Responsabilità del datore di lavoro acquirente di macchine sprovviste di dispositivi di sicurezza ma accompagnate dalla certificazione di conformità CE.

Era accaduto infatti un infortunio con una macchina destinata alla produzione dei piani di lavoro di cucine componibili: un lavoratore, mentre effettuava una operazione di pulizia della tramoggia di carico della macchina stessa, onde sostituire la colla in grani utilizzata per l'operazione di incollaggio nella fase di bordatura dei piani suddetti, istintivamente, al fine di recuperare una penna caduta nel contenitore, andava con la mano destra sul fondo di esso, così trovandosela schiacciata tra il pistone in avanzamento e la struttura interna del contenitore stesso; ciò in particolare non essendo in alcun modo protetto l'imbocco della tramoggia di carico da alcun dispositivo di protezione, che è stato posto in essere solo successivamente all'incidente de quo.

Condannato il datore di lavoro in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - Inammissibile.

Osservava il ricorrente "che il suo ragionevole affidamento sul corretto comportamento da parte della ditta venditrice dell'apparecchiatura sulla quale si concretizzò l'infortunio si fondava non solo sulla corrispondenza della macchina Homag Optimat BAZ 41/45/K alle disposizioni di legge in materia di sicurezza, come attestato dalla dichiarazione di conformità CE, ma anche su di una serie di ulteriori elementi, che non sarebbero stati oggetto di adeguato apprezzamento da parte della sentenza impugnata, quali la deposizione dell'ing. H., teste particolarmente qualificato perchè consulente per l'Italia della ditta produttrice del macchinario, che aveva evidenziato le caratteristiche del macchinario, ad alta diffusione mondiale, maggiormente aggiornato rispetto agli altri modelli esistenti sul mercato, mai coinvolto in infortuni analoghi a quello in oggetto."

La Corte afferma che nella sentenza oggetto di ricorso appare chiaro "il percorso motivazionale che ha indotto i Giudici della Corte di Appello di Trento a ritenere che il grave infortunio si sia verificato a causa della condotta dell'imputato che avrebbe dovuto prendere tutte le iniziative possibili al fine di garantite agli addetti al macchinario utilizzato dalla persona offesa di lavorare in condizioni di sicurezza.

Essi rilevano che le stesse indicazioni fornite proprio dal costruttore-venditore del macchinario in oggetto evidenziavano la possibilità del rischio del verificarsi di accadimenti quali quello occorso al D., rischio che poteva essere facilmente eliminato con le precauzioni che successivamente all'infortunio sono state effettivamente prese. I Giudici di merito hanno valutato il fatto che il C. aveva acquistato un prodotto marcato CE e munito della relativa certificazione di conformità, ma hanno correttamente affermato che non vi è automatismo tra la presenza di una dichiarazione di conformità CE del macchinario e l'esenzione di responsabilità da parte del datore di lavoro allorquando, come nella fattispecie di cui è processo, il "vizio" del macchinario, lungi dall'essere occulto e invisibile, era addirittura correttamente evidenziato nelle indicazioni fornite dal costruttore-venditore che richiamava l'attenzione del datore di lavoro-acquirente, con ciò mostrando una grande serietà, sulla possibilità, in considerazione delle caratteristiche strutturali del macchinario, del rischio, peraltro facilmente eliminabile, del verificarsi di eventi pericolosi.

In tale contesto correttamente i Giudici di appello non attribuiscono grande rilevanza, come sostenuto dalla difesa del C., alla testimonianza dell'ing. H., responsabile dell'assistenza in Italia del gruppo Homag, il quale si è limitato ad indicare le caratteristiche del macchinario che ne facevano uno dei migliori sul mercato. Anche in merito alla asserita insussistenza del nesso di causalità, in quanto secondo la difesa del C. l'infortunio si sarebbe verificato soltanto a causa della condotta del D., non solo imprudente e negligente, ma che si sarebbe inserita in un contesto anomalo ed eccezionale, la Corte di Appello fornisce una motivazione logica ed esauriente.

Rilevano infatti i Giudici che l'attività della persona offesa serviva ad individuare la colla meglio rispondente alle esigenze della lavorazione e che quindi anche la manovra da cui è derivato l'evento lesivo, tesa a recuperare una penna caduta all'interno del contenitore, posta in essere dal lavoratore, pur imprudente, non poteva certo essere ritenuta estranea alle mansioni al medesimo affidate, così da poter essere definita abnorme e/o imprevedibile. D'altronde il datore di lavoro ha l'obbligo di prendere tutte le misure necessarie per consentire al suo dipendente di lavorare in condizioni di sicurezza, proteggendolo quindi anche da comportamenti imprudenti che egli può porre in essere nell'esercizio delle sue mansioni."


