G.G., quale rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ai sensi del D.Lgs. n. 626 del 1994, e altri macchinisti dipendenti della s.p.a. Trenitalia, propongono domanda di inibizione di modalità di lavoro pericolose per l'attività dei lavoratori.

La Corte afferma il seguente principio di diritto: "Spetta alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia instaurata da dipendenti della società Trenitalia, nonchè dal rappresentante per la sicurezza dei lavoratori ai sensi del D.Lgs. n. 626 del 1994, per l'inibizione di modalità di lavoro implicanti una situazione di pericolo per l'integrità fisica dei lavoratori (nella specie, conduzione dei treni con agente unico in mancanza dei requisiti di sicurezza e con l'impiego di un dispositivo di vigilanza automatica privo di adeguata valutazione del rischio), trattandosi di materia riguardante l'adempimento datoriale dell'obbligo di sicurezza della prestazione di lavoro e risultando irrilevante, ai fini della determinazione della giurisdizione, l'eventuale interferenza della pronuncia del giudice sulle disposizioni impartite (nella specie, mediante direttiva generale) dalla Rete Ferroviaria Italiana, gestore delle infrastrutture ferroviarie".

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo - Primo Presidente f.f. -
Dott. PAPA Enrico - Presidente di sezione -
Dott. ELEFANTE Antonio - Presidente di sezione -
Dott. MENSITIERI Alfredo - Consigliere -
Dott. FIORETTI Francesco Maria - Consigliere -
Dott. PICONE Pasquale - Consigliere -
Dott. FELICETTI Francesco - Consigliere -
Dott. BUCCIANTE Ettore - Consigliere -
Dott. MORCAVALLO Ulpiano - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 9034-2007 proposto da:
TRENITALIA S.P.A., società con socio unico soggetta a direzione e coordinamento di FERROVIE DELLO STATO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell'avvocato MORRICO ENZO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato TOSI PAOLO, per procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro G.G. ((OMISSIS)), quale rappresentante dei lavoratori per la sicurezza della Divisione Trasporto Regionale Piemonte, Settore Condotta M.C., D.R., D.R.A., T.E., C.S., M.G., R.P., G.P., P. D., M.R., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLE MONTAGNE ROCCIOSE 69, presso lo studio dell'avvocato DONATONE ANTONIO, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato DANIELE  BARTOLOMEO, per procura a margine del controricorso;
- controricorrenti -
e contro CE.SA., + ALTRI OMESSI;
- intimati -
avverso la sentenza n. 392/2006 della CORTE D'APPELLO di TORINO, depositata il 17/03/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/02/2009 dal Consigliere Dott. ULPIANO MORCAVALLO;
uditi gli avvocati Gaetano GIANNI' per delega dell'avvocato Enzo Morrico, Bartolomeo DANIELE;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. NARDI Vincenzo, che ha concluso in via preliminare per l'inammissibilità del ricorso; in subordine per il dichiararsi la giurisdizione A.G.O. in ordine alla controversia in esame, con conseguente rigetto del ricorso.

Fatto

1. - Con ricorso al Tribunale di Torino, in funzione di giudice del lavoro, G.G., quale rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ai sensi del D.Lgs. n. 626 del 1994, e altri macchinisti dipendenti della s.p.a. Trenitalia, quasi tutti appartenenti alla Divisione Trasporto Regionale del Piemonte, Settore Condotta, domandavano che fosse ordinato alla suddetta società di interrompere la conduzione dei treni con agente unico in assenza delle condizioni di sicurezza e dell'attrezzatura tecnologica previste dall'art. 3, punto 1, delle Istruzioni per il personale di condotta delle locomotive (IPCL), come modificato dalla Rete Ferroviaria Italiana, Gestore delle infrastrutture ferroviarie, con direttiva n. 35 del 22 novembre 2002, nonchè di inibire, o comunque sospendere, in attesa dell'adeguata valutazione del rischio ai sensi del D.Lgs. n. 626 del 1994, l'utilizzo del nuovo dispositivo di vigilanza automatica denominato VACMA (Vigilanza automatica di controllo di mantenimento dell'attenzione), parimenti previsto dalla citata direttiva.

