Cassazione Penale, Sez. 4, 15 aprile 2019, n. 16193 - Infortunio mortale con una bombola a pressione. Bonifica del materiale infiammabile-esplosivo effettuato da personale inesperto, in condizioni sfavorevoli e con strumentazione inadeguata


 

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA Relatore: BRUNO MARIAROSARIA Data Udienza: 22/01/2019

 

 

 

Fatto

 

1. Con sentenza emessa in data 6/10/2017, la Corte di appello di Perugia, ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Perugia, sezione distaccata di Gubbio con cui C.L., è stato ritenuto responsabile del delitto di omicidio colposo e condannato alla pena di anni uno mesi quattro di reclusione, concessa l'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 cod. pen.
2. All'imputato, legale rappresentante della Soc. "C.L. & C." s.n.c., operante nel settore del recupero di materiali ferrosi, era contestato di avere cagionato il decesso di R.R., per colpa generica e specifica, perché, in violazione dell'art.2087 cod. civ. e contravvenendo all'ordine impartito dalla Provincia di Perugia (determinazione dirigenziale n.002120 del 14/3/2008), accettava che R.R. scaricasse nel piazzale del centro raccolta, insieme a rifiuti metallici non pericolosi, due bombole a pressione contenenti C02 senza prima avere verificato che queste fossero prive di gas al loro interno; consentendo inoltre all’operaio Z.H. di provvedere alle operazioni di svuotamento delle bombole senza aver prima individuato le modalità di trattamento più adeguate, in condizioni di estremo rischio (in luogo non protetto dal sole, da fonti di calore, dall’umidità e da agenti chimici), senza strumentazione adeguata e senza alcuna formazione sulle modalità attuative di tale operazione in relazione a quel tipo di bombola.
Nell'occorso, il R.R. veniva colpito violentemente da una delle bombole che si proiettava verso la vittima per effetto della spinta determinatasi dalla incontrollata fuoriuscita di anidride carbonica dovuta al cedimento della filettatura di una valvola che l’operaio Z.H. aveva parzialmente svitato.
3. Avverso la pronuncia di condanna ha proposto ricorso per Cassazione l'imputato, a mezzo del difensore, affidando le proprie doglianze a cinque motivi di ricorso, così riassumibili, giusta il disposto di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Primo motivo: violazione dei criteri legali di valutazione della prova; violazione degli artt. 111 Cost., 192, comma 1 e 2, cod. proc. pen. e 196, comma 1, cod. proc. pen.
Nella sentenza impugnata, sostiene la difesa, i Giudici contestano l'affermazione contenuta nell'atto di appello secondo cui il R.R., prima di rilasciare le due bombole di ossigeno alla ditta del C.L., aveva sottoscritto un'autocertificazione circa la natura di semplici rottami ferrosi del materiale conferito all'azienda. Tale documento dimostrerebbe che la ditta non poteva prevedere che nell'ambito dei rottami in ferro consegnati quel giorno vi fossero anche rifiuti speciali pericolosi.
La Corte non solo non tiene conto di questo aspetto, ma non offrirebbe alcuna indicazione circa gli elementi dai quali trae la conseguenza logica che l'imputato abbia violato la regola del divieto di ricezione di materiale pericoloso nella propria azienda e delle ragioni per le quali non ha ritenuto attendibili le prove contrarie prodotte dalla difesa.
In particolare, la Corte di merito avrebbe trascurato di considerare, quali prove a discarico, idonee a scagionare l'imputato: il formulario di identificazione dei rifiuti del 23.5.2008 compilato dal R.R., in cui il predetto attesta di avere conferito solo rottami ferrori (prodotto dalla difesa all' udienza di primo grado del 18.04.2011); il documento sulla sicurezza (prodotto dalla difesa all'udienza del 18.04.2011); la deposizione della teste R.R. da cui risulta che il titolare dell'azienda aveva predisposto un attento controllo del materiale che veniva preso in carico.
