Omissione di idonee vie di fuga, in caso di incendio o di altra grave situazione di pericolo, ostruzione delle uscite di sicurezza dei locali aziendali con l'ammasso, a ridosso di esse, di pneumatici ed altri materiali e mancata predisposizione di mezzi antincendio adeguati, essendo gli idranti non funzionanti e gli estintori scarichi o scaduti.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAPA Enrico - Presidente -
Dott. VITALONE Claudio - Consigliere -
Dott. GRASSI Aldo - Consigliere -
Dott. ONORATO Pierluig - Consigliere -
Dott. SARNO Giulio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

Sentenza

sul ricorso proposto da:
G.C., nato a (OMISSIS) il (OMISSIS);
G.G., nato a (OMISSIS) il (OMISSIS);
avverso la sentenza del Tribunale, in composizione monocratica, di
Brescia, datata 11/10/2004;
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
Udita la relazione fatta dal Cons. Dr. Grassi;
Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale Dott.
PASSACANTANDO Guglielmo, il quale ha chiesto il rigetto dei ricorsi,
perchè infondati.

 


Fatto

Con sentenza del Tribunale, in composizione monocratica, di Brescia, datata 11/10/2004, C. e G.G. venivano condannati, ciascuno, alla pena di Euro 5.000,00 d'ammenda (in ragione di Euro 1.00,00 per ogni contravvenzione) quali responsabili, in concorso fra loro, dei reati previsti dal D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, artt. 4, comma 5, lett. q) e art. 89, comma 2, lett. B), nonchè D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, art. 34, lett. c) - d) e art. 389, lett. b) dei quali erano chiamati a rispondere per avere, quali soci ed amministratori della "Cagimetale s.n.c." corrente in Brescia, violato norme poste a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, omettendo di assicurare, sia nello stabilimento di (OMISSIS), che nei locali adibiti a deposito siti in (OMISSIS), il facile esodo degli stessi in caso di incendio, o di altro pericolo grave ed immediato, consentendo che le uscite di sicurezza dei locali fossero ostruite da pneumatici (per circa cinquemila tonnellate) ammassati a ridosso di esse e che all'interno degli stessi fossero accatastati pneumatici e materiali in plastica ed alluminio (rispettivamente per circa mille tonnellate e trecento quintali), nonchè di predisporre mezzi idonei di estinzione degli incendi, atteso che non vi erano idranti funzionanti, quattro estintori erano scarichi e sei erano scaduti, come accertato nel corso di sopraluoghi effettuati il 16 Marzo e 2 Luglio '01 ed il 30 Gennaio '02.
Affermava e riteneva, fra l'altro, il Giudice di merito:
a) che la responsabilità penale degli imputati, in ordine ai reati loro ascritti, era provata da quanto accertato e riferito dai verbalizzanti R., B. e B., del Comando provinciale dei Vigili del fuoco;
b) che il materiale ammassato davanti alle porte di accesso dei locali ostruiva le vie di eventuale fuga, impedendone la rapida evacuazione, mentre i mezzi di estinzione di incendi erano assolutamente inefficienti, stante la mancanza di idranti funzionanti e di estintori carichi e non scaduti;
c) che fra le norme di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, artt. 4 e D.P.R. n. 547 del 1955, art. 34, non esiste alcun concorso apparente di norme, stante la genericità degli obblighi di cui alla prima di dette disposizioni e la specificità di quelli di cui alla seconda di esse;
d) che il fatto che i locali ubicati in (OMISSIS) fossero utilizzati come deposito era irrilevante, dato che le norme di prevenzione degli incendi vanno applicate anche in relazione ai manufatti in cui non si svolge permanente attività lavorativa, ma ai quali gli operai sono chiamati ad accedere per prelevare materiali o depositarveli;
e) che era stato accertato come alle dipendenze degli imputati lavorassero, in ditta, quattro o cinque operai.
Avverso tale decisione entrambi i G. hanno proposto ricorso per Cassazione e ne chiedono l'annullamento per violazione di legge e difetto di motivazione.
Deducono, in particolare, i ricorrenti:
1. che ad essi le normative di prevenzione di infortuni sul lavoro, indicate in rubrica, non sarebbero applicabili in quanto non avevano alle dipendenze alcun operaio, essendo loro stessi dediti, in azienda, all'attività lavorativa e produttiva;
2. che, in ogni caso, essendo il capannone sito in (OMISSIS) adibito solo a deposito, nel quale non si svolgeva dunque attività lavorativa, con riferimento ad esso non troverebbero applicazione le norme in questione;
3. che fra le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, artt. 4 e D.P.R. n. 547 del 1955, art. 34, lett. c) e d), esisterebbe un rapporto da genere a specie che determinerebbe - a norma dello art. 15 c.p. - l'assorbimento della prima, di carattere generale, da parte della seconda, a carattere speciale.

