Responsabilità di un direttore delegato alla vigilanza, osservanza ed impiego delle misure antinfortunistiche di uno stabilimento e del dirigente responsabile dell'officina meccanica dello stabilimento medesimo, per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia, nonché nell'inosservanza di norme per la prevenzione di infortuni sul lavoro (artt. 35 co. 1° D.lvo 626/94 e 77 D.P.R. 547/55), in particolare il primo per non aver vigilato e preteso che venissero messe a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate ed il secondo per non aver vigilato e così per aver consentito che venisse utilizzato un tornio privo non solo di schermo mobile di protezione ma anche di annesso dispositivo di interblocco (microinterruttore) funzionante ed inoltre munito di leva della frizione inseribile accidentalmente: entrambi cagionavano così la morte di un operaio dipendente, il quale, intento all'uso del menzionato tornio ed in particolare alla tornitura e limatura di un tondino metallico, veniva strangolato dal maglione di lana indossato, attorcigliatosi intorno al mandrino ed ai tondino roteanti.

In primo grado furono entrambi assolti perchè il fatto non sussiste: "veniva evidenziato il comportamento anomalo, imprevedibile del lavoratore, che utilizzava il tornio per motivi personali, con un comportamento estraneo e non attinente all'attività lavorativa, dovuto soltanto a
scelta arbitraria. Si è trattato di una causa sopravvenuta, da sola sufficiente a determinare l'evento, in grado di escludere il rapporto di causalità tra azione ed evento, non essendo ravvisabile alcuna
responsabilità in capo al datore di lavoro."

Propongono appello il PG di Milano e le parti civili - La Corte conferma la sentenza assolutoria di primo grado.

"Nella fattispecie, pur essendo pacifico che sui datori di lavoro, dirigenti, preposti incombe l'obbligo di vigilare sul rispetto, da parte dei lavoratori, delle norme di sicurezza per la prevenzione degli infortuni, non può certo rimproverarsi agli odierni imputati di non essere stati presenti sul luogo di lavoro, nel giorno dell'infortunio, che coincideva con la giornata della domenica, non potendo sicuramente gli obblighi suddetti imporre la presenza continuativa e quotidiana dei datori di lavoro sul luogo di lavoro, in modo da riuscire ad impedire, in ogni momento della giornata, gli eventuali comportamenti anomali, imprevedibili dei lavoratori subordinati.
Al riguardo, non riveste rilievo eccessivo la circostanza dedotta dal PG appellante, secondo cui, nel giorno dell'infortunio, sia pur festivo, entrambi gli imputati erano assenti, né avevano predisposto adeguate forme di controllo per evitare un uso improprio del tornio, dal momento che né la presenza continua né eventuali, ma non individuabili, forme impeditive dell'uso del tornio avrebbero mai potuto impedire l'anomala ed imprevedibile condotta del lavoratore.
Anche la parziale non conformità della macchina ai dispositivi antinfortunistici (mancato azionamento dell'arresto di emergenza o della leva della frizione) non riveste rilievo determinante e prevalente, anche
secondo quanto accertato in sede di perizia, dinanzi al fatto dell'infortunato, del tutto anomalo ed eccezionale, di certo atipico, da solo sufficiente a determinare l'evento.
Il fatto e la condotta del lavoratore risultavano del tutto estranei alla attività lavorativa, quali conseguenze di una scelta arbitraria del medesimo lavoratore, con la assunzione di un rilievo autonomo, tale da escludere il nesso di causalità, avendo assunto i rilievi di antecedente di un evento con i caratteri della imprevedibilità ed eccezionalità.
La condotta dell'odierno lavoratore deceduto può definirsi anomala ed imprevedibile, da sola sufficiente a determinare l'evento ex art. 41 comma 2° c.p., a livello di causa sopravvenuta.
Tali caratteristiche della condotta del tutto anomale, esorbitanti, imprevedibili, determinando l'evento, in via autonoma, impediscono di considerare il comportamento del lavoratore soltanto disattento o negligente e di ritenere applicabili principi desunti da pronunce della Suprema Corte".


