Cassazione Penale, Sez. 3, 08 novembre 2017, n. 50917 - Usuale e sistemica gestione delle operazioni di carico e scarico senza l'osservanza delle cautele previste dal piano di sicurezza: responsabilità del DL


Presidente: DI NICOLA VITO Relatore: DI STASI ANTONELLA Data Udienza: 11/07/2017

Fatto

1. Con sentenza del 7.3.2016, la Corte di appello di Firenze, pronunciando in sede di giudizio di rinvio a seguito della sentenza n. 34820/15 di questa Corte, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Terni del 22.6.2011- che aveva dichiarato B.F.G. responsabile del reato di cui all'art. 589 cod.pen. commesso quale datore di lavoro in danno di M.A. e lo aveva condannato alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione ed al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili, con pena sospesa e subordinata al pagamento delle provvisionali - riteneva le concesse circostanze attenuanti prevalenti sulla contestata aggravante e riduceva la pena ad anni uno di reclusione, confermando la subordinazione del beneficio della sospensione condizionale al pagamento delle provvisionali e revocando la provvisionale liquidata a R.S..
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione B.F.G., articolando tre motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo motivo deduce violazione di legge, sostanziale e processuale, e vizio di motivazione in relazione all'affermazione di responsabilità.
Argomenta che la Corte territoriale avrebbe violato il disposto dell'art. 627, comma 3, cod.proc.pen., che impone al giudice del rinvio di uniformarsi alle questioni di diritto decise dalla Corte di cassazione nella sentenza di annullamento; in particolare, la sentenza di annullamento aveva censurato la mancanza nelle sentenza di merito dell'indicazione di univoche fonti di prova che dimostrassero un deficit organizzativo usuale e standardizzato e non di una contingente violazione delle norme antinfortunistica; la Corte di appello di Firenze avrebbe confermato, invece, l'affermazione di responsabilità basandola su risultanze istruttorie incomplete ed incorrendo nel vizio di travisamento della prova indicando e riportando solo parzialmente le dichiarazioni rese dai testi P. e M..
Con il secondo motivo deduce violazione di legge, sostanziale e processuale, e vizio di motivazione in relazione in ordine alla sussistenza del comportamento colposo.
Argomenta che la Corte territoriale non avrebbe valutato che l'onere di vigilanza concretamente esigibile da parte dell'imputato in relazione alle dimensioni dell'azienda ed alla impossibilità di verificare direttamente e personalmente ciascuna prestazione lavorativa; neppure avrebbe considerato il comportamento eccentrico posto in essere dal lavoratore, che esorbitava dalla prestazione lavorativa dovuta nei confronti del datore di lavoro.
Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla conferma delle statuizioni civili, argomentando che la Corte territoriale non avrebbe motivato in ordine all'ammontare delle provvisionali; rappresenta, inoltre, che la subordinazione della sospensione condizionale della pena necessita dell'accertamento da parte del giudice delle condizioni economiche dell'imputato e, essendo il tema oggetto di contrasto giurisprudenziale, chiede la rimessione della decisione alle Sezioni Unite.
Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata.
 

Diritto


1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
1.1. Va premesso che, nel caso in esame, l'annullamento della sentenza del giudice di secondo grado è intervenuto per difetto di motivazione e, in particolare, per il ritenuto deficit motivazionale su punti fondanti l'affermazione di responsabilità.
Va ricordato che, come è noto, i poteri del giudice di rinvio sono diversi a seconda che l'annullamento sia stato pronunciato per violazione o erronea applicazione della legge penale oppure per mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Invero, nel primo caso, il giudice di rinvio ha sempre l'obbligo di uniformarsi alla decisione sui punti di diritto indicati dal giudice di legittimità e su tali punti nessuna delle parti ha facoltà di ulteriori impugnazioni, pur in presenza di una modifica dell'interpretazione delle norme che devono essere applicate da parte della giurisprudenza di legittimità.
Nel caso, invece, di annullamento per vizio di motivazione - come nella specie- il giudice di rinvio conserva la libertà di decisione mediante autonoma vantazione delle risultanze probatorie relative al punto annullato anche se è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di annullamento.
