N. 01877/2010 REG.SEN.
N. 02043/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 2043 del 2008, proposto da:
Safra s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Laura Pelizzo e Maurizio Zoppolato, presso il cui studio ha eletto domicilio in Milano, via Dante, 16;

contro

Ministero delle Infrastrutture dei Trasporti, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Milano, presso i cui uffici è domiciliato per legge in Milano, via Freguglia, 1;

nei confronti di

Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori Servizi e Forniture;
Prefettura di Milano;

per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,

del decreto 2.9.2008 prot. 1403 con il quale il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha adottato il “provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche, con decorrenza ed efficacia dalla data di notifica dello stesso, nei confronti dell’Impresa Edile SAFRA s.r.l.” per la durata di anni due.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture dei Trasporti;
Viste le memorie difensive;
Vista l’ordinanza n. 1552/2008 con la quale la Sezione ha accolta l’istanza cautelare ai fini del riesame;
Visti tutti gli atti della causa;
Designato relatore nell'udienza pubblica del giorno 24/02/2010 il dott. Hadrian Simonetti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

Il Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale ha contestato a Safra s.r.l., società che risulta costituita il 27.3.2006 per lo svolgimento di attività nel settore edile, irregolarità consistite nell’impiego di tre lavoratori in nero, omettendo il pagamento dei contributi all’INPS e dei premi all’INAIL, due dei quali privi anche del permesso di soggiorno (cfr. Verbale di ispezione 26.2.2007 – doc. 10). All’esito dei sopralluoghi e delle ispezioni, Il Ministero del Lavoro ha sospeso i lavori nel cantiere, ai sensi dell’art. 36-bis co. 1 d.l. 223/2006 (doc. 13), e notificato alla società ed al suo legale rappresentante processo verbale di accertamento e contestazione dell’illecito amministrativo, ai sensi e per gli effetti degli artt. 14 e 35 della l. 689/1981 (doc. 14). Con nota del 1.3.2007 il Ministero del Lavoro (DPL di Pavia) ha poi trasmesso l’atto di sospensione dei lavori al Ministero delle Infrastrutture, ai fini dell’eventuale adozione del provvedimento di interdizione alla contrattazione con le pp.aa. ed alla partecipazione a gare pubbliche, sempre a norma del citato art. 36 bis.

Comunicato l’avvio del relativo procedimento ed acquisite le memorie scritte del legale rappresentante della Safra e del genitore, all’esito il Ministero delle Infrastrutture ha adottato la sanzione dell’interdizione dalla contrattazione con le pp.aa., per la durata di anni due (doc. 1).

Tale atto è stato impugnato dalla ricorrente deducendone, con unico motivo di gravame, l’illegittimità per violazione dell’art. 36 bis d.l. 223/2006 e dell’art. 14 d.lgs. 81/2008, per vizi attinenti al procedimento sanzionatorio, per eccesso di potere sotto vari profili.

In estrema sintesi, parte ricorrente lamenta il fatto che il Ministero delle Infrastrutture non abbia posto in essere un’autonoma ed effettiva attività istruttoria, limitandosi a recepire gli esiti degli accertamenti compiuti dal Ministero del Lavoro, senza considerare quindi come, all’epoca dei fatti in contestazione, la SAFRA non svolgesse ancora alcuna attività e l’impiego dei lavoratori irregolari fosse stato disposto dal sig. A.C., genitore del legale rappresentante della SAFRA, per la ristrutturazione della sua casa di proprietà in Candia Lomellina. Si contesta inoltre la misura della sanzione, giudicata sproporzionata a fronte di irregolarità relative ad un solo giorno di lavoro.

Si è costituito il Ministero delle Infrastrutture, resistendo al ricorso.

Nella Camera di consiglio del 22.10.2008 è stata accolta l’istanza cautelare di sospensione ai fini del riesame della misura irrogata.

All’udienza pubblica del 24.2.2010 la causa è stata discussa ed è passata in decisione.

DIRITTO

Osserva il Collegio in premessa come l’impugnazione abbia ad oggetto la sanzione interdittiva introdotta dall’art. 36 bis del d.l. 223/2006 convertito in l. 248/2006, disposizione vigente ratione temporis (assumendo tanto la data di commissione quanto quella di accertamento dell’illecito, rispettivamente il 16.1.2007 ed il 23.2.2007) ed in seguito abrogata e sostituita, con alcune integrazioni e specificazioni (specie in tema di durata della sanzione) dall’art. 14 d.lgs. 81/2008.

Per quanto più rileva in questa sede, l’art. 36 bis dispone(va) che “al fine di garantire la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori nel settore dell'edilizia, nonché al fine di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso ed irregolare ed in attesa dell'adozione di un testo unico in materia di sicurezza e salute dei lavoratori (…) il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche su segnalazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), può adottare il provvedimento di sospensione dei lavori nell'ambito dei cantieri edili qualora riscontri l'impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori regolarmente occupati nel cantiere ovvero in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui agli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni”.

Si prevede(va) inoltre che “i competenti uffici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale informano tempestivamente i competenti uffici del Ministero delle infrastrutture dell'adozione del provvedimento di sospensione al fine dell'emanazione da parte di questi ultimi di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche di durata pari alla citata sospensione nonché per un eventuale ulteriore periodo di tempo non inferiore al doppio della durata della sospensione, e comunque non superiore a due anni”.

Come ricordato nelle premesse, in applicazione di tale disposizione il Ministero delle Infrastrutture ha applicato a Safra la sanzione dell’interdizione dalla contrattazione con le pp.aa. per anni due.

