Cassazione Penale, Sez. 3, 08 aprile 2019, n. 15120 - Violazioni in materia di sicurezza: nessuna formazione, DPI usurati e mancata gestione emergenza. Oblazione


 

Presidente: IZZO FAUSTO Relatore: MACRI' UBALDA Data Udienza: 28/02/2019

 

 

 

Fatto

 


1. Con sentenza in data 19.3.2018 il Tribunale di Lamezia Terme ha dichiarato non punibile per particolare tenuità del fatto G.P., imputato del reato del capo a) art. 37 d.lgs. n. 81/2008, perché, in qualità di amministratore della Work Service società cooperativa e datore di lavoro, non aveva fornito ai lavoratori un'adeguata informazione-formazione sui rischi e sulla sicurezza sul lavoro, sulle modalità corrette di esecuzione del lavoro e sulle misure di protezione individuale e collettiva del lavoratore, nonché al responsabile del servizio un'adeguata e specifica formazione in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro; inoltre, non aveva provveduto ad individuare i lavoratori incaricati dell'attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza; del reato del capo b) art. 77, comma 4, d.lgs. n. 81/2008, perché non aveva assicurato l'efficienza e le condizioni d'igiene dei dispositivi di protezione individuali dei propri lavoratori, presentandosi i dispositivi in cattivo stato d'usura ed igiene; inoltre, dalla documentazione era emerso che i verbali dei dispositivi di protezione individuale erano stati compilati in modo generico, senza indicazione della data e della tipologia.
2. Con il primo motivo l'imputato deduce la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli art. 24 d.lgs. n. 758/1994, 162-bis cod. pen., 141 disp. att. cod. proc. pen. Precisa che il Giudice per le indagini preliminari aveva accolto la sua richiesta di oblazione con ordinanza notificata in data 4.4.2016 al figlio minore, anziché presso il domicilio eletto, e che egli aveva effettuato il pagamento il 5.7.2017. Il Giudice per le indagini preliminari, pur dando conto del versamento integrale dell'importo, aveva emesso l'ordinanza di rigetto dell'istanza di ammissione all'oblazione ed aveva trasmesso gli atti al Pubblico ministero competente, che aveva esercitato l'azione penale citandolo a giudizio per il 19.2.2018, udienza successivamente rinviata al 19.3.2018, data in cui era stata pronunciata la sentenza impugnata. Lamenta che il Tribunale aveva confuso l'oblazione amministrativa (quella negata) con l'oblazione penale (quella richiesta) ed invoca l'applicazione dell'art. 129 cod. proc. pen., siccome il pagamento della somma originariamente fissata dal Giudice per le indagini preliminari in sede di ammissione all'oblazione costituiva una causa estintiva del reato rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo.
Con il secondo motivo denuncia la violazione o erronea applicazione della legge penale ai sensi dell'art. 469 cod. proc. pen., perché il Tribunale aveva applicato l'art. 131-bis cod. pen. senza il preventivo contraddittorio.
Precisa infine per scrupolo difensivo che l'interesse all'impugnazione della sentenza derivava dalla circostanza che la pronuncia, pur conclusasi con il proscioglimento, aveva efficacia di giudicato quanto all'accertamento del fatto, alla sua illiceità penale ed alla sua commissione, e che la sentenza era soggetta ad iscrizione nel casellario giudiziale.
 

 

Diritto

 


3. Il ricorso è fondato.
E' pacifico il pagamento della somma liquidata dal Giudice per le indagini preliminari a titolo di oblazione, prima dell'apertura del dibattimento ed addirittura prima che il Giudice per le indagini preliminari si determinasse alla restituzione degli atti al Pubblico ministero per l'esercizio dell'azione penale, e tanto basta ai fini dell'estinzione dei reati contestati, come prescritto dagli art. 162 e 162-bis cod. pen. Peraltro, quanto alla valutazione del rispetto del termine di pagamento ai sensi dell'art. 20 d.lgs. n. 758/1994 la motivazione è carente in ordine alla verifica della ritualità della notifica e della conoscenza effettiva del provvedimento da parte del ricorrente.
Il secondo motivo, pur assorbito, è parimenti fondato perché non è possibile pronunciare il proscioglimento ai sensi dell'art. 131-bis cod. pen., senza il preventivo e specifico contraddittorio delle parti (si veda per un'applicazione del principio, tra le più recenti, Cass., Sez. 6, n. 10455 del 14/02/2018, P.O., in proc. Massida, Rv 272247, in un caso di archiviazione per tenuità del fatto dove v'era stata l'opposizione della persona offesa e non erano state rispettate le formalità dell'art. 411, comma 1 -bis, cod. proc. pen. e Cass., Sez. 5, n. 28660 del 04/02/2016, Manole e altro, Rv 267360 in un caso di proscioglimento predibattimentale ai sensi dell'art. 469, comma 1 -bis, cod. proc. pen. dove è stato richiesto che l'imputato ed il pubblico ministero fossero messi in condizione di esprimere le loro osservazioni e non si fossero opposti).
S'impone pertanto l'annullamento senza rinvio dei reati ascritti per essere estinti per oblazione.
 

 

P.Q.M.
 

 

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i reati estinti per oblazione.
Così deciso, il 28 febbraio 2019