Corte di Appello di L'Aquila, Sez. Pen., 14 settembre 2011 - Mancanza della protezione automatica dalla ricaduta del carroponte


 



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D'APPELLO DI L'AQUILA
SEZIONE PENALE

La Corte d'Appello di L'Aquila,

composta dai Sigg. Magistrati:
dott. Luigi Catelli - Presidente rel. -
dott.ssa Armanda Servino - Consigliere -
dott. Armando De Aloysio - Consigliere -

all'udienza del 1 luglio 2011, con l'intervento del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Domenico Castellani e con l'assistenza del cancelliere dr.ssa Gabriella Caldara ha pronunziato la seguente


SENTENZA

 


Nel processo penale a carico di:
1) B.P., nato ***, res.te a Cassina de' Pecchi (MI), ***
Libero contumace
Difensore di fiducia:
Avv. P.M. del Foro di Pescara
2) T.P., nato ***, res.te a Folignano, ***
Libero contumace
Difensore di fiducia:
Avv. C.G. del Foro di Pescara
Parte civile: C.P.
c/o Avv. M.V. del Foro di Lanciano

Imputati
B.P. - D'I.L. (non appellante) - (n. 117/05 R.G.N.R.)
del delitto p. e p. dagli artt. 110 e 590 c.p. perché, in concorso tra loro, il B. quale legale rappresentante della ditta R. S.r.l. con sede in Atessa e il D'I. quale legale rappresentante della ditta I. S.r.l., fornitrice degli impianti per la vulcanizzazione dei tubi alla R. S.r.l., per colpa, consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e violazione della normativa antinfortunistica, cagionavano l'infortunio occorso a C.P., il quale mentre era intento a lubrificare la guarnizione del portellone dell'autoclave, veniva colpito alla testa e alla schiena dal carrello che si era improvvisamente abbassato rimanendone schiacciato, così cagionandogli lesioni personali consistite in: "contusione rachide lombo sacrale e del bacino; distorsione rachide cervicale, ginocchio e caviglia sin." guaribili in gg. 80; segnatamente:


B., in qualità di datore di lavoro non predisponeva un adeguato dispositivo di sicurezza idoneo ad evitare che il movimento del carro binario potesse determinare lo schiacciamento delle persone, in violazione dell'art. 41 D.P.R. 547/55;

D'I., in qualità di titolare della ditta fornitrice del macchinario, cedeva alla ditta R. S.r.l. un impianto privo dei dispositivi di sicurezza, in violazione dell'art. 6 D.Lgs. 626/94.

T.P. - (n. 184/06 R.G.N.R.)
del delitto p. e p. dagli artt. 110 e 590 c.p. perché, in qualità di direttore e responsabile della Sicurezza sul lavoro della azienda R. S.r.l. di Atessa, in concorso con il legale rappresentante della medesima ditta B.P. e con D'I.L., legale rappresentante della ditta I. S.r.l. fornitrice degli impianti per la vulcanizzazione dei tubi alla R. S.r.l. per i quali si è proceduto separatamente, per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e violazione della normativa antinfortunistica, cagionavano l'infortunio occorso a C.P., il quale mentre era intento a lubrificare la guarnizione del portellone dell'autoclave, veniva colpito dalla testa e alla schiena dal carrello che si era improvvisamente abbassato rimanendone schiacciato, così cagionandogli lesioni personali consistite in: "contusione rachide lombo sacrale e del bacino; distorsione rachide cervicale, ginocchio e caviglia sin." guaribili in gg. 80; segnatamente:
B., in qualità di datore di lavoro non predisponeva un adeguato dispositivo di sicurezza idoneo ad evitare che il movimento del carro binario potesse determinare lo schiacciamento delle persone, in violazione dell'art. 41 D.P.R. 547/55; D'I., in qualità di titolare della ditta fornitrice del macchinario, cedeva alla ditta R. S.r.l. un impianto privo dei dispositivi di sicurezza, in violazione dell'art. 6 D.Lgs. 626/94;
T., in qualità di responsabile per la sicurezza sul lavoro, nell'esercizio del suo dovere di vigilanza e controllo, ometteva di segnalare al datore di lavoro la carenza di adeguati dispositivi di sicurezza atti ad evitare che il movimento del carro binario potesse determinare lo schiacciamento delle persone, in violazione dell'art. 41 D.P.R. 547/55.
Appellanti gli imputati B.P. e T.P. avverso la sentenza n. 194/2009 in data 18 dicembre 2009 del Tribunale di Lanciano - Sez. distaccata di Atessa, con la quale in relazione ai reati di cui sopra veniva pronunziato il seguente DISPOSITIVO:

"Visto l'art. 530 c.p.p.
Assolve
D'I.L. dal reato a lui ascritto in rubrica per non aver commesso il fatto;
Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p.
Dichiara
B.P. e T.P. colpevoli del reato loro ascritto in rubrica e, concesse le attenuanti, li condanna alla pena di Euro 600 di multa ciascuno. Pena interamente condonata.
Visti gli artt. 538 e segg. c.p.p.
Condanna
B.P. e T.P. in solido al risarcimento del danno causato alla parte civile costituita, da liquidarsi in separato giudizio, assegnando alla medesima una provvisionale di Euro 10.000,00, nonché alla rifusione delle spese di costituzione in giudizio della stessa parte civile, liquidate in complessiva Euro 2.000,00 per diritti ed onorari, oltre al rimborso spese forfettarie, I.V.A e C.P.A.".

 

FattoDiritto

 


A seguito di distinti decreti di citazione, B.P. e D'I.L. (n. 117/05 R.G.N.R.), e T.P. (n. 184/06 R.G.N.R.) venivano tratti a giudizio innanzi al Tribunale di Lanciano, Sez. Distaccata di Atessa, per rispondere del delitto di lesioni colpose aggravate meglio descritto in rubrica, commesso in Atessa, il ***, in danno del dipendente C.P.
Disposta la riunione dei processi, all'esito dell'espletata istruttoria dibattimentale, con sentenza in data 18 dicembre 2009 il Tribunale assolveva D'I.Lu. per non aver commesso il fatto; dichiarava invece colpevoli Be.Pi. e To.Pi., e, in concorso di attenuanti generiche, li condannava alla pena, dichiarata interamente condonata, ex L. 241/2006, di Euro 600 di multa ciascuno, al pagamento delle spese processuali, al risarcimento dei danni patiti dalla costituita P.C., da liquidarsi in separata sede (ma con concessione di una provvisionale di Euro 10.000), nonché al rimborso delle spese processuali in favore delle predetta P.C., liquidate in complessivi Euro 2.000, oltre accessori.


Avverso la condanna ha proposto appello il difensore di B.P., con atto depositato il 1 febbraio 2010.
Ha dedotto come il giudice di primo grado sia stato pervaso "da una sorta di dubbio circa l'effettiva responsabilità" del B., avendo ritenuto, per come emerso in dibattimento, che l'aver omesso il C. di assicurare il carroponte alzato con il gancio di sicurezza aveva costituito un comportamento imprudente del lavoratore; ciò non consentiva di censurare il comportamento dell'Amministratore delegato, che non aveva serbato una condotta omissiva eziologicamente efficiente. E infatti il carroponte su cui operava il C. era dotato di un sistema di bloccaggio, che se attivato avrebbe evitato l'evento; per altro verso, la società aveva delegato per iscritto, il 1 febbraio 2003, all'ing. A. "la funzione di direttore dello stabilimento di Atessa, con delega di tutte le funzioni organizzative, dispositive e di controllo in materia di prevenzioni infortuni", e venivano svolti dei corsi per il miglior e sicuro utilizzo dei macchinari di lavoro.
Nella specie la condotta della parte lesa aveva determinato da sola l'evento; la stessa era stata "straordinariamente atipica", tale da potersi considerare un fatto sopravvenuto idoneo a recidere il nesso causale ex art. 41 c.p.
Concludeva pertanto la difesa per la riforma in senso assolutorio della decisione gravata, quanto meno ai sensi dell'art. 530, comma 2, c.p.p.; in via subordinata, invocava la riduzione della pena ai minimi edittali.