2. - Deducevano, infatti, che l'estensione della conduzione dei treni ad agente unico, prima prevista in casi limitati, era stata consentita dalla predetta direttiva n. 35 del 2002, a decorrere dal 1 marzo 2003, a condizione che vi fossero un sistema di comunicazione terra/treno e bordo/bordo e un freno continuo funzionante in tutto il treno; se non che, presso la Divisione Trasporto Piemonte, il nuovo sistema aveva avuto inizio, a partire dal (OMISSIS), sebbene non fossero stati introdotti sistemi radiotelefonici GSM e utilizzando telefoni cellulari spesso privi di "campo", sì da ingenerare seri pericoli per i lavoratori e per gli stessi viaggiatori; per di più, era stato introdotto l'indicato dispositivo VACMA, che - prevedendo che il conducente dovesse tenere schiacciato un pedale, con possibilità di rilascio per soli 55 secondi, onde evitare la comparsa di un segnale acustico e luminoso - aveva indotto ulteriore "stress" nei macchinisti, che già dovevano attendere a molteplici incombenze per la conduzione del treno.

3. - La società Trenitalia si costituiva in giudizio eccependo che l'introduzione della conduzione ad agente unico e del dispositivo VACMA era conseguita alla direttiva generale della Rete Ferroviaria Italiana, che gestiva il controllo e la sicurezza delle infrastrutture ferroviarie ai sensi del D.P.R. n. 277 del 1998;
pertanto, la materia della sicurezza della circolazione ferroviaria, siccome configurata e garantita da disposizioni del Gestore e dello stesso Ministero dei Trasporti, era sottratta alla cognizione del giudice del lavoro, non essendo rilevante che a sollevare dubbi sulla sicurezza della circolazione fossero dei lavoratori subordinati che agivano in giudizio invocando l'art. 2087 c.c. e le norme del D.Lgs. n. 626 del 1994.

4. - Con sentenza del 27 gennaio 2005, il Tribunale dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, considerando che la domanda tendeva alla declaratoria di illegittimità di una direttiva di organizzazione generale ed era perciò devoluta alla giurisdizione del Tribunale amministrativo regionale del Lazio; ma la decisione, impugnata dal rappresentante per la sicurezza del lavoro e dai dipendenti, veniva riformata dalla Corte d'appello di Torino, che - con sentenza del 17 marzo 2006 - dichiarava la giurisdizione del giudice ordinario rimettendo le parti dinanzi al Tribunale ai sensi dell'art. 353 c.p.c..
4.1. - I giudici d'appello rilevavano che la domanda era diretta semplicemente alla protezione del diritto, costituzionalmente garantito, alla salute e alla sicurezza del luogo e dei mezzi di lavoro nei confronti di un datore di lavoro privato, cioè la società Trenitalia, mentre alcuna pretesa era stata avanzata, nè poteva esserlo, nei confronti della Rete Ferroviaria Italiana, peraltro anch'essa società privata; non poteva dunque applicarsi la distinzione fra atti di organizzazione generale e atti di gestione del rapporto di lavoro, riferibile soltanto ai rapporti di pubblico impiego privatizzato.

5. - Contro questa sentenza la società Trenitalia propone ricorso per cassazione deducendo un unico motivo.
5.1. - Il rappresentante per la sicurezza e altri dipendenti del compartimento del Piemonte, come specificati in epigrafe, resistono con controricorso.
5.2. - La società ricorrente presenta memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c..
 
Diritto

1. - Con l'unico motivo, che si conclude con la formulazione di un corrispondente quesito di diritto ai sensi dell'art. 366 - bis c.p.c., la ricorrente vuole sia dichiarata la carenza di giurisdizione del giudice ordinario.
Alle Sezioni unite si chiede di enunciare il principio di diritto per cui "è precluso al giudice ordinario il sindacato in via principale sulle disposizioni normative e regolamentari (recanti gli standard di sicurezza da applicare alla circolazione ferroviaria) emanate dai soggetti legislativamente competenti in materia (Ministero dei Trasporti e Gestore dell'Infrastruttura ferroviaria), restando esclusa dalla giurisdizione del giudice ordinario l'azione diretta all'accertamento dell'asserito contrasto tra le suddette disposizioni e le norme di cui all'art. 2087 cod. civ. e D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, artt. 3 e 4".
A sostegno di tale conclusione la ricorrente deduce come la Corte di merito non abbia considerato che le modifiche tecniche contestate dai lavoratori non sono state decise unilateralmente dalla datrice di lavoro, ma sono prescritte dalla direttiva n. 35 del 2002, emanata dalla Rete Ferroviaria Italiana, previa approvazione del Ministero dei Trasporti, al fine di indicare i protocolli di sicurezza da applicare alla circolazione ferroviaria.