 



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D'APPELLO DI MILANO
SECONDA SEZIONE PENALE

Composta dai Signori:
1. Dott. ARTURO SOPRANO - Presidente
2. Dott. RAFFAELE MARTORELLI - Consigliere
3. Dott. SERGIO PICCINNI LEOPARDI - Consigliere rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA


nella causa del Pubblico Ministero
contro
1) Bo.Si. nato a VELLEZZO BELLINI (PV) il (...) -

APPELLATO DAL PG E PC - LIBERO CONTUMACE

residente a VELLEZZO BELLINI - VIA (...) domicilio eletto CIGOGNOLA - S.S. (...) C/DITTA XI. S.p.A. domiciliato a
Imputato di: ARTT. 589 CO. 1 E 2 C.P., 99 C.P. commesso in CIGOGNOLA in data 17-03-2002
Difeso da: Avv. PI.FO. Foro di VOGHERa - Avv. AN.PR. Foro di PAVIA
2) Ca.Se. nato a GUASTALLA (RE) il (...) -

APPELLATO DAL PG E PC - LIBERO

residente a VIADANA - VIA (...) domicilio eletto domiciliato a
Imputato di: ARTT. 589 CO. 1 E 2 C.P., 99 C.P. commesso in CIGOGNOLA in data 17-03-2002
Difeso da: Avv. PI.FO. Foro di VOGHERA - Avv. AN.PR. Foro di PAVIA


PARTE CIVILE:

Cu.Ro. APPELLANTE Difensore Avv. MA.GH. Foro di PAVIA
Zi.As. APPELLANTE Difensore Avv. MA.GH. Foro di PAVIA
Cu.Ma. APPELLANTE Difensore Avv. MA.GH. Foro di PAVIA


IMPUTATI

Imputati del reato p. e p. dall'art. 589 1° e 2° comma c.p., perché, il Ca.Se. quale direttore delegato alla vigilanza, osservanza ed impiego delle misure antinfortunistiche dello stabilimento di Cigognola della Xi. S.p.A. ed il Bo.Si. nella qualità di dirigente responsabile dell'officina meccanica dello stabilimento medesimo, per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia, nonché nell'inosservanza di norme per la prevenzione di infortuni sul lavoro (artt. 35 co. 1° D.lvo 626/94 e 77 D.P.R. 547/55), in particolare il Ca.Se. per non aver vigilato e preteso che venissero messe a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate ed il Bo.Si. per non aver vigilato e così per aver consentito che venisse utilizzato un tornio parallelo marca Cornati matr. n. (...) privo non solo di schermo mobile di protezione ma anche di annesso dispositivo di interblocco (microinterruttore) funzionante ed inoltre munito di leva della frizione inseribile accidentalmente, cagionavano la morte dell'operaio dipendente Cu.Fr., il quale, intento all'uso del menzionato tornio ed in particolare alla tornitura e limatura di un tondino metallico, veniva strangolato dal maglione di lana indossato, attorcigliatosi intorno al mandrino ed ai tondino roteanti.
In Cigognola il 17 marzo 2002. Con la recidiva specifica per entrambi.


Fatto


- Con sentenza emessa in data 5.4.07 (dep. 3.7.07) il Tribunale di VOGHERA, composizione monocratica, assolveva Bo.Si. e Ca.Se. perché il fatto non sussiste, per il reato di cui agli artt. 589 comma 1° e 2° c.p., per avere, il primo, in qualità di dirigente responsabile dell'officina meccanica della Xi. S.p.A., il secondo quale direttore delegato alla vigilanza, osservanza ed impiego delle misure antinfortunistiche, per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia, nonché per inosservanza di norme per la prevenzione di infortuni sul lavoro (art. 35 co. 1° D.lvo 626/94 e 77 D.P.R. 547/55). In particolare per aver consentito che venisse utilizzato un tornio parallelo privo non solo di schermo mobile di protezione ma anche di dispositivo di interblocco funzionante ed inoltre munito di leva della frizione inseribile accidentalmente, cagionavano la morte dell'operaio dipendente Cu.Fr., il quale, intento all'uso del detto tornio, in particolare alla tornitura e limatura di un tondino metallico, veniva strangolato dal maglione indossato, attorcigliatosi attorno al Mandrino.
In Cigognola in data 17.3.02. Con la recidiva specifica per entrambi.

