Cassazione Penale, Sez. 4, 23 gennaio 2019, n. 3228 - Infortunio e interferenze: responsabile il datore di lavoro committente che non prevede il rischio da compresenza anche nell'ipotesi di un comportamento imprudente del preposto


 

Il datore di lavoro, in caso di lavori in appalto, coopera all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto e coordina gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze. Tale documento è allegato al contratto di appalto o di opera e va adeguato in funzione dell'evoluzione dei lavori, servizi e forniture.
Nel caso di specie il DUVRI non prevedeva il rischio interferenziale, o rischio da compresenza e di tale carenza è chiamato a rispondere il datore di lavoro.

Una eventuale responsabilità del preposto non esonera comunque il datore di lavoro dalla propria responsabilità per il profilo di colpa specifica a lui ascritto, essendo venuto meno a preciso obbligo di legge.


Presidente: PICCIALLI PATRIZIA Relatore: MENICHETTI CARLA Data Udienza: 09/01/2019

 

Fatto

 

1. La Corte d'Appello di Milano, con sentenza in data 26 aprile 2018, confermava la pronuncia di condanna resa dal Tribunale cittadino nei confronti di S.P., quale responsabile del reato di lesioni colpose ai danni di C.G., fatto commesso con violazione delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, e segnatamente dell'art.26, comma 2, lett.B) D) del d.lgs.n.81/2008, ferme le statuizioni civili anche in relazione all'entità della concessa provvisionale.
2. Secondo l'ipotesi accusatoria, lo S.P., quale amministratore della Organizzazione Gestione Logistica soc. Coop. (OGL) e datore di lavoro del C.G., con mansioni di magazziniere in servizio presso lo stabilimento della Bayer Healthcare Manufactoring s.r.l. in Garbagnate Milanese, aveva cagionato al proprio dipendente gravi lesioni personali - come descritte nel capo di imputazione e documentate dalla certificazione medica in atti - aveva omesso di coordinare gli interventi dì protezione e prevenzione dai rischi interferenziali tra i lavori delle diverse imprese coinvolte, cagionando così lesioni gravi al C.G., che mentre si trovava tra la ribalta di carico di un camion ed il pianale, era caduto di schiena nel vuoto a causa della messa in moto del mezzo.
Questa la ricostruzione del fatto contenuta in sentenza: Bayer e OGL avevano in essere un contratto di appalto in base al quale, presso la sede della Bayer a Garbagnate Milanese, operava personale della OGL con varie mansioni, tra cui quella di carico/scarico, movimentazione e stoccaggio merci. Il giorno 30 agosto 2013, data dell'infortunio, erano presenti P.N., dipendente della Bayer quale preposto ed addetto alla sicurezza, due dipendenti della OGL addetti al carico, il C.G. e F.M., che aveva il compito di caricare un container di medicinali, e l'autista del camion, C., dipendente del vettore terzo DHL. La procedura operativa allegata al documento unico di valutazione del rischio (DUVRI), adottato dalla Bayer e fatto proprio dalla OGL, prevedeva che le chiavi dell'automezzo, una volta posizionato presso le porte attrezzate, dovessero essere custodite dal preposto P.N. (Bayer) in un apposito cassetto nell'ufficio della committente, per poi essere riconsegnate all'autista (DHL) dopo l'abbassamento della saracinesca di accesso alla ribalta del camion, una volta che l'addetto al carico merci (OGL) lo avesse informato del completamento dell'operazione di carico e della chiusura della saracinesca del container. Il giorno del fatto il F., chiamato il P.N. per un controllo della temperatura interna del container, ed alzata la pedana, aveva chiamato il C.G., che si trovava in un altro magazzino, per mostrargli come aveva sistemato i bancali all'interno del container; a quel punto il P.N., ritenendo ultimate le operazioni di carico, si era allontanato con l'autista C. e gli aveva consegnato le chiavi, nonostante la saracinesca del container non fosse stata abbassata, autorizzandolo a cominciare le procedure per spostare il camion. Intanto il C.G., chiamato dal F., si era avvicinato alla ribalta, accessibile dalla saracinesca ancora aperta e, non riuscendo ad udire le grida del F. che lo avvisava che il camion si stava muovendo, aveva poggiato il piede sul cassone antistante il container, mantenendo l'altro piede sulla ribalta e cadendo dall'altezza di oltre un metro.
Nel corso del dibattimento il P.N. aveva ammesso di aver violato la procedura prevista, per aver mantenuto le chiavi con sé ed aver autorizzato l'autista del camion a muoversi nonostante la saracinesca non fosse stata abbassata; era poi emerso che a seguito dell'incidente era stata adottata una procedura più rigorosa per la custodia delle chiavi del mezzo, in modo tale da poter essere prelevate solo una volta chiusa la saracinesca; ancora, dagli accertamenti effettuati da personale della ASL, era risultato che la procedura operativa allegata al DUVRI non contemplava l'interferenza di due ditte separate, tanto che in essa si parlava genericamente di "operatore del magazzino" e di "operatore addetto" senza specificare tuttavìa se si trattasse di operatore della Bayer o della cooperativa OGL, e che dunque non era stato valutato il rischio da compresenza.
La Corte di Milano, condividendo il giudizio del Tribunale, ha ritenuto generica la procedura, che non contemplava adeguatamente il rischio interferenziale da compresenza, ed ha ancora sottolineato, all'esito delle deposizioni dei testi sentiti in dibattimento, che il livello di conoscenza e di concreta applicazione della detta procedura di consegna e custodia delle chiavi era assai scarso.
Di qui la prova che la procedura operativa prevenzionale predisposta dalla Bayer e fatta propria da OGL non fosse idonea a garantire dai rischi connessi ai lavori in compresenza e che il profilo di colpa ascritto allo S.P. fosse stato correttamente ancorato alla violazione dell'art.26 del d.lgs.n.81/2008, stante la mancanza di coordinamento tra i lavoratori di diverse aziende, mentre andava escluso ogni comportamento esorbitante del lavoratore, potendosi anzi ravvisare altre posizioni di garanzia (di qui la trasmissione degli atti all'ufficio di procura).
3. Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, tramite il difensore di fiducia, per quattro motivi.
Con i primi due motivi lamenta inosservanza della legge penale e carenza e/o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del nesso causale tra la condotta e l'evento lesivo. Osserva che - secondo la dinamica degli accadimenti che è stata descritta e non è oggetto di contestazione - la responsabilità dell'infortunio era da addebitare esclusivamente al preposto P.N., per la sconsiderata azione posta in essere, in violazione della procedura di custodia e riconsegna della chiave all'autista. Deduce ancora che anche la nuova procedura adottata sulla scorta delle indicazioni della ASL non sarebbe idonea ad evitare sinistri analoghi a quelli per cui è processo e quindi nulla è dimostrato circa il fatto che, con una procedura differente, l'evento sarebbe stato scongiurato, proprio perché dipeso dal comportamento eccezionale del preposto.
Il terzo ed il quarto motivo estendono i medesimi vizi alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo del reato in capo all'imputato. Il rischio non poteva essere previsto dallo S.P., poiché questi non poteva certo vigilare sulla condotta di un dipendente della Bayer né prefigurarsi che il P.N. avrebbe eluso la misure predisposte e consegnato le chiavi all'autista autorizzandolo a muovere un automezzo prima del tempo. Non era poi affatto vero, né era stato dimostrato - sostiene ancora il ricorrente - che i lavoratori della cooperativa e della committente non avessero chiare le modalità di effettuazione delle rispettive mansioni.
4. La parte civile, Gaetano C.G., tramite il difensore e procuratore speciale, con nota in data 19 dicembre 2018 ha revocato la costituzione.
 

