Cassazione Civile, Sez. Lav., 10 settembre 2018, n. 21960 - Infortunio mortale e azione di regresso


 

Presidente: MANNA ANTONIO Relatore: MANCINO ROSSANA Data pubblicazione: 10/09/2018

 

 

 

Fatto

 


1. La Corte d'appello di Venezia, con sentenza del 14 febbraio 2013, ha respinto il gravame svolto dalla s.r.l. CPL nel confronti dell'INAIL avverso la sentenza di primo grado che, per quanto in questa sede rileva, aveva accolto l'azione di regresso promossa dall'INAIL, nei confronti della società, per l'infortunio mortale occorso al lavoratore C.T., con condanna della predetta società al pagamento della somma di euro 165.846,01 oltre interessi di legge.
2. Riteneva la Corte di merito violate le disposizioni antinfortunistiche di cui agli artt.6, comma 3, 37, comma 1, lett. a e b) del d.lgs. n.626 del 1994, il generale obbligo di salvaguardia dell'incolumità del lavoratore e di diligenza dell'attività datoriale, a mente dell'art. 2087 cod.civ., nell'Infortunio occorso al predetto lavoratore, assente il responsabile di cantiere ed unico in grado di usare la gru, per il mancato rispetto delle istruzioni di smontaggio previste dal manuale di servizio della gru, giacché l'operaio deceduto, risultante dal piano operativo di sicurezza del cantiere addetto all'assistenza a terra della gru, non aveva ricevuto alcuna formazione ed istruzione sull'uso e smontaggio delle attrezzature messe a sua disposizione, né la società era stata in grado di esibire alcuna documentazione o offrire prova rigorosa dell'istruzione e formazione del lavoratore, assunto solo otto giorni prima dell'infortunio; che l'inadempimento dell’obbligo datoriale si connotava di elevata gravità in ragione della complessità e pericolosità dell’operazione di smontaggio ed infine che il divieto asseritamente intimato al lavoratore, di intervenire e/o proseguire nello smontaggio e l’asserita attendibilità dell'unico teste dedotto sulla circostanza,erano risultati smentiti dalla sentenza penale di appello che aveva già accertato la responsabilità penale del responsabile di cantiere e l'inattendibilità del teste. 
3. Avverso tale sentenza ricorre la s.r.l. CPL, con ricorso affidato a due motivi, cui resiste con controricorso l'INAIL.
 

 

Diritto

 