 

 


Diritto

La prima delle censure mosse alla sentenza impugnata è inammissibile perchè il Giudice di merito ha accertato, con giudizio di fatto incensurabile in sede di legittimità e solo genericamente contestato dai ricorrenti, che alle dipendenze di costoro lavoravano, all'epoca, quattro o cinque dipendenti.
Il secondo motivo d'impugnazione è infondato in quanto il D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, art. 34, statuisce che "nelle aziende o lavorazioni" in cui esistono pericoli specifici d'incendio, debbono essere predisposti idonei mezzi di estinzione.
Un capannone, adibito a deposito di materiali lavorati o da lavorare, va considerato come luogo di lavorazione soggetto alle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro in quanto in esso i lavoratori, sia pure saltuariamente, accedono per depositarvi le merci o prelevarle (v. conf. Cass. sez. 4^ pen., 24 settembre 1981, Grignoli).
Meritevole di accoglimento è, invece, l'ultima censura.
Il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, emanato in attuazione delle direttive CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, all'art. 4, comma 5, lett. q), impone al datore di lavoro l'obbligo di adottare "le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell'evacuazione dei lavoratori, nonchè per il caso di pericolo grave ed immediato. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell'attività, alle dimensioni dell'azienda, ovvero della unità produttiva ed al numero delle persone presenti".
Il D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, art. 34, stabilisce, al comma 1, lett. c) e d), che "nelle aziende o lavorazioni in cui esistono pericoli specifici d'incendio devono essere predisposti mezzi di estinzione idonei in rapporto alle particolari condizioni in cui possono essere usati, in essi compresi gli apparecchi estintori portatili di primo intervento. Detti mezzi devono essere mantenuti in efficienza e controllati almeno una volta ogni sei mesi da personale esperto. Deve - inoltre - essere assicurato, in caso di necessità, l'agevole e rapido allontanamento dei lavoratori dai luoghi pericolosi".
I fatti contestati ai ricorrenti sono: non avere assicurato idonee vie di fuga, in caso di incendio o di altra grave situazione di pericolo, ostruendo le uscite di sicurezza dei locali aziendali con l'ammasso, a ridosso di esse, di pneumatici ed altri materiali e non avere predisposto mezzi antincendio adeguati, essendo gli idranti non funzionanti e gli estintori scarichi o scaduti.
Tali fatti sono specificamente previsti, come reato, dal D.P.R. n. 547 del 1955, art. 34, che si pone, rispetto al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4, quale norma speciale.
A mente dell'art. 15 c.p. "quando più leggi penali o disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla legge o disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito".
Questa Corte Suprema ha già statuito che il principio di specialità è invocatale quando gli elementi costitutivi della fattispecie prevista dalla norma generale siano compresi nella norma speciale, la quale deve contenere qualche elemento in più, di carattere particolarmente qualificante, sicchè l'ipotesi di cui alla norma speciale, ove questa mancasse, ricadrebbe nell'ambito operativo di quella generale.
E' necessario, cioè, che le due disposizioni appaiano come due cerchi concentrici, di diametro diverso, in modo tale che quello più ampio contenga in sè quello minore ed abbia un settore residuo destinato ad accogliere i requisiti aggiuntivi della specialità (v.
conf. Cass. sez. 4^ pen., 26/3/1993, Costarelli e 18/3/1983, Saracino; sez. 2^ pen., 30/11/1983, Colucci).
Nella fattispecie in esame, le disposizioni contenute nel D.P.R. n. 547 del 1955, art. 34, sono specifiche, rispetto a quelle, di carattere generale, di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4, perchè contengono elementi specializzanti, costituiti dalla specificazione dei mezzi di prevenzione ed estinzione degli incendi e dalla espressa menzione dell'obbligo di assicurare, in caso di necessità, l'agevole e rapido allontanamento dei lavoratori dai luoghi pericolosi.
Dalle esposte considerazioni discende che i fatti dei quali i ricorrenti sono stati ritenuti colpevoli debbono essere giuridicamente qualificati come integranti gli estremi dei reati di cui al D.P.R. n. 547 del 1955, art. 34, comma1 lett. c) e d) e art. 389, in essi assorbito il D.Lgs. n. 626 del 1994, artt. 4, comma 5, lett. q) e art. 89 e che la decisione impugnata deve essere annullata, senza rinvio, nel punto della determinazione delle pene inflitte dalle quali vanno eliminati, per ciascuno degli imputati, Euro 2.000,00.

 

 


P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Qualificati i fatti come integranti gli estremi delle contravvenzioni previste dal D.P.R. n. 547 del 1955, art. 34, comma 1, lett. c) e d) e art. 389 in essi assorbiti gli addebiti di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, artt. 4, comma 5, lett. q) e art. 89 annulla senza rinvio la sentenza del Tribunale, in composizione monocratica, di Brescia, datata 11/10/2004, nel punto della determinazione delle pene dalle quali elimina, per ciascuno dei ricorrenti - C. e G. G. -, quelle di Euro 2.000,00 di ammenda;
rigetta, nel resto, i ricorsi.
Così deciso in Roma, il 27 Giugno 2006.
Depositato in Cancelleria il 8 agosto 2006