T.A.R. Liguria - Genova, Sez. 2, 31 maggio 2011, n. 867 - Caduta dalle scale della Questura







REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LIGURIA

SEZIONE SECONDA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 



sul ricorso numero di registro generale 541 del 2004, proposto da:

B.A., rappresentato e difeso dall'avv. Ca.Go., con domicilio eletto presso Ca.Go. in Genova, via (...);

contro

Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria per legge in Genova, v.le (...);

per la condanna

del Ministero dell’Interno a risarcire al ricorrente i danni patrimoniali e non patiti in conseguenza dell’infortunio occorsogli all’interno della Questura di Genova da liquidarsi in Euro 120.156,33 oltre a interessi e rivalutazione;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 maggio 2011 il dott. Raffaele Prosperi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

Fatto

 



Con ricorso notificato il 1 aprile 2004 l’ispettore capo della Polizia di Stato A.B. esponeva in fatto ed in diritto che il giorno 24 agosto 2002, trovandosi per ragioni di servizio nelle scale secondarie, poste al lato sud dello stabile della Questura di Genova, era scivolato dal primo gradino fino al piano di ingresso, procurandosi la rottura del tendine rotuleo e la frattura del trachite omerale con lussazione scapolo – omerale, e ciò a causa dell’assenza di corrimano per sorreggersi e dell’insidiosità ed irregolarità dei gradini, dissestati, usurati e smussati. Nella diagnosi veniva stabilita un’invalidità permanente parziale del 28% e invalidità temporanea assoluta per 90 giorni e parziale al 50% per ulteriori 60 giorni; aggiungeva altresì che successivamente veniva apposto il corrimano e comunque le scale erano abitualmente frequentate dai dipendenti, essendo tra l’altro l’ascensore particolarmente lento.

Il B. si dilungava sullo stato delle scale, stato in evidente difformità dalle prescrizioni normative vigenti in materia di obblighi di sicurezza degli ambienti di lavoro e per la tutela della salute e dell’integrità fisica dei lavoratori, vista la mancanza di regolare manutenzione che avrebbe dovuto eliminare gli evidenti difetti accumulatisi con l’usura del tempo.

Il ricorrente concludeva per l’accoglimento del ricorso con vittoria di spese, insistendo per la quantificazione del danno secondo parametri elaborati dalla giurisprudenza e cioè Euro 73.906,22 per l’invalidità permanente derivata, Euro 4.648,50 per l’invalidità temporanea assoluta ed Euro 1.549,50 per l’invalidità temporanea parziale, oltre a Euro 36.953,11 di danno morale derivante dal primo danno biologico ed Euro 2.324,25 ed Euro 774,75 derivanti dalle invalidità temporanee.

Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio, sostenendo l’infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.

Con ordinanza n. 114 del 22 ottobre 2009 questo Tribunale disponeva l’acquisizione della documentazione sanitaria riguardante il ricorrente presso l’Ente Ospedaliero Ospedali Ga. e verificazione a cura del Servizio PSAL della ASL (...) Genovese sulla conformità delle scale ai requisiti normativi e sul loro stato di manutenzione e con successiva ordinanza n. 181 del 6 novembre 2009 ribadiva l’obbligo della ASL (...) quale ausiliario del giudice di svolgere tale verificazione, pur essendo le scale situate in “zone riservate”, mentre con ulteriore ordinanza n. 339 del 28 ottobre 2010 richiedeva al Servizio medico legale della ASL (...) verificazione sulle invalidità del ricorrente.

Alla odierna udienza pubblica la causa è passata in decisione.

 

 

Diritto

 



Il ricorso deve essere respinto.



Le responsabilità dell’Amministrazione dell’Interno non appaiono infatti provate.

Le scale della Questura di Genova, nelle quali è accaduto l’infortunio al ricorrente ispettore B., appaiono conformi alle prescrizioni di cui all’art. 16 d.P.R. 27 aprile 1955 n. 547, vigente all’epoca dei fatti: queste, infatti, recitano testualmente che “le scale fisse a gradini, destinate al normale accesso agli ambienti di lavoro, devono essere costruite e mantenute in modo da resistere ai carichi massimi derivanti da affollamento per situazioni di emergenza. I gradini devono avere pedata e alzata dimensionate a regola d’arte e larghezza adeguata alle esigenze del transito. Dette scale e i relativi pianerottoli devono essere provvisti, sui lati aperti, di parapetto normale o di altra difesa equivalente. Le rampe delimitate da due pareti devono essere munite di almeno un corrimano”. Tale regola ha avuto il conforto della Corte di Cassazione circa la sua sufficienza, per cui “la disposizione dell’ultima parte del co. 2 dell’art. 16 d.P.R. 547/55, a norma del quale le rampe delle scale delimitate da due pareti debbono essere munite almeno di un corrimano, non si applica alle rampe delimitate da una parete da un parapetto normale che, per quanto privo della funzione di appiglio, consente comunque l’appoggio” (Cass., 3, 18 ottobre 1991 n. 11001).