2. - Tale motivo non è fondato.
Si deve precisare che con il ricorso introduttivo il rappresentante per la sicurezza dei lavoratori e i macchinisti dipendenti della Trenitalia, premessa l'evoluzione regolamentare della vicenda ed esposto come si era pervenuti alla modificazione della composizione degli equipaggi viaggianti a bordo dei treni, spiegavano una domanda intesa ad ottenere l'ingiunzione, nei confronti della società datrice di lavoro, dell'adozione di adeguate misure a tutela dell'integrità fisica dei dipendenti, consistenti nella interruzione della conduzione dei treni con agente unico, in mancanza dei requisiti di sicurezza idonei a consentire una tale modalità di conduzione, e nella inibizione del nuovo dispositivo di vigilanza automatica sino alla specifica verifica del rischio connesso al suo impiego.
Ne deriva, per un verso, che l'azione non aveva ad oggetto i provvedimenti amministrativi di organizzazione del servizio, ma la rimozione della situazione di pericolo esistente al momento della domanda, e, per altro verso, che a tale momento questa situazione, della quale si chiedeva la rimozione, era insorta nell'ambito di un rapporto di lavoro privatistico; la controversia, dunque, non implica la impugnativa di atti, anche se essi costituiscono l'origine della modificazione dell'organizzazione del lavoro, ma riguarda la situazione di rischio oggettivo delle condizioni lavorative e di "stress" dei dipendenti conseguente alla modifica delle modalità di svolgimento della prestazione.
La posizione soggettiva dedotta in giudizio si configura dunque come diritto all'integrità psico-fisica dei lavoratori, riconducibile al fondamentale diritto alla salute (art. 32 Cost.): un tale diritto trova tutela dinanzi al giudice al quale è devoluta la cognizione del rapporto, sì che al medesimo è assicurata una pari intensità di tutela sia dinanzi al giudice ordinario, ove si tratti di rapporto soggetto alla cognizione di tale giudice, sia dinanzi al giudice amministrativo, ove la lesione avvenga in materie riservate alla giurisdizione di quest'ultimo (cfr. Cass., Sez. un., 28 dicembre 2007, n. 27187).
Con questi presupposti, nella controversia in esame si è rigorosamente nell'ambito della giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, posto che l'art. 2087 c.c. non si limita ad enunciare un dovere nell'interesse generale, ma impone all'imprenditore un vero e proprio obbligo all'interno del rapporto di lavoro, la cui inosservanza è fonte di responsabilità contrattuale nei confronti del lavoratore; e - come queste Sezioni unite hanno avuto modo di affermare in controversia analoga, relativa alla soppressione della funzione dell'aiuto-macchinista e all'affidamento dei relativi compiti al capo-treno - risulta irrilevante, ai fini della determinazione della giurisdizione, l'eventuale interferenza dell'inibitoria pronunciata dal giudice sui poteri dell'autorità amministrativa in materia di organizzazione di un servizio di trasporto pubblico (cfr. Cass., Sez. un., 8 agosto 1995, n. 8681).

3. - In conclusione, deve affermarsi il seguente principio di diritto: "Spetta alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia instaurata da dipendenti della società Trenitalia, nonchè dal rappresentante per la sicurezza dei lavoratori ai sensi del D.Lgs. n. 626 del 1994, per l'inibizione di modalità di lavoro implicanti una situazione di pericolo per l'integrità fisica dei lavoratori (nella specie, conduzione dei treni con agente unico in mancanza dei requisiti di sicurezza e con l'impiego di un dispositivo di vigilanza automatica privo di adeguata valutazione del rischio), trattandosi di materia riguardante l'adempimento datoriale dell'obbligo di sicurezza della prestazione di lavoro e risultando irrilevante, ai fini della determinazione della giurisdizione, l'eventuale interferenza della pronuncia del giudice sulle disposizioni impartite (nella specie, mediante direttiva generale) dalla Rete Ferroviaria Italiana, gestore delle infrastrutture ferroviarie".

4. - Alla stregua di tale principio, il ricorso va rigettato e va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.

5. - La società ricorrente è tenuta, ai sensi dell'art. 385 c.p.c., comma 1, alla rifusione delle spese del giudizio, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.
 
La Corte, a sezioni unite, rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro duecento per esborsi e in Euro ottomila per onorari, oltre a spese generali, IVA e CPA come per legge.
Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2009.
Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2009