Il giorno del fatto, domenica, il Cu.Fr. svolgeva il turno pomeridiano e non erano, ovviamente, presenti i titolari della società.
Il lavoratore Mo.Ma. era in cabina e visionava il monitor, mentre il Cu.Fr. si recava ad effettuare il solito giro di controllo. Preoccupatosi per il ritardo, il Mo.Ma. trovava il compagno di lavoro presso il tornio, con il braccio sinistro appoggiato sul mandrino, con il maglione rosso avvolto attorno ad esso, ormai esanime (le cause della morte venivano ricondotte ad asfissia acuta).
La consulenza tecnica evidenziava che, al momento dell'infortunio, la cuffia di protezione del mandrino era presente, ma veniva trovata smontata ed appoggiata ad una parete. I tecnici ASL contestavano il mancato uso della cuffia di protezione del mandrino e l'assenza di ulteriore dispositivo, destinato all'arresto del tornio e cioè il doppio comando per arrestare l'eventuale messa in moto accidentale. Si evidenziava un uso del tornio del tutto improprio, con avvicinamento delle mani agli organi di rotazione, l'uso di indumenti inidonei.
Il lavoratore aveva agito sul mandrino, premendo con la mano sinistra sulla lima, a contatto con il pezzo in rotazione, che determinava l'avvolgimento della manica del maglione. Il pezzo di acciaio su cui
lavorava il Cu.Fr. non aveva alcuna attinenza con i macchinari o gli impianti della azienda, né alcun collegamento con il giro di controllo. Era stata eseguita la limatura del pezzo, tenuto con le mani,
operazione più agevole senza protezione.
Il consulente del PM escludeva che elementi di non conformità della macchina potessero avere avuto rilevanza eziologica rispetto all'infortunio.
Assenza del nesso causale: la cuffia di protezione era presente, potendo essere rimossa per particolari lavorazioni.
Il Cu.Fr., esperto di computer non era tornitore, non avendovi lavorato mai.
Il teste Mo.Ma. riferiva che, soprattutto nel week end, qualcuno usava il tornio per limare propri pezzi, precisando che l'azienda aveva sempre fornito a tutti i lavoratori l'abbigliamento necessario.
Veniva evidenziato il comportamento anomalo, imprevedibile del lavoratore, che utilizzava il tornio per motivi personali, con un comportamento estraneo e non attinente all'attività lavorativa, dovuto soltanto a
scelta arbitraria. Si è trattato di una causa sopravvenuta, da sola sufficiente a determinare l'evento, in grado di escludere il rapporto di causalità tra azione ed evento, non essendo ravvisabile alcuna
responsabilità in capo al datore di lavoro.
L'INAIL non riconosceva alcuna indennità per infortunio sul lavoro.

- Con atto depositato in data 27.7.07 proponeva appello il PG di Milano, rilevando:
Non veniva ritenuta condivisibile l'argomentazione del primo giudice, secondo cui l'evento sarebbe da attribuirsi esclusivamente alla condotta imprudente della vittima, ritenuta estranea al processo produttivo
ed alle mansioni attribuite al lavoratore.
Non sarebbe emerso che la vittima si fosse messa all'opera, per ragioni personali presso il tornio.
La condotta imprevedibile e abnorme del lavoratore, tale da interrompere il nesso di causalità, è ritenuta, in giurisprudenza, tale soltanto se il datore di lavoro abbia adempiuto a tutti gli obblighi imposti in materia di sicurezza del lavoro.
In particolare, nel giorno dell'infortunio, sia pur festivo, entrambi gli imputati erano assenti, né avevano predisposto adeguate forme di controllo per evitare un uso improprio del tornio.
Chiedeva affermarsi la penale responsabilità di entrambi gli imputati.

- Con atto in data 28.9.07 proponevano appello le parti civili Cu.Ro., Zi.As., Cu.Ma., rilevando:
1) Erronea valutazione e travisamento dei fatti: il Cu.Fr. svolgeva lavori che esorbitavano dalla propria qualifica; lo stesso aveva già utilizzato il tornio, come riferiva il teste Sa.. L'area in cui era posizionato il
tornio, dopo l'incidente mortale, veniva limitata e veniva impedito l'accesso libero a chiunque. Il tornio era sprovvisto di protezione del mandrino, che giaceva altrove, oltre ad avere una leva di comando della
frizione con innesto diretto, che non evitava l'avviamento accidentale.
2) Sussistenza del nesso di causalità. Risulta errato ritenere la condotta abnorme ed imprevedibile del lavoratore quale causa unica e sopravvenuta in grado di interrompere il nesso di causalità tra azione ed
evento, dovendo il datore di lavoro ed i preposti alla sicurezza controllare che i lavoratori rispettino la normativa in materia.
La condotta del deceduto non può ritenersi abnorme o imprevedibile e tale da escludere ogni responsabilità degli imputati, in quanto, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, cause esclusive del nesso causale possono ritenersi soltanto le condotte dolose del dipendente e le attività che non abbiano rapporto con lo svolgimento della attività lavorativa, mentre la contiguità e l'accessibilità della situazione di pericolo escludono l'imprevedibilità e l'abnormità del comportamento del lavoratore. Peraltro nella azienda si sapeva che il Cu.Fr. aveva già usato il tornio più di una volta.
Chiedevano affermarsi, ex art. 576 c.p.p., ai soli effetti della responsabilità civile, la responsabilità degli imputati, con la conseguente loro condanna al risarcimento dei danni.

