Cassazione Penale, Sez. 3, 24 gennaio 2011, n. 2326 - Polizia di cave e miniere e responsabilità del proprietario del fondo


 

 

Responsabilità dell’esecutore dei lavori e del proprietario e possessore di alcuni terreni sui quali era stata eseguita abusivamente l’attività estrattiva di materiale inerte: in particolare omettevano la preventiva denuncia alle autorità competenti e la nomina di un direttore responsabile.

Condannati, ricorrono in Cassazione - Rigetto.

La Corte afferma che non c'è dubbio che il DPR 128/1959 sulle norme di polizia delle miniere e delle cave, abbia come destinatari delle norme gli imprenditori. Il capo III del predetto DPR fa riferimento invero agli "Obblighi degli imprenditori, dei direttori, dei capi servizio e dei sorveglianti".

Tuttavia il Tribunale, con accertamento in fatto adeguato ed immune da vizi logici, come tale non sindacabile in questa sede di legittimità, ha ritenuto, pur dando atto che titolare della "N. s. costruzioni" era F.C., che lo S. marito della titolare, dirigesse di fatto l'attività dell'impresa,  avvalendosi di una squadra dì escavatoristi.

Quanto al G. il Tribunale ha correttamente applicato le norme sul concorso nel reato. Ha infatti ritenuto, motivando adeguatamente, che il ricorrente avesse concorso nei reati contestati, consentendo l'attività estrattiva nei terreni di cui aveva la disponibilità, ed ha sottolineato, anzi, che il medesimo avesse un preciso e rilevante interesse alla realizzazione dei lavori essendo la moglie socia dell'associazione "M. - P."che aveva ottenuto cospicui fondi pubblici per la realizzazione dei lavori medesimi.


 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.
Dott. Alfredo Teresi Presidente
Dott. Aldo Fiale Consigliere
Dott. Amedeo Franco Consigliere
Dott. Silvio Amoresano Consigliere
Dott. Giulio Sarno Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA


sul ricorso proposto da:

1) S.S. nato il Omissis

2) G.G. nato il Omissis

avverso la sentenza del 17.3.2010 del Tribunale di Nicosia;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Silvio Amoresano;
sentite le conclusioni del P.G., dr.Guglielmo Passacantando, che ha chiesto rigettarsi il ricorso

 

FattoDiritto

 

1) Con sentenza in data 17.3.2010 il Tribunale di Nicosia, in composizione monocratica, condannava S.S. e G.G.. alla pena, rispettivamente, di euro 9.000,00 di ammenda ed euro 6.000,00 di ammenda per i reati, unificati sotto il vincolo della continuazione, di cui agli artt. 110 c.p., 24 comma 1 e, 28 comma 1 e 681 DPR 128/1959 e succ. modif, perchè, in concorso tra loro, lo S. nella qualità di esecutore dei lavori ed il G nella qualità di proprietario e possessore delle aree (in catasto foglio omissis part. omissis del Comune di Omissis effettuavano attività estrattiva di materiale inerte all'interno delle aree medesime senza averne fatto denuncia alle competenti autorità (capo a), di cui agli artt. 110 c.p., 6 e 681 DPR 128/59 e succ. modif. perchè in concorso tra loro nelle rispettive qualità effettuavano l'attività estrattiva senza aver eseguito la nomina di un direttore responsabile (capo b), lo S. anche dei reati  di cui agli artt. 110, 24 comma 1, 28 comma 1 e 681 DPR 128/59 e succ.modif., perchè   quale esecutore dei lavori, in concorso con D.M.D. (poi mandato assolto), quale utilizzatore dell'area in catasto al foglio 30 part. 93 del Comune di omissis effettuava attività estrattiva senza averne fatto denuncia alle competenti autorità (capo c), per il reato di cui agli artt. 110 c.p., 6 e 681 DPR 128/59 per aver svolto l'attività estrattiva di cui al capo c) senza aver eseguito la nomina di un direttore responsabile (capo d).

