Cassazione Penale, Sez. 4, 11 luglio 2018, n. 31615 - Infortunio mortale dell'addetto alla manutenzione: inserimento di un fattore causale e innesco di una categoria di rischio nuova. Interruzione del nesso causale, abnormità della condotta del lavoratore


 

 

Nella sequenza eziologica sfociata nell'evento è infatti da riscontrarsi l'inserimento di un fattore causale che ha innescato una categoria di rischio del tutto nuova rispetto a quella determinata, secondo quanto risulta dalla motivazione della sentenza impugnata, dal difetto di un'adeguata manutenzione del macchinario. E infatti lo stesso giudice a quo evidenzia che la circostanza che sia "esploso" solo il cuscino di sinistra, benché altre ghiere fossero allentate, si spiega con la repentinità dello sblocco conseguente all'uso del palanchino per far leva sul cuscino, che si era inceppato, contemporaneamente all'immissione dell'aria compressa nel circuito. Dunque la sinergia tra immissione di aria compressa e azione contemporanea di forzatura dell'incastro, per provocare la fuoriuscita del cuscino, innescò un fattore eziologico che, per la sua imprevedibilità, considerato anche che tale comportamento venne posto in essere da un operatore specificamente addetto alla manutenzione, è tale da determinare interruzione del nesso di causalità rispetto alla condotta dell'imputato, consistente nell'inadeguata manutenzione del macchinario.


 

 

Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO Relatore: DI SALVO EMANUELE Data Udienza: 29/03/2018

 

 

 

Fatto

 


1. B.E. ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, con la quale è stata confermata, in punto di responsabilità, la pronuncia di condanna emessa in primo grado, in ordine al reato di cui all'art. 589 cod. pen., perché, in qualità di dirigente responsabile dell'unità produttiva di Chivasso della spa MAC, non sottoponendo ad adeguata manutenzione le ghiere dei cuscini delle presse, che risultavano tutte allentate e non debitamente serrate,e non analizzando e affrontando le criticità che potevano crearsi a fronte dell'attività dei manutentori, cagionava, per colpa, la morte di S.A., dipendente della ditta COMAU, il quale mentre tentava di sbloccare un cuscino pneumatico, facendo leva con il palanchino, veniva investito violentemente dal cuscino, fuoriuscito improvvisamente dal suo alloggiamento, riportando lesioni mortali.
2. Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, poiché la causa del distacco della ghiera, agevolato anche dall'Imprudente impiego di un palanchino utilizzato in guisa di leva, con conseguente espulsione del cuscino, che investì il lavoratore, è da individuarsi non in un insufficiente serraggio della ghiera, come assume l'accusa, ma nel cedimento della filettatura. Dunque la causa del distacco non va ricondotta a un monitoraggio manutentivo inadeguato ma a un intervento manutentivo errato sulla filettatura. Ciò è confermato dalla dichiarazione testimoniale dell'ispettore della Asl, il quale ha riferito che la ghiera era stata in qualche modo, in precedenza, manomessa. Infatti, qualora il componente fosse stato divelto dall'azione della sola aria compressa, tutti i filetti sarebbero stati strappati in modo uniforme. Al contrario, la circostanza che solo una parte abbia ceduto è la prova di un intervento manutentivo difettoso, che ha modificato la struttura originaria della ghiera. Né l'erroneità del precedente intervento tecnico avrebbe potuto essere rilevata attraverso un'adeguata attività manutentiva, come ritenuto dalla Corte territoriale, perché ciò avrebbe richiesto lo smontaggio di ogni singola ghiera e la misurazione delle tolleranze della filettatura.
2.1. In ogni caso, non fu la sola operazione di immissione di aria nel circuito del cuscino - peraltro richiesta dalla stessa persona offesa, dipendente della ditta esterna che svolgeva i servizi di manutenzione - a determinare l'espulsione del cuscino stesso. A cagionare l'evento fu invece l'azione della persona offesa, che salì sul componente e cercò di sbloccarlo facendo leva con il palanchino, operazione decisa dalla stessa vittima, in assoluta autonomia, senza che i dipendenti MAC lo coadiuvassero in tale azione.  
2.2. Comunque, dalle deposizioni dei testi P. e S. e dalle mail prodotte risulta che le attività manutentive preventive non erano mai cessate. Non emerge, d'altronde, alcun elemento dal quale sia possibile desumere che venisse effettuata esclusivamente la manutenzione in caso di guasto e non più il controllo preventivo sulle condizioni dei macchinari. Tant'è che i manutentori, tra cui la stessa persona offesa, avevano effettuato una serie di ispezioni manutentive sulle presse, nel gennaio 2008, che non contemplarono, però, senza che sia dato conoscerne il motivo, la pressa 502, ove si verificò l'infortunio. E comunque eventuali carenze di attività manutentive non erano percepibili da parte del datore di lavoro.
2.3. D'altronde, la scelta dei manutentori esterni e delle modalità tecniche da utilizzare per sbloccare un componente incastrato di un macchinario competeva al datore di lavoro dell'impresa appaltatrice, che avrebbe dovuto, altresì, addestrare i manutentori, al fine di consentire loro di svolgere in sicurezza tali interventi. L'obbligo di cooperazione e coordinamento imposto al datore di lavoro committente non può,infatti, avere ad oggetto regole che richiedano, come in questo caso, una specifica competenza tecnica settoriale. Né si può esigere che sia direttamente l'appaltante a disciplinare le modalità di lavoro dell'appaltatore. Non si è trattato dunque di un profilo di rischio interferenziale perché i dipendenti MAC non stavano svolgendo alcuna attività che potesse interferire in alcun modo con l'operatività del manutentore.
Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata.
 