- Con successiva memoria in data 24.6.08 il difensore delle parti civili rilevava:
Con sentenza 12.2.08 la Corte Appello Milano qualificava, diversamente dal primo giudice, il fatto come infortunio sul lavoro, con la conseguente condanna dell'INAIL al pagamento, in favore degli eredi, della relativa indennità.
Non può dilatarsi eccessivamente il concetto di condotta anomala ed eccezionale del lavoratore. Era noto agli imputati l'occasionale uso del tornio da patte del Cu.Fr., al quale bisognava inibire l'uso, in quanto non addetto allo stesso, cosa di fatto avvenuta dopo l'infortunio.
Il macchinario era sprovvisto dei dispositivi di sicurezza e gli odierni imputati hanno colposamente omesso di vigilare, controllare e pretendere che venissero rispettate le norme sulla sicurezza dei lavoratori.

- Con memoria in data 14.4.08 i difensori degli imputati rilevavano opposizione alla impugnazione proposta dalle parti civili
- il tornio era sito in un capannone della officina a cui erano autorizzati ad accedere esclusivamente i meccanici, avendo i testi confermato che gli altri operai (pressisti) avevano il divieto di accedere ad aree
diverse da quelle di loro pertinenza. Nel reparto ove si trovava il tornio vi era un meccanico reperibile a cui tutti gli operai dovevano rivolgersi in caso di guasto meccanico
- i meccanici confermavano di aver ricevuto la fornitura di un abbigliamento tecnico adeguato - la protezione mobile del mandrino era presente, ma smontata ed appoggiata alla parete, per il
comportamento del Cu.Fr. che usava il tornio al di fuori delle sue mansioni
- la condotta negligente, imprudente, imprevedibile del Cu.Fr. era condizione necessaria e sufficiente a determinare l'evento, causato dal maldestro uso del tornio, da parte di un soggetto privo delle adeguate
competenze
- l'atto di appello delle parti civili avrebbe introdotto motivi nuovi, inammissibili, dovendo l'appello limitarsi a confutare capi o punti della sentenza, senza dedurre nuovi profili, quali la posizione di garanzia del datore di lavoro, ex art. 2087 c.c., che implicherebbe un costante e pressante obbligo di vigilanza. Risulta impossibile pretendere, all'interno di una struttura aziendale, la continua presenza del datore di lavoro
- nella fattispecie il nesso causale tra la condotta degli imputati e l'evento morte è insussistente, in presenza di una causa sopravvenuta necessaria e sufficiente a determinare l'evento, quale la condotta
anomala, imprevedibile, estranea alle mansioni del lavoratore
- Con memoria in data 1.10,08 i difensori degli imputati rilevavano opposizione alla acquisizione della sentenza Corte Appello Milano sez. lavoro 12.2.08: ai sensi degli artt. 192, 238 bis c.p.p. le sentenze irrevocabili del giudice civile "possono essere acquisite ai fini della prova di fatto in esse accertato".
La sentenza, illegittimamente acquisita, veniva emessa a seguito di carenza di natura processuale, quale il mancato adempimento dell'onere della prova da parte della difesa INAIL,
difettando elementi che possano assurgere a rango di prova in sede penale. In quella sede, per il margine di incertezza esistente venivano compensate le spese di lite tra le parti.


Diritto


Ritiene la Corte che la sentenza assolutoria di primo grado debba essere confermata.

Appello PG di Milano

Nel proposto appello non veniva ritenuta condivisibile l'argomentazione del primo giudice, secondo cui l'evento sarebbe da attribuirsi esclusivamente alla condotta imprudente della vittima, ritenuta estranea al
processo produttivo ed alle mansioni attribuite al lavoratore.
Non sarebbe emerso che la vittima si fosse messa all'opera, per ragioni personali, presso il tornio. La condotta imprevedibile e abnorme del lavoratore, tale da interrompere il nesso di causalità, è ritenuta, in
giurisprudenza, tale soltanto se il datore di lavoro abbia adempiuto a tutti gli obblighi imposti in materia di sicurezza del lavoro. In particolare, nel giorno dell'infortunio, sia pur festivo, entrambi gli imputati erano assenti, né avevano predisposto adeguate forme di controllo per evitare un uso improprio del tornio.

Il motivo non è fondato e non merita accoglimento.

Non può affermarsi la penale responsabilità di uno o di entrambi gli imputati, come richiesto dal PG appellante, dovendo confermarsi la pronuncia assolutoria, perché il fatto non sussiste, emessa dal primo
giudice. Esistono due distinti aspetti, in base ai quali può escludersi il nesso di causalità tra la condotta e l'evento.

