Cassazione Penale, Sez. 3, 31 maggio 2018, n. 24608 - Il comportamento fattivo post factum degli imputati non è rilevante per la concedibilità dell'attenuante del ravvedimento attivo mancando la spontaneità


 

Presidente: ROSI ELISABETTA Relatore: DI STASI ANTONELLA Data Udienza: 22/03/2018

 

Fatto

 

1. Con sentenza del 13/01/201, il Tribunale di Ferrara dichiarava X.Z. responsabile dei reati di cui artt. 18 comma 1 lett. c) e 55 comma 5 lett. c) dLvo n. 81/2008 (capo a) e 36 comma 1 e 55 comma 5 lett. c) d.lvo n. 81/2008 (capo b) e la condannava alla pena di euro 3.000,00 di ammenda per il capo a) e di euro 3.000,00 di ammenda per il capo b); dichiarava, altresì, W.P. responsabile del reato di cui all'art. 14 commi 1 e 10 d.lvo n. 81/2008 e lo condannava alla pena di euro 4.000,00 di ammenda.
2. Avverso tale sentenza gli imputati hanno proposto appello, a mezzo del difensore di ufficio, appello convertito in ricorso per cassazione ex art. 568, comma 5, cod.proc.pen., articolando i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo motivo deducono violazione dell'art. 192 cod.proc.pen. e correlato vizio di motivazione in relazione all'affermazione di responsabilità, lamentando che il Tribunale non aveva valutato le capacità e le condizioni del lavoratore né considerato che X.Z. potesse essere già a conoscenza dello stato di salute e delle capacità psicofisiche del lavoratore; inoltre, la prova dell'inottemperanza all'obbligo di informazione di cui all'art. 36 comma 1 divo n. 81/2008 era stato tratta unicamente dalle dichiarazioni dell'Ispettore del Lavoro F. R..
Con il secondo motivo censurano la mancata concessione della circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 6 cod.pen. e delle circostanze attenuanti generiche, nonché la dosimetria della pena ed il diniego di concessione della sospensione condizionale della pena.
 

 

Diritto

 


1.Il primo motivo di ricorso è inammissibile, in quanto attraverso una formale denuncia di vizio di motivazione, si richiede una rivisitazione, non consentita in questa sede, delle risultanze processuali.
Nel motivo in esame, in sostanza, si espongono censure le quali si risolvono in una mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, sulla base di diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, senza individuare vizi di logicità, ricostruzione e valutazione, quindi, precluse in sede di giudizio di cassazione (cfr. Sez. 1, 16.11.2006, n. 42369, De Vita, rv. 235507; sez. 6, 3.10.2006, n. 36546, Bruzzese, Rv. 235510; Sez. 3, 27.9.2006, n. 37006, Piras, rv. 235508).
2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
2.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, nelle contravvenzioni in materia di sicurezza e di igiene del lavoro, l'adempimento alle prescrizioni impartite dall'organo di vigilanza ex art. 20 del d.lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, non può essere valutato ai fini della concessione della circostanza attenuante del c.d. ravvedimento attivo, di cui all'art. 62, n. 6, cod. pen., per difetto del requisito della spontaneità del comportamento del datore di lavoro, pur efficacemente diretto ad eliminare o attenuare le conseguenze del reato (Sez.3, n.37166 del 06/05/2014, Rv.260180; Sez.7, n. 10083 del 25/11/2016, dep.01/03/2017, Rv.269210).
Il comportamento fattivo post factum degli imputati pertanto, non assume rilevanza ai fini della concedibilità della circostanza attenuante del c.d. ravvedimento attivo, di cui all'art. 62, n. 6, cod. pen., difettando il carattere della spontaneità.
2.2. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche è oggetto di un giudizio di fatto e non costituisce un diritto conseguente all'assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle circostanze in parola; l'obbligo di analitica motivazione in materia di circostanze attenuanti generiche qualifica, infatti, la decisione circa la sussistenza delle condizioni per concederle e non anche la decisione opposta (Sez.l, n. 3529 del 22/09/1993, Rv. 195339; Sez.6, n.42688 del 24/09/2008, Rv.242419; sez. 2, n. 38383 del 10.7.2009, Squillace ed altro, Rv. 245241; Sez.3,n. 44071 del 25/09/2014, Rv.260610).
Ne consegue che è assolutamente sufficiente che il giudice si limiti a dar conto, come nel caso in esame, di avere ritenuto l'assenza di elementi o circostanze positive a tale fine.
2.3. Secondo la condivisibile giurisprudenza di questa Suprema Corte, in tema di reati puniti alternativamente con la pena detentiva o pecuniaria, la scelta del giudice di applicare la meno grave sanzione pecuniaria, anche se in misura superiore a quella media tra il minimo e il massimo edittale, deve ritenersi sufficientemente giustificata dalla qualificazione di essa come "congrua" o "equa" e dal mero richiamo alle circostanze indicate all'art. 133 cod.pen., ove la rilevanza di queste, in relazione alla gravità del reato ed alla capacità a delinquere del reo, risultino già desumibili dal complesso della motivazione (Sez.l, n.8560 del 18/11/2014, dep.26/02/2015, Rv.262552; Sez.l, n. 40176 del 01/10/2009, Rv. 245353). 
Nella specie, ad entrambi gli imputati è stata applicata la meno grave sanzione pecuniaria, in misura inferiore a quella media tra il minimo e il massimo edittale, e tale determinazione deve ritenersi sufficientemente giustificata dalla qualificazione di essa come "equa" e dal richiamo alle circostanze indicate all'art. 133 cod.pen.
2.4. Secondo la condivisibile giurisprudenza di questa Corte, il Giudice di merito, nel valutare la concedibilità del beneficio della sospensione condizionale della pena, non ha l'obbligo di prendere in esame tutti gli elementi richiamati nell'art. 133 cod. pen., potendo limitarsi ad indicare quelli da lui ritenuti prevalenti (Sez. 5, n.57704 del 14/09/2017, Rv.272087; Sez.3, n.35852 del 11/05/2016, Rv.267639; Sez.2, n.37670 del 18/06/2015, Rv.264802; Sez. 2, n. 19298 del 15/04/2015, Rv. 263534, Sez. 3 n. 6641 del 17/11/2009, Rv. 246184; Sez. 3, n. 30562 del 19/03/2014, Rv. 260136).
Nella specie, il Tribunale correttamente ha dato rilievo ostativo alla concessione del chiesto beneficio ai precedenti penali degli imputati, i quali costituiscono elementi di valutazione sulla personalità dell'imputato e sulla sua capacità a delinquere, ai sensi dell'art 133 cod.pen. (Sez.5, n.57704 del 14/09/2017, Rv.272087, cit).
3. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.
4. Essendo i ricorsi inammissibili e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
 

 

P.Q.M.

 


Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2. 000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 22/03/2018