Cassazione Civile, Sez. Lav., 12 aprile 2019, n. 10329 - Infortunio sul lavoro in teatro. Risarcimento del danno biologico


 

Presidente: NOBILE VITTORIO Relatore: CURCIO LAURA Data pubblicazione: 12/04/2019

 

Fatto

 


Con sentenza del 23.5.2013 la corte d'Appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del tribunale di Palermo del 13.1.2013, ha respinto la domanda di A.L. diretta a far accertare, nei confronti dei convenuti Fondazione Teatro Massimo e Generali Italia Ass.ni, il diritto al risarcimento del danno biologico patito in conseguenza di un infortunio sul lavoro verificatosi il 22.3.2003 presso il teatro, per la mancata chiusura, da parte dell'addetto, della porta di ingresso al palcoscenico dal Golfo mistico, che era stato rialzato, e che aveva comportato la sua caduta nel vuoto.
La corte di merito, diversamente da quanto deciso dal giudice di prime cure , che aveva dichiarato la nullità del ricorso introduttivo di causa per carenza di allegazioni in fatto ed in diritto in violazione dell'art.414 c.l n.4 c.p.c., ha ritenuto che l'atto introduttivo contenesse comunque deduzioni tali da rendere edotte dei termini della controversia le parti convenute, così essendosi instaurato un contraddittorio tra le stesse, ma che tuttavia il A.L. non aveva fatto menzione alcuna dei mezzi di prova funzionali a dimostrare la fondatezza della pretesa risarcitoria, sia con riguardo ai precisi meccanismi causali di imputabilità del sinistro , sia in ordine all'entità del danno. La corte ha precisato poi che tale preclusione processuale, che Impone l'indicazione dei mezzi di prova sin dall'inizio nel ricorso introduttivo, non poteva essere superata da un'integrazione istruttoria imputabile a carenza difensiva della parte che ne aveva interesse.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione A.L. affidato a quattro motivi, a cui hanno resistito la Fondazione Teatro massimo e generali Italia spa con controricorso. Hanno depositato memorie ai sensi dell'art.378 c.p.c. il ricorrente e Generali Italia spa.
 

 

Diritto

 


l) Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt.112,113,115,116, 132 c.p.c., dell'art. 2087 e 2118 c.c., del Dlgs 134/1998 e DPR 1124/65, del Dlgs n.38/2000 ( 360 c.l.n.3 cpc.) e omessa pronuncia su di un fatto decisivo (360 c.5 c.p.c).La corte di Appello non avrebbe correttamente esaminato il ricorso di primo grado e i documenti allegati, in cui erano stati ampiamente dedotti i fatti e prodotti i documenti comprovanti tali fatti, come emergerebbe dalle deduzioni contenute nel ricorso introduttivo e poi nelle memorie difensive, illustrative sia delle modalità della caduta nel vuoto per mancata chiusura della porta del "Golfo mistico" , ossia della fossa dell'orchestra, infortunio accaduto durante l'attività lavorativa del clarinettista, sia dei danni conseguiti a tale infortunio. Non avrebbe poi la corte distrettuale dedotto nulla sulla violazione dell'art.2087 c.c., che prescrive il solo obbligo del lavoratore di allegare e provare l'esistenza del rapporto lavorativo, l'esistenza del danno ed il nesso causale tra quest'ultimo e la prestazione.
2) Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.112.113.114.,132 134 c.p.c.,degli art. 416 e 420 e ss c.p.c., oltre che omessa pronuncia su fatto decisivo ( art. 360 comma 1 n.3 e n.5 c.p.c.): per non avere la corte tenuto conto del principio di non contestazione, per cui l'attore può essere esonerato dall'onere di provare i fatti costitutivi della domanda in caso di non contestazione da parte del convenuto e nel corso del giudizio di primo grado si era evidenziato il comportamento delle due convenute, che sostanzialmente non negavano i fatti occorsi al A.L..
3) Con il terzo motivo si deduce sempre la violazione artt.112.113.114.,132 134 c.p.c., art.11 Cost., violazione a falsa applicazione art..421 e 437 c.p.c. ed anche omessa pronuncia su fatto decisivo. Per il ricorrente la corte distrettuale non avrebbe tenuto conto che nel corpo del ricorso di primo grado e nel corso del giudizio erano stati forniti sufficienti elementi di prova, anche alla luce della documentazione prodotta unitamente al ricorso introduttivo e che quindi potevano essere esercitati i poteri di ufficio in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova ed anche l'interrogatorio del A.L. , ove indispensabili ai fini della decisione della causa, ai sensi dell'art.437 c.2° c.p.c. e comunque ai sensi dell'art.421 c.p.c., come più volte precisato dalla cassazione (Cass.n.21671/2008)
4) Con il quarto motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113, 114,132 e 134 c.p.c., degli artt. 1218 e 2087 c.c., la violazione e falsa applicazione del Dlgs 134/98 e Dlgs38/2000, oltre che "un'omessa pronuncia su un fatto decisivo": avrebbe errato la corte nell'affermare che non sarebbe stato dimostrato il danno alla persona, perché invece negli atti del giudizio di merito si era fatto espresso riferimento alla documentazione prodotta - verbale di visita medica del 21.4.2004 , certificati medici attestanti panico e sindrome depressiva, cartella clinica ospedaliera, si era poi richiesta espressamente l'applicazione delle tabelle 2011 del tribunale di Milano per la quantificazione del danno biologico e non patrimoniale.
Il ricorso non merita accoglimento.
Il primo motivo è inammissibile per difetto di specificità, oltre che privo di autosufficienza, in violazione dell'art.366 c.2 n.4 e 6 c.p.c.. Il ricorrente lamenta una violazione di legge, Indicando una lunga serie di norme asseritamente violate, nessuna tuttavia espressamente correlata alla doglianza espressa, che si concentra in realtà su di un omesso esame dei fatti che sarebbero stati comunque " dedotti in giudizio" e della documentazione medica allegata. Tuttavia gli stessi fatti sono genericamente indicati, non viene trascritto il contenuto dei documenti richiamati (cartelle cliniche , referti., ricette...ecc), ma neanche si indica la specifica collocazione di tali atti nei fascicoli di parte ( cfr Cass.n.195/2016).
Le doglianze quindi rimangono di fatto sganciate dalla motivazione contenuta nella sentenza Impugnata, prive di qualsiasi precisa critica alle argomentazioni svolte dalla corte in merito, la quale ha concisamente ma nettamente rilevato la inidoneità, sul piano probatorio, delle generiche deduzioni del ricorso introduttivo a dimostrare sia l'imputabilità dell'evento Infortunistico alla Fondazione, sia l'entità del danno subito, sottolineando in particolare che era preclusa ogni integrazione istruttoria laddove questa fosse imputabile a "carenza difensiva della parte che ne ha interesse".
Il ricorrente invece sostiene che il ricorso e "le memorie difensive" del processo di primo grado sarebbero state sufficientemente illustrative, senza tuttavia distinguere quali fossero esattamente le allegazioni contenute nel ricorso introduttivo di causa - ritenute generiche ed insufficienti dalla sentenza impugnata-, riportando soltanto quelle contenute in una successiva memoria difensiva, depositata nel corso del giudizio , peraltro da difensore diverso dal primo.
Ma comunque il motivo è privo di fondamento. Il ricorso introduttivo di causa nel rito differenziato è atto che deve contenere, a pena di decadenza, tutte le allegazioni e le indicazioni necessarie per l'esperibilità della prova, ai sensi del comma 1 n.5 c.p.c., non potendosi sopperire a tale mancanza con note difensive depositate successivamente, perché tali integrazioni successive contrastano con il principio di completezza dell'Impianto descrittivo dei fatti oggetto di causa sui quali si fondano le richieste istruttorie, che devono essere ben conoscibili sin dal primo atto sia dal giudice che dalla parte convenuta, onerata egualmente dello stesso speculare obbligo di compiutezza espositiva. Questa corte ha distinto l'obbligo del ricorrente che deve, a pena di nullità del ricorso, specificare la causa petendi e l'oggetto , ossia gli elementi di fatto e di diritto posti a base della domanda, rilevando che tale nullità può essere sanata ai sensi dell'alt. 164, comma 5, c.p.c.( Cfr da ultimo Cass.n. 7705/2018), ma precisando che tale sanatoria non vale a rimettere in termini il ricorrente rispetto ai mezzi di prova non indicati in ricorso.
Nel caso in esame la corte di merito ha espressamente rilevato l'inidoneità proprio del ricorso introduttivo di causa a consentire l'accertamento richiesto in termini di istruttoria probatoria e su tale argomentazione ha fondato la propria ratio decidendi, motivazione che porta a ritenere infondati , conseguentemente, anche il secondo ed il terso motivo di gravame che essendo connessi, possono esaminarsi congiuntamente.
L'insufficiente e generica indicazione del fatto, come nel caso che ci occupa, non può consentire di raggiungere indirettamente l'accertamento dello stesso attraverso il sistema probatorio della mancata contestazione - previsto anche dall'art.115 c.p.c. nella nuova formulazione di cui all'art.45 c.14 della legge n.69/2009 - , sistema che può validamente essere utilizzato solo ove sia possibile una compiuta conoscenza di quanto allegato nel ricorso introduttivo da parte del convenuto , ma erroneamente o consapevolmente da lui non considerato.
Allo stesso modo l'utilizzo dei poteri officiosi da parte del giudice non può sostituirsi del tutto alla carenza di richieste istruttorie contenute nel ricorso introduttivo e, come oramai ritenuto con orientamento costante di questa Corte, la censura sul mancato esercizio dei poteri d'ufficio di cui all'art.421 c.p.c. da parte del giudice , deve trovare sostegno nella richiesta, svolta dalla parte in primo grado, di attivazione di tale potere, atteso che l'uso non ha carattere discrezionale ed essendo il giudice tenuto a darne conto ( Cfr Cass. n.25374/ 2017) . Nel caso in esame parte ricorrente non ha in alcun modo dedotto di aver sollecitato tale esercizio in primo grado, così che non può dolersene in questa sede, finendo per introdurre per la prima volta in sede di legittimità un tema del contendere totalmente nuovo rispetto a quelli già dibattuti nelle precedenti fasi di merito ( cfr Cass. . 25374/2017 ). Questa corte ha da ultimo ritenuto anche la possibilità in via eccezionale di ammettere, anche d'ufficio, prove indispensabili per la dimostrazione o la negazione di fatti costitutivi dei diritti in contestazione, ma deve pur sempre trattarsi di fatti "puntualmente allegati o contestati" e che " sussistano altri mezzi istruttori, ritualmente dedotti e già acquisiti, meritevoli di approfondimento"( cfr Cass. 7694/2018 ).
Il ricorso deve essere pertanto rigettato , rimanendo assorbito il quarto motivo , con condanna del ricorrente , soccombente , alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo.
 

 

P.Q.M.

 


La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro 200,00 per esborsi, euro 3000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge per ciascuno delle controricorrenti.
Ai sensi dell'art.13 comma 1 quater DPR n.115/2002 , dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13 .
Roma , 5.12.2018