1) Condizioni della macchina: in sede di consulenza tecnica, affidata dal PM al tecnico ASL, risultava che il tornio risultava dotato di due protezioni 
- protezione mobile del mandrino (cuffia): azionato il motore, alzata completamente la cuffia, non si otteneva l'arresto del moto di rotazione, non agendo l'eccentrico dell'albero, su cui è montata la cuffia di
protezione, sul microinterruttore
- arresti di emergenza: dopo la messa in moto del tornio, veniva premuto il pulsante a fungo di colore rosso, posizionato sulla sinistra del mandrino, ottenendosi l'arresto. Analoga operazione veniva compiuta
sul pulsante collocato a destra, ottenendosi pure l'arresto. Gli arresti di emergenza venivano riscontrati perfettamente funzionanti.
- la perizia concludeva affermando che la protezione del mandrino, nel caso fosse stata montata correttamente, in relazione alla lunghezza del pezzo in lavorazione, avrebbe reso la manovra di limatura
ergonomicamente scomoda, ma non irrealizzabile.
- la perizia accertava una non conformità della leva di inserimento della frizione, che permetteva il movimento accidentale (art. 77 D.P.R. 547/55, mentre tale movimento doveva provenire soltanto con un comando volontario, a seguito di una pressione sulla stessa).
Malgrado tali risultanze, la perizia concludeva affermando che "la non conformità riscontrata della macchina non ha rilevanza eziologia rispetto all'infortunio".