A seguito di annullamento per vizio di motivazione, il giudice del rinvio è, pertanto, chiamato a compiere un nuovo completo esame del materiale probatorio con i medesimi poteri che aveva il giudice la cui sentenza è stata annullata, fermo restando che egli non può ripetere il percorso logico censurato dal giudice rescindente e deve fornire adeguata motivazione sui punti della decisione sottoposti al suo esame (Sez.5, n.42814 del 19/06/2014, Rv. 261760). 
In tale ipotesi, dunque, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte (Sez.4, 21 giugno 2005, Poggi, rv 232019), il giudice di rinvio è vincolato dal divieto di fondare la nuova decisione sugli stessi argomenti ritenuti illogici o carenti dalla Corte di cassazione, ma resta libero di pervenire, sulla scorta di argomentazioni diverse da quelle censurate in sede di legittimità ovvero integrando e completando quelle già svolte, allo stesso risultato decisorio della pronuncia annullata. Ciò in quanto spetta esclusivamente al giudice di merito il compito di ricostruire i dati di fatto risultanti dalle emergenze processuali e di apprezzare il significato e il valore delle relative fonti di prova, senza essere condizionato da valutazioni in fatto eventualmente sfuggite al giudice di legittimità nelle proprie argomentazioni, essendo diversi i piani su cui operano le rispettive valutazioni e non essendo compito della Corte di cassazione di sovrapporre il proprio convincimento a quello del giudice di merito in ordine a tali aspetti.
Del resto, ove la Suprema Corte soffermi eventualmente la sua attenzione su alcuni particolari aspetti da cui emerga la carenza o la contraddittorietà della motivazione, ciò non comporta che il giudice di rinvio sia investito del nuovo giudizio sui soli punti specificati, poiché egli conserva gli stessi poteri che gli competevano originariamente quale giudice di merito relativamente all'individuazione ed alla valutazione dei dati processuali.
Ed invero, eventuali elementi di fatto e valutazioni contenuti nella pronuncia di annullamento non sono vincolanti per il giudice di rinvio, ma rilevano esclusivamente come punti di riferimento al fine della individuazione del vizio o dei vizi segnalati e, non, quindi come dati che si impongono per la decisione a lui demandata (Sez.4, n.20044 del 17/03/2015, Rv.263864; Sez.4, n.44644 del 18/10/2011, Rv.251660;Sez.5, n.6004 del 11/11/1998, dep. 16/02/1999, Rv.213072; Sez.3,n.9454 del 10/07/1995,Rv.202879).
Non viola, quindi, l'obbligo di uniformarsi al principio di diritto il giudice di rinvio che, dopo l'annullamento per vizio di motivazione, pervenga nuovamente all'affermazione di responsabilità sulla scorta di un percorso argomentativo in parte diverso ed in parte arricchito rispetto a quello già censurato in sede di legittimità. (Sez.4, n.20044 del 17/03/2015, Rv.263864; Sez.5, n.36080 del 27/03/2015, Rv.264861;Sez.4, n.44644 del 18/10/2011,Rv.251660).
1.2. Nella specie, la Corte territoriale, in linea con i suesposti principi, ha supportato la decisione di condanna affrontando tutti i punti essenziali della questione demandata: indicazione delle fonti di prova dimostrative di un deficit organizzativo usuale nella organizzazione e gestione delle operazioni di carico e scarico durante le quali si verificava l'infortunio; esatta individuazione e valutazione della posizione del geometra A. nella gestione operativa delle predette operazioni di carico e scarico.
Sotto il primo profilo, i giudici di appello (pagg 5-6-7) hanno chiarito che, sulla base della specifica indicazione e valutazione delle dichiarazioni rese dai testi escussi in dibattimento, emergeva chiaramente che le circostanze che avevano determinato l'infortunio denotavano una usuale e sistemica gestione delle operazioni di carico e scarico senza l'osservanza delle cautele previste dal piano di sicurezza (gli operai operavano in piena autonomia, in difetto di direttive specifiche e senza la vigilanza di un preposto, utilizzando mezzi non adeguati ed adottando modalità scorrette e pericolose); hanno, quindi, ritenuto che tale deficit organizzativo, comprovava la responsabilità colposa del datore di lavoro nella verificazione dell'infortunio, consistita nel non aver esercitato alcun controllo idoneo ad evitare che il proprio personale venisse impropriamente impiegato in un'operazione abitualmente effettuata senza che la correttezza antinfortunistica delle procedure fosse garantita e senza che vi fosse la costante disponibilità di mezzi idonei.
