Cassazione Penale, Sez. 4, 06 giugno 2011, n. 22320 - Infortunio e prescrizione del reato


 

 

 


Responsabilità del capo squadra, del responsabile dell'impianto nastro trasportatore gessi e del capo sezione per un infortunio sul lavoro avvenuto nella centrale EN. T.E. di (Omissis) in danno di Q. C. che, a causa dell'impigliarsi dei suoi indumenti nell'organo di movimento dell'impianto nel quale stava lavorando, riportava ferite al braccio ed alla spalla destra.



Vengono condannati in primo grado ma la Corte di appello di Lecce dichiarava non doversi procedere nei loro confronti per tutti i reati ascritti per intervenuta prescrizione degli stessi già alla data della sentenza di primo grado; eliminava di conseguenza le statuizioni civili.


Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione il difensore della parte civile rilevando che la data del reato non era quella considerata in appello ma un'altra, come risultante dagli atti ed in particolare dalla sentenza di primo grado. Per il reato di cui all'articolo 590 cod. pen. la prescrizione era dunque maturata il (Omissis) e dunque sette giorni dopo la sentenza di primo grado.

 

Venendo al merito del proposto ricorso e cioè la data del commesso reato, la Suprema Corte afferma che risulta dall'esame degli atti, consentito al Collegio data la natura della questione posta, che l'incidente sul lavoro di cui è processo è effettivamente avvenuto il (Omissis) e puntualmente la sentenza di primo grado, nel riferire i fatti di causa, dava atto di tale data, nonostante la diversa indicazione contenuta nel capo di imputazione, da ritenersi frutto di mero errore materiale; e che l'infortunio si sia verificato effettivamente il (Omissis), e non il (Omissis), è confermato dal verbale di accettazione redatto dal pronto soccorso dove il Qu. si recò subito dopo l'incidente, che reca proprio la detta data.

Ne deriva che mentre correttamente la Corte di appello ha dichiarato la intervenuta prescrizione delle contravvenzioni alla normativa antinfortunistica già prima della sentenza di primo grado, essendo per esse il termine prescrizionale massimo di 4 anni e mezzo, risulta invece erronea la dichiarazione di prescrizione del reato ex articolo 590 c.p., il cui temine massimo di prescrizione è di sette anni e mezzo, termine che, avuto riguardo alla data del (Omissis), non era ancora decorso il 6.3.2008 allorchè interveniva la sentenza di primo grado.


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla disposizione "Elimina le statuizioni civili" disposizione che sopprime ritenendosi confermate le statuizioni civili della sentenza di primo grado.




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MARZANO Francesco - Presidente

Dott. ZECCA Gaetanino - Consigliere

Dott. FOTI Giacomo - Consigliere

Dott. BIANCHI Luisa - rel. Consigliere

Dott. IZZO Fausto - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

 



sul ricorso proposto da:

1) Q. C. N. IL (Omissis)

2) D. L. FR. N. IL (Omissis) C/;

3) P. V. N. IL (Omissis) C/;

4) L. L. N. IL (Omissis) C/;

avverso la sentenza n. 228/2009 CORTE APPELLO di LECCE, del 17/06/2009;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/02/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUISA BIANCHI;

udito il P.G. in persona del Dott. STABILE Carmine che ha concluso per il rigetto;

udito, per la parte civile, l'avv.to LILLO Gianvito del foro di Brindisi;

udito il difensore avv.to MANARRA Tommaso del Foro di Brindisi.

 

Fatto



1. D. L. Fr., P. V. e L. V., nelle rispettive qualità di capo squadra, di responsabile EN. dell'impianto nastro trasportatore gessi e di capo sezione, sono stati chiamati a rispondere dei reati di cui all'articolo 110 c.p., articolo 389, lettera c), in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 49 (capo A della rubrica), articolo 110 c.p., articolo 389, lettera c), in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 69 (capo B della rubrica); articolo 110 c.p., articolo 590 c.p., commi 1 e 3, (capo C), in relazione all'infortunio sul lavoro avvenuto nella centrale EN. T.E. di (Omissis) dove Q. C., a causa dell'impigliarsi dei suoi indumenti nell'organo di movimento dell'impianto dove stava lavorando, riportava ferite al braccio ed alla spalla destra.


