Domanda proposta da P. S. contro l'Ente Ferrovie dello Stato per l'accertamento del diritto alla costituzione di una rendita per malattie contratte a causa di servizio.
La Corte d' Appello ha ritenuto che non fosse provata nè l'esposizione a rischio nè il nesso tra le infermità denunciate e l'attività lavorativa.


Ricorre in Cassazione P.S. - Ricorso respinto.

La giurisprudenza della Corte è consolidata nel ritenere che "l'istituto della rendita per malattia professionale e quello dell'indennizzo per causa di servizio si fondano su presupposti diversi: l'indennizzo è un beneficio (qualificabile come prestazione speciale di natura non previdenziale) che la pubblica amministrazione attribuisce al proprio dipendente per compensare menomazioni fisiche comunque connesse col servizio, prescindendo da qualsiasi giudizio sull'incidenza del danno sofferto dal pubblico dipendente alla sua capacità di lavoro, limitandosi la normativa in materia a richiedere che quest'ultimo sia rimasto leso nella sua integrità fisica; la rendita di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965 richiede che la malattia sia contratta nell'esercizio e a causa della lavorazione svolta, e impone perciò un nesso più stretto tra malattia e attività lavorativa.
Dovendo quest'ultima, in caso di fattori plurimi, costituire pur sempre la causa sufficiente, ossia la "conditio sine qua non", della malattia.
Ne consegue che il riconoscimento della causa di servizio non ha rilievo decisivo ai fini del riconoscimento della malattia professionale".

"L'interessato aveva dunque l'onere di fornire la prova di due fattori essenziali per tale indagine, ossia le mansioni alle quali il lavoratore era assegnato e le concrete modalità del loro svolgimento.
Nella specie, come risulta dalla sentenza impugnata, tale prova non era stata data".


 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAVAGNANI Erminio - Presidente -
Dott. BATTIMIELLO Bruno - rel. Consigliere -
Dott. CURCURUTO Filippo - Consigliere -
Dott. TOFFOLI Saverio - Consigliere -
Dott. MAMMONE Giovanni - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 12311-2006 proposto da:
P.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TARO 25, presso lo studio dell'avvocato MAGARAGGIA DEBORA, rappresentato e difeso dall'avvocato PAPADIA FRANCESCO VINCENZO, giusta mandato in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro RETE FERROVIARIA ITALIANA SPA, (già Ferrovie dello Stato - Società di Trasporti e Servizi per Azioni), in persona dell'avvocato A. G., nella qualità di institore ex art. 2203 c.c. in virtù dei poteri conferitigli giusta procura per atto Notar Dott. Paolo Castellini del 4 luglio 2001, rep. n. 63122, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE TOPINI 113, presso lo studio dell'avvocato CORBO NICOLA, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
e contro INAIL, ISTITUTO NAZIONALE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del Dirigente con incarico di livello Generale, Dott. V. P., Direttore della Direzione Centrale Prestazioni, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE N. 144, presso lo studio dell'Avvocato LA PECCERELLA LUIGI, che lo rappresenta e difende unitamente all'Avvocato LUCIA PUGLISI, giusta procura speciale del 17 maggio 2006, rep. n. 70760, a rogito del Dott. Carlo Federico Tuccari, notaio in Roma, allegata in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 821/2005 della CORTE D'APPELLO di BARI del 17/03/05, depositata il 14/04/2005;
udito l'Avvocato Papadia Francesco Vincenzo, difensore del ricorrente che si riporta agli scritti;
udito il P.G. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GIOVANNI SALVI che conferma le conclusioni scritte.

