Duplice infortunio mortale in uno scavo;
Responsabilità dell'appaltatore principale e del coordinatore per l'esecuzione;


 

 

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. Marzano Francesco - Presidente
1. Dott. Iacopino Silvana - Consigliere
2. Dott. Chiliberti Alfonso - Consigliere
3. Dott. Licari Carlo  - Consigliere
4. Dott. Palmieri Ettore - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) D. D. N. IL ..omissis..
2) M. P. N. IL ..omissis..

avverso Sentenza del 15/10/2003  Corte di Appello di Trento

visti gli atti, la sentenza ed il procedimento

udita in Pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Iacopino Silvana

Udito il Procuratore Generale in persona del Dr. M. Fraticelli  che ha concluso per il rigetto dei ricorsi

Udito, per la parte civile, l'Avv. Gian Maria Balduin

Uditi il difensore del D. Avv. Roberto Sutich e il difensore del M. Avv. Severino Santiapichi che hanno concluso per l'accoglimento dei ricorsi.

Fatto

Con sentenza del 6/6/2002 il GUP del Tribunale di Trento, all'esito di giudizio abbreviato, dichiarava D. D., M. P. e C. G. colpevoli del reato p. e p. dagli artt. 41, 589 comma 2 c.p.. nonché il D. anche del reato ex art. 7 co. 1 lett. B e co. 2 lett. A D.L.vo n. 626 del 1994, il M. pure delle contravvenzioni di cui all'art. 4, co. 1 lett. A) in relazione all'art. 12, di cui all'art. 5 co. 1 lett. B) e di cui all'art. 11 co. 1 lett. A del  D.L.vo n. 494 del 1996 e il C. del reato p. e p. dall'art. 13 co. 6 del Decreto Legislativo n. 164 del 1956 e condannava ciascuno dei detti imputati, con la concessione di attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti e con la continuazione tra gli addebiti, alla pena, condizionalmente sospesa, di anni uno di reclusione, oltre che al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili ed alla refusione delle spese di costituzione e di difesa dalle stesse sostenute.

Si trattava di un infortunio sul lavoro in cui erano rimasti coinvolti gli operai A. M. e F. G.. Il giorno 8/7/1999, dovendosi costruire un piano interrato destinato a locali di servizio dell'albergo Z. S. in Ziano di Fiemme, era stata scavata una fossa lunga metri 10,40, profonda metri 3,70 e larga m. 4,70. Il giorno dopo, il M. e il G., mentre si trovavano all'interno del detto scavo a pareti verticali ed erano intenti alla posa dei ferri di armatura delle fondazioni del costruendo piano interrato, erano stati investiti dal crollo parziale della parte sovrastante del muro di piano terra ed avevano riportato lesioni che li avevano tratti a morte. Il crollo era avvenuto perché l'asportazione del terreno, anche per il prolungamento dello scavo sotto le fondazioni esistenti, aveva reso instabile quello rimasto che era crollato sotto il peso delle fondazioni e del muro perimetrale dell'albergo. La responsabilità del D. era stata riconosciuta nella qualità di legale rappresentante dell'omonima ditta appaltatrice delle opere edili di ristrutturazione e di ampliamento dell'Hotel Z. e di subappaltante i lavori di carpenteria cui erano intenti gli operai deceduti, quella dell'Architetto M. perché progettista, direttore dei lavori e coordinatore per la sicurezza del cantiere e quella del C. nella qualità di legale rappresentante della ditta appaltatrice dei lavori di scavo e movimento terra.

A seguito di impugnazione del M., del D. e del C., la Corte di Appello di Trento in data 15/10/2003, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava non doversi procedere nei confronti del D. in ordine alla contravvenzione ascritta perché estinta per intervenuta oblazione e per l'effetto, eliminato l'aumento per continuazione, rideterminava la pena allo stesso inflitta in mesi undici, giorni dieci di reclusione. Confermava nel resto il riconoscimento di responsabilità nei confronti dello stesso D., del M. e del C..

Avverso la sentenza della corte di appello proponevano ricorso per cassazione a mezzo dei loro difensori il M. e il D..

