Il giudice del tribunale di Siracusa dichiarò G.C. colpevole del reato di cui al D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, art. 194, per avere, quale proprietario di un apparecchio sollevatore, omesso di denunciarne la messa in servizio così impedendone la verifica di funzionamento.
Osservò tra l'altro il giudice che all'imputato era stata data la prescrizione di effettuare la messa in esercizio del sollevatore e che l'imputato aveva effettuato la denunzia all'ufficio ISPESL, ma aveva omesso di darne comunicazione alla AUSL.
L'imputato propone ricorso in Cassazione - Accolto.
La Corte afferma che: "In materia di prevenzione infortuni ed igiene del lavoro, infatti, il preventivo esperimento della procedura di definizione amministrativa, ai sensi del D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, art. 24, costituisce una condizione di procedibilità dell'azione penale.
Il giudice quindi non può pervenire ad una pronuncia nel merito se preventivamente non abbia accertato che vi è la prova della effettiva notificazione delle prescrizioni imposte al contravventore dall'organo di vigilanza, dell'accertamento da parte dell'organo di vigilanza del mancato adempimento di tali prescrizioni e della mancata eliminazione delle violazioni nel termine e secondo le modalità indicate, nonchè del mancato pagamento della eventuale sanzione amministrativa.
Nel caso di specie il giudice ha ritenuto che non si fosse verificata la causa di estinzione del reato ed ha quindi dichiarato l'imputato colpevole non perchè abbia accertato che lo stesso non avesse adempiuto alle prescrizioni o non avesse pagato la sanzione amministrativa, bensì unicamente perchè il medesimo aveva comunicato con ritardo alla AUSL l'avvenuto adempimento delle prescrizioni impostegli."

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MAIO Guido - Presidente -
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere -
Dott. FRANCO Amedeo - est. Consigliere -
Dott. MARMO Margherita - Consigliere -
Dott. MULLIRI Guicla - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
G.C., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza emessa il 3 marzo 2008 dal giudice del tribunale di Siracusa, sezione distaccata di Avola;
udita nella pubblica udienza dell'8 gennaio 2009 la relazione fatta dal Consigliere Dr. Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Ciampoli Luigi, che ha concluso per l'annullamento sul punto della sospensione condizionale della pena e per il rigetto nel
resto.

Fatto
Con la sentenza in epigrafe il giudice del tribunale di Siracusa, sezione distaccata di Avola, dichiarò G.C. colpevole del reato di cui al D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, art. 194, per avere, quale proprietario di un apparecchio sollevatore, omesso di denunciarne la messa in servizio così impedendone la verifica di funzionamento, e lo condannò alla pena dell'ammenda ritenuta di giustizia.
Osservò tra l'altro il giudice che all'imputato era stata data la prescrizione di effettuare la messa in esercizio del sollevatore; che il 14.12.2004 l'imputato aveva effettuato la denunzia all'ufficio ISPESL, ma aveva omesso di darne comunicazione alla AUSL; che così si era preclusa la possibilità di fruire dell'oblazione.
L'imputato propone ricorso per Cassazione deducendo:
1) mancanza o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza del reato;
2) violazione di legge in relazione alla concessione della sospensione condizionale della pena, che si risolve in un pregiudizio stante la necessaria iscrizione della condanna nel casellario giudiziale.
Diritto

Il ricorso è fondato.
In materia di prevenzione infortuni ed igiene del lavoro, infatti, il preventivo esperimento della procedura di definizione amministrativa, ai sensi del D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, art. 24, costituisce una condizione di procedibilità dell'azione penale.
Il giudice quindi non può pervenire ad una pronuncia nel merito se preventivamente non abbia accertato che vi è la prova della effettiva notificazione delle prescrizioni imposte al contravventore dall'organo di vigilanza, dell'accertamento da parte dell'organo di vigilanza del mancato adempimento di tali prescrizioni e della mancata eliminazione delle violazioni nel termine e secondo le modalità indicate, nonchè del mancato pagamento della eventuale sanzione amministrativa.
Nel caso di specie il giudice ha ritenuto che non si fosse verificata la causa di estinzione del reato ed ha quindi dichiarato l'imputato colpevole non perchè abbia accertato che lo stesso non avesse adempiuto alle prescrizioni o non avesse pagato la sanzione amministrativa, bensì unicamente perchè il medesimo aveva comunicato con ritardo alla AUSL l'avvenuto adempimento delle prescrizioni impostegli.
Sennonchè il D.Lgs. n. 758 del 1994, art. 21 stabilisce che deve essere l'organo di vigilanza a verificare, entro e non oltre 60 giorni dalla scadenza, se la violazione è stata eliminata, mentre non prevede invece che sia il contravventore a dovere anche comunicare all'organo di vigilanza o ad altro ente l'avvenuto adempimento delle prescrizioni, e tanto meno prevede che alla mancanza di tale comunicazione consegua addirittura la perdita del diritto di ottenere l'estinzione del reato in via amministrativa, anche qualora le prescrizioni siano state adempiute nel termine.
Nè potrebbe pensarsi che tale onere di comunicazione dell'avvenuto adempimento possa costituire l'oggetto di una delle prescrizioni che l'organo di vigilanza può impartire a norma del cit. D.Lgs. n. 758 del 1994, art. 20.
E' infatti evidente, come del resto risulta anche dal successivo art. 21, comma 1, che le prescrizioni di cui all'art. 20 riguardano esclusivamente gli adempimenti diretti ad eliminare le conseguenze delle violazioni alle norme antinfortunistiche, a ricreare una situazione di conformità a tali disposizioni, ed a far cessare l'eventuale situazione di pericolo per la sicurezza e la salute dei lavoratori durante il lavoro, e non già adempimenti di tipo diverso, come quello imposto nella specie.
In ogni caso, è comunque evidente che il ritardato adempimento di queste ulteriori prescrizioni, non può avere lo stesso effetto del ritardato adempimento delle vere e proprie prescrizioni di cui al cit. art. 20.
Una diversa interpretazione, del resto, comporterebbe la sussistenza di un potere dell'organo di vigilanza di imporre al contravventore una prestazione personale che non avrebbe una base in una disposizione avente forza di legge, in contrasto con la riserva relativa di legge prevista dall'art. 23 Cost..
Il giudice, quindi, non poteva ritenere l'imputato decaduto dalla possibilità di ottenere l'estinzione del reato mediante la regolarizzazione in via amministrativa soltanto perchè lo stesso non aveva dato comunicazione (anzi aveva dato comunicazione con ritardo) alla AUSL dell'avvenuto adempimento delle prescrizioni.
La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio al tribunale di Siracusa per nuovo giudizio. Gli altri motivi restano assorbiti.

P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Annulla la sentenza impugnata con rinvio al tribunale di Siracusa.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 8 gennaio 2009.
Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2009