Fatto

La Corte d'appello di Bari, con sentenza n. 821/2005 depositata il 14 aprile 2005, respingendo l'appello, ha confermato la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta da P. S. contro l'Ente Ferrovie dello Stato per l'accertamento del diritto alla costituzione di una rendita per malattie contratte a causa di servizio.
La Corte ha ritenuto che non fosse provata nè l'esposizione a rischio nè il nesso tra le infermità denunciate e l'attività lavorativa.
Quanto all'esposizione a rischio, ha precisato che il lavoratore non aveva dato alcuna prova dell'attività svolta e delle sue modalità, anche temporali.
Questa lacuna probatoria non poteva essere colmata dalla c.t.u., la quale ha finalità diverse.
Quanto al nesso, il precedente riconoscimento della causa di servizio non costituisce prova per l'attribuzione della rendita, trattandosi di istituti aventi presupposti diversi.
Avverso questa decisione P.S. ricorre per cassazione con tre motivi.
Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. (già Ferrovie dello Stato s.p.a.) e l'INAIL resistono con controricorso.
Disposta la trattazione del ricorso in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 375 c.p.c., comma 2 (vecchio testo), il Pubblico ministero ne ha chiesto, con le conclusioni scritte, il rigetto per manifesta infondatezza.
Il ricorrente e R.F.I. s.p.a. hanno depositato memorie.
 
Diritto

Con il primo motivo il ricorrente sostiene che nel provvedimento che aveva riconosciuto la causa di servizio si affermava che le patologie erano dipendenti da concausa efficiente e determinante di servizio.
Inoltre, una circolare della società avvertiva che il riconoscimento della causa di servizio costituisce un elemento certo del nesso tra la malattia e l'attività lavorativa.
La sentenza impugnata aveva del tutto ignorato queste fonti di prova.
Con il secondo motivo sostiene che dall'anamnesi personale e lavorativa esposta nella c.t.u. emergeva l'esistenza del nesso.
Con il terzo motivo si sottolinea che il diritto alla rendita sussiste anche quando l'attività lavorativa sia soltanto concausa delle patologie.

I suddetti motivi sono infondati.

La giurisprudenza della Corte è consolidata nel ritenere che "l'istituto della rendita per malattia professionale e quello dell'indennizzo per causa di servizio si fondano su presupposti diversi: l'indennizzo è un beneficio (qualificabile come prestazione speciale di natura non previdenziale) che la pubblica amministrazione attribuisce al proprio dipendente per compensare menomazioni fisiche comunque connesse col servizio, prescindendo da qualsiasi giudizio sull'incidenza del danno sofferto dal pubblico dipendente alla sua capacità di lavoro, limitandosi la normativa in materia a richiedere che quest'ultimo sia rimasto leso nella sua integrità fisica; la rendita di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965 richiede che la malattia sia contratta nell'esercizio e a causa della lavorazione svolta, e impone perciò un nesso più stretto tra malattia e attività lavorativa.
Dovendo quest'ultima, in caso di fattori plurimi, costituire pur sempre la causa sufficiente, ossia la "conditio sine qua non", della malattia.
Ne consegue che il riconoscimento della causa di servizio non ha rilievo decisivo ai fini del riconoscimento della malattia professionale" (Cass. n. 12997/2004, n. 16392/2004, n. 17053/2005, n. 17353/2005 e numerose altre conformi).
Certamente tra i due istituti vi sono delle convergenze, e pertanto il giudice che indaghi sul nesso della malattia professionale non può ignorare l'accertamento compiuto per la causa di servizio (Cass. n. 4005/2005).
Ciò tuttavia non esonera l'interessato dall'onere di fornire la prova di due fattori essenziali per tale indagine, ossia le mansioni alle quali il lavoratore era assegnato e le concrete modalità del loro svolgimento.
Nella specie, come risulta dalla sentenza impugnata, tale prova non era stata data; nè essa poteva essere desunta dalle dichiarazioni rese dall'interessato al c.t.u., trattandosi di allegazioni di parte, peraltro contestate dalle controparti nelle deduzioni a verbale e nelle c.t.p., come riferito dalla sentenza impugnata.
Priva di valore è la circolare delle Ferrovie, sia perchè la materia delle assicurazioni obbligatorie è sottratta alla disponibilità delle parti, sia perchè si tratta di una direttiva di principio che non esclude la necessità di una verifica di volta in volta del caso concreto.
Le carenze probatorie di cui si è detto escludono la possibilità di qualsiasi accertamento sulla natura anche soltanto concausale dell'attività lavorativa.
Il ricorso va pertanto rigettato, nulla disponendosi in ordine alle spese, stante il dettato di cui all'art. 152 disp. att. c.p.c. (nella formulazione anteriore al D.L. n. 269 del 2003, conv. in L. n. 326 del 2003).

P.Q.M.
 
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2009.
Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2009