Cassazione Civile, Sez. 3, 28 giugno 2018, n. 17057 - Infortunio mortale con un autoveicolo "per uso speciale". Ricorso dei genitori contro il datore di lavoro


 

Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO Relatore: SESTINI DANILO Data pubblicazione: 28/06/2018

 

 

 

Fatto

 

F.P. e P.P., genitori ed eredi di M.P., convennero in giudizio F.I., già datore di lavoro del figlio, assumendo che l'infortunio in cui quest'ultimo aveva perso la vita era stato determinato dall'inidoneità dell'impianto frenante del veicolo utilizzato per lo svolgimento dell'attività lavorativa e dal fatto che l'F.I. aveva adibito il giovane alla guida di un mezzo per cui non era abilitato.
Il convenuto resistette alla domanda, chiamando in causa, per l'eventuale manleva, la Zurigo Assicurazioni s.p.a., che si costituì in giudizio eccependo l'inoperatività della polizza assicurativa.
Il Tribunale di Spoleto rigettò la domanda, con sentenza che è stata confermata dalla Corte di Appello di Perugia. La Corte ha ritenuto, in particolare, che:
quanto alla dinamica del sinistro, erano condivisibili le conclusioni cui era pervenuto il primo giudice sulla base dei rilievi svolti dalla Polizia Stradale e degli accertamenti compiuti nell'immediatezza del fatto dal consulente nominato dal P.M. nel procedimento penale, sì che doveva ritenersi che l'impianto frenante fosse funzionante e che il sinistro fosse dipeso dall'eccessiva velocità tenuta dal conducente;
quanto al possesso dei titoli abilitanti alla guida, trattandosi di autoveicolo "per uso speciale", il mezzo poteva essere guidato dal giovane, benché ancora diciannovenne, senza necessità che fosse munito di certificato di abilitazione professionale (richiesto, invece, per gli autoveicoli "per trasporti specifici" aventi, come quello di specie, tara superiore a 7,5 tonnellate).
Hanno proposto ricorso per cassazione il F.P. e la P.P., affidandosi a quattro motivi; ha resistito, con controricorso, la sola Zurich Insurance Public Limited Company, Rappresentanza Generale per l'Italia. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
 

 

Diritto

 


