T.A.R. Lazio, Sez. 1, 16 giugno 2011, n. 5387 - Infermità e causa di servizio


 

 

N. 05387/2011 REG.PROV.COLL.

N. 10253/2007 REG.RIC.




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 



sul ricorso numero di registro generale 10253 del 2007, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
N. Michele, rappresentato e difeso dagli avv.ti Felice Giuliani, Giancarlo Zoppini, Leonardo D'Aloiso, con domicilio eletto presso Giancarlo Zoppini in Roma, via della Scrofa, 57;


contro

- Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
- Ministero dell'Economia e delle Finanze, Consiglio Superiore della Magistratura - Csm;


per l'annullamento

1) del decreto ministeriale n. 8226 del 17.7.2007, emesso dal Ministro della giustizia, notificato il 12.9.2007, con il quale è stato decretato il non riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità “Lombosciatalgia dx da discopatica L4 – L5-S1” e “piccolo angioma del soma di L3”;

2) di tutti gli atti posti a base del provvedimento e comunque connessi, sia presupposti che conseguenziali, anche se non conosciuti, tra i quali (conosciuti solo attraverso la lettura del decreto ma mai notificato al dr. N., che non ne dispone):

- il verbale n. 19667/2005 del Comitato di verifica per le cause di servizio, relativo alla seduta del 28.11.2006, laddove è stato espresso il parere che la lombosciatalgia non può riconoscersi dipendente da fatti di servizio “in quanto trattasi di forma morbosa derivante, nella maggior parte dei casi, da una patogenesi artrogena associata ad usura dei dischi cartilaginei intervertebrali, sull’insorgenza e decorso della quale gli invocati eventi di servizio non si appalesano tali da assurgere a fattoria causali o concausali efficienti e determinanti “ e che il piccolo angioma del soma di L3 non può riconoscerti “in quanto trattasi di affezione la cui etiopatogenesi, secondo gli attuali orientamenti scientifici, deve individuarsi in fattori di ordine costituzionale. Pertanto, il servizio prestato non può avere nocivamente influito, neppure sotto il profilo concausale efficiente e determinante sull’insorgenza e decorso dell’infermità in questione. Quanto sopra dopo avere esaminato e valutato, senza tralasciarne alcuno, tutti gli elementi connessi con lo svolgimento del servizio da parte del dipendente e tutti i precedenti di servizio risultanti agli atti”;

- la delibera del Consiglio Superiore della Magistratura, adottata il 14.3.2007, nella quale è stato deliberato il non riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle predette infermità, con la motivazione “ritenuta la condivisibilità delle conclusioni tecniche del Comitato di verifica per le cause di servizio in ordine alla sussistenza del nesso causale, conclusioni che appaiono condivisibilie ed esaurientemente motivate”; nonché per l’annullamento dei seguenti atti, impugnati con motivi aggiunti:

1) decreto ministeriale n. 8226 – bis del 6.4.3009, emesso dal Ministro della Giustizia, notificato il 16.5.2009, con il quale è stato:

a) annullato il decreto ministeriale n. 8226 del 17.7.2007, impugnato con il ricorso principale;

b) decretato il non riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità “Lombosciatalgia dx da discopatia L4 – L5/L5 – S1” e “piccolo angioma del soma di L3”.



2) di tutti gli atti posti a base del provvedimento e comunque connessi, sia presupposti che conseguenziali, anche se non conosciuti, tra i quali (conosciuti solo attraverso la lettura del decreto ma mai notificato al dr. N., che non ne dispone):

- il verbale n. 19667/2005 del Comitato di verifica per le cause di servizio, relativo alla seduta del 28.11.2006, laddove è stato espresso il parere che la lombosciatalgia non può riconoscersi dipendente da fatti di servizio “in quanto trattasi di forma morbosa derivante, nella maggior parte dei casi, da una patogenesi artrogena associata ad usura dei dischi cartilaginei intervertebrali, sull’insorgenza e decorso della quale gli invocati eventi di servizio non si appalesano tali da assurgere a fattoria causali o concausali efficienti e determinanti” e che il piccolo angioma del soma di L3 non può riconoscerti “in quanto trattasi di affezione la cui etiopatogenesi, secondo gli attuali orientamenti scientifici, deve individuarsi in fattori di ordine costituzionale. Pertanto, il servizio prestato non può avere nocivamente influito, neppure sotto il profilo concausale efficiente e determinante sull’insorgenza e decorso dell’infermità in questione. Quanto sopra dopo avere esaminato e valutato, senza tralasciarne alcuno, tutti gli elementi connessi con lo svolgimento del servizio da parte del dipendente e tutti i precedenti di servizio risultanti agli atti”;