 

Diritto

 


1. L'analisi prenderà le mosse dal secondo motivo di ricorso, che è fondato. Compito del titolare della posizione di garanzia è, infatti, evitare che si verifichino eventi lesivi dell'incolumità fisica intrinsecamente connaturati all'esercizio dell'attività lavorativa, anche nell'ipotesi in cui siffatti rischi siano conseguenti ad eventuali negligenze, imprudenze e disattenzioni dei lavoratori subordinati, la cui incolumità deve essere protetta con appropriate cautele. Il garante, dunque, ove abbia negligentemente omesso di attivarsi per impedire l'evento, non può invocare, quale causa di esenzione dalla colpa, la legittima aspettativa in ordine all'assenza di condotte imprudenti, negligenti o imperite da parte dei lavoratori, poiché il rispetto della normativa antinfortunistica mira a salvaguardare l'incolumità del lavoratore anche dai rischi derivanti dalle sue stesse imprudenze e negligenze o dai suoi stessi errori, purché connessi allo svolgimento dell'attività lavorativa (Cass., Sez. 4, n. 18998 del 27-3-2009, Rv. 244005). Ne deriva che il titolare della posizione di garanzia è tenuto a valutare i rischi e a prevenirli e la sua condotta non è scriminata, in difetto della necessaria diligenza, prudenza e perizia, da eventuali responsabilità dei lavoratori (Cass., Sez. 4, n. 22622 del 29-4-2008, Rv. 240161). Il datore di lavoro non può dunque essere considerato esente da responsabilità ove il lavoratore esplichi un incombente che, anche se inutile ed imprudente, rientri comunque nelle sue attribuzioni (Cass., Sez. 4, n. 23292 del 28-4-2011, Rv. 250710) e non risulti eccentrico rispetto alle mansioni a lui specificamente assegnate, nell'ambito del ciclo produttivo (Cass., Sez. 4, n. 7985 del 10-10-2013, Rv. 259313).
Tuttavia, a norma dell'art. 41, comma 2, cod. pen., il nesso causale deve considerarsi interrotto allorché intervenga una causa sopravvenuta, sufficiente da sola a determinare l'evento. L'operatività dell'art. 41, comma 2, cod. pen. è circoscritta ai casi in cui la causa sopravvenuta inneschi un rischio nuovo e del tutto incongruo rispetto al rischio originario, attivato dalla prima condotta (Cass., Sez. 4, n. 25689 del 3-5-2016, Rv. 267374; Sez. 4, n. 43168 del 2013, Rv. 258085). Non è dunque tanto l'eccezionalità a caratterizzare la causa sopravvenuta rilevante ex art. 41, comma 2, cod. pen. quanto l'eccentricità rispetto all'area di rischio attivata dalla condotta originaria (Cass., Sez. 4, n. 15493 del 10-3-2016, Pietramala, Rv. 266786). L'interruzione del nesso causale è infatti ravvisabile qualora il lavoratore ponga in essere una condotta del tutto esorbitante dalle procedure operative alle quali è addetto ed incompatibile con il sistema di lavorazione ovvero non osservi precise disposizioni antinfortunistiche. È dunque abnorme il comportamento del lavoratore che, per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro ( Cass., Sez. 4, n. 23292 del 28-4-2011, Rv. 250710). In questi casi, è configurabile la colpa dell'infortunato nella produzione dell'evento, con esclusione della responsabilità penale del titolare della posizione di garanzia (Cass., Sez. 4, 27-2-1984, Monti, Rv. 164645; Sez 4, 11-2-1991, Lapi, Rv. 188202).