2) Comportamento della persona offesa: la medesima perizia accertava un uso della macchina assolutamente improprio ("..il pezzo avrebbe potuto essere realizzato completamente con un utensile appropriato... in tal modo non sarebbe sorta la necessità di avvicinare le mani agli organi di rotazione". Risultava possibile azionare l'arresto di emergenza collocato sulla destra del tornio, come risultava possibile azionare la leva di inserimento della frizione con la mono destra, oppure con una parte della gamba.)
Risultava che il Cu.Fr., nell'eseguire l'operazione di limatura, non aveva fatto uso della cuffia di protezione del mandrino, probabilmente rimossa dallo stesso, risultando la manovra più agevole senza la cuffia
medesima.
Il pezzo di ferro lavorato dal Cu.Fr. non aveva alcuna attinenza con i macchinari, gli impianti, le lavorazioni eseguite nella ditta e il suo comportamento non aveva alcuna connessione con le mansioni allo stesso affidate in quel giorno (giro di controllo) e normalmente, avendo egli mansioni di operaio addetto alla pressatura, senza alcuna necessità di contatto o di lavoro con il tornio.
Lo stesso non aveva mai lavorato al tornio, non era mai venuto in contatto diretto con il macchinario indicato, né gli era mai stato richiesto di sostituire personale addetto al medesimo tornio. Si era trattato, pertanto, di una iniziativa personale del lavoratore, poi purtroppo deceduto, interessato, per motivi ugualmente e soltanto personali, alla limatura di un pezzo di metallo, che non aveva alcuna attinenza con la sua attività lavorativa.
Il metodo di utilizzo del tornio, da parte del Cu.Fr., definito dal primo giudice "improprio e agghiacciante", con le mani accanto agli organi rotanti, indossando un maglione, facile ad impigliarsi nei macchinari, confermava un comportamento del lavoratore che esulava dalla sua propria attività, dalle sue ordinarie mansioni, con il fine di effettuare la limatura di un tondino metallico, estraneo ai pezzi in lavorazione.
Può sicuramente affermarsi l'esistenza di una condotta assolutamente imprevedibile della persona offesa, tale da escludere il nesso di causalità ex art. 41 comma 2° c.p., quale causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento. E' nota la giurisprudenza al riguardo.
"Un comportamento anomalo del lavoratore, per acquisire, nel caso in cui vi sia anche una violazione del datore di lavoro, il valore di causa sopravvenuta da sola sufficiente a cagionare l'evento, deve essere imprevedibile perché assolutamente estraneo al processo di produzione o alle mansioni attribuite al lavoratore, estraneità che fa sì, appunto, che possa darsi che l'evento è riconducibile al solo suddetto lavoratore" - Cass. 14.6.96 n. 8676.
"Il comportamento del lavoratore avventato ed esorbitante rispetto alle normali attribuzioni interrompe il nesso di causalità, ponendosi come serie causale autonoma rispetto alla precedente condotta del datore di lavoro, che non abbia adempiuto a tutti gli obblighi che gli sono propri" (Cass. 3.6.99 n. 12115).
"Il datore di lavoro è esonerato da responsabilità quando il comportamento del dipendente presenti i caratteri della eccezionalità, della abnormità, della esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive organizzative ricevute" (Cass. 25.9.95 n. 10733).
E' noto anche che la pretesa abnormità o imprevedibilità della condotta del lavoratore non ha effetto esimente per il datore di lavoro o per il responsabile della sicurezza, che si siano comunque resi responsabili di specifiche violazioni di prescrizioni in materia antinfortunistica, in quanto la normativa è diretta a prevenire anche gli effetti della condotta colposa del lavoratore (Cfr. Cass. 20.3.00 n. 3580). Nella fattispecie, pur essendo pacifico che sui datori di lavoro, dirigenti, preposti incombe l'obbligo di vigilare sul rispetto, da parte dei lavoratori, delle norme di sicurezza per la prevenzione degli infortuni, non può certo rimproverarsi agli odierni imputati di non essere stati presenti sul luogo di lavoro, nel giorno dell'infortunio, che coincideva con la giornata della domenica, non potendo sicuramente gli obblighi suddetti imporre la presenza continuativa e quotidiana dei datori di lavoro sul luogo di lavoro, in modo da riuscire ad impedire, in ogni momento della giornata, gli eventuali comportamenti anomali, imprevedibili dei lavoratori subordinati.
Al riguardo, non riveste rilievo eccessivo la circostanza dedotta dal PG appellante, secondo cui, nel giorno dell'infortunio, sia pur festivo, entrambi gli imputati erano assenti, né avevano predisposto adeguate forme di controllo per evitare un uso improprio del tornio, dal momento che né la presenza continua né eventuali, ma non individuabili, forme impeditive dell'uso del tornio avrebbero mai potuto impedire l'anomala ed imprevedibile condotta del lavoratore.
Anche la parziale non conformità della macchina ai dispositivi antinfortunistici (mancato azionamento dell'arresto di emergenza o della leva della frizione) non riveste rilievo determinante e prevalente, anche
secondo quanto accertato in sede di perizia, dinanzi al fatto dell'infortunato, del tutto anomalo ed eccezionale, di certo atipico, da solo sufficiente a determinare l'evento.
Il fatto e la condotta del lavoratore risultavano del tutto estranei alla attività lavorativa, quali conseguenze di una scelta arbitraria del medesimo lavoratore, con la assunzione di un rilievo autonomo, tale da escludere il nesso di causalità, avendo assunto i rilievi di antecedente di un evento con i caratteri della imprevedibilità ed eccezionalità.
La condotta dell'odierno lavoratore deceduto può definirsi anomala ed imprevedibile, da sola sufficiente a determinare l'evento ex art. 41 comma 2° c.p., a livello di causa sopravvenuta.
Tali caratteristiche della condotta del tutto anomale, esorbitanti, imprevedibili, determinando l'evento, in via autonoma, impediscono di considerare il comportamento del lavoratore soltanto disattento o negligente e di ritenere applicabili principi desunti da pronunce della Suprema Corte ("il nesso causale tra condotta colposa del datore di lavoro per la omessa predisposizione delle prescrizioni antinfortunistiche, e l'evento non è interrotto dal comportamento imprudente del lavoratore, atteso che le norme antinfortunistiche sono dettate al fine di ottenere la sicurezza delle condizioni di lavoro e di evitare incidenti ai lavoratori in ogni caso e cioè anche quando essi stessi per imprudenza, disattenzione, assuefazione al pericolo possono provocare l'evento (Cass. 14.6.96).

Appello parti civili Cu.Ro., Zi.As., Cu.Ma.

1) Erronea valutazione e travisamento dei fatti: il Cu.Fr. svolgeva lavori che esorbitavano dalla propria qualifica; lo stesso aveva già utilizzato il tornio, come riferiva il teste Sa.. L'area in cui era posizionato il tornio, dopo l'incidente mortale, veniva limitata e veniva impedito l'accesso libero a chiunque. Il tornio era sprovvisto di protezione del mandrino, che giaceva altrove, oltre ad avere una leva di comando della frizione con innesto diretto, che non evitava l'avviamento accidentale. Gli argomenti non risultano fondati.
Deve ribadirsi quanto già emerso in dibattimento, che cioè il tornio incriminato era posto in un capannone della officina in cui erano autorizzati ad accedere soltanto i meccanici e che l'uso dello stesso non era previsto per gli operai pressisti, come era il Cu. dal 1998.
Risulta, inoltre, confermata la condotta negligente, anomala e imprevedibile del lavoratore, da sola necessaria e sufficiente a determinare l'evento morte, con esclusione di ogni incidenza del preteso difetto del tornio. Il Cu.Fr. svolgeva, infatti, una prestazione che esorbitava dalla propria mansione all'interno della azienda, per scopi esclusivamente personali (il tondino di ferro a cui lo stesso lavorava, il giorno del sinistro, non apparteneva ad alcun macchinario della azienda in oggetto - teste Ca.).

