Cassazione Penale, Sez. 4, 22 aprile 2011, n. 16087 - Mancanza di stabilità della sega circolare e amputazione di due dita della mano di un lavoratore


 

  • Datore di Lavoro
  • Informazione, Formazione, Addestramento
  • Macchina ed Attrezzatura di Lavoro
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    Responsabilità del titolare di un'impresa individuale che, per colpa generica e specifica, ha cagionato ad un proprio lavoratore lesioni personali consistite nell'amputazione del 2 e 3 dito della mano destra, venuta a contatto con la lama della sega circolare con la quale il dipendente stava provvedendo a tagliare alcune assi.
    In particolare, era accaduto che detto attrezzo, mentre il lavoratore spingeva, con la sola mano destra, un'asse verso la lama, si era improvvisamente inclinato verso sinistra; ciò aveva determinato lo spostamento dell'asse, di talchè la mano destra del lavoratore era entrata in contatto con la lama che ne aveva reciso due dita.

     

    Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - Rigetto.

     

    La Corte afferma che i giudici del gravame hanno legittimamente riscontrato nella condotta dell'odierno ricorrente, alla stregua delle emergenze probatorie in atti, "precisi profili di colpa, generica e specifica, da cui è causalmente derivato l'infortunio del quale è rimasto vittima B.E..
    In particolare, richiamando le dichiarazioni rese dalla vittima, i giudici del merito hanno ricordato come la sega circolare, alla quale la stessa era stata addetta, non fosse stata adeguatamente posizionata. Tale attrezzo invero, era stato il giorno prima dell'incidente non fissato, bensì solo appoggiato sul terreno, e dunque in condizioni di non assoluta stabilità, come avrebbe dovuto essere proprio al fine di evitare spostamenti e scivolamenti, seppur di modesta entità, che avrebbero messo a rischio l'incolumità dell'operatore."

    ...

    "L'imputato, dunque, aveva, per colpa, consentito che il dipendente utilizzasse la sega senza essersi previamente assicurato dell'esatto posizionamento della stessa, così da evitare il rischio di pericolosi spostamenti anche minimi, concretizzatosi nel caso di specie ai danni del B..

    Quest'ultimo, d'altra parte, assunto da qualche giorno, era stato addetto alla sega circolare solo il giorno prima, senza adeguata formazione circa l'uso dell'attrezzo nè informazione circa i rischi connessi con l'utilizzo dello stesso.".

    "Di qui la specifica contestazione della violazione del D.L. n. 626 del 1994, art. 22 il quale impone al datore di lavoro di assicurare al dipendente una formazione adeguata in materia di sicurezza e di salute con riferimento alle specifiche mansioni affidate.".


     


    REPUBBLICA ITALIANA
    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
    SEZIONE QUARTA PENALE
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
    Dott. MARZANO Francesco - Presidente
    Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Consigliere
    Dott. FOTI Giacomo - rel. Consigliere
    Dott. D'ISA Claudio - Consigliere
    Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere
    ha pronunciato la seguente:
    sentenza

     

    sul ricorso proposto da:
    1) C.G. N. IL (OMISSIS);
    avverso la sentenza n. 11623/2007 CORTE APPELLO di TORINO, del 14/05/2010;
    visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
    udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/12/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;
    Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Galati che ha concluso per il rigetto del ricorso.

     

     

     

    Fatto

     

    1- Con sentenza del 9 ottobre 2006, il giudice monocratico del Tribunale di Alba, sezione distaccata di Bra, ha dichiarato C. G. colpevole del delitto di lesioni colpose gravi commesse, con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (art. 590 c.p., commi 1, 2 e 3), in pregiudizio del dipendente B.E., e lo ha condannato alla pena di cinque mesi di reclusione, nonchè al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, da liquidarsi in separato giudizio quanto ai danni biologico e patrimoniale, e liquidando direttamente il danno morale in Euro 11.000,00; somma assegnata a titolo di provvisionale.


    Secondo l'accusa, condivisa dal tribunale, il C., nella qualità di responsabile dell'omonima impresa individuale, per colpa generica e specifica, ha cagionato al lavoratore lesioni personali consistite nell'amputazione del 2 e 3 dito della mano destra, venuta a contatto con la lama della sega circolare con la quale il dipendente stava provvedendo a tagliare alcune assi.
    In particolare, era accaduto che detto attrezzo, mentre il B. spingeva, con la sola mano destra, un'asse verso la lama, si era improvvisamente inclinato verso sinistra; ciò aveva determinato lo spostamento dell'asse, di talchè la mano destra del lavoratore era entrata in contatto con la lama che ne aveva reciso due dita.