- la delibera del Consiglio Superiore della Magistratura, adottata il 14.3.2007, nella quale è stato deliberato il non riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle predette infermità, con la motivazione “ritenuta la condivisibilità delle conclusioni tecniche del Comitato di verifica per le cause di servizio in ordine alla sussistenza del nesso causale, conclusioni che appaiono condivisibilie ed esaurientemente motivate”;

- il verbale nr. 35304/2007 del Comitato di verifica per le cause di servizio, relativo alla seduta dell’1.9.2008, laddove è stato espresso il parere che la lombosciatalgia non può riconoscersi dipendente da fatti di servizio “in quanto nelle osservazioni presentate dall’interessato non rilevano elementi di valutazione tali da far modificare il precedente giudizio espresso. Quanto sopra dopo avere esaminato e valutato, senza tralasciarne alcuno, tutti gli elementi connessi con lo svolgimento del servizio da parte del dipendente e tutti i precedenti di servizio risultanti agli atti”;

- la delibera del Consiglio Superiore della Magistratura, adottata il 4.2.2009, nella quale è stato deliberato il non riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle predette infermità, con la motivazione “ritenuta la condivisibilità delle conclusioni tecniche del Comitato di verifica per le cause di servizio”, conformemente al nuovo parere del Comitato; nonché per la dichiarazione della dipendenza da causa di servizio delle infermità “Lombosciatalgia dx da discopatica L4 – L5-S1” e “piccolo angioma del soma di L3”, con la conseguente condanna del Ministero della Giustizia alla corresponsione dei benefici economici richiesti.




Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del giorno 11 maggio 2011 la d.ssa Silvia Martino;

Uditi gli avv.ti delle parti, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:



Fatto

 



1. Il ricorrente ha prestato attività lavorativa dal 9.10.1985 al 15.9.1999 nella Guardia di Finanza, dalla quale si è congedato con il grado di Capitano in servizio permanente effettivo, e dal 16.9.1999 nella magistratura ordinaria, nella quale ha svolto tirocinio presso Uffici del distretto di Corte d’Appello di Bari. Indi, è stato giudice del Tribunale di Larino dal 2.5.2001, al 27.2.2007, e, attualmente, svolge le funzioni di giudice del Tribunale di Lucera, sezione distaccata di Rodi Garganico dal 28.2.2007.

Nel corso del servizio svolto presso la GdF gli sono state riconosciute come dipendenti da causa di servizio le infermità: 1) rinofaringite cronica; 2) gastroduodenite ipertrofica; 3) note di broncopatia ostruttiva in paziente con pregresso focolaio broncopneumonico.

In data 14.7.2004, a seguito di esame di risonanza magnetica, gli sono state riscontrate le infermità:1) salienza discale posteriore a L4 – L5 e postero mediana a L5 – S1; 2) piccola angioma del soma di L3.

Ritenendo che le stesse fossero derivate dalle postura alla quale la sua professione lo costringe, e gli impone di trascorrere moltissime ore al giorno seduto, in udienza o nel disbrigo di pratiche di ufficio, in data 4.8.2004 ha chiesto che le predette infermità fossero riconosciute come dipendenti da causa di servizio.

E’ stato quindi sottoposto a visita da parte della Commissione medica di verifica di Campobasso in data 26.1.2005.

Detta Commissione, ha espresso, ai fini dell’equo indennizzo, il seguente giudizio:

A) lombosciatalgia dx da discopatia L4 – L5 e L5 – S1 ascrivibilità a VIII cat TAB A dalla data della domanda; B) piccolo angioma n.c.,

La citata Commissione ha concluso per la ascrivibilità della menomazione complessiva alla tabella A, categoria VIII massima, e per la ascrivibilità della menomazione complessiva – conseguente a tutte le infermità – alla tabella A, categoria VII massima.