Sotto il secondo profilo, i giudici di appello (pag 6) hanno escluso che il geometra A. fosse incaricato della gestione operativa delle operazioni di carico e scarico, chiarendo che il predetto si limitava a ricevere e trasmettere alle squadre degli operai gli ordini di lavoro, incarico che non involgeva, quindi, alcun controllo sul rispetto della normativa antinfortunistica.
La motivazione esposta dalla Corte territoriale è congrua e logica e, pertanto, si sottrae al sindacato di legittimità.
Inammissibile è, poi, la doglianza avente ad oggetto il travisamento della prova testimoniale.
Le censure mosse dal ricorrente all'apparato motivazionale si sostanziano in una rivisitazione, non consentita in questa sede, delle risultanze processuali, esponendo censure le quali si risolvono in una mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, sulla base di diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, senza individuare vizi di logicità, ricostruzione e valutazione, quindi, precluse in sede di giudizio di cassazione (cfr. Sez. 1, 16.11.2006, n. 42369, De Vita, rv. 235507; sez. 6, 3.10.2006, n. 36546, Bruzzese, Rv. 235510; Sez. 3, 27.9.2006, n. 37006, Piras, rv. 235508).
Va osservato che la novella dell'art. 606, comma primo lett. e), cod. proc. pen. ad opera della L. n. 46 del 2006 consente che per la deduzione dei vizi della motivazione il ricorrente faccia riferimento come termine di comparazione anche ad atti del processo a contenuto probatorio, ed introduce così un nuovo vizio definibile come "travisamento della prova", per utilizzazione di un'informazione inesistente o per omissione della valutazione di una prova, entrambe le forme accomunate dalla necessità che il dato probatorio, travisato o omesso, abbia il carattere della decisività nell'ambito dell’apparato motivazionale sottoposto a critica, restando estranei al sindacato della Corte di cassazione i rilievi in merito al significato della prova ed alla sua capacità dimostrativa e fermi restando il limite del devolutum in caso di cosiddetto "doppia conforme" e l'intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio (Sez. 1, 24667/2007 Rv. 237207, ricorrente Musumeci, Sez.2, n.19848 del 24/05/2006, Sez.5,n.36764 del 24/05/2006).
In particolare (Sez. 6 n. 23781 del 2006 15/3/2006, Casula e 24/3/2006, Scazzanti) è necessario perché si possa fare utile applicazione della predetta disposizione che: sia specificamente indicato l'atto del processo dal quale risulterebbe in tesi il vizio motivazionale; sia individuato l'elemento fattuale o il dato probatorio emergente da tale atto e incompatibile con la ricostruzione propria della decisione impugnata; sia fornita la prova della corrispondenza al vero di tale elemento o dato; vengano indicate le ragioni per le quali tale dato, non tenuto presente dal giudice, risulti decisivo per la tenuta logica della motivazione già adottata, sia cioè tale da mettere in crisi, disarticolandolo, l'intero impianto argomentativo sottoposto ad esame.
L'accesso agli atti del processo, in particolare, non è indiscriminato, ma veicolato dall'atto di impugnazione che deve indicare "specificamente" quali siano gli atti ritenuti rilevanti al fine di consentire il controllo della motivazione del provvedimento impugnato, indicazione che potrà assumere le forme più diverse (integrale riproduzione nel testo del ricorso, allegazione in copia, individuazione precisa della collocazione dell'atto nel fascicolo processuale di merito ecc.), ma sempre tali da non costringere la Corte di cassazione ad un lettura totale degli atti comunque esclusa dal preciso disposto della norma, tanto che la relativa richiesta con i motivi di ricorso deve ritenersi sanzionata dall'alt. 581 cod.proc.pen., comma 1, lett. c), e art. 591 cod.proc.pen.( Sez.3, n.12014 del 06/02/2007, Rv.236223 , Sez.2, n. 31980, del 14/06/2006, Rv. 234929).
Nella specie, si tratta di censure puramente contestative che mirano a criticare la sentenza della Corte d'appello per travisamento della prova testimoniale senza indicare le ragioni in base alle quali il dato che sarebbe stato travisato dal giudice risulti decisivo per la tenuta logica della motivazione già adottata,
Inoltre, il ricorrente si limita a riportare in ricorso stralci delle dichiarazioni testimoniali che poi allega in blocco, tecnica non consentita in questa sede per violazione dell'onere di autosufficienza del ricorso. 