Secondo motivo: erronea applicazione di una norma. La Corte di merito nella impugnata sentenza avrebbe enunciato un principio generale dì indelegabilità da parte del datore di lavoro delle funzioni di verifica e controllo in materia di sicurezza (pag. 9 sentenza impugnata).
Esaminando la normativa in materia di sicurezza e, in particolare l’art. 3 d.lgs 242/1996 applicabile ratione temporis al caso in esame, non si evince alcuna limitazione sulla delegabilità delle funzioni di controllo.
I Giudici della Corte di merito, ritenendo applicabile il principio della non delegabilità delle funzioni di controllo in materia di sicurezza, avrebbero operato un indebito ampliamento della fattispecie contestata all'imputato, incorrendo nel vizio di erronea applicazione della norma di cui all'art. 3 d. lgs. 242/1996.
Terzo motivo: violazione dei criteri legali di valutazione della prova. Il conferimento delle due bombole di C02, secondo quanto si prospetta nel ricorso, era un fatto assolutamente atipico nell’ambito dell'attività dell'azienda, ascrivibile a responsabilità del solo R.R.. La Corte territoriale fonderebbe il proprio convincimento sui mancato controllo dei conferimenti che avvenivano nell'azienda; sulla mancata osservanza delle direttive volte ad intercettare i conferimenti non ammessi e sulla mancata valutazione di tale rischio da parte del ricorrente. Tali argomentazioni trarrebbero spunto dai rilievi fotografici in atti, effettuati tre giorni dopo l'evento mortale, dai quali si evince la presenza nell'azienda di bombole tranciate (rilievi fotografici del NOE in giudizio di primo grado foto 4-5-6-7). Tali rilievi non sarebbero conferenti in assenza di ulteriori emergenze fattuali dalle quali possa evincersi che tali bombole erano complete del loro contenuto pericoloso.
Inoltre, nella motivazione della sentenza, con riferimento alla foto n. 12 del fascicolo riguardante i rilievi fotografici del NOE, la Corte di merito dichiara che sono state trovate "bombole ancora intatte". Il fotogramma in questione evidenzia chiaramente che si tratta di una sola bombola, di cui peraltro non si è potuta accertare la natura (GPL per auto o altro).
La Corte territoriale non avrebbe correttamente applicato l'art. 192, commi 1 e 2, cod. proc. pen. in quanto dalla sola esistenza di un numero notevole di bombole non poteva univocamente dedurre che le esse fossero state conferite e accettate piene del loro contenuto pericoloso.
La Corte territoriale avrebbe trascurato di considerare che: l'autorizzazione del C.L. consentiva di accettare bombole bonificate ovvero svuotate del loro contenuto come rottami ferrosi non pericolosi; che presso l'azienda dell'imputato erano prese in carico solo bombole bonificate; che gli operai addetti erano stati adeguatamente formati alla sicurezza e ben sapevano che le bombole che potevano essere prese in carico erano quelle bonificate (come risulterebbe dalla testimonianza della R.R. e di altri due operai).
La Corte di merito ometterebbe inoltre ogni valutazione circa la deposizione della teste R.R., impiegata nella ditta dell'imputato, la quale riferisce di non aver mai visto conferire quella tipologia di bombole (pag 11 verbale stenotipico udienza del 18.10.2012), circostanza riscontrata sul punto anche dalla deposizione del teste Z.H..
Quarto motivo: erronea interpretazione ed applicazione dell'art. 3 comma 4 D.M. 2/5/06. Secondo la difesa la Corte di merito avrebbe fatto confusione tra rifiuti pericolosi e non pericolosi.
Quinto motivo: violazione dei criteri di valutazione della prova. La difesa richiama nuovamente il contenuto delle testimonianze acquisite per sostenere la loro erronea interpretazione da parte dei Giudici di merito.

