Cassazione Civile, Sez. Lav., 21 novembre 2017, n. 27684 - Infortunio sul lavoro e aggravamento dei postumi invalidanti: termini per la revisione della rendita


 

"Il periodo di dieci anni dalla data dell'Infortunio durante il quale l'infortunato dichiarato guarito senza postumi permanenti o con postumi inferiori al minimo indennizzabile può, a norma dell'art. 83, ottavo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 (T.U. infortuni sul lavoro e malattie professionali), chiedere la liquidazione di rendita se, a seguito di aggravamento, i detti postumi abbiano raggiunto la soglia di indennizzabilità, costituisce l'esclusivo periodo di osservazione entro il quale si può tenere conto dei mutamenti dello stato di inabilità del soggetto assicurato, determinandosi dopo il suo decorso una presunzione legale assoluta di immodificabilità dei postumi del fatto lesivo. Pertanto, solo se la variazione dello stato di inabilità conseguente all'infortunio si sia verificata entro il decennio sorge l'eventuale diritto alla corresponsione della rendita, da esercitare nel termine triennale di prescrizione di cui al successivo art. 112 dello stesso d.P.R., decorrente dal momento dell'intervenuta variazione e non già dalla scadenza del decennio;


Presidente: D'ANTONIO ENRICA Relatore: BERRINO UMBERTO Data pubblicazione: 21/11/2017

 

 

 

Rilevato
che il giudice del lavoro del Tribunale di Napoli rigettò la domanda con la quale  M.M., vittima di infortunio sul lavoro dell'1.6.1990 per il quale si era visto riconoscere una rendita del 16% in data 7.4.1992, aveva chiesto un adeguamento di tale prestazione nella maggior percentuale del 30% a causa del lamentato aggravamento dei postumi invalidanti;
che la Corte d'appello di Napoli (sentenza pubblicata il 7.7.2011), investita dall'impugnazione del  M.M., ha accolto il gravame, dichiarando che la capacità lavorativa dell'appellante era ridotta del 28% a partire dall'1.4.2011;
che la Corte è pervenuta a tale decisione dopo aver condiviso le conclusioni del perito d'ufficio, secondo il quale l'aggravamento lamentato dal  M.M. era dipeso dalla persistenza della sua esposizione al rischio specifico nello stesso reparto dove aveva in precedenza operato ("cali center" della Telecom), anche dopo il verificarsi dell'evento che gli aveva causato l'ipoacusia da rumore;
che per la cassazione della sentenza ricorre l'Inail con tre motivi;
che M.M. resiste con controricorso;
che il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso;
 

 