    Il giudice del merito ha rilevato, nella condotta dell'imputato, precisi profili di colpa per non avere lo stesso adeguatamente curato la formazione professionale del dipendente, per non averlo informato sui rischi connessi alle mansioni allo stesso assegnate e per non avere provveduto a fissare al suolo la sega circolare per renderla stabile e ridurre, così, il rischio di incidenti.
    In punto di nesso causale, lo stesso giudice ha sostenuto che l'evento è stato diretta conseguenza del mancato rispetto, da parte dell'imputato di norme cautelari generiche e specifiche e che la condotta imprudente della vittima non ha in alcun senso interrotto il nesso eziologico tra le richiamate inadempienze e l'evento determinatosi.

    Su appello dell'imputato, la Corte d'Appello di Torino, con sentenza del 14 maggio 2010, ha confermato la decisione impugnata.

    Avverso tale sentenza propone ricorso, per il tramite del difensore, il C. che, con unico motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata in punto di affermazione della responsabilità frutto, a suo dire, di travisamento del fatto e delle prove. L'infortunio, si sostiene nel ricorso, non sarebbe stato causato da un difetto di formazione o di informazione del lavoratore, in realtà adeguatamente preparato all'uso della sega circolare, bensì dalla condotta superficiale ed imprudente dello stesso lavoratore che, benchè invitato a porre la massima attenzione
    nell'uso della sega e di utilizzare ambedue le mani, aveva sospinto l'asse da tagliare con la sola mano destra, essendo in tal guisa rimasto vittima del proprio anomalo comportamento.

     

    2- Il ricorso è infondato.

    I giudici del gravame hanno, invero, legittimamente riscontrato nella condotta dell'odierno ricorrente, alla stregua delle emergenze probatorie in atti, precisi profili di colpa, generica e specifica, da cui è causalmente derivato l'infortunio del quale è rimasto vittima B.E.. In particolare, richiamando le dichiarazioni rese dalla vittima, i giudici del merito hanno ricordato come la sega circolare, alla quale la stessa era stata addetta, non fosse stata adeguatamente posizionata. Tale attrezzo invero, era stato il giorno prima dell'incidente non fissato, bensì solo appoggiato sul terreno, e dunque in condizioni di non assoluta stabilità, come avrebbe dovuto essere proprio al fine di evitare spostamenti e scivolamenti, seppur di modesta entità, che avrebbero messo a rischio l'incolumità dell'operatore.
    L'imprudente e negligente impianto della sega è stato confermato, non solo dal teste M.O. - che, secondo il giudice di primo grado, pur avendo sostenuto che la sega era stata in maniera stabile poggiata sul terreno, ha in dibattimento ammesso che la stessa era stata solo "appoggiata", non "piantata" sul terreno, ma anche dall'ispettore del lavoro Co.Pi.. Costui ha, invero, sostenuto che all'imprudenza della vittima, che al momento dell'incidente stava trattenendo l'asse da tagliare con una sola mano, si era affiancata, quale elemento imprevedibile, l'improvvisa inclinazione del piano, sul quale si trovava la sega rotante, che aveva provocato il trascinamento della mano del lavoratore verso l'attrezzo ed il contatto con lo stesso.
    L'imputato, dunque, aveva, per colpa, consentito che il dipendente utilizzasse la sega senza essersi previamente assicurato dell'esatto posizionamento della stessa, così da evitare il rischio di pericolosi spostamenti anche minimi, concretizzatosi nel caso di specie ai danni del B..
    Quest'ultimo, d'altra parte, assunto da qualche giorno, era stato addetto alla sega circolare solo il giorno prima, senza adeguata formazione circa l'uso dell'attrezzo nè informazione circa i rischi connessi con l'utilizzo dello stesso.

    Circostanze che i giudici del merito hanno ritenuto accertate in quanto riferite dalla stessa vittima e ribadite dall'ispettore Co., il quale ha sostenuto di non avere rinvenuto documentazione che attestasse attività di formazione svolte nei confronti del lavoratore.
    Di qui la specifica contestazione della violazione del D.L. n. 626 del 1994, art. 22 il quale impone al datore di lavoro di assicurare al dipendente una formazione adeguata in materia di sicurezza e di salute con riferimento alle specifiche mansioni affidate.
    Quanto alle osservazioni proposte, sul punto, dall'imputato circa le precedenti ed analoghe esperienze lavorative del B. ed all'efficacia delle informazioni ricevute sull'uso della sega, i giudici del merito hanno rilevato, in termini di assoluta coerenza logica, da un lato, che nelle sue precedenti esperienze lavorative la vittima aveva utilizzato attrezzi diversi da quello adoperato nel caso di specie, attrezzi, peraltro, dotati di dispositivi di sicurezza non rinvenuti nella sega circolare; dall'altro, che le sommarie informazioni fornite "sul campo" dai colleghi di lavoro non potevano ritenersi idonee a garantire un'adeguata formazione del lavoratore.
    A fronte di tali emergenze probatorie, le censure proposte si presentano infondate, oltre che, per alcuni aspetti, generiche e dirette solo ad una non consentita rilettura dei fatti.

     

    Il ricorso deve essere, in conclusione, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

     

    P.Q.M.

     

    Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.