 


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MORGIGNI Antonio - Presidente -
Dott. CAMPANATO Graziana - Consigliere -
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Consigliere -
Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere -
Dott. MARINELLI Felicetta - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA


sul ricorso proposto da:
1)        C.W. N. IL (OMISSIS);
avverso  la  sentenza  n.  59/2008  CORTE  APPELLO  di  TRENTO,   del 15/10/2008;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita  in  PUBBLICA  UDIENZA del 03/02/2010 la  relazione  fatta  dal Consigliere Dott. MARINELLI Felicetta;
Udito  il Procuratore Generale in persona del Dott. MURA Antonio  che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
Udito  il  difensore  Avv. Bertuol Roberto del  Foro  di  Trento  che insiste per l'accoglimento del ricorso.

Fatto


C.W., nella sua qualità di legale rappresentante della ditta "C. Cucine srl", è stato tratto a giudizio davanti al Tribunale di Trento - Sezione distaccata di Cles - per rispondere del reato di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 35, comma 1 e art. 590 c.p. per avere provocato per colpa lesioni personali gravi (schiacciamento della mano destra, con successiva amputazione del secondo, terzo e quarto dito) al dipendente D.D. in conseguenza di un incidente occorso il (OMISSIS).
In tale data il D., addetto all'utilizzo della macchina Homag che doveva servire a produrre i piani di lavoro delle cucine componibili, mentre effettuava una operazione di pulizia della tramoggia di carico della macchina stessa, onde sostituire la colla in grani utilizzata per l'operazione di incollaggio nella fase di bordatura dei piani suddetti, istintivamente, al fine di recuperare una penna caduta nel contenitore, andava con la mano destra sul fondo di esso, così trovandosela schiacciata tra il pistone in avanzamento e la struttura interna del contenitore stesso; ciò in particolare non essendo in alcun modo protetto l'imbocco della tramoggia di carico da alcun dispositivo di protezione, che è stato posto in essere solo successivamente all'incidente de quo.
Con sentenza del 7 novembre 2007 il tribunale di Trento- Sezione distaccata di Cles- in composizione monocratica aveva dichiarato C.W. responsabile dei reati di cui sopra e lo aveva condannato alla pena di Euro 309,00 di multa in relazione al reato di lesioni colpose e di Euro 1100,00 di ammenda in relazione alla contravvenzione di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 35, comma 1 (per non avere cioè messo a disposizione dei lavoratori attrezzature di lavoro idonee ai fini della sicurezza).

Contro la decisione del Tribunale di Udine ha proposto appello il difensore degli imputato C.W.. La Corte di Appello di Trento, con la pronunzia oggetto del presente ricorso emessa in data 15 ottobre 2008, confermava la sentenza impugnata e condannava l'imputato al pagamento delle spese del grado. Contro la sentenza della Corte d'appello di Trento il C. proponeva ricorso per Cassazione a mezzo del suo difensore e concludeva chiedendo di annullare la sentenza impugnata con ogni conseguente statuizione.
All'udienza pubblica del 3/02/2010 il ricorso era deciso con il compimento degli incombenti imposti dal codice di rito.

Diritto


Il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per i seguenti motivi:
1) erronea applicazione della legge penale (ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b)), in particolare erronea applicazione della disposizione incriminatrice di cui agli artt. 590 e 41 c.p. e del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 35;
2) mancanza e manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione risultante dal testo della sentenza impugnata, in particolare dalla deposizione del teste H.N., con riferimento a vari aspetti essenziali dell'affermato giudizio di esistenza di condotte omissive attribuite all'imputato.

Secondo il ricorrente il confronto tra il dettato delle norme di cui sopra e la loro corretta e complessiva interpretazione dimostrano che egli si è attenuto alle norme di diligenza e perizia specifiche e comunque l'infortunio non si sarebbe potuto evitare attraverso la puntuale osservanza di quelle norme di diligenza, essendo piuttosto riconducibile ad una condotta anomala ed eccezionale del lavoratore rispetto ad un elemento di rischio del macchinario non individuabile da parte del datore di lavoro.

Osservava infatti il ricorrente che il suo ragionevole affidamento sul corretto comportamento da parte della ditta venditrice dell'apparecchiatura sulla quale si concretizzò l'infortunio si fondava non solo sulla corrispondenza della macchina Homag Optimat BAZ 41/45/K alle disposizioni di legge in materia di sicurezza, come attestato dalla dichiarazione di conformità CE, ma anche su di una serie di ulteriori elementi, che non sarebbero stati oggetto di adeguato apprezzamento da parte della sentenza impugnata, quali la deposizione dell'ing. H., teste particolarmente qualificato perchè consulente per l'Italia della ditta produttrice del macchinario, che aveva evidenziato le caratteristiche del macchinario, ad alta diffusione mondiale, maggiormente aggiornato rispetto agli altri modelli esistenti sul mercato, mai coinvolto in infortuni analoghi a quello in oggetto.

Infine secondo il ricorrente i Giudici della Corte di Appello avrebbero dovuto dichiarare non doversi procedere in ordine al reato di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 35, comma 1 per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione, in quanto sia la sentenza di primo grado che quella di secondo grado davano atto che subito dopo l'infortunio, alla fine del (OMISSIS), la ditta C. aveva posizionato all'imbocco della tramoggia una prima protezione idonea a ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature, come richiesto dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 35.