2) Sussistenza del nesso di causalità. Risulta errato ritenere la condotta abnorme ed imprevedibile del lavoratore quale causa unica e sopravvenuta in grado di interrompere il nesso di causalità tra azione ed evento, dovendo il datore di lavoro ed i preposti alla, sicurezza controllare che i lavoratori rispettino la normativa in materia.
L'argomento non può essere condiviso. Non può certo pretendersi che la normativa antinfortunistica imponga una presenza del datore di lavoro continua sul luogo di lavoro ed imponga l'obbligo di impedire ogni genere di evento dipendente da comportamenti anomali, imprevedibili.
La condotta del deceduto deve ritenersi abnorme o imprevedibile e tale da escludere ogni responsabilità degli imputati, in quanto, anche secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, cause interruttive del nesso causale possono ritenersi le condotte e le attività che non abbiano rapporto con lo svolgimento della attività lavorativa, come avvenuto nella odierna fattispecie.

Memoria 24.6.08 parti civili


Con sentenza 12.2.08 la Corte Appello Milano qualificava, diversamente dal primo giudice, il fatto come infortunio sul lavoro, con la conseguente condanna dell'INAIL al pagamento, in favore degli eredi, della relativa indennità. L'argomento non è determinabile o risolutivo, dal momento che la decisione suddetta veniva emessa soltanto a seguito del mancato adempimento, da parte dell'INAIL, dell'onere probatorio, in tema di rischio elettivo, da parte del lavoratore.
Non si tratta di dilatare eccessivamente il concetto di condotta anomala ed eccezionale del lavoratore, come profila la difesa delle parti civili, dal momento che non poteva logicamente pretendersi il materiale impedimento, in ogni momento della giornata e financo nelle giornate festive, dell'uso del tornio da parte di personale non addetto, anche se risultasse vera la circostanza che era noto agli imputati l'occasionale uso del tornio, da parte del Cu.Fr..
Era materialmente impossibile inibire al Cu.Fr. l'uso del tornio, in quanto non addetto a quel macchinario, dal momento che lo stesso, in giornata di turno festivo, nello svolgere la diversa e propria funzione di controllo del reparto, finiva per accedervi, al fine di un utilizzo dello stesso, a fini personali.


Memoria 14.4.08 imputati

Deve osservarsi che gli argomenti di seguito esposti, pienamente condivisibili, risultano già trattati in precedenza, nell'esame dei proposti appelli, cui occorre richiamarsi - il tornio era sito in un capannone della officina a cui erano autorizzati ad accedere esclusivamente i meccanici, avendo i testi confermato che gli altri operai (pressisti) avevano il divieto di accedere ad aree diverse da quelle di loro pertinenza. Nel reparto ove si trovava il tornio vi era un meccanico reperibile a cui tutti gli operai dovevano rivolgersi in caso di guasto meccanico.
- i meccanici confermavano di aver ricevuto la fornitura di un abbigliamento tecnico adeguato.
- la protezione mobile del mandrino era presente, ma smontata ed appoggiata alla parete, per il comportamento del Cu.Fr. che usava il tornio al di fuori delle sue mansioni.
- la condotta negligente, imprudente, imprevedibile del Cu.Fr. era condizione necessaria e sufficiente a determinare l'evento, causato dal maldestro uso del tornio, da parte di un soggetto privo delle adeguate competenze.
- l'atto di appello delle parti civili avrebbe introdotto motivi nuovi, inammissibili, dovendo l'appello limitarsi a confutare capi o punti della sentenza, senza dedurre nuovi profili, quali la posizione di garanzia del datore di lavoro, ex art. 2087 c.c., che implicherebbe un costante e pressante obbligo di vigilanza. Risulta impossibile pretendere, all'interno di una struttura aziendale, la continua presenza del datore di lavoro.
Non può condividersi tale ultimo rilievo circa la pretesa novità dei motivi, dovendo il preteso obbligo di garanzia, ex art. 2087 c.c., del datore di lavoro, nei confronti della incolumità fisica del lavoratore, inquadrarsi nell'ambito delle norme precettive e cogenti, in tema di sicurezza e prevenzione infortuni sul lavoro.
- nella fattispecie il nesso causale tra la condotta degli imputati e l'evento morte è insussistente, in presenza di una causa sopravvenuta necessaria e sufficiente a determinare l'evento, quale la condotta anomala, imprevedibile, estranea alle mansioni del lavoratore.


