Cassazione Penale, Sez. 4, 11 aprile 2018, n. 16094 - Lavori sul tetto e caduta dell'operaio. Nessun comportamento abnorme


 

 

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA Relatore: RANALDI ALESSANDRO Data Udienza: 15/02/2018

 

 

 

FattoDiritto

 

 

 

1. Con sentenza del 6.2.2017 la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di G.P. per essere il reato a lui ascritto estinto per morte dell'Imputato, con revoca delle relative statuizioni civili; ha sostituito la pena detentiva già inflitta a P.C. con la pena pecuniaria di € 7.500 di multa, eliminando il beneficio della sospensione condizionale della pena; ha confermato la sentenza nel resto, con particolare riguardo alla dichiarazione di responsabilità di P.C. in ordine all'Infortunio sul lavoro avvenuto nella sede della S.r.l. Edilcusio ai danni di A.S., di fatto dipendente del P.C., che riportava lesioni personali a seguito di caduta da un soppalco che aveva raggiunto per lavori di posa di cavi telefonici (fatto del 14.4.2010).
Al P.C., quale datore di lavoro, è stato addebitato di non aver fornito al lavoratore dettagliate informazioni riguardo al rischio specifico di precipitazione esistente nel luogo di lavoro.
2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori di P.C., lamentando quanto segue.
I) Vizio di motivazione, per avere la Corte di appello, a fronte di un quadro probatorio univocamente connotato dall'evidenza di una condotta abnorme dell'infortunato, ritenuto sussistente il nesso di causalità nonché la correlazione tra la violazione della regola cautelare individuata e l'evento secondo il principio di concretizzazione del rischio.
Deduce che il lavoratore infortunato - che contrariamente a quanto inizialmente dichiarato si trovava insieme al collega F. al momento del sinistro - era perfettamente consapevole del rischio e del pericolo rappresentato dal palese varco nel vuoto, in combinazione con la scelta intenzionale e non necessitata di "arrampicarsi", e ciò nonostante costoro avessero a disposizione una scala che avrebbe verosimilmente impedito la verificazione del sinistro. La condotta intenzionale del lavoratore si è posta, insomma, in palese contrasto con gli obblighi di natura generale (imposti dall'art. 20 d.lgs. n. 81/08) e con le istruzioni ricevute dall'azienda. Trattasi di comportamento improvvido, in nessun modo indotto da una carenza di informazioni sul rischio specifico presente in quell'area del soppalco. Né la Corte di merito ha valutato i presupposti di prevedibilità e prevenibilità dell'evento in capo al datore di lavoro, rispetto ad una condizione di pericolo ascrivibile esclusivamente al proprietario dei luoghi e non certo al P.C., per cui l'unico che avrebbe dovuto e potuto scongiurare il rischio di caduta dall'alto, per assenza dei parapetti sul soppalco, era proprio il titolare dell'area Edilcusio.
II) Vizio di motivazione, per avere la Corte di appello omesso di motivare circa la sussistenza dell'elemento soggettivo a fondamento della penale responsabilità dell'imputato.
Deduce che, anche per le ragioni dedotte in precedenza, l'evento dannoso non era in alcun modo prevedibile e prevenibile da parte del P.C., secondo una corretta valutazione ex ante dei fatti, trattandosi di rischio afferente ad una condizione strutturale dell'immobile riconducibile al committente quale garante della sicurezza di accesso, non gestibile dall'appaltatore secondo le specifiche modalità in cui si è concretizzato. Nessun rimprovero è dunque addebitabile al ricorrente.
III) Vizio di motivazione in relazione alla determinazione della pena.
Deduce che il giudice di merito, in proposito, non ha adeguatamente tenuto conto della condotta "gravemente imprudente" del A.S. e del collega F..
3. Preliminarmente sussistono i presupposti per rilevare d'ufficio l'intervenuta causa estintiva del reato per cui si procede, essendo spirato il relativo termine di prescrizione massimo pari ad anni sette e mesi sei.
Deve rilevarsi che il ricorso in esame non presenta profili di inammissibilità, per manifesta infondatezza delle doglianze ovvero perché basato su censure non deducibili in sede di legittimità.
I motivi di ricorso sono tuttavia infondati, posto che la sentenza impugnata, quanto alla responsabilità colposa del prevenuto in relazione all'infortunio sul lavoro per cui è causa, ha adeguatamente escluso il comportamento abnorme del lavoratore ed evidenziato, congruamente e logicamente, che per l'intervento da eseguire era già stata prospettata, sin dal mattino, l'esigenza di dover salire sul tetto, senza che a ciò avesse fatto seguito l'indicazione da parte del datore di lavoro di specifiche e precise misure precauzionali, anche di carattere procedurale, da adottare per assicurare che i lavoratori potessero salire in quota in condizioni di sicurezza e fornendo precise informazioni ed istruzioni al riguardo.
Pertanto, sussistono i presupposti, discendenti dalla intervenuta instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, per rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 cod. proc. pen. maturate, come nel caso di specie, successivamente rispetto alla sentenza impugnata (la sentenza di secondo grado è stata resa in data 6.2.2017, mentre il termine di prescrizione, tenuto conto delle sospensioni, risulta spirato il 23.10.2017).
Si osserva, infine, che non ricorrono le condizioni per una pronuncia assolutoria di merito, ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen., non potendosi constatare con evidenza dagli atti l'insussistenza del fatto-reato.
4. Si impone, pertanto, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere il reato estinto per prescrizione.
 

 

P.Q.M.

 


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere estinto il reato per prescrizione.
Così deciso il 15 febbraio 2018