Cassazione Penale, Sez. 4, 23 gennaio 2019, n. 3220 - Grave infortunio a seguito della caduta di una piastra da 250kg. Prescrizione


 

 

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA Relatore: FERRANTI DONATELLA Data Udienza: 09/01/2019

 

 

 

FattoDiritto

 


1. Con sentenza del 15.02.2018 la Corte di Appello di Milano, ha confermato la condanna di C.P., pronunciata dal Tribunale di Milano il 30.03.2015 in ordine al reato contestato in rubrica per avere, quale Direttore di Cantiere e responsabile della sicurezza per colpa generica e specifica, in particolare, in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro di cui all'art. 100 comma 3 D.lgs n.81/2008, causato a K.A. lesioni gravissime, consistite in trauma cranico commotivo con ematoma extradurale occipitale sinistro e fratture gravissime delle vertebre e della teca cranica corrispondente, con paraplegia definitiva da frattura vertebrale con lesioni complete a livello motorio sensitivo bilaterale a seguito di infortunio sul lavoro occorso in Milano presso il cantiere di Via Correggio, angolo Ravizza, il 22.11.2010, quando nello svolgimento della sua attività lavorativa veniva improvvisamente raggiunto da una piastra metallica, del peso di circa 250 kg, che si staccava dalla propria sede posta 2,70 m. di altezza dal piano in cui si trovava il lavoratore a causa di un non idoneo fissaggio della stessa; in particolare la piastra provvisoriamente bullonata in maniera non adeguata contro la putrella, a fronte anche delle continue vibrazioni e sollecitazioni derivanti dal passaggio di automezzi, si staccava dalla placca di giunzione presente sulla putrella perimetrale, investendo il lavoratore sottostante. Con l'aggravante di aver cagionato lesioni gravissime con la perdita dell'uso delle gambe.
1.1 All'imputato si contesta in particolare, come colpa specifica, di non aver efficacemente vigilato sull'applicazione delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento ed in particolare che la caduta della piastra si sarebbe potuta evitare se fossero state rispettate le generiche prescrizioni operative di montaggio puntoni e travi di contrasto che prevedevano che tutte le piastre di ripartizione e di spessore utilizzate fossero necessariamente rese solidali con la struttura portante.
L'infortunio secondo la ricostruzione del Tribunale e della Corte di appello si era verificato con la dinamica di seguito descritta che tiene conto della relazione del funzionario ASL, intervenuto sui luoghi dell'incidente, dei rilievi fotografici, delle dichiarazioni dell'Ispettore presso l'Ufficio Medicina del Lavoro Asl Milano che aveva effettuato le indagini di PG e delle testimonianze acquisite. Affidataria dei lavori per il Comune era la Fiera Parking s.r.l. la quale aveva appaltato alla ditta Corner, il cui responsabile per la sicurezza e direttore di cantiere era il Geom. C.P.; la Corner aveva sub appaltato alcuni lavori ad altre imprese tra cui quella datrice di lavoro del lavoratore infortunato. Risulta che: -la piastra c.d. di spessore, identica a quelle di giunzione, ad eccezione della dimensione dei fori più grandi, necessari per incastrarsi con i bulloni, era stata montata dalla Ditta Corner; era stata posizionata senza essere saldata (sì da renderla solidale con le altre piastre) e bloccata solo con la pressione che esercitava il puntone; sei mesi prima dell'incidente, alla presenza del C.P. e del fabbro N., tale struttura e il puntone erano stati smontati (fol 6 sentenza di primo grado) mentre la piastra, che non serviva più era rimasta, di fatto solo appoggiata, tenuta da un solo lato con un tondino fissato da un punto di saldatura che si era progressivamente curvato e poi aveva ceduto ( fol 6 sentenza primo grado teste Ispettore ASL Milano). Veniva accertato, inoltre, che gli operai in cantiere ricevevano istruzioni da C.P. e da C.R. della Corner (per il quale il Pm ha richiesto e il Tribunale ha disposto la trasmissione degli atti con la sentenza del 30.03.2015); che N. era un operaio saldatore; che nel piano di coordinamento il responsabile per la progettazione e l'esecuzione Ing. S. nominato dalla Fiera s.r.l. (assolto in primo grado con la formula per non aver commesso il fatto ) aveva previsto che le piastre di ripartizione o spessore "utilizzate dovranno necessariamente essere solidali alla struttura"; che allo smontaggio della struttura costituita da sbadacchi e puntoni, che teneva bloccata la piastra di spessore che poi è crollata, era presente il C.P., che non si era assicurato quindi che la piastra fosse stata saldata e comunque aveva omesso di farla togliere; la piastra pericolante era rimasta inutilmente almeno sei mesi (fol 12 sentenza impugnata), fin quando il precario sostegno del pesante manufatto, costituito praticamente dai fori che appoggiavano sui bulloni della piastra di collegamento delle putrelle orizzontali ( fol 12), non ha retto ed è precipitata in basso attingendo la vittima.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del difensore, l'imputato chiedendo l'annullamento con rinvio e articolando i seguenti motivi.