Tanto premesso si osserva che i proposti motivi sono palesemente infondati in quanto ripropongono le stesse questioni di merito che già hanno formato oggetto del giudizio di appello, cui è stata data risposta con congrua e logica motivazione effettuata dai Giudici di secondo grado.
Nelle due decisioni, infatti, quella di primo e quella di secondo grado, che costituiscono un compendio motivazionale complesso non si ravvisa la denunciata mancanza e illogicità della motivazione, come sostenuto dalla difesa del ricorrente.

Il ricorso del C. manca di qualsiasi considerazione per la confermata e integrata motivazione del Tribunale di Trento- Sezione distaccata di Cles da parte della Corte di Appello di Trento, costitutiva del complesso motivazionale censurato, e lungi dall'individuare specifici vuoti o difetti di risposta che costituirebbero la complessiva mancanza di motivazione, si duole del risultato attinto dalla sentenza impugnata e accumula fatti che intenderebbero ridisegnare il grave infortunio in chiave a lui favorevole, al fine di ottenere in tal modo una decisione solamente sostitutiva di quella assunta dal giudice di merito.
Nella sentenza oggetto di ricorso appare infatti chiaro il percorso motivazionale che ha indotto i Giudici della Corte di Appello di Trento a ritenere che il grave infortunio si sia verificato a causa della condotta dell'imputato che avrebbe dovuto prendere tutte le iniziative possibili al fine di garantite agli addetti al macchinario utilizzato dalla persona offesa di lavorare in condizioni di sicurezza.

Essi rilevano che le stesse indicazioni fornite proprio dal costruttore-venditore del macchinario in oggetto evidenziavano la possibilità del rischio del verificarsi di accadimenti quali quello occorso al D., rischio che poteva essere facilmente eliminato con le precauzioni che successivamente all'infortunio sono state effettivamente prese. I Giudici di merito hanno valutato il fatto che il C. aveva acquistato un prodotto marcato CE e munito della relativa certificazione di conformità, ma hanno correttamente affermato che non vi è automatismo tra la presenza di una dichiarazione di conformità CE del macchinario e l'esenzione di responsabilità da parte del datore di lavoro allorquando, come nella fattispecie di cui è processo, il "vizio" del macchinario, lungi dall'essere occulto e invisibile, era addirittura correttamente evidenziato nelle indicazioni fornite dal costruttore-venditore che richiamava l'attenzione del datore di lavoro-acquirente, con ciò mostrando una grande serietà, sulla possibilità, in considerazione delle caratteristiche strutturali del macchinario, del rischio, peraltro facilmente eliminabile, del verificarsi di eventi pericolosi. In tale contesto correttamente i Giudici di appello non attribuiscono grande rilevanza, come sostenuto dalla difesa del C., alla testimonianza dell'ing. H., responsabile dell'assistenza in Italia del gruppo Homag, il quale si è limitato ad indicare le caratteristiche del macchinario che ne facevano uno dei migliori sul mercato. Anche in merito alla asserita insussistenza del nesso di causalità, in quanto secondo la difesa del C. l'infortunio si sarebbe verificato soltanto a causa della condotta del D., non solo imprudente e negligente, ma che si sarebbe inserita in un contesto anomalo ed eccezionale, la Corte di Appello fornisce una motivazione logica ed esauriente.

Rilevano infatti i Giudici che l'attività della persona offesa serviva ad individuare la colla meglio rispondente alle esigenze della lavorazione e che quindi anche la manovra da cui è derivato l'evento lesivo, tesa a recuperare una penna caduta all'interno del contenitore, posta in essere dal lavoratore, pur imprudente, non poteva certo essere ritenuta estranea alle mansioni al medesimo affidate, così da poter essere definita abnorme e/o imprevedibile. D'altronde il datore di lavoro ha l'obbligo di prendere tutte le misure necessarie per consentire al suo dipendente di lavorare in condizioni di sicurezza, proteggendolo quindi anche da comportamenti imprudenti che egli può porre in essere nell'esercizio delle sue mansioni.

Con l'ultimo motivo di ricorso la difesa del C. sostiene che la contravvenzione di cui al  D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 35, comma 1 sarebbe prescritta in quanto dopo l'infortunio di cui è processo nel novembre 2002, la ditta Cova aveva posizionato all'imbocco della tramoggia del macchinario Homag una prima protezione. Anche a tale censura i Giudici di appello rispondono, con logica motivazione, affermando che quella prima protezione era in realtà precaria e inadeguata e che soltanto nel 2006, con l'apposizione sul macchinario di una griglia fissa e non rimovibile, la ditta Cova aveva in effetti adottato tutte le misure dovute per evitare infortuni quale quello di cui è processo.

Il ricorso proposto non va in conclusione oltre la mera enunciazione del vizio denunciato e dunque esso è inammissibile con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il scorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 23 febbraio