Cassazione Civile, Sez. 6, 20 marzo 2019, n. 7715 - Regresso dell'Inail per le somme versate a fronte di infortunio mortale


 

Presidente: DORONZO ADRIANA Relatore: DE MARINIS NICOLA Data pubblicazione: 20/03/2019

 

Rilevato
- che con sentenza del 24 ottobre 2017, la Corte d'Appello di Salerno confermava la decisione del Tribunale di Salerno e accoglieva la domanda proposta dall'INAIL nei confronti della Tusciano Costruzioni S.r.l. in liquidazione e di M.P., già amministratore della predetta Società, avente ad oggetto il regresso nei confronti dei medesimi relativamente alle somme versate a fronte dell'infortunio mortale occorso sul lavoro ad uno dei dipendenti della Società, stante la responsabilità civile incombente ai medesimi in conseguenza dell'accertamento di quella penale, per effetto della ritenuta non riconducibilità dell'infortunio alla sola negligenza del lavoratore;
- che la decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto di non aver gli allora appellanti né provato né chiesto di provare di aver adempiuto comunque alle norme di sicurezza, indipendentemente dall'eventuale imprudenza addebitabile al dipendente e, conseguentemente, corretta la decisione del primo giudice di fondare il giudizio sulla sola prova documentale per come fornita dall'INAIL;
- che per la cassazione di tale decisione ricorre la Società, affidando l'impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, l'INAIL mentre il M.P., pur intimato, non ha svolto alcuna attività difensiva;
- che la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio non partecipata;
 

 

Considerato
- che, con il primo motivo, la Società ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 4 d.P.R. n. 547/1955 e 2087 c.c., imputa alla Corte territoriale di aver ritenuto erroneamente ascrivibile al datore di lavoro una responsabilità per infortunio estesa alle condotte imprudenti del lavoratore; che, con il secondo motivo, denunciando il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, la Società ricorrente lamenta l'aver la Corte territoriale proceduto alla quantificazione del danno non tenendo conto della somma di gran lunga inferiore emergente dalla documentazione prodotta dall'INAIL;
- che il primo motivo si rivela infondato, basandosi la pronunzia della Corte territoriale sul corretto rilievo per cui l'accertata mancata adozione da parte del datore di lavoro delle necessarie misure di sicurezza, vale a fondare la responsabilità del medesimo, a prescindere dal comportamento imprudente del lavoratore, di cui del resto non risulta comprovato né il carattere abnorme idoneo ad escludere il nesso di causalità tra l'evento e l'inadempimento del datore né, in termini più radicali, il suo porsi quale unica causa efficiente dell'evento stesso;
- che, di contro, inammissibile per genericità risulta il secondo motivo, non dando qui la Società ricorrente adeguatamente conto della rilevata discrasia tra l'importo del credito azionato dall'INAIL e l'importo documentato dallo stesso Istituto; 
- che, pertanto conformandosi alla proposta del relatore, il ricorso va rigettato;
- che le spese seguono la soccombenza esono liquidate come da dispositivo
 

 

P.Q.M.
 

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 5.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 18 dicembre 2018