2. Il Tribunale ne riconosceva la penale responsabilità e li condannava alle pene di giustizia ed al risarcimento dei danni in favore della parte civile cui riconosceva una provvisionale.

3. La Corte di appello di Lecce dichiarava non doversi procedere nei loro confronti per tutti i reati ascritti per intervenuta prescrizione degli stessi già alla data della sentenza di primo grado; eliminava di conseguenza le statuizioni civili. La Corte escludeva che sussistessero le condizioni per l'applicazione dell'articolo 129 cod. proc. pen., osservando testualmente che "Anzi, dalle acquisizioni consegnate dall'istruttoria dibattimentale e dalla loro ponderata valutazione effettuata dal giudice di prime cure, il cui ragionamento probatorio si appalesa corretto ed immune da censure soprattutto in ordine alla decisiva valenza attribuita alle deposizioni testimoniali della parte civile Q. C., dei suoi colleghi La. Ro. e Za. Ma. e degli ispettori SPESAL di (Omissis) L. E. e G. T., univocamente convergenti in senso accusatorio nei confronti degli odierni appellanti, emerge esattamente il contrario.

In particolare, è stato dimostrato che l'infortunio occorso al Q., all'epoca dipendente della Re. s.r.l., società incaricata della manutenzione del nastro trasportatore della centrale EN. di (Omissis), fu causato dal fatto di essere stato effettuato l'intervento manutentivo con gli organi di trasmissione in movimento e senza la predisposizione di specifici dispositivi di sicurezza, in violazione del divieto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 49; dal fatto di non essere stati i lavoratori previamente informati sui dispositivi di sicurezza esistenti (tanto che quando il braccio del Q. rimase impigliato negli ingranaggi, nessuno dei i suoi colleghi di lavoro fu in grado di individuare prontamente il dispositivo di arresto della macchina); dal fatto di non essere stati i lavoratori dotati di tute anti-impigliamento. Cosi come sono emersi i diversi profili di colpa che hanno connotato le condotte di ciascuno degli imputati, nella rispettiva qualità indicata in imputazione, con riferimento all'omissione di specifiche attività informative e precauzionali su ciascuno gravanti in ragione del diverso settore di competenza e connessa responsabilità".

La Corte riteneva di dover far luogo alla declaratoria di non doversi procedere nei confronti di tutti gli imputati in relazione ai reati loro in concorso ascritti perchè estinti per prescrizione e che l'avvenuta maturazione della prescrizione in data anteriore alla pronuncia della sentenza di primo grado (6/3/2008) precludeva alla Corte stessa la possibilità di pronunciarsi sui capi concernenti gli interessi civili a norma dell'articolo 578 c.p. ed anzi imponeva la revoca delle relative statuizioni contenute nell'impugnata sentenza. Infatti l'articolo 578 c.p.p., fa riferimento, ai fini della pronuncia sugli effetti civili, al solo giudice d'appello o alla Corte di Cassazione che dichiarino il reato estinto per amnistia o prescrizione, senza menzionare anche la pronuncia del giudice di primo grado. Tale principio, quindi, - osservava la Corte di appello - opera solo nel caso in cui la prescrizione è maturata successivamente alla pronuncia di primo grado. Laddove, invece, come nel caso di specie, la causa estintiva sia preesistente alla pronuncia di primo grado e pur tuttavia non sia stata dichiarata dal giudice di prime cure, il giudice di appello o della Cassazione che la rilevi e tenuto anche ad annullare le statuizioni civili (in tal senso Cass., Sez. 2, 29/1/2009 nr. 5705).



Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione il difensore della parte civile. Rileva che il giudice di appello è partito da un presupposto erroneo, e cioè che la consumazione dei reati risaliva al (Omissis) in realtà si trattava di mero errore materiale riportato nel capo di imputazione, mentre la data del reato era (Omissis), come risultante dagli atti ed in particolare dalla sentenza di primo grado. Per il reato di cui all'articolo 590 cod. pen. la prescrizione era dunque maturata il (Omissis) e dunque sette giorni dopo la sentenza di primo grado.