 

Diritto

 


1. I motivi di doglianza proposti dalla difesa sono infondati, pertanto il ricorso deve essere rigettato.
2. In linea generale, il ricorrente, non senza evocare in larga misura censure in fatto che attengono al merito della vicenda, ha sostanzialmente riproposto le medesime argomentazioni che aveva dedotto innanzi al Giudice di appello e che erano state disattese sulla base di una congrua motivazione.
Si ritiene, diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, che il Giudice della sentenza impugnata abbia risposto adeguatamente alle censure sollevate dalla difesa, pervenendo ad una ricostruzione del fatto del tutto logica ed aderente alle risultanze processuali rappresentate in sentenza, nonché, ad un esatto inquadramento giuridico della vicenda, rispettoso dei principi stabiliti in sede di legittimità.
Le doglianze difensive sono incentrate su due aspetti principali: l'uno attinente al rispetto della normativa imposta che impediva al titolare dell'azienda di ricevere rifiuti pericolosi; l'altro incentrato sullo stesso comportamento della vittima che avrebbe introdotto, secondo la difesa, in modo clandestino le due bombole di C02 all'interno della azienda.
Le conclusioni prospettate dalla difesa, frutto di un ragionamento che si discosta dalla ricostruzione offerta dalla Corte di appello, non sono condivisibili.
3. Prendendo le mosse dalle censure contenute nel primo motivo di ricorso, si osserva che esse riguardano aspetti valutativi delle prove raccolte che, attingendo la sfera dell'apprezzamento del giudice, possono essere censurate solo ove si individuino nel corpo motivazionale evidenti illogicità e manifeste contraddizioni. Ebbene, tali vizi non sono riscontrabili nella motivazione offerta in sentenza in cui si evidenzia l'esistenza di un evidente scollamento tra la situazione accertata sul posto durante il sopralluogo effettuato dai Carabinieri - di cui i Giudici danno atto descrivendo i risultati dei rilievi fotografici - e quanto diversamente sostenuto dalla difesa, che prospetta una situazione di assoluto rispetto del divieto imposto alla ditta di accettare all'interno del centro bombole non bonificate.
Deve ricordarsi, in proposito, che in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (da ultimo Sez. 6, Sentenza n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482 - 01).
La violazione dei criteri interpretativi dettati dall'art. 192 cod. proc. pen., lamentata dalla difesa, è tale solo in apparenza perché si introduce attraverso tale tematica quella di una generalizzata inesatta ricostruzione e valutazione dei fatti.
In realtà la Corte di merito, nel riportarsi alla motivazione del primo giudice, il quale ha deciso in modo conforme, ha dato conto adeguatamente delle ragioni della propria decisione, evidenziando: che dal fascicolo fotografico in atti e dalla stessa deposizione del M. emergeva la presenza anche di altre bombole a pressione nell'azienda; che la testimonianza della segretaria R.R, era non propriamente attendibile, in quanto smentita dai reperti fotografici in atti che attestavano il normale recepimento da parte dell'azienda delle bombole di gas; che il fatto occorso era rappresentativo di una realtà nella quale la bonifica del materiale infiammabile-esplosivo era effettuato sul posto da personale inesperto, in condizioni sfavorevoli e con strumentazione inadeguata.
4. Il secondo motivo introduce un argomento eccentrico che non si confronta con la motivazione del giudice. Nella sentenza non si fa riferimento all'aspetto rilevato dalla difesa della "indelegabilità della funzione del controllo" ma a quello delia individuazione dei rischi che compete indiscutibilmente al datore di lavoro.
Peraltro non si comprende su chi altro dovesse ricadere anche l'obbligo di controllo, oltre a quello della individuazione del rischio, visto che non sono state individuate altre figure a ciò preposte nell'azienda (Sez. 3, Sentenza n. 24478 del 23/05/2007, Rv. 236955 - 01: "Destinatario della normativa antinfortunistica, nell'ambito di un'impresa organizzata in forma societaria, è sempre il legale rappresentante, qualora non siano individuabili soggetti diversi obbligati a garantire la sicurezza dei lavoratori"; Sez. 4, Sentenza n. 27420 del 20/05/2008, Rv. 240886 - 01: "In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, gli obblighi di vigilanza e di controllo che gravano sul datore di lavoro non vengono meno con la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, cui sono demandati dalla legge compiti diversi intesi ad individuare i fattori di rischio, ad elaborare le misure preventive e protettive e le procedure di sicurezza relative alle varie attività aziendali"; Sez. 4, Sentenza n. 34771 del 08/06/2010, Rv. 248346 - 01: "In materia di infortuni sul lavoro, il debito di sicurezza cui è tenuto il datore di lavoro nei confronti del lavoratore comprende l'obbligo di informare i dipendenti dei rischi specifici per la sicurezza e la salute in relazione all'attività svolta nell'impresa, non solo attraverso la esplicitazione di divieti, ma anche attraverso la indicazione delle conseguenze che determinate modalità di lavoro possono comportare"). 
Anche la individuazione dei rischi dell'attività della impresa è prerogativa del datore di lavoro il quale deve prevedere i possibili fattori di rischio e stabilire in base ad essi le misure atte a contrastarli in maniera efficace e puntuale (Sulla individuazione dei rischi si veda, tra le tante, Sez. 4, sentenza n. 27295 del 02/12/2016, Rv. 270355 - 01: "In tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro è tenuto a redigere e sottoporre ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all'interno del quale deve indicare in modo specifico i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, in relazione alla singola lavorazione o all'ambiente di lavoro e le misure precauzionali ed i dispositivi adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori; il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione di suddetto documento non esonera il datore di lavoro dall'obbligo di verificarne l'adeguatezza e l'efficacia, di informare i lavoratori dei rischi connessi alle lavorazioni in esecuzione e di fornire loro una formazione sufficiente ed adeguata").
5. In ordine al quarto e quinto motivo di ricorso, si osserva: il richiamo alla violazione della norma in materia di classificazione dei rifiuti è inconferente. E' evidente che la questione non riguarda la classificazione dei rifiuti e la ricezione di bombole vuote, ma la ricezione di bombole non bonificate che venivano maneggiate da personale che non aveva adeguata formazione, che provvedeva a svuotarle sul posto al fine di recuperare il materiale ferroso, con grave esposizione a pericolo della propria e altrui incolumità.
6. L'ultimo motivo ripete le lagnanze che attengono alla valutazione della testimonianza della R.R. a cui il Giudice di merito, seguendo un ragionamento non illogico e contraddittorio, non ha ritenuto di dare credito, in ragione dell'evidente contrasto con tutte le ulteriori emergenze processuali indicate in sentenza.
7. Al rigetto del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 22 gennaio 2019