ogni altro tipo di società, quando prestano attività lavorativa per lo scopo della società (c.d. dipendenza funzionale), sono assoggettati all'obbligo dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro in due distinte ipotesi, rappresentate rispettivamente dallo svolgimento di attività lavorativa di tipo manuale ovvero dallo svolgimento, in modo permanente o avventizio, di attività non manuale (cioè intellettuale) di sovraintendenza al lavoro altrui, con la precisazione che, mentre in riferimento alla prima ipotesi l'obbligo assicurativo sussiste a prescindere dal fatto che l'attività lavorativa sia prestata in forma subordinata o autonoma, con riguardo all'attività di sovraintendenza il suddetto obbligo sussiste solo nell'ipotesi in cui il relativo svolgimento avvenga in forma subordinata (Cass. nn. 5382 del 2002 e 8225 del 2003);
che costituisce orientamento parimenti consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui l'occasione di lavoro di cui all'art. 2, T.U. n. 1124/1965, non implica necessariamente che l'infortunio avvenga durante l'espletamento delle mansioni lavorative tipiche in ragione delle quali è stabilito l'obbligo assicurativo, essendo indennizzabile anche l'infortunio determinatosi nell'espletamento di attività lavorativa ad essa connessa in relazione a un rischio insito in un'attività prodromica e comunque strumentale allo svolgimento delle medesime mansioni, con il solo limite, in quest'ultima ipotesi, del cosiddetto rischio elettivo (cfr. in tal senso già Cass. n. 5419 del 1999, cui hanno dato seguito Cass. nn. 10298 del 2000, 9556 del 2001, 1944 del 2002, 16417 del 2005 e, da ult., Cass. n. 2136 del 2015); che, dovendo conseguentemente ritenersi estraneo alla nozione legislativa di occasione di lavoro il carattere di normalità o tipicità del rischio protetto (così, specificamente, Cass. n. 1944 del 2002, cit.), la disposizione di cui all'art. 4, n. 7, T.U. n. 1124/1965, nella parte in cui prevede che i soci delle cooperative e di ogni altro tipo di società siano assoggettati all'obbligo dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro allorché «prestino opera manuale», dev'essere interpretata nel senso che ricade nella copertura assicurativa qualunque attività manuale connessa allo svolgimento delle mansioni che costituiscono oggetto dell'obbligazione lavorativa e non solo - come invece ritenuto dalla Corte di merito - quel tipo di attività che sia connotata da prevalente manualità, stante da un lato la difficoltà di distinguere ontologicamente tra attività manuale e intellettuale e, dall'altro, la necessità di attribuire alla disposizione cit. un significato coerente con le finalità protettive dell'assicurazione, la quale - ai sensi dell'art. 38 Cost. - non è tanto volta a prevenire il rischio del verificarsi dell'evento lesivo, quanto piuttosto a tutelare la situazione di bisogno riveniente da quest'ultimo; che, pertanto, in accoglimento del terzo motivo, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata per nuovo esame alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione; ,
 

 

P. Q. M.

 


La Corte accoglie per quanto di ragione il terzo motivo di ricorso, rigettati i primi due. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Cosi deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 5.7.2017.