Con un primo atto di gravame il M. deduceva mancanza di motivazione della sentenza impugnata, rilevando che la circostanza che il progetto originario aveva subito una variante in corso di opera non comportava il venire meno di tutte le cautele prescritte ma solo che la fase dello scavo fosse preceduta dalla realizzazione, non richiedente una specifica rappresentazione grafica a livello progettuale, di una prima trave di sottofondazione per mettere in sicurezza l'edificio. Era però accaduto che il C., di propria iniziativa, aveva saltato tale fase del lavoro ed aveva deciso di realizzare lo scavo in profondità e per tutta la larghezza dell'edificio, con ciò violando le prescrizioni indicate nel progetto, nel capitolato di appalto, nel piano di sicurezza, nel computo metrico, nella relazione geologica, nel giornale dei lavori dell'8/9/1999 le quali erano state ribadite anche a voce nel corso di una riunione che esso M. aveva tenuto il 26/8/1999 e a cui aveva partecipato il C.. La corte di appello nulla aveva detto sul punto ma si era limitata a svalutare le testimonianze del M. e del C. ed a ritenere attendibile la versione interessata del C. La corte, inoltre, aveva omesso di dare conto della circostanza documentale che il promemoria scritto consegnato al D. il 30/8/1099, parlava di formazione di sottofondazione alla casa vecchia come previsto alla voce 77 del computo metrico. Il M. evidenziava poi che se anche fosse stato in colpa, l'evento si sarebbe ugualmente verificato per esclusivo effetto della condotta del C..

Con un secondo ricorso, il M. deduceva mancanza e manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata che aveva isolato alcuni punti, trascurato tutti gli altri, svalutato risultanze decisive, applicando massime di esperienza contrarie al senso comune In particolare, insisteva nella doglianza per la riconosciuta inattendibilità delle deposizioni del M. e del C., dal momento che non vi era alcun elemento comprovante la lunga collaborazione dei predetti con esso ricorrente che era stata ritenuta dai giudici del merito. Inoltre, due deposizioni coincidenti, quali appunto erano quelle in questione, non potevano generare sospetti di previa concertazione, generando la concordanza una inferenza di attendibilità Neanche si poteva affermare che le deposizioni contenessero la ripetizione pedissequa della formule di cui al capitolato di appalto e al computo metrico, anche perché le stesse presentavano elementi notevoli di diversificazione. Censurava poi l'affermazione dei giudici circa l'assenza di qualsiasi progetto di una struttura in cemento armato avente lo scopo di prevenire il rischio di crollo, non avendo essi tenuto conto della funzione della trave di sottofondazione da realizzare con le modalità indicate nei contratti sottoscritti dall'impresa D. e presenti anche nelle relazioni geologiche integratrici del progetto. L'ipotesi della mancanza di un riferimento specifico alla struttura di protezione in cemento armato era esclusa dal promemoria del 30/8/1999 predisposto da esso M. e sottoscritto dal D. che menzionava la formazione di sottofondazione come previsto dal computo metrico e la formazione di un muro di sostegno come previsto nella relazione geologica e geotecnica. Dagli atti processuali risultava che il direttore dei lavori aveva predisposto le cautele che avrebbero impedito la morte dei due operai, costituiti dalla esecuzione delle sottofondazioni per un'altezza complessiva di m. 1,50, allo scopo di irrigidire il sistema fondale, e dalla costruzione di un muro di contenimento per la parte rimanente di scavo. Censurava la decisione dei giudici di negare valore di prova a discarico all'annotazione contenuta nel giornale dei lavori sotto la data dell'8 settembre, tenuto conto delle due deposizioni testimoniali considerate inattendibili. Rilevava anche che la variante concernente lo scavo da effettuare non più a due metri dall'edificio esistente ma a filo di questo era stata presentata dall'Impresa D. al Genio Civile di Trento e controfirmata dal committente. I piccoli tratti dello scavo erano funzionalmente collegati all'esecuzione della trave di fondazione parallelamente al muro di sostegno.

Quanto ai rilievi del collegio in ordine alla mancanza di disegni esecutivi delle armature in elevazione, il M. faceva presente che, dovendo trascorrere un intervallo di tempo di 12/14 giorni prima dello scavo successivo, vi era il tempo per impartire, successive e particolareggiate istruzioni e per procedere al deposito dei disegni presso il Genio Civile. li ricorrente, poi, osservava che il direttore dei lavori era figura diversa dal direttore di cantiere, spettando a quest'ultimo e non all'altro la responsabilità relativa alla concreta esecuzione dei lavori.

