Cassazione Civile, Sez. 6, 08 marzo 2019, n. 6891 - Infortunio sul lavoro e diritto alla rendita


 

Presidente: DORONZO ADRIANA Relatore: FERNANDES GIULIO Data pubblicazione: 08/03/2019

 

 

Rilevato
che S.M. convenne in giudizio l'INAIL innanzi al Tribunale di Verbania - esponendo di aver subito un infortunio sul lavoro in data 18 dicembre 2008, di avere presentato domanda amministrativa di costituzione della rendita solo il 16 dicembre 2011 e di avere ottenuto il riconoscimento da parte dell'istituto di una invalidità del 51% aumentata al 54% dopo l'unificazione dell'evento con altro infortunio del 2 novembre 2011 e la costituzione della rendita con decorrenza dal 1°.1.2012 - e chiese il riconoscimento di un'invalidità del 74% con decorrenza di 1°.1.2009;
che, costituendosi in giudizio, l'INAIL dava atto della intervenuta visita medica collegiale e della determinazione nel 60% di invalidità complessiva e del conseguente provvedimento di integrazione della rendita a far data dal 1°.1.2012 e, quindi, il Tribunale dichiarava cessata la materia del contendere relativamente al riconoscimento dell'invalidità nella misura del 60% - quantificazione accettata dal S.M. - e dichiarava la legittimità della decorrenza della rendita dal 1°.1.2012;
che a seguito di gravame interposto dal S.M. la Corte d'appello di Torino, con sentenza del 19 luglio 2017, confermava la decisione del primo giudice quanto alla decorrenza della prestazione e la riformava sul capo relativo alle spese di lite; che, ad avviso della Corte territoriale e per quello ancora di rilievo in questa sede: correttamente il Tribunale aveva stabilito la
decorrenza della prestazione dal 1°.1.2012 in conformità al principio secondo cui il diritto alla rendita da infortunio a da malattia professionale non può decorrere da data anteriore a quello della domanda amministrativa; in ogni caso l'allegazione da parte del S.M. , per la prima volta con il ricorso in appello, di essersi trovato in una condizione di inabilità temporanea assoluta al lavoro (mai allegata nel giudizio di primo grado) era tardiva ed inammissibile per violazione del divieto di cui all'art. 437, secondo comma, cod. proc. civ. e , dunque, in siffatta situazione non era consentito né l'esercizio dei poteri istruttori d'ufficio ex art. 421 cod. proc. civ., né l'ammissione di una CTU;
che per la cassazione di tale decisione propone ricorso il S.M. affidato a tre motivi cui resiste l'INAIL con controricorso;
che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio;
che il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis cod.proc. civ. in cui dissente dalla proposta del relatore ed insiste per l'accoglimento del ricorso;
 

 

Considerato
che :
- con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 52, 53, 66, 67, 74, 80, 83, 100, 104, 111 e 112 d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 e 13, comma 5, del d.Lgs. 23 febbraio 2000 n.38 (in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) perchè il capo della sentenza con il quale era stata individuata la decorrenza della prestazione dalla domanda amministrativa era errato in diritto in quanto i precedenti di questa Corte richiamati a sostegno del decisum non erano in termini concernendo ipotesi di riconoscimento di invalidità da malattia professionale e non da infortunio sul lavoro ragion per cui doveva trovare applicazione altra decisione di questa Corte - la n. 2653 dell'11 febbraio 2004 avendo il S.M., comunque, presentato la domanda amministrativa nel termine di prescrizione;
- con il secondo motivo viene dedotta nullità della sentenza o del procedimento ed omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per la controversia e discusso tra le parti (in relazione all'art. 360, primo comma, nn.4 e 5 , cod. proc. civ.) per non avere la Corte territoriale ammesso, ex art. 421 cod. proc. civ., i documenti prodotti in appello dal S.M. nonostante la loro rilevanza ai fini della individuazione della decorrenza della prestazione;
- con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 445 cod. proc. civ. ( in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) non avendo il giudice del gravame disposto una consulenza tecnica d'ufficio nonostante l'esplicita richiesta in tal senso dell'appellante proprio allo scopo di individuare la diversa decorrenza della prestazione;
che il primo motivo è infondato in quanto il giudice del gravame ha correttamente applicato il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui << In conformità del principio secondo cui il titolare del diritto ad una prestazione previdenziale deve manifestare la propria volontà di farlo valere e la manifestazione di tale volontà costituisce il momento di decorrenza del diritto stesso, la rendita da infortunio sul lavoro o da malattia professionale non può decorrere da data anteriore a quella della domanda amministrativa.>> (Cass. n. 17909 del 31/08/2011 ed i plurimi riferimenti giurisprudenziali ivi contenuti). Peraltro, nel motivo viene integralmente trascritta la motivazione della sentenza n. 2653/2004 sulla scorta del mero rilievo che la stessa esprimerebbe una interpretazione completamente differente con riferimento alla necessità della previa domanda amministrativa e, quindi, si assume che, nel caso in esame, il S.M. aveva presentato domanda amministrativa nel termine di prescrizione. Orbene, siffatta argomentazione non può valere a infirmare il riportato consolidato principio affermato da questa in numerose decisioni successive alla n. 2653/2004 citata; che il secondo motivo ed il terzo motivo, da trattare congiuntamente in quanto connessi, sono infondati in quanto la Corte d'appello ha correttamente applicato il principio secondo cui <<Nel rito del lavoro, stante l'esigenza di contemperare il principio dispositivo con quello della ricerca della verità materiale, il giudice, anche in grado di appello, ex art. 437 c.p.c., ove reputi insufficienti le prove già acquisite e le risultanze di causa offrano significativi dati di indagine, può in via eccezionale ammettere, anche d'ufficio, le prove indispensabili per la dimostrazione o la negazione di fatti costitutivi dei diritti in contestazione, sempre che tali fatti siano stati puntualmente allegati o contestati e sussistano altri mezzi istruttori, ritualmente dedotti e già acquisiti, meritevoli di approfondimento>> (Cass. n. 7694 del 28/03/2018; Cass. n. 23652 del 21/11/2016; Cass. n. 20055 del 06/10/2016); ed infatti nell'impugnata sentenza è stato evidenziato come il S.M. solo in appello - quindi tardivamente - avesse allegato di essersi trovato in una condizione di inabilità temporanea assoluta al lavoro sicché non era consentito né l'esercizio dei poteri istruttori d'ufficio ex art. 421 cod. proc. civ. - quanto all'ammissione dei documenti prodotti in appello - né l'ammissione di una consulenza tecnica d'ufficio (che avrebbe avuto, stante la inammissibilità della predetta allegazione, un contenuto del tutto esplorativo);
che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va rigettato;
che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura di cui al dispositivo;
che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi);
 

 

P.Q.M.
 

 

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 3.000,00 per compensi professionali oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto del sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2018