Con atto depositato il 28 gennaio 2010 ha proposto appello anche il difensore di T.P.
Censurava l'estrema laconicità della motivazione riferita al medesimo, che all'interno della compagine della ditta, quale direttore dello stabilimento, aveva diverse funzioni organizzative, ma non quella di responsabile della sicurezza, nell'accezione voluta dal legislatore (difettava invero la delega scritta, ora richiesta dall'art. 16 D.Lgs. 81/2008).
L'appellante aveva "solo compiti di segnalazione di situazioni anomale, laddove il datore di lavoro e il dirigente da esso delegato aveva invece funzione attuativa e correttiva effettiva delle fonti di pericolo"; e infatti alla data dell'infortunio, il T. ricopriva unicamente l'incarico di responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, giusta ordine di servizio del 1 febbraio 2003, mentre il ruolo di Direttore di stabilimento, sempre in data 1 febbraio 2003, era stato assegnato all'ing. A.M.

Il Tribunale aveva errato nel ritenere l'appellante il "direttore di fatto" dello stabilimento, in difetto di una investitura formale che il medesimo non possedeva (e che avrebbe ricevuto solo posteriormente all'infortunio, il 16 febbraio 2005).

Concludeva pertanto la difesa per la riforma in senso assolutorio della decisione gravata, quanto meno ai sensi dell'art. 530, comma 2, c.p.p.; in via subordinata, censurava l'eccessività della pena irrogata, e ne chiedeva la riduzione.
All'odierna udienza, contumaci gli imputati, all'esito dell'orale discussione il P.G. e i difensori concludevano nei termini in epigrafe trascritti, mentre la P.C. depositava richiesta scritte.

Al termine della camera di consiglio, la Corte ha pronunziato la sentenza dando lettura del dispositivo.

Gli appelli sono infondati e meritevoli di rigetto.

Quanto alla posizione del B., correttamente il primo giudice ha escluso la rilevanza dell'atto di delega datato 1 febbraio 2003, con il quale sarebbe stata conferita all'Ing. A.M. dall'Amministratore delegato la responsabilità di Direttore dello stabilimento di Atessa; e tanto sul rilievo che tale documento non aveva data certa, e non constava ex actis l'avvenuta accettazione del destinatario.
Secondo principi giurisprudenziali ampiamente collaudati, invero, ai sensi del D.P.R. 547/55, art. 4, il datore di lavoro è il primo e principale destinatario degli obblighi di assicurazione, osservanza e sorveglianza delle misure e dei presidi di prevenzione antinfortunistica contemplate in quel disposto normativo e negli altri che a quello fanno riferimento (e tra tali obblighi rientra certamente quello, fondamentale ed ineludibile, di fornire al lavoratore macchine ed attrezzature in regola con le prescrizioni antinfortunistiche).
Tale precipuo obbligo del datore di lavoro può essere ad altri delegato, ossia trasferito, con conseguente sostituzione e subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa originariamente capo al datore di lavoro; ma, tanto comportando una dismissione da parte del datore di lavoro - specifico e principale, ancorché non esclusivo, destinatario della norma -, di tali obblighi assegnatigli dalla legge ed un loro contestuale trasferimento ad altri, il relativo atto di delega deve essere espresso, inequivoco e certo, dovendo inoltre investire persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento, che abbia accettato lo specifico incarico, fermo restando l'obbligo per il datore di lavoro di vigilare e controllare che il delegato usi, poi, concretamente la delega, secondo quanto la legge prescrive.
Esattamente in primo grado si è escluso che una siffatta delega possa essere incerta o implicita, presumendola solo dall'esistenza di un ordine di servizio privo di data certa e di espressa accettazione del destinatario.