4. Con il primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 6, comma 3, 37 del d.lgs. n.626 del 1994, 2087 cod.civ. e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, la parte ricorrente censura la sentenza impugnata per non avere tenuto conto che il lavoratore C.T. era stato assunto per svolgere mansioni di operaio comune, e non specializzato, e che tra le sue mansioni non rientrava quella di smontaggio del braccio della gru Link Belt 108 che, per pericolosità e complessità dell'operazione, richiedeva una preparazione adeguata e specifica, con la conseguenza che non era ascrivibile al datore di lavoro la responsabilità per il decesso del lavoratore; che, in conclusione la Corte di merito non aveva preso in esame il fatto decisivo, vale a dire la necessità di ricostruire con precisione la dinamica del sinistro, anche mediante consulenza peritale, al fine di valutare la sussistenza dell'eventuale responsabilità di terzi nella causazione del sinistro e il carattere abnorme dell'iniziativa assunta dal lavoratore.
5. Con il secondo motivo, deducendo violazione dell'art. 115 cod.proc.civ. nella valutazione delle prove e, in particolare, in ordine al giudizio di inattendibilità di un testimone, assume la contraddittorietà e ed illogicità della relativa motivazione.
6. Il ricorso non è meritevole di accoglimento.
7. La prima censura non solo non richiama le affermazioni in diritto della sentenza impugnata che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie, ma è svolta incentrando le doglianze su un riesame della vicenda inammissibile in sede di legittimità.
8. Anche il denunciato omesso esame non si confronta con la statuizione impugnata per avere la Corte di merito tenuto conto della circostanza che il lavoratore era stato assunto per svolgere mansioni di operaio comune, reputandola non decisiva per escludere la responsabilità della società, né tale circostanza riveste carattere di decisività.
9. Deve poi rimarcarsi che, nella sintesi del motivo (pag.22 del ricorso), la stessa parte ricorrente descrive il fatto decisivo come «la necessità di ricostruire con precisione la dinamica del sinistro, in ragione delle contestazioni della società».
10. Ebbene, ai sensi del novellato n. 5 dell’art. 360 cod.proc.civ., come modificato dal decreto-legge n. 83 del 2012, convertito in legge n. 134 del 2012, costituisce motivo di ricorso per cassazione l'omesso esame d'un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
11. Tale riformulazione della norma, com'è noto, è stata interpretata dalle Sezioni unite della Corte (sentenza 7 aprile 2014, n. 8053) nel senso: a) che l'omesso esame deve avere ad oggetto un fatto storico, non un punto o una questione; e b) che il sindacato di legittimità sulla motivazione è ridotto al minimo costituzionale, con la conseguenza che è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (v.Cass., Sez.U. n. 8053 del 2014 cit.).
12. Le Sezioni unite della Corte hanno poi ulteriormente precisato che l'omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (così, in motivazione, Cass., Sez.U., n. 19881 del 2014). 
13. Ne consegue che in sede di legittimità non è data ora (come del resto non era altrimenti data allora, vigente il testo precedente del n. 5 dell'art. 360 c.p.c.) la possibilità di censurare che la prova di un dato fatto sia stata tratta o negata dall'apprezzamento o dalla obliterazione di un determinato elemento istruttorio, atteso che una tale critica ha ad oggetto non già un fatto storico, ma la stessa attività di valutazione del corredo probatorio, che solo al giudice di merito compete.
14. Nello specifico, costituisce una mera torsione verbale qualificare come fatto storico, il cui esame sarebbe stato omesso, la mancata considerazione di ciò, che «non ha preso in esame un fatto decisivo della controversia, e cioè la necessità di ricostruire con precisione la dinamica del sinistro .... » (così, a pag. 22 del ricorso).
15. Si tratta, all'evidenza, di una critica mossa proprio e solo alla valutazione della prova del fatto storico, decisivo e discusso, che il lavoratore deceduto risultava dal piano operativo di sicurezza del cantiere addetto all’assistenza a terra della gru e non aveva ricevuto al riguardo alcuna formazione né la società era stata in grado di esibire alcuna documentazione al riguardo, sicché non è stato omesso alcun esame del fatto, ma quest'ultimo è stato semplicemente apprezzato in maniera opposta alle aspettative della parte odierna ricorrente.
16. Quanto alla censura con la quale si rimprovera alla Corte di merito di non aver ammesso la consulenza tecnica d'ufficio per accertare l'esatta dinamica del sinistro, dal quale parte ricorrente riterrebbe di poter trarre la conferma del carattere abnorme della condotta del lavoratore e della sussistenza, nella specie, di un'azione determinata da un rischio elettivo tale da escludere la responsabilità datoriale nella causazione del sinistro, del pari ne va affermata l'inammissibilità per essere riservata al giudice del merito l'eventuale valutazione in ordine all'imprevedibilità del comportamento del lavoratore in quanto anomalo e non richiesto dal datore di lavoro.
17. Anche il secondo motivo, incentrato sulla valutazione delle risultanze Istruttorie, Involge, inammissibilmente, un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito.
18. Le spese, liquidate come In dispositivo, seguono la soccombenza.
19. La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 Impone di dar atto dell'applicabilità del d.P.R. n. 115/2002, art. 13, comma 1 -quater, nel testo Introdotto dalla L. n. 228/2012, art. 1, comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a Cass., Sez. U., 17 ottobre 2014, n. 22035 e alle numerose successive conformi).
 

 

P.Q.M.

 


La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 7.000,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge. Al sensi dell'art. 13,comma 1-quater, d.P.R.115/2002, dichiara sussistenti i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell'ulteriore Importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art.13,comma 1-bls.
Così deciso In Roma, nella camera di consiglio del 10 aprile 2018