Cassazione Penale, Sez. 4, 09 marzo 2011, n. 9381 - Imprudenza di chi ha acquisito padronanza nell'uso dello strumento di lavoro: infortunio mortale e responsabilità datoriale.


 

 

Responsabilità dell'amministratore unico di una s.r.l. che, per colpa generica e specifica (in relazione a plurime violazioni della normativa antinfortunistica dettata dal Decreto Legislativo n. 626 del 1994 per gli addetti alle attività di carpenteria metallica) cagionava la morte del lavoratore dipendente C. R., rimasto travolto e schiacciato mentre era intento ad eseguire saldature ad una staffa per fonderia - di dimensioni rilevanti e del peso di kg. 2.880 -, rovinata a terra a causa del malfermo posizionamento della stessa, dovuto alle suddette inosservanze.

 

Condannato, ricorre in Cassazione - Rigetto.

 

"La Corte d'appello, premesso il legittimo richiamo per relationem alla motivazione della sentenza di primo grado, ha adeguatamente ed ineccepibilmente spiegato che, qualora il datore di lavoro - in ragione della posizione di garanzia rivestita in via generale à sensi dell'articolo 2087 c.c. - non avesse omesso di esercitare una specifica attività di vigilanza e di controllo sull'attività lavorativa esercitata al momento del fatto dal dipendente C. R. oltre a svolgere un'adeguata e puntuale opera di formazione ed istruzione, l'evento mortale non si sarebbe verificato. Ed è altresì evidente che, secondo orientamenti del tutto consolidati e prevalenti della giurisprudenza di legittimità, la condotta doverosa richiesta al datore di lavoro nella specifica fattispecie, appariva assolutamente esigibile, attese le dimensioni e l'organizzazione dell'azienda stessa.

In particolare l'attività di vigilanza e di controllo doveva necessariamente esser finalizzata a scongiurare che, come purtroppo era accaduto, il lavoratore rimanesse travolto dalla caduta della pesante staffa di metallo che era intento a saldare perchè non previamente assicurata a sostegni idonei ed adeguati a mantenerla stabilmente nella posizione di sicurezza e - soprattutto - perchè non agganciata al carro - ponte durante la movimentazione." Il lavoratore, come perspicuamente osservato dai Giudici di merito, era incorso nella "tipica imprudenza di chi aveva acquisito padronanza nell'uso dello strumento di lavoro", facendo quindi erroneo affidamento sulle proprie capacità basate sulla lunga esperienza lavorativa.

 

Quanto alle ulteriori doglianze sul comportamento colpevole del lavoratore, rileva la Corte che dalla fattispecie in esame esula del tutto l'asserita "abnormità" ed imprevedibilità della condotta del lavoratore quale asserita causa di interruzione del nesso causale.

 

Il consolidato e prevalente indirizzo giurisprudenziale afferma infatti come solamente "un comportamento anomalo del lavoratore", "estraneo al processo produttivo od alle mansioni attribuite", "ontologicamente avulso da ogni ipotizzabile intervento e prevedibile scelta del lavoratore" può rivestire il ruolo di causa sopravvenuta, da sola sufficiente a cagionare l'evento, interrompendo il nesso di causa sì da condurre ad escludere la responsabilità del datore di lavoro e non è il caso in questione.







    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

    SEZIONE QUARTA PENALE


    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

    Dott. MORGIGNI Antonio - Presidente

    Dott. FOTI Giacomo - Consigliere

    Dott. MARINELLI Felicett - Consigliere

    Dott. VITELLI CASELLA Luc - rel. Consigliere

    Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere

    ha pronunciato la seguente:

    SENTENZA



    sul ricorso proposto da:

    1) S. B. N. IL (Omissis);

    avverso la sentenza n. 4446/2006 CORTE APPELLO di MILANO, del 15/05/2009;

    visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

    udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/12/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI CASELLA;

    udito il P.G. in persona del Dott. GIALANELLA Antonio che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;

    udito il difensore avv. Cicarella Cesare che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

     

     

     

    FattoDiritto

     



    S. B. ricorre per cassazione, tramite il difensore, avverso la sentenza emessa in data 15 maggio 2009 dalla Corte d'appello di Milano, a conferma della sentenza pronunziata in data 22 febbraio 2006 dal GIP del Tribunale di Milano con cui, in esito a giudizio abbreviato, era stato condannato alla pena di mesi DIECI di reclusione - concesse le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti e riconosciuti entrambi i benefici di legge - oltrechè al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, in favore delle costituite parti civili, perchè giudicato responsabile del delitto di cui all'articolo 589 c.p., commi 1 e 2 per aver cagionato, nella qualità di amministratore unico della s.r.l. S.R., per colpa generica e specifica (in relazione a plurime violazioni della normativa antinfortunistica dettata dal Decreto Legislativo n. 626 del 1994 per gli addetti alle attività di carpenteria metallica) la morte del lavoratore dipendente C. R., rimasto travolto e schiacciato mentre era intento ad eseguire saldature ad una staffa per fonderia - di dimensioni rilevanti e del peso di kg. 2.880 -, rovinata a terra a causa del malfermo posizionamento della stessa, dovuto alle suddette inosservanze. Fatto accaduto in (Omissis).

     

    Il lavoratore - com'era risultato acclarato in punto di fatto in esito all'espletata istruttoria - aveva omesso di assicurare la staffa, in conformità alla prassi costantemente adottata in analoghi casi, ai consueti appoggi laterali in numero di quattro ed a due traversi orizzontali nonchè al carro - ponte, deputato a sostenere il pesante pezzo in posizione verticale, durante detta operazione e durante la sua movimentazione.

    Le omissioni in cui era incorsa non occasionalmente la vittima trovavano causa nella tipica imprudenza di colui che aveva acquisito padronanza dell'uso dello strumento di lavoro; imprudenza che avrebbe potuto esser evitata sia mediante la corretta formazione ed istruzione del lavoratore stesso sia mediante il puntuale controllo dell'attività svolta nello stabilimento: obblighi costituiti dalla posizione di garanzia rivestita dal datore di lavoro e del tutto disattesi.

     

    Con il primo motivo denunzia il ricorrente il vizio di inosservanza od erronea applicazione della legge processuale e di omessa motivazione.

    La Corte d'appello di Milano, recependo peraltro per relationem la motivazione della sentenza di primo grado, ha del tutto omesso di considerare le risultanze delle attività di indagine. Si era infatti accertato che il lavoratore, disattendendo le istruzioni e le informazioni del datore di lavoro, sollevata la staffa con il carro ponte, invece di saldare le quattro barre di sostegno e le due traverse, si era limitato a "puntare" con la saldatrice solamente due barre di lunghezza diseguale, in posizione rispettivamente contrapposta rispetto alla staffa. Aveva poi sganciato il carro ponte. Sicchè la pesante staffa, priva degli adeguati ed indispensabili sostegni e stante il malfermo posizionamento, era caduta travolgendo l'operaio.

    I Giudici di secondo grado hanno omesso di spiegare le ragioni che li avevano indotti a non escludere la responsabilità del datore di lavoro attesa la colpa grave in cui era invece incorsa la vittima che con condotta aberrante, inopinabile ed esorbitante rispetto alla normale prevedibilità, aveva violato gli standards operativi di sicurezza, insegnati alle maestranze dall'imputato ed attuati da oltre quindici anni, senza che mai si fosse verificato alcun infortunio.

     

    Con il secondo motivo di ricorso censura la difesa le ulteriori statuizioni della sentenza di secondo grado, per inosservanza od erronea applicazione dell'articolo 40 c.p..

    La Corte d'appello di Milano ha erroneamente omesso di valutare che, attesa la condotta abnorme, gravemente imprudente e del tutto imprevedibile, risalente allo stesso lavoratore (pur adeguatamente informato e formato dal datore di lavoro sulle operazioni da eseguire in sicurezza, previa predisposizione in via generale delle specifiche misure tecniche ed organizzative necessarie a ridurre i rischi e che comunque da diciassette anni aveva eseguito la stessa procedura senza inconvenienti), la causa assorbente ed esclusiva del sinistro risiedeva proprio in detto comportamento, suscettibile di interrompere il nesso causale tra le omissioni (peraltro insussistenti) contestate all'imputato e l'evento.

     

    Il ricorso deve esser respinto, con ogni conseguenza di legge.
     


    Ad onta di quanto sostenuto dal difensore dell'imputato, la sentenza impugnata è del tutto immune dai vizi denunziati con il primo motivo di ricorso.

    La Corte d'appello, premesso il legittimo richiamo per relationem alla motivazione della sentenza di primo grado, ha adeguatamente ed ineccepibilmente spiegato che, qualora il datore di lavoro - in ragione della posizione di garanzia rivestita in via generale à sensi dell'articolo 2087 c.c. - non avesse omesso di esercitare una specifica attività di vigilanza e di controllo sull'attività lavorativa esercitata al momento del fatto dal dipendente C. R. oltre a svolgere un'adeguata e puntuale opera di formazione ed istruzione, l'evento mortale non si sarebbe verificato.

    Ed è altresì evidente che, secondo orientamenti del tutto consolidati e prevalenti della giurisprudenza di legittimità, la condotta doverosa richiesta al datore di lavoro nella specifica fattispecie, appariva assolutamente esigibile, attese le dimensioni e l'organizzazione dell'azienda stessa. In particolare l'attività di vigilanza e di controllo doveva necessariamente esser finalizzata a scongiurare che, come purtroppo era accaduto, il lavoratore rimanesse travolto dalla caduta della pesante staffa di metallo che era intento a saldare perchè non previamente assicurata a sostegni idonei ed adeguati a mantenerla stabilmente nella posizione di sicurezza e - soprattutto - perchè non agganciata al carro - ponte durante la movimentazione. Costui, come perspicuamente osservato dai Giudici di merito, era incorso nella "tipica imprudenza di chi aveva acquisito padronanza nell'uso dello strumento di lavoro". Facendo quindi erroneo affidamento sulle proprie capacità basate sulla lunga esperienza lavorativa di oltre diciassette anni, la vittima aveva, per tale motivo, inteso deflettere dalla pedissequa e ripetitiva applicazione delle ormai "canonizzate" regole di sicurezza pur impartite dal datore di lavoro S. B. ai quattro dipendenti specializzati nell'esecuzione delle saldature, benchè non sempre osservate, come riferito dai testi C. T. e B. G. che, nell'occorso, aveva precisato che la staffa non era stata assicurata al carro - ponte dal C., perchè forse utilizzato da altro lavoratore.

    Conclusivamente deve ritenersi che alle surrichiamate omissioni colpose, ascritte all'imputato, risalga la produzione dell'evento mortale, nella pur dimostrata sussistenza del nesso eziologico e con la pacifica esclusione di qualsivoglia ipotesi di responsabilità oggettiva, infondatamente prospettata dal ricorrente.

    Quanto alle ulteriori doglianze articolate con il secondo motivo di ricorso, rileva la Corte che dalla fattispecie in esame esula del tutto l'asserita "abnormità" ed imprevedibilità della condotta del lavoratore quale asserita causa di interruzione del nesso causale.

    Va premesso che, alla stregua del consolidato ed assolutamente prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità, poichè la normativa antinfortunistica risulta finalizzata a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da una sua negligenza, imprudenza ed imperizia, la responsabilità del datore di lavoro può esser esclusa solo in presenza di "un comportamento del lavoratore stesso che presenti i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute, che sia del tutto imprevedibile od inopinabile" (cfr. ex multis: Sez. 4 n. 38877 del 29 settembre 2005 - dep. 21 ottobre 2005 - imp. P.C. in proc. Fani; Sez. 4 n. 21587 del 23 marzo 2007 - dep. 1 giugno 2007 - imp. Pelosi).

    Solamente quindi "un comportamento anomalo del lavoratore", "estraneo al processo produttivo od alle mansioni attribuite", "ontologicamente avulso da ogni ipotizzarle intervento e prevedibile scelta del lavoratore" (Sez. 4 n. 38850 del 23 giugno 2005 - dep. 21 ottobre 2005 - imp. Minotti) può rivestire il ruolo di causa sopravvenuta, da sola sufficiente a cagionare l'evento, interrompendo il nesso di causa sì da condurre ad escludere la responsabilità del datore di lavoro.

    Ora, nel caso di specie, come già correttamente ribadito dai Giudici di merito nei precedenti gradi di giudizio con argomentazioni del tutto esaustive ed assolutamente conformi ai surrichiamati principi fissati da questa Corte, la non occasionante della condotta, pur negligente ed imprudente, posta in atto dalla vittima nell'ambito delle mansioni demandategli in relazione alle direttive di organizzazione interna dell'azienda ricevute vale ad escludere che si versi in ipotesi di condotta abnorme, imprevedibile, eccezionale ed avulsa dalle operazioni cui il lavoratore era in concreto addetto. Tant'è vero che ove lo S., come già si è rilevato, non fosse venuto meno ai propri doveri di vigilanza e di controllo riconnessi alla posizione di garanzia rivestita, l'evento sarebbe stato evitato, essendo peraltro del tutto prevedibile la violazione comportamentale commessa dal lavoratore per distrazione o per l'errato convincimento di aver acquisito una tale padronanza degli strumenti di lavoro, pur ex se pericoloso, da poter disattendere l'osservanza delle prescritte regole di sicurezza (cfr. Sez. 4 n. 40164 del 3 giugno 2004 - dep. 13 ottobre 2004 - imp. Giustiniani).

     

    Al rigetto consegue di diritto la condanna al pagamento delle spese processuali.

     

    P.Q.M.
     


    Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.