Il Comitato di Verifica ha poi espresso il diverso giudizio, meglio indicato in epigrafe, successivamente condiviso anche dal C.S.M., con conseguente diniego, da parte del Ministro, dei benefici richiesti.

Avverso siffatte determinazioni, parte ricorrente ha dedotto:

1) Assenza di motivazione;

2) Difetto di motivazione;

3) Carenza di motivazione. Violazione di legge;

4) Omessa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.

Domanda, in conclusione, oltre l’annullamento degli atti impugnati, che questo TAR dichiari la dipendenza da causa di servizio delle infermità in precedenza menzionate, nonché accerti la sussistenza del diritto alla corresponsione dell’equo indennizzo, con conseguente condanna del Ministero della Giustizia alla corresponsione dei benefici economici predetti.

Si è costituito, per resistere, il Ministero della Giustizia.

A seguito della trasmissione di documentazione integrativa da parte del ricorrente, il Ministero ha peraltro avviato una nuova procedura, in esito alla quale ha adottato il decreto 8226 – bis.

In esso, ha dato conto del nuovo parere del Comitato di verifica per le cause di servizio, di conferma del precedente parere, ed emesso sul presupposto che detta documentazione integrativa, e le ulteriori osservazioni presentate dal dr. N., non permettono di rilevare elementi di valutazione tali da far modificare il precedente giudizio espresso.

Siffatto decreto, e gli atti allo stesso presupposti, vengono gravati dal ricorrente con i seguenti motivi aggiunti:

1) Assenza di motivazione.

Il Comitato per la verifica della cause di servizio, nell’originario verbale, ha fatto riferimento ad una genesi costituzionale della patologia, riportandosi però al dato scientifico astratto, senza quindi considerare la particolare situazione del ricorrente.

Egli allega, all’uopo, una consulenza medica di parte in cui si evidenzia come la protrusione discale sia stata causata anche da fattori (quali la prolungata posizione posturale), sicuramente ascrivibili al servizio in magistratura.

In particolare, nel periodo in considerazione, egli ha tenuto circa 405 udienze, per un totale di 1.400 provvedimenti redatti.

Nulla muta però con il parere espresso dal Comitato di verifica in data 1.9.2008, il quale ha obliterato la rilevanza concausale dei fattori evidenziati nel rapporto della Guardia di Finanza.

2) Difetto di motivazione.

Non vi è stata analitica confutazione, da parte del Comitato, del parere espresso dalla Commissione medica.

Ad ogni buon conto il parere negativo reso dal primo, può essere riesaminato criticamente in sede giurisdizionale, allorquando, come nella specie, sia il frutto di una carenza istruttoria e risulti non adeguatamente motivato.

3) Carenza di motivazione. Violazione di legge.

Il difetto di esame dell’intera documentazione prodotta, è ora superato dal nuovo decreto emesso dal Ministero. L’amministrazione ha tuttavia costretto il ricorrente a gravarsi contro il primo decreto ed ad affrontare le relative spese.

4) Omessa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.

Prima di emettere il decreto impugnato, il ricorrente avrebbe dovuto essere notiziato attraverso il c.d. “preavviso di rigetto”.

Domanda, in conclusione, oltre l’annullamento degli atti impugnati, che questo TAR dichiari la dipendenza da causa di servizio delle infermità in precedenza menzionate, nonché accerti la sussistenza del diritto alla corresponsione dell’equo indennizzo, con conseguente condanna del Ministero della Giustizia alla corresponsione dei benefici economici predetti.

Resiste anche ai motivi aggiunti il Ministero della Giustizia.

Il ricorso, e i motivi aggiunti, sono passati in decisione alla pubblica udienza dell’11 maggio 2011.

 

Diritto



1. In via preliminare, deve darsi atto dell’improcedibilità del ricorso principale per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto, come riconosciuto dallo stesso ricorrente, le determinazioni originarie dell’amministrazione sono state annullate e integralmente sostituite da quelle gravate con i motivi aggiunti.