Ed invero, è stato ripetutamente affermato che in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza e per genericità, quei motivi che, deducendo il vizio di travisamento della prova testimoniale, riportano meri stralci di singoli brani di prove dichiarative, estrapolati dal complessivo contenuto dell'atto processuale al fine di trarre rafforzamento dall'indebita frantumazione dei contenuti probatori, o, invece, procedono ad allegare in blocco ed indistintamente le trascrizioni degli atti processuali, postulandone la integrale lettura da parte della Suprema Corte (Sez.l, n.23308 del 18/11/2014, dep.29/05/2015, Rv.263601 Sez.4, n.37982 del 26/06/2008,Rv.241023).
2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
Trattandosi di giudizio in sede di rinvio, vige il principio della formazione progressiva del giudicato, che si forma, in conseguenza del giudizio della Corte di cassazione di parziale annullamento dei capi della sentenza e dei punti della decisione impugnati, su quelle statuizioni suscettibili di autonoma considerazione (quale, come rileva nella specie, quella relativa alla condotta del lavoratore al momento di verificazione dell'infortunio ed alla concreta esigibilità del comportamento omesso), che diventano non più suscettibili di ulteriore riesame con conseguente preclusione per il giudice del rinvio, a norma dell'art. 624 cod.proc.pen. di intervenire sui punti della sentenza non oggetto dell'annullamento (Sez.U, n.6019 del 11/05/1993, Rv.193421; Sez U, n.4460 del 19/01/1994, Rv. 196887; Sez.3, n.18502 del 08/10/2014, dep.05/05/2015, Rv.263636).
Ne consegue che non può essere censurato un vizio di motivazione od una violazione di legge della sentenza in sede di rinvio che involga questioni coperte da giudicato, il cui esame non è più ammissibile.
3. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
Va richiamata la regula iuris enunciata da questa Suprema Corte, secondo cui la pronuncia circa l'assegnazione di una provvisionale in sede penale ha carattere meramente delibativo e non acquista efficacia di giudicato in sede civile, mentre la determinazione dell'ammontare della stessa è rimessa alla discrezionalità del Giudice del merito che non è tenuto a dare una motivazione specifica sul punto (Sez. 4, n. 34791 del 23/06/2010, Rv. 248348; Sez. 5, n. 5001 del 17/01/2007, Rv. 236068; Sez. 5, n. 40410 del 18/03/2004, Rv. 230105).
Ne consegue che "le questioni concernenti le statuizioni relative alla provvisionale non sono deducibili in sede di legittimità trattandosi di statuizione insuscettibile di passare in giudicato e destinata ad essere travolta dall'effettiva liquidazione dell'integrale risarcimento, (in termini, ex plurimis, Sez. 2, 20 giugno 2003, Lucarelli, RV. 226454).
L'ulteriore doglianza relativa alla subordinazione della sospensione condizionale al pagamento delle provvisionali è del tutto generica e, pertanto, integra la violazione dell'art. 581 c.p.p., lett. c), che nel dettare, in generale, quindi anche per il ricorso per cassazione, le regole cui bisogna attenersi nel proporre l'impugnazione, stabilisce che nel relativo atto scritto debbano essere enunciati, tra gli altri, "I motivi, con l'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta"; violazione che, ai sensi dell'art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), determina, per l'appunto, l'inammissibilità dell'impugnazione stessa (cfr. Sez. 6, 30.10.2008, n. 47414, Rv. 242129; Sez. 6, 21.12.2000, n. 8596, Rv. 219087).
4 Consegue, pertanto, il rigetto del ricorso e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
5. Il ricorrente va, inoltre, condannato alla rifusione delle spese del grado sostenute dalle parti civili che, avuto riguardo ai parametri di cui alle tabelle allegate al D.M. n. 55/2014, all'impegno profuso, all'oggetto e alla natura del processo, si ritiene di dover liquidare nella misura complessiva di Euro 6.000,00 per compenso professionale, oltre accessori di legge.
 

P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese del grado in favore delle parti civili Omissis, che liquida in complessivi euro 6.000 (seimila/00), oltre accessori di legge.
Così deciso il 11/07/2017