2.1 Con il primo motivo lamenta violazione di legge e in particolare dell'art. 521 cod.proc.pen in quanto a fronte della contestazione inerente la colpa specifica riferita all'art. 100 T.U n.81/2008 la Corte di Appello, pur essendo accertato che la mancata saldatura solidale della piastra era riferibile alle omissioni dell'operaio N., in un periodo nel quale il C.P. non era responsabile del cantiere, era stato ritenuto comunque responsabile perché in fase di smontaggio non aveva notato che la piastra non era adeguatamente fissata alle travi perimetrali; lamenta che il C.P. è stato condannato dalla Corte territoriale per un fatto diverso da quello contestato.
2.2 Con il secondo motivo deduce contraddittorietà e illogicità della motivazione con riferimento al profilo di responsabilità del C.P. per mancata verifica della saldatura adeguata della piastra e il suo mancato tempestivo smontaggio; nel giudizio controfattuale la Corte territoriale ha errato perché doveva basarsi sul fatto che se la piastra fosse stata regolarmente saldata in modo solidale essa non sarebbe caduta in una fase successiva allo smontaggio. 
2.3 Con il terzo motivo lamenta violazione di legge per errata applicazione dell'art. 41 cod. pen e 100 T.U. 81/2008 in quanto l'infortunio si è verificato unicamente per la mancata saldatura a regola d'arte della piastra si da renderla solidale con le mura perimetrali; C.P. non era a conoscenza di questa omissione in quanto al momento del montaggio non era responsabile del cantiere; ha fatto affidamento sul lavoro di chi lo ha proceduto; l'evento è attribuibile pertanto in via esclusiva al titolare della posizione di garanzia che lo ha preceduto; non ha contravvenuto a nessuna specifica disposizione contenuta nel PSE riguardante le operazioni di smontaggio né a nessuna norma di prudenza, individuata dalla Corte territoriale in maniera del tutto arbitraria.
2.4 Con il quarto motivo deduce la erronea disapplicazione dell'art. 62 bis e dell'art. 114 cod. pen in quanto il Giudice di merito non ha considerato l'incensuratezza dell'imputato che si è attivato tramite il suo difensore per ottenere dall'azienda il risarcimento della persona offesa; la minima partecipazione alla condotta causale in quanto la piastra è sicuramente caduta per effetto della mancata saldatura attribuibile alla condotta di altri.
2.5 Con il quinto motivo chiede l'annullamento della sentenza in quanto la Corte di appello ha condannato il C.P. al pagamento delle spese processuali pur avendo ottenuto l'estromissione della parte civile, così violando l'art. 592 cod.proc.pen.
2.6 In data 21.12.2018 la difesa del ricorrente ha presentato memoria con motivi aggiunti e allegati.
3. Preliminarmente deve rilevarsi che il ricorso in esame non presenta profili di inammissibilitè, per manifesta infondatezza delle doglianze ovvero perché basato su censure non deducibili in sede di legittimità. Pertanto, sussistono i presupposti, discendenti dalla intervenuta instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, per rilevare e dichiarare le cause di non punibilitè a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. maturate, come nel caso di specie, successivamente rispetto alla sentenza impugnata (la sentenza di secondo grado è stata resa in data 15.02.2018, mentre il termine di prescrizione massimo, tenuto conto delle sospensioni e delle interruzioni, risulta spirato il 2.07.2018).
Sussistono i presupposti per rilevare d'ufficio l'intervenuta causa estintiva del reato per cui si procede, non ricorrendo le condizioni per una pronuncia assolutoria di merito, ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen., non potendosi constatare con evidenza dagli atti l'insussistenza del fatto-reato.
4. Si impone, pertanto, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione.
 

 

P.Q.M.

 


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso il 9.01.2019