2. L’azione impugnatoria, proposta con i motivi aggiunti, è infondata.

2.1. Nell’ordine logico delle questioni, viene in rilievo, in primo luogo, la censura relativa all’omissione del c.d. “preavviso di rigetto”.

Escluso che possa farsi applicazione, per la peculiarità della normativa relativa all’equo indennizzo, della deroga espressamente prevista dall’art. 10 - bis della l. n. 241/90 in ordine ai “procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali” – opina il Collegio che, nella fattispecie, la determinazione del C.S.M. non avrebbe potuto essere diversa da quella in concreto adottata.

E’ noto, infatti, che il giudizio medico – legale, reso dal Comitato per la verifica delle cause di servizio, si impone all’amministrazione, la quale, per sovvertirne le conclusioni, deve disporre di elementi di carattere tecnico – amministrativo ulteriori e/o diversi da quelli vagliati dal Comitato.

Nella fattispecie, inoltre, non è contestato che tutte le scansioni procedimentali previste dal d.P.R. n. 461/2001 (recante “semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio, per la concessione della pensione privilegiata ordinaria e dell'equo indennizzo, nonché per il funzionamento e la composizione del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie), siano state compiutamente osservate, non risultando pertanto evidente quali ulteriori elementi il dr. N. avrebbe potuto prospettare all’Organo di autogoverno ove fosse stato tempestivamente reso edotto delle determinazioni del Comitato.

2.2. Pure infondata risulta la censura relativa all’omessa, puntuale confutazione del giudizio espresso dalla CMO in ordine alla dipendenza delle summenzionate infermità da causa di servizio.

Come noto, per giurisprudenza assolutamente pacifica, e come ricordato dallo stesso ricorrente, in materia di equo indennizzo l'ordinamento vigente non mette a disposizione dell'amministrazione una serie di pareri pariordinati resi da organi consultivi diversi e dotati di identica competenza sui quali orientarsi, ma affida al Comitato di Verifica (come in passato al C.P.P.O.) il compito di esprimere un giudizio conclusivo, anche sulla base di quello reso dalla Commissione Medica Ospedaliera; pertanto, in quanto momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi espressi da altri organi precedentemente intervenuti, il parere del Comitato s'impone all'amministrazione, la quale è tenuta solo a verificare se l'organo in questione, nell'esprimere le proprie valutazioni, ha tenuto conto delle considerazioni svolte dagli altri organi e, in caso di disaccordo, se le ha confutate, con la conseguenza che un obbligo di motivazione in capo all'amministrazione è ipotizzabile solo per l'ipotesi in cui essa, per gli elementi di cui dispone e che non sono stati vagliati dal Comitato, ritenga di non poter aderire al suo parere, che è obbligatorio ma non vincolante (cfr., fra le tante, da ultimo, TAR Lazio, sez. II, 21 dicembre 2010 , n. 37911).

Nel caso di specie - se può, in astratto, convenirsi con il ricorrente circa la necessità che il Comitato, proprio al fine di fornire all’amministrazione un esaustivo e compiuto giudizio, spieghi anche perché ritiene di discostarsi dall’avviso reso dalla Commissione medica - deve tuttavia rilevarsi che il parere di quest’ultima si appalesa in realtà come del tutto apodittico, non essendo ivi spiegato alcunché circa le caratteristiche della patologia, le sue cause alla luce delle attuali conoscenze medico scientifiche, le condizioni dell'ambiente di lavoro, le caratteristiche della prestazione lavorativa, la possibile incidenza causale dell'ambiente di lavoro e delle modalità della prestazione lavorativa sulla patologia riscontrata.

La valutazione del Comitato di verifica non risulta, poi, né irragionevole né inattendibile.

Premesso che costituisce fatto notorio la possibile incidenza del lavoro di tipo sedentario, con postura forzata prolungata, sull’insorgenza e sull’evoluzione delle patologie discali, va tuttavia ricordato che, ai fini del riconoscimento di una infermità come effettivamente dipendente da causa di servizio, rileva la nozione di “concausa efficiente e determinante” di servizio, quale introdotta prima dal D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, all’art. 68 e ripresa poi dal D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 64.