Nell'interesse del D. si deduceva vizio motivazionale della sentenza impugnata questa presentava evidenti ed intrinseche contraddizioni ed era priva di fondamento logico, in quanto il nuovo progetto elaborato dal M. aveva determinato una serie di problematiche prima inesistenti tali da stravolgere le precauzioni di sicurezza adottate in origine. Evidente, quindi, il determinante apporto causale del M. il quale aveva deciso di costruire il pino interrato sotto le fondazioni dell'edificio preesistente, modificando in modo sostanziale il primo progetto Non poteva, quindi, ravvisarsi alcuna responsabilità a carico del D. dato che il progetto non era più quello che costui conosceva e che non prevedeva alcun pericolo di crollo. La modifica sostanziale al progetto aveva costituito una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento. Si rilevava, poi, mancanza di motivazione per non avere i giudici fatto alcun cenno né alla censura mossa in ordine al presunto accordo tra il committente G., il M. e il D. circa la modifica del progetto inizialmente approvato né alla contestazione relativa alla ricostruzione dei fatti fondata su mere presunzioni né alla contraddittorietà delle testimonianze del C. e del M. né alla sussistenza di una causa sopravvenuta, per l'appunto la variazione progettuale eseguita dal M. in corso di opera, da sola sufficiente a determinare l'evento, e da interrompere qualsiasi rapporto causale tra il crollo e la condotta contestata al D. Se, infatti, lo scavo fosse stato eseguito ad una distanza di m. 2,80 dall'edificio, così come era inizialmente stabilito, non vi sarebbe stato alcun crollo del terreno. Il contratto di appalto che il D. aveva concluso con il committente prevedeva la costruzione del piano interrato ad una distanza di m. 2,80 dall'edificio e di fatto il C., come dallo stesso dichiarato, aveva iniziato i lavori partendo dal lato sud ovest per una lunghezza di metri 4 verso nord e verso la montagna per fare eseguire una sottofondazione di consolidamento a settori di m. 3, in perfetta conformità al progetto originario che era quello noto al D.. Il Marioni aveva però fermato il C. e gli aveva fatto riempire lo scavo Questo era stato ripreso su indicazioni dello stesso M. dalla fondazione della caldaia, cioè dallo spigolo nord ovest, ed era stato effettuato lungo tutta la parete ovest dello stabile con direzione nord sud, quindi in aderenza alla detta parete.

