Tribunale di Genova, Sez. 1 Pen., 30 maggio 2011 - Attrezzature di lavoro e non conformità alle istruzioni d'uso


 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI GENOVA

PRIMA SEZIONE PENALE

 

IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA

 

D.ssa Fulvia MAGGIO

 

All'udienza del 17/05/11 ha pronunciato, mediante lettura del dispositivo, la seguente

 

SENTENZA

 

 

 

nei confronti di:

 

AL.MA. nato omissis - residente in omissis - elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. FO.Fa. sito in Via omissis. Difeso dall'Avv. FO.Fa. del Foro di Genova di fiducia.

 

LIBERO CONTUMACE

 

IMPUTATO

 

per il reato p. e p. dall'art. 590 co. 1-2-3 c.p. perché, nella qualità di datore di lavoro, in quanto Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante della "Sa.Gi. s.r.l.", cagionava, per colpa, a Ca.Se. lesioni personali gravi - consistite in "sub amputazione 2-3-4 dito mano sx" dalle quali derivava una malattia di durata superiore a giorni 40 e l'indebolimento permanente dell'organo della prensione. Colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia ed in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in particolare:

 

I) non aver preso le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro siano installate ed utilizzate in conformità alle istruzioni d'uso (violazione dell'art. 71 Co. 1 e 4 D.Lgs. 81/2008).

 

FattoDiritto

 

Il legale rappresentante della SA.GI. SPA, AL.Ma., veniva tratto a giudizio per lesioni colpose aggravate nei confronti del dipendente CA.Se., secondo l'imputazione formulata dal pubblico ministero nel decreto di citazione 13 aprile 2010, regolarmente notificato.

Nelle more del procedimento si svolgevano trattative civili con la persona offesa e all'udienza fissata per il dibattimento, prima dell'apertura del dibattimento, il difensore munito di procura speciale, richiamava la proposta di applicazione della pena di cui in dispositivo, ai sensi dell'art. 444 c.p.p., già consentita dal pubblico ministero, corredato da atto di transazione in cui la persona offesa rinunciava a qualunque azione, a fronte del pagamento, da parte di TO.As. di 35.000,00 Euro.

Ad essa si perveniva bilanciando le aggravanti con le attenuanti generiche e quella di cui all'art. 62 n. 6 c.p. e fissando la pena base in mesi due di reclusione prima della diminuzione di un terzo per la scelta del rito e della sostituzione con la pena pecuniaria corrispondente, ai sensi dell'art. 53 legge 689 del 1981.

Il Pubblico ministero di udienza consegnava il fascicolo processuale e richiamava il consenso scritto.

Ritiene questo giudice che possa essere ratificato l'accordo intervenuto tra imputato e pubblico ministero.

Invero, verificata la correttezza della qualificazione giuridica dei fatti e il bilanciamento delle aggravanti grazie all'applicazione della circostanza del tempestivo risarcimento del danno, risultante dalla quietanza in atti, nonché delle circostanze generiche, in ragione dell'incensuratezza dell'imputato e delle istruzioni a suo tempo fornite ai lavoratori per utilizzare il macchinario che aveva cagionato l'amputazione (cfr. s.i. rese da altro lavoratore CH., presente ai fatti, all. 4 relazione ASL 3,) non si deve fare altro che applicare la pena nella specie e nella misura indicata dalle parti, ritenendosi peraltro la stessa congrua perché proporzionata al fatto-reato considerato nella sua globalità. La conversione in pena pecuniaria rispetta i parametri vigenti al momento del fatto, prima della legge n. 94 del 2009. Le spese non riconducibili a quelle del procedimento ai sensi dell'art. 445 c.p.p., ricadono sull'imputato.

D'altro canto, non v'è spazio nella specie per un proscioglimento allo stato degli atti, non sussistendone le condizioni legittimanti, alla luce degli atti.

 

P.Q.M.

 

 

Visti gli artt. 444 e segg. c.p.p.,

 

dato atto della concorde richiesta della pena formulata dalle parti, concessa l'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p., equivalente alle aggravanti e tenuto conto della scelta del rito, applica la pena di mesi due di reclusione, convertita nella pena pecuniaria di Euro 2.280,00 di multa.

 

Visto l'art. 445 c.p.p.,

 

pone le spese non rientranti tra quelle indicate dalla norma a carico dell'imputato.