Memoria 1.10.08 imputati

Opposizione alla acquisizione della sentenza Corte Appello Milano sez. lavoro 12.2.08: ai sensi degli artt. 192, 238 bis c.p.p. le sentenze irrevocabili del giudice civile "possono essere acquisite ai fini della prova di fatto in esse accertato". La sentenza, illegittimamente acquisita, veniva emessa a seguito di carenza di natura processuale, quale il mancato adempimento dell'onere della prova da parte della difesa INAIL, difettando elementi che possano assurgere a rango di prova in sede penale. In quella sede, per il margine di incertezza esistente venivano compensate le spese di lite tra le parti. La proposta opposizione non può essere accolta. Non sussistono motivi per la rigida applicazione dell'art. 238 bis c.p.p., in relazione alla produzione della indicata sentenza, dal momento che si tratta di una semplice produzione documentale, per la quale soccorre l'art. 234 c.p.p., che "in tema di prova documentale, ricomprende, genericamente, nella nozione di documento tutto ciò che è caratterizzato dal requisito della scrittura e, quindi, anche le sentenze non irrevocabili.. e di tali atti consente l'acquisizione al processo; dagli stessi non può tuttavia trarsi la prova dei fatti descritti... ciò non esclude peraltro, che il giudice, in base al suo libero convincimento, possa dagli indicati provvedimenti trarre elementi di giudizio.. comunque finalizzati al perseguimento del fine primario del processo penale, cioè l'accertamento della verità" (Cass. 4.12.96 n. 1061).
Concludendo, nella fattispecie si è certo trattato di una iniziativa autonoma del lavoratore, il quale, in veste di operaio pressista, non aveva alcun motivo per operare al tornio, al quale si avvicinava per eseguire una lavorazione del tutto personale (la limatura di un tondino di metallo non attinente ad alcun ciclo produttivo aziendale).
I testi escussi (colleghi del Cu.Fr. e sig. Mo., responsabile della officina elettrica) confermavano l'esistenza di note scritte comportamentali e la diffusione di abbigliamento adeguato ad ogni prestazione (estivo e invernale, teste Ne.).
Il teste Mo. confermava che la società distribuiva il codice disciplinare, con la indicazione tassativa dei ruoli e delle relative competenze, del divieto di accedere a reparti che non attenevano alle relative mansioni.
Il teste Bu. riferiva che gli era vietato l'uso del tornio, che esulava dalle sue funzioni di metalmeccanico addetto alla riparazione dei motori.
Altri testi (Gr., Mi., Sa., Sa.Ci.) riferivano di non avere mai visto il Cu.Fr. utilizzare il tornio.
Come già esposto, la condotta imprevedibile e abnorme del lavoratore, posta in essere al di là delle sue specifiche mansioni, deve ritenersi elemento idoneo e sufficiente ad interrompere il nesso di causalità.
Si è già esposto come la stessa consulenza del PM identifichi la causa del sinistro nella condotta imprevedibile del lavoratore, escludendo che l'evento letale possa essere stato causato da presunti difetti del tornio.
Tale condotta anomala ed esorbitante il sistema di lavorazione, cui era addetto il Cu.Fr., finisce per escludere ogni responsabilità nei confronti del datore di lavoro, identificandosi in una concausa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento, rivestendo i caratteri della eccezionalità, della abnormità, della esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative
ricevute" (Cass. 22.9.03 n. 3693 ).
Al comportamento anomalo, imprevedibile del Cu.Fr., si aggiunge l'uso di un macchinario (tornio) a cui era vietato l'accesso, l'assenza di abbigliamento adeguato antinfortunistico, fornito dalla società, l'uso del tornio al di fuori dell'orario e del ciclo produttivo, l'uso del tornio per esclusivi fini personali, al di fuori delle proprie mansioni.
La sentenza assolutoria di primo grado deve, pertanto, essere confermata nei termini come sopra esposti.


P.Q.M.


Visti gli artt. 592, 605 c.p.p.
CONFERMA
la sentenza del Tribunale di VOGHERA emessa in, data 5.4.07 nei confronti di Bo.Si. e Ca.Se. appellata dal PG di Milano e dalle parti civili
CONDANNA
le parti civili appellanti al pagamento delle ulteriori spese del grado
GIORNI 45 per la motivazione
Così deciso in Milano il 22 ottobre 2008.
Depositata in cancelleria il 5 dicembre 2008.