Cassazione Civile, Sez. 6, 07 marzo 2018, n. 5469 - Domanda per il riconoscimento della natura professionale della broncopatia cronica


Presidente: CURZIO PIETRO Relatore: DE MARINIS NICOLA Data pubblicazione: 07/03/2018

 

 

Rilevato

 


- che, con sentenza del 29 aprile 2014, la Corte d’Appello di Messina confermava la decisione resa dal Tribunale di Alessina e rigettava la domanda proposta da G.P. nei confronti dell'INAIL avente ad oggetto il riconoscimento della natura professionale della broncopatia cronica da cui era affetto e del conseguente equo indennizzo;
- che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto non assolto dal G.P., sul quale incombeva, trattandosi di malattia non tabellare, l’onere della prova della derivazione da causa di lavoro della patologia denunciata;
- per la cassazione di tale decisione ricorre il G.P., affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, l'INAIL;
- la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;
- il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;
 

 

Considerato

 


- che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell'art. 13, d.lgs.. n. 38/2000, in una con il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione imputa alla Corte territoriale di essersi acriticamente conformata alle conclusioni del CTU
non accordando rilevanza alcuna alle numerose certificazioni mediche depositate in atti e recanti una difforme valutazione; che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 152, disp. att. c.p.c., come modificato dall'art. 11, d.l. n. 269/2003 conv. in l. n. 326/2003 nonché il vizio di motivazione, lamenta la non conformità a diritto della statuizione di condanna alle spese di lite pronunciata a suo carico dalla Corte territoriale per non aver questa tenuto conto della dichiarazione ex art. 152 citato resa nell’atto di appello;
che il primo motivo deve ritenersi inammissibile alla stregua dell’orientamento consolidatosi nella giurisprudenza di questa Corte per cui “nel giudizio in materia d'invalidità il vizio, denunciabile in sede di legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell'omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un'inammissibile critica del convincimento del giudice” (cfr. Cass. 3 febbraio 2012 n. 1652), il che è quanto si ravvisa con riguardo al ricorso de quo, per essere questo diretto, ad onta della prospettata denuncia di violazione di legge, a censurare un vizio di motivazione, peraltro non ravvisabile, dal momento che l’insussistenza di ragioni idonee a confutare le originarie conclusioni del CTU risulta nell’impugnata sentenza adeguatamente sorretta sul piano motivazionale dal riferimento all’approfondita indagine clinico anamnestica e all’analitica valutazione della complessiva documentazione specialistica prodotta eseguita dall’ausiliare; che, di contro, il secondo motivo risulta fondato, atteso che, in conformità al disposto dell’art. 152 disp. att. c.p.c. e successive modificazioni, il ricorrente ha effettivamente reso la richiesta dichiarazione poi integrata con le successive autocertifìcazioni; che, pertanto, condividendosi la proposta del relatore, dichiarato inammissibile il primo motivo di ricorso, va accolto il secondo, cassato il capo della decisione relativo alle spese e la controversia, ex art. 384 c.p.c. decisa sul punto come da dispositivo, con compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità a motivo della reciproca soccombenza
 

 

P.Q.M.

 


La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, cassa il capo della decisione sulle spese legali e di consulenza e dichiara che le stesse non sono a carico del G.P.. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20 dicembre 2017