In essa, possono farsi rientrare soltanto fatti ed eventi eccedenti le ordinarie condizioni di lavoro, con esclusione quindi di circostanze e condizioni del tutto generiche, che costituiscono, per così dire, fattori di rischio ordinario (cfr., da ultimo, TAR Lazio, sez. II, 5 gennaio 2011, n. 27).

In sostanza, ai fini del riconoscimento della “causa di servizio” in relazione all'equo indennizzo, occorre che l'attività lavorativa possa con certezza ritenersi concausa efficiente e determinante della patologia lamentata, non potendosi nella specifica materia far riferimento a presunzioni di sorta (Cassazione civile, sez. lav., 26 giugno 2009, n. 15074).

Nel caso in esame, non è stata fornita prova alcuna in ordine alla sussistenza di peculiari fatti di servizio, tali da costituire un fattore concreto di rischio.

Infatti gli elementi allegati dal ricorrente (quali il numero di provvedimenti redatti tra il 2000 e il 2000 - circa 1400 - ovvero i disagi sopportati, anche in relazione alle condizioni climatiche, nell’ultimo anno di servizio svolto presso la Guardia di Finanza), sono naturalmente connessi all’attività professionale del magistrato, nel primo caso, e alla vita militare nell’altro, inserendosi in un contesto di normalità che non giustifica l’attribuzione del beneficio richiesto.

3. Deve, infine, essere dichiarata inammissibile l’azione di accertamento del diritto.

3.1. Secondo un orientamento risalente, ma costantemente confermato dalla giurisprudenza amministrativa, la pretesa del trattamento economico connesso alla dipendenza da causa di servizio di una determinata infermità, ha solo apparentemente un contenuto patrimoniale, in quanto presuppone il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità medesima.

L'atto di riconoscimento (o di diniego) dell'equo indennizzo è emesso a conclusione di un procedimento in cui intervengono pareri di organi tecnico - consultivi caratterizzati da discrezionalità tecnica quanto alla riconduzione della menomazione all'integrità fisica alla malattia già riconosciuta dipendente da causa di servizio.

La posizione soggettiva del pubblico dipendente che aspiri al beneficio indennitario è, quindi, di interesse legittimo e non di diritto soggettivo.

Ne deriva, in primo luogo, che i provvedimenti che negano il riconoscimento dell'equo indennizzo vanno impugnati nel termine di decadenza e non nel più lungo termine di prescrizione.

Inoltre, solo a seguito della concessione dell'equo indennizzo le questioni in ordine all'esatta determinazione della somma dovuta rivestono posizioni di diritto soggettivo e possono essere azionate nell'ordinario termine di prescrizione (Consiglio Stato, sez. VI, 15 dicembre 2010, n. 8916).

Nel caso di specie, è, pertanto, inammissibile, l’azione di accertamento della dipendenza da causa di servizio delle patologie da cui parte ricorrente risulta affetta, nonché quella relativa all’accertamento del diritto alla corresponsione dell’equo indennizzo.

4. In definitiva, per quanto appena argomentato, il ricorso principale deve essere dichiarato improcedibile, mentre i motivi aggiunti debbono essere respinti nella parte impugnatoria, e dichiarati inammissibili per il resto.

Sembra tuttavia equo (anche in considerazione del fatto che il primo provvedimento di diniego è stato autoannullato dall’amministrazione, in considerazione della necessità di esaminare l’ulteriore documentazione prodotta dal ricorrente), compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. I^, definitivamente pronunciando sul ricorso e i motivi aggiunti di cui in premessa, così provvede:

1) dichiara improcedibile il ricorso principale per sopravvenuta carenza di interesse;

2) respinge, i motivi aggiunti, nella parte impugnatoria, dichiarandoli inammissibili per il resto.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 maggio 2011 con l'intervento dei magistrati:



Roberto Politi, Presidente

Elena Stanizzi, Consigliere

Silvia Martino, Consigliere, Estensore



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE






DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 16/06/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)