2. Nel caso in esame, il giudice a quo ha evidenziato che al verificarsi dell'infortunio concorsero l'immissione di aria compressa all'interno del circuito, che consentì la risalita del cuscino, e l'azione del palanchino utilizzato dalla vittima, che permise di sbloccare il cuscino inceppatosi nella precedente fase di discesa, il quale subì una violenta e improvvisa spinta verso l'alto, che provocò un energico colpo nell'intradosso del locale sottostante della ghiera, che venne così divelta e non permise più di fermare la corsa del sollevamento del cuscino. La vittima, dunque, inserì il palanchino nella intercapedine esistente tra il cuscino e il suo alloggiamento, per favorirne lo sbocco, avendo in precedenza dato indicazione di immettere aria compressa nel circuito. E' pertanto erronea la conclusione formulata dal giudice a quo, secondo cui non può ravvisarsi abnormità del comportamento del lavoratore. Nella sequenza eziologica sfociata nell'evento è infatti da riscontrarsi l'inserimento di un fattore causale che ha innescato una categoria di rischio del tutto nuova rispetto a quella determinata, secondo quanto risulta dalla motivazione della sentenza impugnata, dal difetto di un'adeguata manutenzione del macchinario. E infatti lo stesso giudice a quo evidenzia che la circostanza che sia "esploso" solo il cuscino di sinistra, benché altre ghiere fossero allentate, si spiega con la repentinità dello sblocco conseguente all'uso del palanchino per far leva sul cuscino, che si era inceppato, contemporaneamente all'immissione dell'aria compressa nel circuito. Dunque la sinergia tra immissione di aria compressa e azione contemporanea di forzatura dell'incastro, per provocare la fuoriuscita del cuscino, innescò un fattore eziologico che, per la sua imprevedibilità, considerato anche che tale comportamento venne posto in essere da un operatore specificamente addetto alla manutenzione, è tale da determinare interruzione del nesso di causalità rispetto alla condotta dell'imputato, consistente nell'inadeguata manutenzione del macchinario. Il comportamento del lavoratore va, infatti, ritenuto abnorme allorquando, pur rientrando nelle mansioni che gli sono state attribuite, consista, come nel caso in disamina, in una condotta radicalmente, ontologicamente, lontana dalle ipotizzabili, e quindi prevedibili, scelte, anche imprudenti, di un lavoratore, nell'esecuzione del lavoro (Cass., Sez. 4, n. 7267 del 10-11-2009, Rv. 246695), con conseguente esonero da responsabilità del titolare della posizione di garanzia.
3. La sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio nei confronti dell'imputato per non aver commesso il fatto. La natura rescindente di tale epilogo decisorio determina l'ultroneità della disamina degli ulteriori motivi di ricorso.
 

 

P.Q.M.
 

 

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non aver commesso il fatto.
Così deciso in Roma, il 29-3-2018.