Diritto

I ricorsi proposti sono infondati e vanno rigettati.
La corte di appello ha chiaramente spiegato le ragioni per le quali il M., nella qualità di progettista e di direttore dei lavori nonché di coordinatore per la sicurezza del cantiere, versava in colpa e l'evento verificatosi era eziologicamente da collegare alla condotta da lui tenuta. Secondo i giudici, era da disattendere l'assunto difensivo del predetto imputato secondo cui il crollo era avvenuto per colpa dei coimputati e delle vittime che, non rispettando i suoi ordini di eseguire lo scavo a piccolo tratti e a mano, come previsto dal capitolato speciale di appalto e dal computo metrico estimativo da lui predisposti, lo avevano realizzato in una sola volta e lungo tutto il fronte del muro. Per la corte territoriale, infatti, era da ritenere che nell'imminenza dei lavori fosse stato deciso di costruire il piano interrato dell'albergo utilizzando anche la fascia di terreno che, in base al progetto approvato con la concessione edilizia, doveva separare la nuova costruzione dall'albergo. A tale conclusione i giudici sono pervenuti all'esito della valutazione di alcuni dati fattuali precisi. Innanzitutto, per il collegio, era da considerare che l'art. 21 del capitolato di appalto prevedeva che gli scavi dovessero essere eseguiti secondo i disegni di progetto e la relazione geologica e geotecnica nonché secondo le particolari prescrizioni impartite al momento esecutivo dalla direzione dei lavori. Il computo metrico estimativo contemplava che lo scavo per i lavori di sottofondazione fosse realizzato a mano o con l'ausilio di piccoli mezzi meccanici e che l'opera fosse compiuta a piccoli tratti e, ove richiesto dalla direzione dei lavori, fosse anche passante sotto le fondazioni o i muri esistenti. Nel detto computo metrico estimativo erano menzionati uno scavo per la sottofondazione lato ovest lungo metri 12, largo metri 0,60, alto m. 1 e della quantità di mc. 7,2 e un altro scavo per l'abbassamento del piano di calpestio del pianoterra per complessivi metri cubi 79. Altresì, per il collegio, andava evidenziato che il progetto di ampliamento dell'albergo, alla quale si riferiva la concessione edilizia rilasciata il 5/8/1999, prevedeva la costruzione del piano interrato ad una distanza dalla parete ovest dell'albergo di metri 2,80 ma che i disegni strutturali per l'esecuzione delle opere in cemento armato, depositati dopo il rilascio della concessione edilizia detta, riguardavano la costruzione del piano interrato a filo con la citata parete ovest. Inoltre, per la corte territoriale, doveva tenersi conto dei chiarimenti del consulente tecnico del P.M. avuto riguardo ai quali lo scavo era stato eseguito in modo da potere realizzare le fondazioni del piano interrato nella maniera indicata nei disegni strutturali per l'esecuzione delle opere in cemento armato ed il nuovo progetto, risultante dai detti disegni, esponeva il vecchio edificio a rischio gravissimo di crollo e non indicava le necessarie opere di contenimento del terreno e di sottomurazione che avrebbero dovuto sostenere le fondazioni esistenti le quali, rispetto alle nuove, erano più alte di m. 3,40. Neanche era stato predisposto un progetto esecutivo che indicasse come si doveva procedere nei lavori, non potendo aiutare il progetto originario che prevedeva una sottofondazione concepita in funzione dell'abbassamento del piano di calpestio dell'albergo, che esigeva uno scavo profondo un solo metro, mentre i lavori del nuovo progetto richiedevano uno scavo quattro volte più profondo. Il consulente del P.M aveva pure chiarito, con riferimento alle indicazioni del capitolato di appalto e del computo metrico estimativo in ordine all'esecuzione dello scavo a piccoli tratti e a mano, che il M., in quanto progettista e direttore dei lavori, dopo avere valutato l'influenza della nuova opera sulla statica dell'edificio ed avere esaminato la composizione del terreno nonché calcolato i carichi e i pesi del fabbricato, avrebbe dovuto dare agli esecutori specifiche istruzioni al riguardo.

Secondo il collegio, quindi, l'apprezzamento delle sopra menzionate circostanze di fatto e, in particolare, dei rilievi dell'esperto nominato dal P.M. portava alla conclusione di ritenere che era stato deciso di costruire il piano interrato utilizzando anche la fascia di terreno che doveva separate la nuova costruzione dall'albergo e di realizzare in una sola volta un'opera che fosse nello stesso tempo fondazione e muro perimetrale per il nuovo piano interrato e sottofondazione per il vecchio edificio, e ciò con sottovalutazione del rischio che le fondazioni del lato ovest dell'albergo avrebbero ceduto perché non più sostenute. Da tale convincimento derivava, per i giudici, che il C. era del tutto credibile quando aveva affermato di avere eseguito lo scavo lungo tutto il fronte ovest dell'albergo perché il M. gli aveva impartito tali istruzioni. Non erano, invece, attendibili le affermazioni dei testi C. S. e M. M. secondo cui il M., in loro presenza, avrebbe raccomandato al D., al C. ed agli operai poi deceduti di scavare a mano e per piccoli tratti. Costoro, infatti, per i giudici, erano persone legate all'imputato da lungo rapporto di collaborazione ed avevano reso dichiarazioni perfettamente sovrapponibili, il che faceva sospettare che si fossero preventivamente accordati sul loro contenuto. Tali dichiarazioni, inoltre, apparivano incompatibili con la mancanza di un progetto di una struttura in cemento armato che prevenisse il pericolo di crollo. Né, per la corte territoriale, poteva riconoscersi valenza probatoria alla circostanza che sul giornale dei lavori fosse stato scritto alla data dell'8/9/1999 "la direzione dei lavori ricorda di scavare a settori piccoli per sicurezza" Il detto giornale dei lavori, infatti, era stato consegnato agli operanti ad indagini già avviate e l'annotazione poi era stata apposta con calligrafia diversa da quella che di solito appariva. Contrariamente all'assunto del M., neanche poteva attribuirsi rilevanza al contenuto del promemoria del 30/8/1999 perché esso si poneva in contrasto con il rilievo che i disegni strutturali per le opere in cemento armato del 10/8/1999 prevedevano la costruzione del piano interrato a filo con la parete ma non recavano il calcolo né di un muro di contenimento del terreno né della sottomurazione di sostegno delle fondazioni esistenti.