 

Riteneva il Tribunale che dalle dichiarazioni dei M.lli P. e A.  i quali avevano accertato lo svolgimento dell'attività estrattiva nel Comune di omissis nelle aree indicate nelle imputazioni, emergesse, al di là di ogni ragionevole dubbio, la responsabilità penale degli imputati in ordine ai reati ascritti.
Tali lavori venivano eseguiti dalla società "N. s. costruzioni", di  cui  era rappresentante legale F.C. moglie dell'imputato S.: quest'ultimo dirigeva di fatto, secondo le dichiarazioni dei testi di p.g.,   l'attività dell'impresa avvalendosi di una squadra di escavatoristi. I siti utilizzati per l'estrazione del materiale di cui al capo a)  risultavano in possesso  di G.G. tra l'altro interessato alla esecuzione dei lavori (il materiale estratto veniva utilizzato come sottofondo della strada interpoderale "M.-P.", per la quale l'associazione omonima, di cui erano soci la moglie del G. ed il padre dello S. aveva ottenuto rilevanti fondi).

Non risultando effettuati gli adempimenti previsti dalla normativa contestata, erano configurabili tutti i reati ascritti.

 

2) Ricorrono per Cassazione lo S. ed il G. a mezzo del difensore, denunciando, con il primo motivo la erronea applicazione degli artt. 6, 24 comma 1 e 28 comma 1 DPR 128/59. Dopo aver riportato il testo delle norme richiamate, si assume che lo S. non rivestiva il requisito soggettivo richiesto, essendo titolare dell'impresa la moglie F.C. (come emerge dalle dichiarazioni dei testi  e dal certificato della Camera di Commercio prodotto in atti).
Per quanto riguarda il G. le norme richiamate nel capo di imputazione non prevedono la responsabilità del proprietario/possessore del fondo, ma esclusivamente quella del titolare dell'impresa.



Con il secondo, terzo e quarto  motivo denunciano la contraddittorietà ed illogicità e mancanza della motivazione. Sulla base delle medesime risultanze il D.M. è stato mandato assolto, mentre è stata affermata la responsabilità del G. pur non essendo stato costui mai visto sui luoghi.

Né è emersa la prova che lo S.abbia di fatto eseguito l'attività di estrazione. Le deposizioni dei testi, cui fa riferimento il Tribunale, sono inidonee a sostenere che il predetto svolgesse mansioni direttive o che eseguisse materialmente l'estrazione.

 

3) Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

 

3.1) Non c'è dubbio che il DPR 128/1959 abbia come destinatari delle norme ivi previste gli imprenditori. Il capo III del predetto DPR fa riferimento invero agli "Obblighi degli imprenditori, dei direttori, dei capi servizio e dei sorveglianti".

 

3.1.1) Il Tribunale, con accertamento in fatto, adeguato ed immune da vizi logici, come tale non sindacabile in questa sede di legittimità, ha ritenuto, pur dando atto che titolare della "N. s. costruzioni" era F.C., che lo S. marito della titolare, dirigesse di fatto l'attività dell'impresa,  avvalendosi di una squadra dì escavatoristi. Tanto sulla base di precise risultanze processuali, emergenti dalle dichiarazioni del M.llo P.L. comandante della Stazione CC di omissis, e del M.llo A.E., i quali avevano effettuato un approfondito servizio di osservazione dei lavori di estrazione, con rilievi fotografici e video riprese. Il ricorrente propone una diversa "lettura" delle predette risultanze, assumendo che da esse non era emersa la prova che l'attività di estrazione fosse a lui riconducibile in termini di direzione e organizzazione dei lavori, e, per di più sulla base (in violazione del principio di autosufficienza del ricorso), di "stralci" delle deposizioni dei predetti operanti A. e P.


3.1.2) Quanto al G. il Tribunale ha correttamente applicato le norme sul concorso nel reato. Ha infatti ritenuto, motivando adeguatamente, che il ricorrente avesse concorso nei reati contestati, consentendo l'attività estrattiva nei terreni di cui aveva la disponibilità, ed ha sottolineato, anzi, che il medesimo avesse un preciso e rilevante interesse alla realizzazione dei lavori essendo la moglie socia dell'associazione "M. - P."che aveva ottenuto cospicui fondi pubblici per la realizzazione dei lavori medesimi.


Né vi è alcuna contraddizione, poi, con la disposta assoluzione dell DM., avendo il Tribunale motivato con riferimento alla circostanza che il predetto non aveva consapevolezza dei prelievi di materiali nel proprio fondo, essendo egli in quel periodo assente per la transumanza dei capi di bestiame e non essendo emersi un qualsiasi suo interesse nella realizzazione dei lavori o accordi con lo S.

 

 

P. Q. M.

 

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali

Così deciso in Roma il 22 dicembre 2010