Le considerazioni svolte dal verificatore della ASL (...) sul superamento della normativa ora esposta da parte del DM 14 giugno 1989 n. 236, regolamento di attuazione della L. 9 gennaio 1989 n. 13, devono essere disattese, poichè le disposizioni di tale regolamento riguardano il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche degli edifici privati edilizia residenziale pubblica, sovvenzionata e agevolata, quindi esse hanno oggetto e scopo diverso rispetto a quelli della tutela della sicurezza dei luoghi di lavoro, caratterizzati notoriamente da problemi di genere del tutto diverso rispetto a quelli degli edifici di natura abitativa.

Tanto è che il d.P.R. 27 aprile 1955 n. 547 è stato poi espressamente abrogato e del tutto sostituito dal D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, il quale ha compiutamente regolato ex novo la sicurezza dei luoghi di lavoro.

In ogni caso, gli assunti concernenti la presenza di un secondo corrimano sono superati dalle dichiarazioni rese nel maggio 2004 dal ricorrente, il quale aveva espressamente affermato di aver tentato di evitare la caduta, cercando inutilmente di aggrapparsi al passamano della ringhiera del lato aperto.

Per quanto concerne poi gli ulteriori aspetti strutturali delle scale, non si rivelano sussistenti, nei risultati della verificazione, difformità rispetto alle prescrizioni di legge.

Ancora, per quanto riguarda invece lo stato effettivo delle scale medesime, tanto la verificazione, quanto le fotografie prodotte da parte ricorrente, attestano uno stato di usura tipico degli edifici pubblici largamente frequentati, come appunto possono essere le questure: l’usura di carattere ordinario, come appunto quella della relativa parziale consumazione delle strisce antiscivolo o degli avvallamenti dei gradini, non può provare autonomamente la responsabilità dell’Amministrazione.

Più in particolare, l’usura della coppia di strisce antiscivolo nella zona in cui sarebbe caduto il ricorrente non è tale da eliminare le caratteristiche di sicurezza proprie di questo presidio.

Resta l’avvallamento della pedata del primo gradino della rampa interessata dall’incidente, avvallamento particolarmente accentuato rispetto alla normale consumazione dei gradini successivi: se questo è effettivamente l’unico punto delle scale in cui non il dissesto, ma almeno il logorio strutturale potrebbe essere stato una concausa della caduta in questione, non sussistono però concrete dimostrazioni del nesso di causalità tra evento e responsabilità amministrative.

Infatti i testimoni V. e D. si sono limitati a riferire di aver sentito il rumore della caduta e di aver poi soccorso il B. ormai a terra: nulla prova circa il punto reale dell’incidente e le sue modalità, tanto da non poter verificare se l’incidente accaduto sia stata una conseguenza diretta dello stato per le scale.

Si deve aggiungere poi che la caduta ha interessato un soggetto che ben conosceva i luoghi frequentandoli tutti i giorni per ragioni di ufficio e non un appartenente al pubblico, acceduto ai locali della Questura per ragioni occasionali: da un lato infatti, come asserito dalle difese erariali, nulla era stato segnalato dai dipendenti sulla situazione di logorio e di pericolo derivante dalle scale, dall’altro quel logorio, necessariamente conosciuto dai dipendenti in qualità di frequentatori quotidiani, non poteva costituire l’origine di infortuni con la responsabilità del datore di lavoro, in quanto superabile mediante l’ordinaria diligenza. Non è nemmeno desunto che il B. si trovasse in quel momento in tipiche situazioni di emergenza in cui un soggetto non mette in campo quegli accorgimenti ordinari che impediscono incidenti domestici e simili e, in conclusione, si può affermare quindi l’assenza di prove che dimostrino la sussistenza di responsabilità della P.A.

Per le suesposte considerazioni il ricorso deve essere respinto.

Ragioni equitative permettono la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

 

P.Q.M.

 



Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria - Sezione Seconda - definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 19 maggio 2011 con l'intervento dei magistrati:

Enzo Di Sciascio - Presidente

Raffaele Prosperi - Consigliere, Estensore

Oreste Mario Caputo - Consigliere

Depositata in Segreteria il 31 maggio 2011.