A fronte di tali precise argomentazioni, il M. ha avanzato doglianze volte a contestare le valutazioni operate dai giudici del merito le quali, però, non hanno ragione di essere posto che la corte territoriale ha dato conto in maniera congrua e logica, non sindacabile da questa Corte Suprema, dell'apprezzamento compiuto degli elementi presi in considerazione e delle dichiarazioni del C. e dei testi a discarico. In tale contesto, anzi, le censure prospettate si sostanziano nella richiesta di una diversa e più favorevole interpretazione dei dati processuali che non può trovare ingresso in sede di legittimità, avendo i giudici del merito ritenuto di dare la prevalenza rispetto alle argomentazioni difensive a considerazioni reputate di maggiore rilievo ed essendo ad essi riservati l'individuazione delle fonti del proprio convincimento, il giudizio sulla loro attendibilità e concludenza la scelta delle ragioni ritenute idonee a sorreggere la decisione. Devesi, però, osservare che le contravvenzioni ascritte al M., come specificate ai capi B, C e D della rubrica, in quanto commesse il 9/9/1999, vanno dichiarate estinte per prescrizione. L'impugnata sentenza va, pertanto, annullata senza rinvio sul punto con conseguente eliminazione dalla pena di anni uno di reclusione complessivamente inflitta al M. di quella di giorni venti di reclusione irrogata per tali reati a titolo di aumento (un mese) per continuazione, ridotto di un terzo per la scelta del rito.

Anche il ricorso del D. non merita accoglimento.

I giudici hanno rilevato che costui, quale appaltatore di lavori edilizi, era responsabile dell'organizzazione del cantiere e del lavoro che in questo si svolgeva. L'imputato, pertanto, benché i due operai deceduti fossero dipendenti di S. E., il quale aveva avuto in subappalto i lavori di carpenteria, era tenuto a tutelare l'integrità e l'incolumità di tutto coloro che lavoravano nel cantiere. Egli, invece, aveva permesso che lo scavo fosse realizzato in profondità, senza che fossero state applicate armature di sostegno delle pareti, e che le vittime scendessero nello scavo nonostante il pericolo di crollo. I giudici del merito, quindi, hanno ravvisato a carico del D. un preciso profilo di colpa la cui individuazione, sorretta da motivazione adeguata e coerente, non lascia adito a spazio alle censure del ricorrente incentrate essenzialmente sulle modifiche sostanziali al primo progetto, consistenti nella decisione del M. di costruire il piano interrato sotto le fondazioni dell'edificio preesistente. Al D., invero, è stato addebitato di non avere evitato che le vittime rimanessero esposte a rischio per la loro incolumità lavorando nello scavo nonostante la pericolosità della situazione.

Al rigetto del gravame del D. consegue la condanna del predetto al pagamento delle spese processuali. Il D. e il M., poi, vanno condannati, in solido tra loro, al rimborso in favore delle costituite parti civili delle spese e competenze del presente giudizio, liquidate cumulativamente in complessivi euro 3.375,00, di cui euro 375,00 per spese forfettarie, oltre IVA se dovuta e CPA come per legge.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di M. P. limitatamente alle contravvenzioni di cui ai capi B),C) e D)della rubrica perché estinti per prescrizione ed elimina la relativa pena di giorni venti di reclusione . Rigetta nel resto il ricorso di M. P.; rigetta , altresì, il ricorso di D. D. e condanna tale ultimo ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, infine, entrambi i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso, in favore delle costituite parti civili, delle spese e competenze di questo giudizio che cumulativamente liquida in complessivi euro 3.375,00, di cui euro 375,00 per spese forfettatie, oltre IVA se dovuta e CPA come per legge.

Così deciso il 27/10/2004

Depositata in cancelleria il 2 febbraio 2005.