Cassazione Civile, Sez. 6, 29 gennaio 2019, n. 2360 - Cumulo tra rendite relative a diversi infortuni


 

 

"In rapporto all'originaria domanda di riconoscimento di una rendita per infortunio sul lavoro, per la quale sia stata accertata un'inabilità permanente inferiore alla misura indennizzabile, è inammissibile la richiesta in appello, formulata ex art. 80 d.P.R. n. 1124 del 1965, di cumulo con altra rendita relativa a diverso infortunio sul lavoro non riferibile a modificazioni delle condizioni fisiche dell'assicurato successive alla proposizione della predetta domanda, comportando tale richiesta la valutazione dei fatti costitutivi della nuova fattispecie dedotta, in violazione dei limiti posti dall'art. 437 cod. proc. civ., e non potendo trovare applicazione, d'altra parte, il disposto dell'art. 149 disp. att. cod. proc. civ., invocabile solo ove il diverso infortunio sia intervenuto in corso di giudizio. "


 

 

Presidente: ESPOSITO LUCIA Relatore: FERNANDES GIULIO Data pubblicazione: 29/01/2019

 

 

 

Rilevato
che, con sentenza del 22 marzo 2017, la Corte d'Appello di Milano, In parziale riforma della decisione del Tribunale di Busto Arsizio, rigettava la domanda proposta da A.S. nel confronti dell'INAIL ed intesa al riconoscimento di una rendita da malattia professionale nella misura di 31 punti percentuali; che, ad avviso della Corte territoriale: la domanda introduttiva del giudizio doveva essere interpretata nel senso di essere limitata alla richiesta di costituzione di una rendita da malattia professionale in relazione alle malattie elencate in ricorso e di cui alla domanda amministrativa del 19 ottobre 2007 ( cinque, in particolare, tendinite alla spalla sinistra, spondilodiscoartrosi, ipoacusia, neuroma di Morton bilaterale, sindrome del tunnel carpale) e non poteva ritenersi comprensiva anche della domanda di unificazione con altre precedenti patologie già riconosciute in via giudiziale; detta domanda così interpretata era da rigettare avendo il consulente tecnico d'ufficio nominato dal Tribunale riconosciuto la natura professionale solo della tendinopatia alla spalla sinistra con una percentuale di invalidità permanente nella misura del 5%;
che per la cassazione di tale decisione propone ricorso il A.S. affidato ad un unico motivo cui resiste l'INAIL con controricorso; che è stata depositata proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380- bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio;
 

 

Considerato
che con l'unico motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 80 del T.U. 30 giugno 1965 n.1124 e 13 del d.Lgs. 23 febbraio 2000 n. 38 e 112 cod. proc. civ. ( in relazione all'art. 360, primo comma, n.3, cod. proc. civ.) per non avere la Corte territoriale proceduto d'ufficio alla unificazione della malattia professionale (valutata come inabilitante nella misura del 5%) con i postumi dell'infortunio considerati invalidanti nella misura del 10% giusta sentenza n. 178/2010 del Tribunale di Busto Arsizio, ignorando la disciplina stabilita in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali dall'art. 80 del d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, in base al quale un grado di inabilità inferiore alla soglia di indennizzabilità deve essere comunque contemplato ai fini di una "riunione" con altri gradi di inabilità prodotti da altri eventi patologici indennizzabili dall'INAIL;
che il motivo è infondato alla luce del principio affermato dalle sezioni unite di questa Corte a composizione di un contrasto sorto nell'ambito della sezione lavoro tra un orientamento secondo cui l’applicazione del criterio della valutazione della riduzione complessiva dell’attitudine lavorativa stabilito dall’art. 80 D.P.R. n. 1124/1965 cit. per le lesioni multiple policrone poteva essere invocata per la prima volta anche in appello da parte del lavoratore che avesse agito per ottenere la valutazione dell’inabilità conseguente all’ultimo infortunio occorsogli, senza che ciò implicasse modificazione dell'originario petitum e comportasse la proposizione di una domanda per la quale fosse necessario il preventivo espletamento della procedura amministrativa ed un diverso indirizzo per il quale quando fosse stata proposta in giudizio nei confronti dell’istituto assicuratore domanda di riconoscimento di una rendita in relazione alle conseguenze permanenti di un infortunio sul lavoro, la trasformazione, nel prosieguo del giudizio, della domanda in quella di attribuzione di una rendita complessiva ai sensi dell'art. 80 d.p.r. n. 1124 del 1965, dava luogo ad una radicale trasformazione della causa petendi, poiché il fatto costitutivo viene modificato nei suoi elementi materiali e non interviene semplicemente una diversa prospettazione giuridica del medesimo petitum ovvero una diversa qualificazione della originaria pretesa con la conseguenza della inammissibilità della formulazione solo in sede di appello della domanda in siffatti diversi termini, comportanti l'alterazione dell'oggetto sostanziale dell'azione e richiedenti accertamenti e valutazioni estranei a quelli prima necessari e violazione della ratio del divieto dello ius novorum in appello. Le sezioni unite, hanno ritenuto preferibile tale secondo indirizzo affermato il principio secondo cui <<In rapporto all'originaria domanda di riconoscimento di una rendita per infortunio sul lavoro, per la quale sia stata accertata un'inabilità permanente inferiore alla misura indennizzabile, è inammissibile la richiesta in appello, formulata ex art. 80 d.P.R. n. 1124 del 1965, di cumulo con altra rendita relativa a diverso infortunio sul lavoro non riferibile a modificazioni delle condizioni fisiche dell'assicurato successive alla proposizione della predetta domanda, comportando tale richiesta la valutazione dei fatti costitutivi della nuova fattispecie dedotta, in violazione dei limiti posti dall'art. 437 cod. proc. civ., e non potendo trovare applicazione, d'altra parte, il disposto dell'art. 149 disp. att. cod. proc. civ., invocabile solo ove il diverso infortunio sia intervenuto in corso di giudizio. >> (Cass. Sez. U, Sentenza n. 11198 del 29/07/2002 - confermata da pronunce successive tra cui, più di recente Cass. n. 27691 del 20/12/2011);
che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va rigettato;
che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo;
che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi);
 

 

P.Q.M.

 


La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 7 novembre 2018