Considerato
a. che col primo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione degli artt. 83 e 137 del T.U. n. 1124 del 30.6.1965, l'Inail lamenta che la Corte d'appello ha erroneamente riconosciuto giuridica rilevanza ad un aggravamento dei postumi verificatosi (1.4.2011) a distanza di oltre dieci anni dall'infortunio (1.6.1990), allorquando era già scattata da molto tempo la presunzione legale assoluta di stabilizzazione degli stessi postumi e la rendita non poteva essere più oggetto di revisione;
b. che col secondo motivo, dedotto per violazione degli artt. 414 e 437 c.p.c., il ricorrente lamenta che la Corte d'appello è incorsa in errore nel momento in cui - in adesione all'elaborato del consulente d'ufficio di secondo grado - ha riconosciuto l'aggravamento sulla base della circostanza nuova, tardivamente allegata, dell'asserita continuata esposizione al rischio patogeno per effetto del mancato allontanamento dalle sorgenti di rumore, con conseguente evoluzione sia della patologia acustica che dei disturbi neuropsichici secondari al trauma;
c. che col terzo motivo, proposto per vizio di motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c., il ricorrente lamenta che la Corte territoriale ha errato sia nel ritenere possibile l'aggravamento oltre il decennio dall'infortunio, sia nel consentire l'ingresso di nuovi temi di indagine in appello, omettendo di motivare in ordine all'iter logico-giuridico posto a base della decisione adottata, sia con riguardo all'asserito aggravamento che alla decorrenza dello stesso;
d. che col controricorso il  M.M. ha eccepito preliminarmente la decadenza dell'istituto dalla possibilità di riproporre in sede di legittimità la questione della stabilizzazione dei postumi, dal momento che la stessa era stata dichiarata inammissibile dal primo giudice, per cui a seguito dell'appello dell'assicurato l'istituto avrebbe dovuto proporre appello incidentale sul punto, anziché restare contumace;
e. che, in ogni caso, essendo rimasto contumace nel grado di appello, l'Inail non poteva riproporre in sede di legittimità le domande e le eccezioni non riproposte espressamente in secondo grado, dal momento che queste dovevano intendersi come rinunciate, per cui sussisteva una causa di inammissibilità sul punto del ricorso per cassazione;
f. che l'eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso è infondata, in quanto questa Corte (Cass. Sez. 2, n. 11259 del 20.5.2011) ha statuito che "il principio secondo cui l’art. 346 cod. proc. civ., il quale dispone la decadenza dalle domande e dalle eccezioni non riproposte in appello, non si applica con riferimento alle questioni rilevabili d’ufficio, in quanto esso va coordinato con il sistema delle preclusioni e con l’art. 342 cod. proc. civ., concernente la specificità dei motivi d’impugnazione, in virtù dei quali la libera iniziativa del giudice con riguardo alle questioni rilevabili d’ufficio trova un limite nel caso in cui una di tali questioni sia stata espressamente decisa nel precedente grado di giudizio ed il relativo punto non abbia formato oggetto d’impugnazione ovvero, nel caso di parte praticamente vittoriosa, non sia stato comunque riproposto al giudice di appello;
g. che il termine per l’esercizio del diritto alia revisione della rendita INAIL stabilito dagli artt. 83 e 137 del d.P.R. n. 1124 del 1965 non è di prescrizione o di decadenza, ma opera sul piano sostanziale, incidendo sull’esistenza stessa del diritto, in quanto individua l’ambito temporale entro il quale assumono rilevanza le successive modificazioni, per cui trattandosi di un elemento costitutivo del diritto non trova applicazione la regola di cui all'art. 346 c.p.c.;
h. che il primo ed il terzo motivo del ricorso, tra loro connessi e, quindi, esaminabili congiuntamente, sono fondati;
i. che, infatti, trattandosi di infortunio sul lavoro risalente all'1.6.1990, per il quale il riconoscimento della relativa rendita era avvenuto in data 7.4.1992 con decorrenza della stessa dal 13.8.1990, occorre considerare che nel caso di specie al momento del riconoscimento dell'aggravamento a decorrere dall'1.4.2011 era, comunque, trascorso un periodo di tempo notevolmente superiore al decennio dalla data dell'Infortunio occorso al  M.M., così come previsto dalla norma di cui all'art. 83 del T.U. n. 1124/1965 ai fini della presunzione di consolidamento dei postumi invalidanti;
l. che anche con riferimento alla data di proposizione del ricorso di primo grado del 26.11.2003 per il riconoscimento dell'aggravamento in esame era egualmente decorso un decennio dalla data dell'infortunio;
m. che, pertanto, all'atto del riconoscimento del predetto aggravamento si era già avverata la presunzione legale assoluta di immodificabilità dei postumi invalidanti causalmente collegati all'evento protetto, per cui la Corte d'appello non avrebbe potuto riconoscere il diritto ad una maggiorazione della rendita con riferimento diretto all'infortunio occorso al  M.M. in epoca antecedente all'ultimo decennio;
n. che, infatti, questa Corte si è già pronunziata in siffatta materia (Cass. sez. lav. n. 19589 del 16.9.2010) statuendo che "il periodo di dieci anni dalla data dell'Infortunio durante il quale l'infortunato dichiarato guarito senza postumi permanenti o con postumi inferiori al minimo indennizzabile può, a norma dell'art. 83, ottavo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 (T.U. infortuni sul lavoro e malattie professionali), chiedere la liquidazione di rendita se, a seguito di aggravamento, i detti postumi abbiano raggiunto la soglia di indennizzabilità, costituisce l'esclusivo periodo di osservazione entro il quale si può tenere conto dei mutamenti dello stato di inabilità del soggetto assicurato, determinandosi dopo il suo decorso una presunzione legale assoluta di immodificabilità dei postumi del fatto lesivo. Pertanto, solo se la variazione dello stato di inabilità conseguente all'infortunio si sia verificata entro il decennio sorge l'eventuale diritto alla corresponsione della rendita, da esercitare nel termine triennale di prescrizione di cui al successivo art. 112 dello stesso d.P.R., decorrente dal momento dell'intervenuta variazione e non già dalla scadenza del decennio;
o. che si è, altresì, precisato (Cass. Sez. L, n. 20009 del 22/9/2010) che "il termine per l'esercizio del diritto alla revisione della rendita INAIL stabilito dagli artt. 83 e 137 del d.P.R. n. 1124 del 1965 (di dieci o quindici anni, rispettivamente, per gli infortuni e le malattie professionali) non è di prescrizione o di decadenza, ma opera sul piano sostanziale, incidendo sull'esistenza stessa del diritto, in quanto individua l'ambito temporale entro il quale assumono rilevanza le successive modificazioni, "in pejus" o "in melius", delle condizioni fisiche del titolare incidenti sull'attitudine al lavoro, collegando la legge al decorso del tempo una presunzione assoluta di definitiva stabilizzazione delle condizioni fisiche. Ne consegue che, lo spirare di detti termini non preclude la proposizione della domanda di revisione, purché esercitata entro il termine di prescrizione triennale dalla scadenza del periodo di revisione, fermo restando che l'aggravamento o il miglioramento devono essersi verificati entro il decennio o il quindicennio dalla costituzione della rendita (in senso conf. v. anche Cass. Sez. Lav. n. 20994 del 12/10/2010, n. 3870 del 17/2/2011, n. 20897 del 5/10/2007, n. 16056 del 17/8/2004);
p. che, pertanto, in accoglimento del primo e del terzo motivo va pronunziata la cassazione dell'impugnata sentenza, mentre resta assorbito l'esame del secondo motivo, dovendo il giudice del rinvio accertare se il lamentato aggravamento iniziò a manifestarsi nell'arco del primo decennio dalla verificazione dell'infortunio, per cui la causa va rinviata, anche per le spese, alla Corte d'appello di Napoli in diversa composizione;
 

 

P.Q.M.

 


La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d'appello di Napoli in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 19 luglio 2017