 

Diritto

 


1. Il ricorso non è fondato.
2. Secondo quanto testualmente recita la norma prevenzionale di cui all'art.26, d.lgs.n.81/2008 contestata in imputazione come profilo di colpa specifica, il datore di lavoro, in caso di lavori in appalto, coopera all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto e coordina gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze. Tale documento è allegato al contratto di appalto o di opera e va adeguato in funzione dell'evoluzione dei lavori, servizi e forniture.
Nel caso di specie il DUVRI non prevedeva il rischio interferenziale, o rischio da compresenza e di tale carenza è chiamato a rispondere il datore di lavoro.
3. Più volte questa Corte di legittimità si è pronunciata sul punto, spiegando che il concetto di interferenza, ai fini della operatività degli obblighi di coordinamento e cooperazione previsti dall'art.26 del d.lgs.n.81/2008, è dato dal contatto rischioso tra il personale di imprese dì verse operanti nello stesso contesto aziendale e pertanto occorre aver riguardo alla concreta interferenza tra le diverse organizzazioni, che può essere fonte di ulteriori rischi per l'incolumità dei lavoratori: la ratio della norma - indipendentemente dalla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra imprese - è infatti quella di obbligare il datore di lavoro ad organizzare la prevenzione dei rischi interferenziali, attivando percorsi condivisi in informazione e cooperazione, nonché soluzioni comuni a problematiche complesse (Sez.4, n.9167 del 1/2/2018, Rv.273257; Sez.4, n.30557 del 7/6/2016, Rv.267687).
Nel caso a giudizio, la Corte territoriale ha fatto buon governo di tale principio, laddove ha considerato, in fatto, che presso la sede Bayer a Garbagnate Milanese operavano i dipendenti di detta società, i lavoratori della cooperativa OLG, di cui lo S.P. era amministratore unico ed alle cui dipendenze lavorava il C.G., e si avvicendavano i vari autisti delle società di trasporto, per quanto interessa la DHL, terza rispetto al rapporto di appalto.
Ha poi valorizzato, per rimarcare la responsabilità dell'imputato, nella indicata qualità, che vi era un solo DUVRI adottato dalla Bayer, cui lo S.P. aveva prestato adesione, e che la procedura operativa ivi prevista (quanto alla custodia delle chiavi da parte del P.N. e la riconsegna all'autista del camion solo dopo la chiusura della saracinesca di accesso alla ribalta del mezzo) era assolutamente carente, in quanto non contemplava l'interferenza di due ditte separate e la compresenza di personale di entrambe.
4. Quanto al ruolo del P.N., una sua eventuale responsabilità connessa alla posizione di garanzia di preposto, è tuttora da vagliare e comunque non esonera il datore di lavoro dalla propria responsabilità per il profilo di colpa specifica a lui ascritto, essendo venuto meno a preciso obbligo di legge.
Del tutto inconferente poi il richiamo del ricorrente ad un preteso comportamento abnorme, eccezionale o esorbitante del lavoratore, cioè del P.N., poiché tale causa di interruzione del nesso di causalità riguarda semmai la condotta della vittima e non di altro garante, così come inconferente e meramente assertiva la valutazione che la difesa svolge sulle persistente inidoneità delle attuali misure di prevenzione, adottate dopo il sinistro occorso al C.G..
5. Alla luce di tali considerazioni il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 9 gennaio 2019