1. Il primo motivo denuncia «violazione dell'art. 2087 c.c., degli artt. 115, 116 e 132 n. 4 c.p.c., 2697 c.c.»: i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per avere superato in modo apodittico, e senza fornire una motivazione logica ed adeguata a sostegno dell'opzione seguita, il contrasto esistente fra la relazione del consulente del P.M. e la relazione -di segno opposto- svolta in ambito civile, in sede di A.T.P. (che aveva evidenziato l'inefficienza dell'impianto frenante e l'usura degli pneumatici anteriori); evidenziano che il veicolo era stato immatricolato ben 23 anni prima del sinistro e che la circostanza che il mezzo fosse stato parzialmente demolito al momento in cui era stato eseguito l'A.T.P. non aveva impedito di verificare lo stato dell'impianto frenante e degli pneumatici anteriori; si dolgono altresì che la Corte non abbia ammesso una nuova c.t.u. che consentisse di superare il contrasto fra i due precedenti accertamenti.
2. Col secondo motivo («violazione degli artt. 115 e 116 D. Lgs. n. 285/1992 (CdS), 310 D.P.R. n. 495/92 (Reg. CdS), dell'art. 2087 c.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c.»), i ricorrenti censurano la sentenza nella parte in cui ha affermato che il mezzo condotto dal giovane era adibito ad "uso speciale", anziché ad "uso trasporto specifico" (di cemento), come risultava dal certificato del PRA; ribadiscono che, trattandosi di autoveicolo ad uso di trasporto specifico con tara superiore a 7,5 tonnellate, il F.P. non avrebbe potuto guidarlo, essendo minore di 21 anni e sprovvisto del certificato di abilitazione professionale di cui al punto KC dell'art. 310 del Regolamento C.d.S.; inoltre, contestano alla Corte di avere apoditticamente affermato che il F.P. era munito della necessaria abilitazione professionale.
3. Col terzo motivo («violazione dell'art. 2087 c.c., degli artt. 115, 116, 113 c.p.c. e 345, ultimo comma, c.p.c., dell'artt. 2697 c.c.»), i ricorrenti lamentano che la Corte abbia affermato che la vittima procedeva a velocità eccessiva (e ciò anche in base alla testimonianza di tale Gianluigi Me.) senza ammettere la testimonianza di Ennio P., che era stata richiesta in sede di gravame in quanto l'esistenza di tale teste oculare era emersa soltanto in tale fase; si dolgono, in particolare, che la Corte abbia disatteso l'istanza di ammissione sul rilievo della dubbia attendibilità del teste, anticipando una valutazione che avrebbe potuto essere compiuta solo all'esito dell'assunzione della prova; ribadiscono che l'ammissione di tale prova e di una nuova consulenza avrebbero consentito di superare il contrasto esistente fra i due accertamenti tecnici disponibili.
4. Il quarto motivo («violazione dell'art. 343 c.p.c., in relazione all'art. 360, n. 4 c.p.c.») censura la sentenza nella parte in cui ha affermato che la domanda di garanzia proposta dall'F.I. non poteva essere esaminata in quanto non riproposta a mezzo di appello incidentale condizionato; si assume che, non essendo stata rigettata, la domanda di garanzia avrebbe potuto essere semplicemente riproposta ai sensi dell'art. 346 cod. proc. civ., così come era avvenuto.
5. Il primo e il secondo motivo sono fondati nei termini che seguono.
5.1. Quanto alla dinamica del sinistro, la Corte ha prestato piena adesione alle conclusioni della consulenza del P.M. sulla base della maggiore prossimità temporale di tale indagine rispetto al sinistro e sul rilievo che l'accertamento svolto in sede di A.T.P. venne effettuato dopo che il mezzo era stato smontato; non ha però spiegato le ragioni che, in riferimento allo specifico contenuto delle due relazioni, l'hanno indotta a ritenere non plausibili le valutazioni tecniche compiute dal secondo consulente e a considerare maggiormente affidabile il primo accertamento.
In tal modo, la Corte non ha soddisfatto adeguatamente l'obbligo motivazionale che, in presenza di esiti di consulenza diametralmente opposti, richiede una specifica analisi comparativa fra le contrapposte valutazioni tecniche, onde fornire adeguata base tecnica e logico-giuridica alla decisione di aderire all'una piuttosto che all'altra consulenza (cfr. Cass. n. 20125/2015 e Cass. n. 19572/2013): quella fornita dalla sentenza impugnata costituisce pertanto una motivazione meramente apparente che integra il denunciato vizio ex art. 132, secondo comma, n. 4) cod. proc. civ. o, comunque, un vizio ex art. 360 n. 5) cod. proc. civ. (nei termini di cui a Cass., S.U. n. 8053/2014), la cui denuncia è chiaramente desumibile dall'illustrazione del primo motivo (oltreché dal richiamo effettuato nella rubrica).
5.2. Quanto al possesso, da parte del giovane F.P., del titolo abilitante alla guida dell'autocarro, la Corte ha fondato la propria decisione sull'assunto che il mezzo costituisse veicolo "per uso speciale" anziché un veicolo "per trasporto specifico" (come sostenuto dai ricorrenti, che hanno trascritto, a pag. 15, quanto riportato nel certificato cronologico del PRA da essi prodotto), senza tener conto che, al fine di qualificare correttamente la tipologia del mezzo e di individuare il regime abilitativo applicabile, occorre far riferimento -in caso di contrastanti o non univoche risultanze amministrative- alle concrete caratteristiche del veicolo, onde ricondurlo ad una delle categorie generali previste dall'art. 54 C.d.S. -nello specifico, la lett. f) o la lett. g)- e ad una delle tipologie indicate dall'art. 203 Reg. Cod. della Strada.
6. Il terzo motivo è inammissibile, in relazione alla mancata ammissione del teste Pr., in quanto non risulta che, dopo il rigetto dell'istanza istruttoria da parte della Corte di Appello, gli appellanti abbiano reiterato la richiesta in sede di precisazione delle conclusioni, cosicché la stessa deve intendersi rinunciata (Cass. n. 16886/2016, Cass. n. 9410/2011 e Cass. n. 25157/2008).
Il motivo risulta invece assorbito in relazione alla mancata ammissione di nuova c.t.u., giacché, a seguito dell'accoglimento del primo motivo, la Corte di rinvio potrà valutare nuovamente l'istanza di rinnovazione della consulenza (cfr. Cass. n. 341/2009).
7. Il quarto motivo -già di per sé inammissibile in quanto relativo ad un'affermazione che la Corte di Appello aveva compiuto ad abundantiam, nell'ambito di una decisione che aveva rilevato come il rigetto dell'appello fosse «assorbente rispetto all'esame delle questioni circa l'operatività e l'estensione della garanzia»- è assorbito a seguito dell'accoglimento dei primi due motivi, che comporta la necessità di rivalutare il profilo della responsabilità dell'F.I..
8. La Corte di rinvio provvederà anche sulle spese di lite.
 

 

P.Q.M.

 


La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui alla motivazione, cassa e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Perugia, in diversa composizione.
Roma 26.3.2018