La ricorrente, contestando gli esiti degli accertamenti disposti dalla DPL di Pavia, lamenta il fatto che il Ministero delle Infrastrutture non abbia disposto un’autonoma istruttoria, a riscontro dei fatti in contestazione.

La difesa erariale revoca in dubbio che fosse richiesta un’autonoma istruttoria al fine dell’adozione del provvedimento interdittivo, pur affermando che nel caso di specie tale istruttoria non sia mancata.

Reputa il Collegio che debba esaminarsi preliminarmente il profilo della giurisdizione del giudice amministrativo, al cospetto di una sanzione interdittiva che impedisce al suo destinatario la contrattazione con la p.a. e la partecipazione a gare pubbliche.

Giova chiarire come l’art. 36 bis d.l. 223/2006, al pari del vigente art. 14 d.lgs. 81/2008, non contenga alcuna disposizione relativa alla giurisdizione e come, di conseguenza, il problema vada affrontato in termini generali, facendo applicazione del consueto criterio di riparto fondato sulla natura della posizione soggettiva del destinatario della sanzione.

É noto come, proprio ai fini del riparto di giurisdizione, assuma particolare rilievo la distinzione tra sanzioni amministrative in senso proprio e misure (o sanzioni) ripristinatorie: dove l’essenza delle prime è data dalla pena in senso tecnico, l’afflizione, per la violazione di un precetto normativo ed in funzione di prevenzione generale e speciale; mentre nelle seconde è preminente la cura dell’interesse pubblico, attraverso la rimozione delle conseguenze negative del danno materiale.

Da tale distinzione discenderebbe, secondo un orientamento consolidato quantunque variamente discusso, che il destinatario della sanzione sarebbe, nel primo caso, titolare di un diritto soggettivo (alla conservazione dell’integrità del proprio patrimonio, a fronte di sanzioni generalmente di natura pecuniaria); ed invece, nel secondo caso, titolare di un interesse legittimo cui è correlato l’esercizio di un potere amministrativo (v. Cons. St., IV, n. 112/1999; Tar Lombardia, Milano, IV, n. 4644/2009).

Il quadro così tracciato ha ricevuto importanti conferme sul piano legislativo, come confermato dalla centralità (e dalla tendenza espansiva) assunta dalla l. 689/1981 per le sanzioni amministrative afflittive, la cui cognizione è devoluta al giudice ordinario (in specie al tribunale, nei casi di violazioni in materia di lavoro, previdenza ed assistenza obbligatorie – cfr. art. 22 bis).

All’interno di questo quadro, le sanzioni interdittive, “che si concretano – secondo un’autorevole definizione dottrinale – nella privazione di un diritto o di una capacità nei confronti di chi abbia trasgredito ad un precetto”, debbono essere ricondotte nell’ambito delle sanzioni afflittive anziché in quelle ripristinatorie.

Si può aggiungere come la più recente esperienza normativa documenti un crescente utilizzo delle sanzioni interdittive, specie nei confronti delle società, come testimonia in particolare l’esempio offerto dagli artt. 13 e ss del d.lgs. 231/2001 sulla responsabilità “amministrativa” delle persone giuridiche (cui si richiama l’art. 38, co. 1 , lett. m) d.lgs. 163/2006), la cui cognizione è devoluta al giudice ordinario (in sede penale).

Tanto premesso, reputa il Collegio come, nella vicenda qui in esame, la posizione soggettiva fatta valere dal destinatario della sanzione sia quella del diritto soggettivo, in particolare della libertà di iniziativa e di attività economica (art. 41 Cost.) di cui, come noto, la libertà contrattuale rappresenta uno strumento irrinunciabile. L’interdizione dalla contrattazione con le pp.aa. e dalla partecipazione alle gare si traduce, quindi, in una compressione di tale libertà.

Si aggiunga come, nello schema di cui all’art. 36 bis d.l. 223/2006, il Ministero delle Infrastrutture sia titolare di un potere amministrativo di natura vincolata, dubitandosi persino se sia tenuto ad effettuare una propria istruttoria o se non debba attenersi a dati trasmessi dal Ministero del Lavoro (cfr. Tar Lazio, III, ord. 3983/2008, dando peraltro per scontata la propria giurisdizione), come tale inidoneo – si sarebbe detto un tempo, con formula di stile – a “degradare” il diritto del privato.

Ne consegue che, non essendosi in sede di giurisdizione esclusiva (a differenza di quanto previsto, ad esempio, per le sanzioni amministrative irrogate dall’Autorità di Vigilanza dove, peraltro, il legislatore ha sentito il bisogno di introdurre una norma apposita all’art. 244 co. 2 d.lgs. 163/2006), in applicazione del tradizione criterio di riparto, deve affermarsi la giurisdizione del giudice ordinario.

Alla declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo ed all’affermazione di quella del giudice ordinario consegue peraltro, sulla scorta del recente orientamento espresso da Corte cost. n. 77/2007 e Cass. ss.uu. n. 4109/2007 sulla translatio iudicii, in ultimo codificato dal legislatore con l’art. 59 della L. 69/2009, la conservazione degli effettivi processuali e sostanziali della domanda ove il processo sia tempestivamente riassunto dinanzi al giudice ordinario territorialmente competente (nel termine di tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza, secondo quanto prescrive ora il citato art. 59 al comma 2).

Le spese di lite possono essere compensate, in ragione della novità dei temi trattati e dell’erronea indicazione contenuta all’art. 4 del decreto impugnato.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo dichiara inammissibile, per difetto di giurisdizione, ai sensi e con gli effetti di cui in motivazione.

Spese compensate

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 24/02/2010 con l'intervento dei Magistrati:

Piermaria Piacentini, Presidente
Hadrian Simonetti, Referendario, Estensore
Mauro Gatti, Referendario

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 16/06/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO