Cassazione Penale, Sez. 4, 07 aprile 2011, n. 13769 - Pluralità di posizioni di garanzia e responsabilità


 


 

Responsabilità per infortunio di un lavoratore precipitato da un ponteggio sul quale si trovava per svolgere lavori di parziale demolizione delle aperture poste sui muri perimetrali di un immobile.

Gli originari imputati erano quattro: il datore di lavoro dell'infortunato, il direttore di cantiere, il consigliere delegato della ditta e il coordinatore della sicurezza per il Comune di (Omissis): queste due ultime posizioni sono state definite con sentenza ex articolo 444 c.p.p..

In seguito a condanna, ricorrono dunque in Cassazione il datore di lavoro ed il direttore di cantiere - Rigetto.

La Corte, quanto al ricorso del datore di lavoro (P.) osserva che la Corte di Appello ha specificatamente individuato la condotta omissiva dalla quale è derivato l'evento lesivo.

"La Corte di Appello, invero, ha precisato che il primo piano del ponteggio presentava una superficie di calpestio carente; che le tavole non erano vincolate, non aderivano le une alle altre, non esisteva sottoponte di sicurezza e non vi era alcuna protezione dal lato interno, verso l'edificio, dalla cui facciata le assi distavano circa cm. 30; e che il secondo piano del ponteggio presentava verso il lato esterno un parapetto incompleto, privo di tavola fermapiede e corrente intermedio e nessuna protezione nel lato verso l'edificio.

La Corte territoriale ha osservato che il corpo dell'infortunato era stato rinvenuto a terra, alla base del ponteggio. La Corte distrettuale, pur considerando che non era stato possibile accertare se al momento della caduta l'uomo si trovasse sul primo o sul secondo piano del ponteggio, ha conferentemente evidenziato che risultava inequivocamente accertato che il dipendente era caduto dal ponteggio di cui si tratta, mentre stava svolgendo attività di demolizione di travetti della finestra; e che la caduta era ricollegabile alla inosservanza, per quanto riguarda entrambi i piani del ponteggio, delle misure di protezione previste dalla normativa specifica (
Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articoli 16, 23, 24 e 27); ciò in quanto qualora i piani fossero stati muniti di protezioni verso l'esterno e verso l'interno, con tavola fermapiede e corrente intermedio, con le assi di calpestio assicurate tra loro, non si sarebbe potuta verificare alcuna caduta al suolo."

"Preme poi evidenziare che sussiste continuità normativa tra le disposizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, articoli 16, 23, 24 e 27, oggetto della contestazione che occupa - disposizioni che sono state formalmente abrogate dal Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, articolo 304" ...

Si osserva, inoltre, che la Corte territoriale ha del tutto legittimamente chiarito che P. versa in posizione di garanzia, nella sua qualità di datore di lavoro senza aver conferito deleghe specifiche in materia di sicurezza.


In tali termini, continua la Corte, si introduce la disamina del primo motivo di ricorso proposto dal direttore di cantiere (R.F.) con il quale la parte contesta di essere gravato dall'obbligo giuridico di impedire l'evento.
La Corte territoriale ha considerato, al riguardo, che in cantiere si recava anche R.F., controllando le condizioni di sicurezza. La Corte territoriale ha osservato che l'organigramma aziendale individuava il P. come legale rappresentante, R. F. come direttore di cantiere e M. A. come responsabile per la sicurezza, il quale peraltro non risultava si fosse mai recato in cantiere. La Corte di Appello ha conferentemente rilevato pertanto che, in concreto, nel cantiere di che trattasi si recavano una serie di soggetti, senza che fosse stata adottata una definizione delle relative competenze ed attribuzioni.

In conclusione, la Corte di Appello ha considerato che P. risultava responsabile dell'infortunio, sia in ragione della qualità di datore di lavoro, non esonerato in assenza di delega valida ed efficace; sia perchè la sua costante presenza in cantiere lo rendeva edotto della effettiva condizione dei ponteggi e dunque della pericolosità degli stessi; e che R. parimenti rivestiva una posizione di garanzia, a causa della sua presenza quotidiana in cantiere."

Si osserva che questa Suprema Corte ha avuto modo di interessarsi della questione attinente al contenuto degli obblighi impeditivi, in caso di pluralità di posizioni di garanzia ed ha affermato che se più sono i titolari della posizione di garanzia, ciascuno è, per intero, destinatario dell'obbligo giuridico di impedire l'evento. E la decisione assunta dalla Corte territoriale, nella sentenza oggi gravata, risulta conforme all'enunciato principio di diritto: la Corte di Appello ha conferentemente rilevato che, nel caso di specie, la posizione di garanzia risultava assunta sia dal datore di lavoro P., sia dal geometra R.F.; il primo, nella sua qualità presidente e consigliere delegato della E.; il secondo, per avere svolto, in via di fatto, attività di controllo e vigilanza sugli aspetti della sicurezza del cantiere.


 

 



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZECCA Gaetanino - Presidente

Dott. ROMIS Vincenzo - Consigliere

Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere

Dott. IZZO Fausto - Consigliere

Dott. MONTAGNI Andrea - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

 



sul ricorso proposto da:

1) P. S., N. IL (OMESSO);

2) R. F., N. IL (OMESSO);

avverso la sentenza n. 2826/2009 CORTE APPELLO di BRESCIA, del 29/06/2010;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/02/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Salzano Francesco, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Udito il difensore avv. Ferro Giuseppe.

FattoDiritto

 



La Corte di Appello di Brescia, con sentenza in data 29.6.2010, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Brescia del 25.2.2009, sostituiva la pena detentiva con quella pecuniaria corrispondente e confermava nel resto.

La Corte territoriale rilevava che con la richiamata sentenza il Tribunale di Brescia aveva affermato la penale responsabilità di P. S. e R. F., in ordine al delitto di lesioni colpose ex articolo 590 c.p. in danno del dipendente M. M., lesioni consistite tra l'altro in trauma cranico encefalico e trauma toracico con addensamenti polmonari, da cui derivava una malattia giudicata guaribile in più di quaranta giorni.

La Corte chiariva che gli originari imputati erano quattro; e che le posizioni di M. A., consigliere delegato della E. B. e di B. E., coordinatore della sicurezza per il Comune di (Omissis), erano state definite con sentenza ex articolo 444 c.p.p..

La Corte distrettuale riferiva che l'infortunio era avvenuto mentre il dipendente stava lavorando presso il cantiere di (Omissis); in particolare, M. si trovava sul ponteggio per svolgere lavori di parziale demolizione delle aperture poste sui muri perimetrali dell'immobile.

Soffermandosi sulle doglianze dedotte dagli appellanti, la Corte di Appello considerava che la sentenza di primo grado andava confermata nella sua interezza.

Il Collegio rilevava che dalla documentazione acquisita emergeva in modo oggettivo la condizione del ponteggio al momento della verificazione dell'incidente, con riguardo alle richiamate irregolarità del piano di calpestio; osservava, inoltre, che il corpo della vittima era stato rinvenuto ai piedi del ponteggio, in corrispondenza della finestra alla quale l'operaio stava lavorando. La Corte territoriale considerava che, anche in ragione della natura delle lesioni riportate dalla vittima, tipiche da precipitazione, risultava accertato che il lavoratore fosse caduto dal ponteggio, a causa delle carenze presentate dalla struttura, sia al primo che al secondo piano.

Avverso la citata sentenza della Corte di Appello di Brescia, ha proposto ricorso per cassazione P. S..


Con il primo motivo la parte deduce la violazione della legge penale, in relazione agli articoli 40 e 42 c.p.; l'esponente contesta di essere gravato dall'obbligo giuridico di impedire l'evento. La parte osserva di avere adottato il piano operativo di sicurezza e ritiene con ciò di avere adempiuto ad ogni onere previsto dalla legge per il datore di lavoro. Sotto altro aspetto, il ricorrente ritiene che la Corte territoriale non abbia specificato la condotta omissiva dalla quale sarebbe derivato l'evento lesivo. La parte assume che la Corte territoriale non abbia considerato che l'organigramma della E. B. prevedeva la ripartizione delle funzioni, con suddivisione dei ruoli; e ritiene che la responsabilità penale sia stata attribuita a mero titolo di responsabilità oggettiva.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce la contraddittorietà e l'illogicità della motivazione in ordine alla estrinsecazione della condotta omissiva del medesimo ricorrente; la parte ribadisce che gli oneri in materia di sicurezza erano stati delegati ad altri soggetti.

La parte si sofferma, quindi, sul contenuto delle deposizioni testimoniali assunte nel corso della istruttoria dibattimentale, con specifico riferimento alle dichiarazioni rese dall'ing. B..

Il ricorrente ritiene che la Corte di Appello, contraddittoriamente, abbia affermato la responsabilità dei coimputato R. sulla base del ruolo svolto in via di fatto dal predetto, il quale non aveva alcuna delega in materia di sicurezza.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Brescia ha proposto ricorso per cassazione anche R. F..

Con il primo motivo la parte deduce la violazione della legge penale, in relazione agli articoli 40 e 42 c.p.; l'esponente contesta di essere gravato dell'obbligo giuridico di impedire l'evento, in assenza di una qualsivoglia specifica qualifica. Osserva che la Corte territoriale ha errato nel ritenere l'esponente gravato da obblighi relativi alla sicurezza sul cantiere, in assenza di alcuna delega al riguardo. La parte rileva che la qualifica di direttore tecnico si caratterizza per avere ad oggetto la mera esecutorietà materiale del progetto nell'ambito del cantiere.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce la contraddittorietà e l'illogicità della motivazione in ordine alla estrinsecazione della condotta omissiva del medesimo ricorrente. La parte si sofferma, quindi, sul contenuto delle deposizioni testimoniali assunte nel corso della istruttoria dibattimentale, con specifico riferimento alle dichiarazioni rese dall'ing. B. .

Il ricorrente ritiene poi che la Corte di Appello, contraddittoriamente, da un lato abbia affermato la responsabilità del coimputato Pa. sulla base della mancanza di deleghe scritte e, dall'altro, abbia pure affermato la responsabilità dell'esponente, sulla base del ruolo svolto in via di fatto, in assenza di alcuna delega in materia di sicurezza.

Entrambi i ricorsi risultano infondati, in considerazione dei rilievi di seguito esposti.

Procedendo all'esame del ricorso proposto dal P., si osserva che la Corte di Appello ha specificatamente individuato la condotta omissiva dalla quale è derivato l'evento lesivo.

La Corte di Appello, invero, ha precisato che il primo piano del ponteggio presentava una superficie di calpestio carente; che le tavole non erano vincolate, non aderivano le une alle altre, non esisteva sottoponte di sicurezza e non vi era alcuna protezione dal lato interno, verso l'edificio, dalla cui facciata le assi distavano circa cm. 30; e che il secondo piano del ponteggio presentava verso il lato esterno un parapetto incompleto, privo di tavola fermapiede e corrente intermedio e nessuna protezione nel lato verso l'edificio.

La Corte territoriale ha osservato che il corpo dell'infortunato era stato rinvenuto a terra, alla base del ponteggio. La Corte distrettuale, pur considerando che non era stato possibile accertare se al momento della caduta l'uomo si trovasse sul primo o sul secondo piano del ponteggio, ha conferentemente evidenziato che risultava inequivocamente accertato che il dipendente era caduto dal ponteggio di cui si tratta, mentre stava svolgendo attività di demolizione di travetti della finestra; e che la caduta era ricollegabile alla inosservanza, per quanto riguarda entrambi i piani del ponteggio, delle misure di protezione previste dalla normativa specifica (Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articoli 16, 23, 24 e 27); ciò in quanto qualora i piani fossero stati muniti di protezioni verso l'esterno e verso l'interno, con tavola fermapiede e corrente intermedio, con le assi di calpestio assicurate tra loro, non si sarebbe potuta verificare alcuna caduta al suolo. La valutazione compiuta dalla Corte territoriale si colloca nell'alveo dell'orientamento più volte espresso dalla giurisprudenza di legittimità, in tema di causalità omissiva; invero, la Corte regolatrice ha chiarito che nel reato colposo omissivo improprio il rapporto di causalità tra omissione ed evento deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicchè esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l'azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l'interferenza di decorsi causali alternativi, l'evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo (Cass. Sez. 5, sentenza n. 4941 del 18/12/2008, Rv. 242630).



Preme poi evidenziare che sussiste continuità normativa tra le disposizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, articoli 16, 23, 24 e 27, oggetto della contestazione che occupa - disposizioni che sono state formalmente abrogate dal Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, articolo 304, Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro - e la vigente normativa antinfortunistica.

Invero, il contenuto delle predette disposizioni risulta ad oggi recepito dall'articolo 122, in combinato disposto con le analitiche prescrizioni di cui all'allegato 18, nn. 2 e 3, in materia di ponteggi e di trasporto dei materiali, Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articoli 126 e 128, disposizioni che tuttora sanzionano penalmente le cautele antinfortunistiche di cui si tratta.

Si osserva, inoltre, che la Corte territoriale ha del tutto legittimamente chiarito che P. versa in posizione di garanzia, nella sua qualità di datore di lavoro; con specifico riferimento alla posizione soggettiva del P., la Corte di Appello ha, infatti, considerato che il prevenuto, in qualità di presidente e consigliere delegato della E., in assenza di specifiche ripartizioni orizzontali con l'altro consigliere delegato M. A. (il quale ha definito la propria posizione con richiesta di applicazione pena ex articolo 444 c.p.p.) doveva essere considerato "datore di lavoro", destinatario originario della normativa in materia di sicurezza sul cantiere. La Corte di Appello ha sottolineato che era pure emerso che l'imputato, in concreto, soleva recarsi in cantiere una o due volte a settimana, trattenendosi per una ventina di minuti. Con specifico riferimento alle doglianze spiegate nel secondo motivo di ricorso, deve poi rilevarsi che la Corte di Appello ha del tutto legittimamente osservato che P., nella sua qualità di datore di lavoro, non aveva dato deleghe specifiche in materia di sicurezza, fuori da qualifiche formali vuote nei contenuti. Si tratta di un apprezzamento in ordine alla sussistenza di obblighi impeditivi a carico del P., nella sua qualità di datore di lavoro, che risulta immune dalle dedotte censure.

In tali termini si introduce la disamina del primo motivo di ricorso proposto da R.F., con il quale la parte contesta di essere gravato dall'obbligo giuridico di impedire l'evento. La Corte territoriale ha considerato, al riguardo, che in cantiere si recava anche R.F., controllando le condizioni di sicurezza. La Corte territoriale ha osservato che l'organigramma aziendale individuava il P. come legale rappresentante, R. F. come direttore di cantiere e M. A. come responsabile per la sicurezza, il quale peraltro non risultava si fosse mai recato in cantiere. La Corte di Appello ha conferentemente rilevato pertanto che, in concreto, nel cantiere di che trattasi si recavano una serie di soggetti, senza che fosse stata adottata una definizione delle relative competenze ed attribuzioni. La Corte territoriale ha sottolineato, poi, che R. il giorno dell'incidente aveva dato specifiche istruzioni al M. sul lavoro da svolgere e che dunque aveva avuto modo di verificare che la zona ove l'operaio si trovava ad operare era del tutto insicura.

In conclusione, la Corte di Appello ha considerato che P. risultava responsabile dell'infortunio, sia in ragione della qualità di datore di lavoro, non esonerato in assenza di delega valida ed efficace; sia perchè la sua costante presenza in cantiere lo rendeva edotto della effettiva condizione dei ponteggi e dunque della pericolosità degli stessi; e che R. parimenti rivestiva una posizione di garanzia, a causa della sua presenza quotidiana in cantiere. Il Collegio ha osservato, sul punto, che il predetto aveva pure ammesso di aver preso atto delle effettive condizioni dei ponteggi.

Affrontando così il secondo motivo del ricorso proposto da R.F., si osserva che la valutazione effettuata dalla Corte di Appello, circa la responsabilità di ciascun garante, nel caso in cui più siano i titolari degli obblighi impeditivi, risulta conforme all'orientamento espresso sul punto dalla giurisprudenza di legittimità. Si osserva che questa Suprema Corte ha avuto modo di interessarsi della questione attinente al contenuto degli obblighi impeditivi, in caso di pluralità di posizioni di garanzia ed ha affermato che se più sono i titolari della posizione di garanzia, ciascuno è, per intero, destinatario dell'obbligo giuridico di impedire l'evento (cfr. Cass. Sez. 4, sentenza n. 4793 del 06/12/1990, Bonetti, Rv. 191802). E la decisione assunta dalla Corte territoriale, nella sentenza oggi gravata, risulta conforme all'enunciato principio di diritto: la Corte di Appello ha conferentemente rilevato che, nel caso di specie, la posizione di garanzia risultava assunta sia dal datore di lavoro P., sia dal geometra R.F.; il primo, nella sua qualità presidente e consigliere delegato della E.; il secondo, per avere svolto, in via di fatto, attività di controllo e vigilanza sugli aspetti della sicurezza del cantiere.



Al rigetto dei ricorsi, che si impone, segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.


Rigetta i ricorsi e condanna I ricorrenti al pagamento delle spese processuali.