 

Diritto


1. Il ricorso merita accoglimento.



2. Deve in primo luogo rilevarsi, in risposta alla eccezione formulata davanti a questa Corte dalla difesa degli imputati, che il difensore della parte civile ricorrente risulta regolarmente legittimato alla presente impugnazione in quanto fornito di procura speciale conferita all'atto di costituzione in giudizio della stessa parte civile. Occorre al riguardo ricordare che le sezioni unite della Corte (sez. un. 27.10.2004 n. 44712 rv 229179) hanno ritenuto non necessario al fine della legittimazione del difensore della parte civile a proporre impugnazione, l'espresso riferimento al potere di interporre il gravame, essendo consentito ricavare in via interpretativa, alla luce del complessivo tenore della procura, la volontà della parte di attribuire anche un tale potere.

Nella specie, come si è detto, deve aversi riguardo alla procura conferita in calce all'atto di costituzione in giudizio della stessa parte civile. In tale atto il mandato difensivo è stato attribuito con riferimento al "procedimento penale" in cui avveniva la costituzione stessa, espressione questa che, nella sua ampiezza e indeterminatezza, comprende anche il potere di presentare le impugnazioni consentite dalla legge nel procedimento stesso e dunque il presente ricorso per cassazione.


3. Venendo al merito del proposto ricorso e cioè la data del commesso reato, risulta dall'esame degli atti, consentito al Collegio data la natura della questione posta, che l'incidente sul lavoro di cui è processo è effettivamente avvenuto il (Omissis) puntualmente la sentenza di primo grado, nel riferire i fatti di causa, dava atto di tale data, nonostante la diversa indicazione contenuta nel capo di imputazione, da ritenersi frutto di mero errore materiale; e che l'infortunio si sia verificato effettivamente il (Omissis), e non il (Omissis), è confermato dal verbale di accettazione redatto dal pronto soccorso dove il Qu. si recò subito dopo l'incidente, che reca proprio la detta data.

Ne deriva che mentre correttamente la Corte di appello ha dichiarato la intervenuta prescrizione delle contravvenzioni alla normativa antinfortunistica già prima della sentenza di primo grado, essendo per esse il termine prescrizionale massimo di 4 anni e mezzo, risulta invece erronea la dichiarazione di prescrizione del reato ex articolo 590 c.p., il cui temine massimo di prescrizione è di sette anni e mezzo, termine che, avuto riguardo alla data del (Omissis), non era ancora decorso il 6.3.2008 allorchè interveniva la sentenza di primo grado.

E' dunque fondato il ricorso formulato dalla parte civile e da ciò, ferme rimanendo le statuizioni rese ai fini penali in mancanza di impugnazione al riguardo da parte del pubblico ministero, deriva la illegittimità delle statuizioni adottate dalla Corte di appello in ordine alla responsabilità civile, risultando priva di giustificazione la avvenuta eliminazione delle statuizioni civili, che devono invece essere confermate.

Risulta infatti dalla stessa sentenza impugnata, sopra riportata, che la Corte di appello ha approfonditamente delibato il tema della responsabilità degli imputati, confermando il giudizio espresso dal giudice di primo grado circa l'addebitabilità ai medesimi dell'incidente avvenuto per difetto di formazione e informazione. Solo a causa dell'errore circa la data di commissione del reato la Corte di appello si è determinata ad eliminare le statuizioni civili, ma, una volta accertato, per quanto sopra detto, l'esistenza di tale errore, le statuizioni civili rese in primo grado devono essere confermate.

3. Conclusivamente, deve essere annullata senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla disposizione "Elimina le statuizioni civili" e tale disposizione deve essere soppressa, ritenendosi confermate le statuizioni civili della sentenza di primo grado. Gli imputati, in solido, vanno condannati alle spese sostenute in questo grado di giudizio dalle parti civili, liquidate in complessivi euro 3000,00 oltre accessori come per legge.

 

P.Q.M.



Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla disposizione "Elimina le statuizioni civili" disposizione che sopprime ritenendosi confermate le statuizioni civili della sentenza di primo grado. Condanna gli imputati, in solido, alle spese sostenute in questo grado di giudizio dalle parti civili che liquida in complessivi euro 3000,00 oltre accessori come per legge.