Cassazione Civile, Sez. 6, 03 luglio 2018, n. 17420 - Eziologia professionale della malattia. Rigetto


 

 

Presidente: CURZIO PIETRO Relatore: CAVALLARO LUIGI Data pubblicazione: 03/07/2018

 

 

Fatto

 


che, con sentenza depositata il 30.3.2016, la Corte d'appello dell'Aquila, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda di R.I. volta all'accertamento dell'etiologia professionale della malattia da cui ella è affetta e all'attribuzione delle conseguenti prestazioni previdenziali;
che avverso tale pronuncia R.I. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi di censura; che l'INAIL ha resistito con controricorso;
che è stata depositata proposta ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
 

 

Diritto

 


che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art 437 c.p.c. per avere la Corte di merito accolto l'eccezione di prescrizione triennale, sulla quale il primo giudice non si era pronunciato, senza avvedersi che tale eccezione era stata rinunciata dal difensore costituito dell'Istituto all'udienza celebrata in primo grado il 20.9.2012, dopo che ella aveva allegato di non aver mai ricevuto comunicazione della nota INAIL del 5.4.2007, attestante il mancato accoglimento del ricorso amministrativo avverso il diniego della prestazione; 
che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione degli artt. 111 e 112, T.U. n. 1124/1965, per non avere la Corte territoriale ritenuto che la nota interlocutoria con cui ella, nel 2009, aveva chiesto notizie del ricorso di cui al primo motivo, dovesse considerarsi interruttiva della prescrizione;
che, con il terzo e il quarto motivo, la ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione dell'art. 8,1. n. 332/1982 e degli artt. 416, 436 e 437 c.p.c. per non avere la Corte di merito verificato la regolarità della notifica dell'atto di appello e per averla ritenuta costituita in giudizio nonostante ella fosse rimasta contumace; che il primo motivo è infondato, costituendo orientamento consolidato della giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui la prescrizione triennale del diritto del lavoratore alle prestazioni previdenziali, prevista dall'art. 112, T.U. n. 1124/1965, può formare oggetto di rinunzia tacita da parte dell'INAIL solo per effetto di un comportamento inequivocamente incompatibile con la volontà di avvalersi della prescrizione già maturata, ossia costituente riconoscimento di un presupposto di fatto del diritto in modo inequivoco (Cass. n. 27323 del 2005), ciò che, all'evidenza, non può ravvisarsi nella presa d'atto da parte del difensore della mancata comunicazione del rigetto del ricorso, stante la sua irrilevanza ai fini della maturazione della prescrizione medesima, la cui sospensione opera limitatamente al decorso dei centocinquanta giorni previsti per la liquidazione amministrativa delle indennità dall'art. 111, comma 3°, T.U. cit., indipendentemente dalla durata effettiva del procedimento amministrativo (Cass. n. 211 del 2015); che il secondo, il terzo e il quarto motivo possono trattarsi congiuntamente, in considerazione della modalità di esposizione delle censure svolte, e sono inammissibili, costituendo orientamento parimenti consolidato della giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui, qualora venga censurata per cassazione una sentenza per mancata o insufficiente o erronea valutazione di risultanze processuali (documenti, deposizioni testimoniali, dichiarazioni di parti, accertamenti del c.t.u., ecc.), è imprescindibile, al fine di consentire a questa Corte di effettuare il richiesto controllo anche in ordine alla decisività del fatto controverso, che il ricorrente precisi le risultanze che asserisce decisive o insufficientemente o erroneamente valutate mediante integrale trascrizione delle medesime nel ricorso, in quanto il principio di specificità del ricorso per cassazione consente il controllo solo sulla base delle deduzioni in esso contenute, senza che questa Corte possa supplire ad eventuali sue lacune con indagini integrative, che trasformerebbero inevitabilmente il giudizio di legittimità in un ulteriore grado di merito (cfr. in tal senso Cass. nn. 12984 del 2006, 9245 e 15952 del 2007 e, più recentemente, Cass. nn. 12801 e 18679 del 2017, 19048 del 2016, 14784 e 16900 del 2015);
che altrettanto è stato affermato con riguardo alla denuncia di errores in procedendo, essendosi chiarito che, ai fini del rituale adempimento dell'onere imposto alla parte ricorrente dall'art. 366, comma 1°, n. 6, c.p.c., è necessario indicare specificamente nel ricorso anche gli atti processuali su cui esso si fonda e di trascriverli nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di doglianza, specificando altresì la sede (fascicolo processuale e/o di parte) in cui gli atti stessi sono rinvenibili (cfr. fra le tante Cass. nn. 16900 e 19410 del 2015);
che, nella specie, non risulta trascritto, nemmeno nelle parti salienti, né il contenuto della nota interlocutoria del 2009, menzionata a pag. 5 del ricorso, né quello della ricevuta di ritorno del CAD prodotta dall'INAIL in appello per attestare la ritualità della notifica del gravame, né quello del verbale di udienza in appello, menzionati rispettivamente alle successive pagg. 8 e 9, né si dice ove essi sarebbero attualmente reperibili, di talché è evidente come le censure vadano considerate inammissibili;
che il ricorso, conclusivamente, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza;
che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso;
 

 

P. Q. M.

 


La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 2.200,00, di cui € 2.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13. Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale dell'8.3.2018.