Accertata dunque la sussistenza in capo al Be. della posizione di garanzia richiesta dalla legge, del pari infondata è la seconda doglianza difensiva, inerente l'asserito difetto di relazione causale fra la condotta a lui contestata e l'evento.
E’ intanto indubbio che la normativa antinfortunistica sia stata nella specie violata, in quanto il macchinario de quo non garantiva efficacemente l'incolumità degli operatori, permettendo loro di trovarsi nella zona operativa senza barriere fisiche o elettroniche di protezione automatica dalla ricaduta del carroponte medesimo in posizione orizzontale; essendo a tal fine inadeguato, stante la chiara previsione normativa (art. 41 D.P.R. 547/55, Protezione e sicurezza delle macchine: "Gli elementi delle macchine, quando costituiscono un pericolo, devono essere protetti o segregati o provvisti di dispositivi di sicurezza"), il posizionamento di un fermo meccanico a gancio da azionarsi manualmente dal dipendente.
Di conseguenza va disatteso il complementare assunto difensivo secondo cui il comportamento del C., per le ragioni analiticamente illustrate nel gravame, doveva ritenersi abnorme, per essere connotato da massima imprudenza, si da determinare l'insussistenza del fatto tipico contestato ai sensi dell'art. 41, cpv., c.p.
Vanno richiamati a riguardo i consolidati orientamenti della giurisprudenza di legittimità, da condividere per la loro esattezza, secondo cui "per escludere la responsabilità del datore di lavoro "in colpa" e, quindi, per interrompere, ex articolo 41, comma 2, del c.p., il nesso causale tra la condotta colposa di questi e l'evento pregiudizievole derivatone, non basterebbe un comportamento del lavoratore pur avventato, negligente o disattento, che il lavoratore pone in essere mentre svolge il lavoro affidatogli, trattandosi di comportamento "connesso" all'attività lavorativa o da essa non esorbitante e, pertanto, non imprevedibile. Per converso, deve ritenersi che, per interrompere il nesso causale, occorra un comportamento del lavoratore che sia "anomalo", e "imprevedibile" e, come tale, "inevitabile"; cioè un comportamento del lavoratore che ragionevolmente non può farsi rientrare nell'obbligo di garanzia posto a carico del datore di lavoro. Si deve trattare, in altri termini, di un comportamento del lavoratore definibile come "abnorme", che, quindi, per la sua stranezze e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro" (cfr., recentemente, Cass. Sez. IV, 1 febbraio 2008, n. 5122, e, ex multis, Cass. Sez. IV, 4 novembre 2006, n. 36609, Cass. Sez. IV, 13 ottobre 2004, n. 40164).
In applicazione di tali principi, l'eventualità di un dipendente che non attivi la leva di blocco meccanico del carroponte appena sollevato, non rappresenta in alcun modo un evento imprevedibile, ma anzi costituisce, secondo elementari regole di prudenza, una situazione verosimile e probabile, con la conseguente necessità (altrettanto prevedibile) di dover intervenire per garantire che l'eventualità di una mancata attivazione, oggettivamente pericolosa, sia concretamente scongiurata, per evitare di mettere a rischio l'altrui l'incolumità; e per tal ragione, pur se poco prudente o perita sia stata la decisione dello sfortunato C. di procedere all'ingrassaggio del forno senza preventivamente azionare il fermo meccanico del carroponte, siffatto contegno esula dalla nozione di "abnormità" testé precisata; dovendosi ribadire che nessuna efficacia causale esclusiva può riconoscersi al comportamento del lavoratore infortunato che abbia dato occasione all'evento, quando questo sia da ricondurre, comunque, alla mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio di siffatto comportamento.
Non resta pertanto che ribadire la correttezza dell'affermazione di penale responsabilità del B.


E parimenti è a dirsi per il T.; anche a voler prescindere dall'indubbia condivisibilità delle affermazioni del primo giudice, alla stregua delle emergenze processuali, in ordine al suo ruolo di "dirigente di fatto" dello stabilimento di Atessa (con connessa posizione di garanzia per il rispetto degli obblighi antinfortunistici - cfr. Cass. Sez. IV, 8 maggio 2009, n. 19712), sono decisive le stesse affermazioni della difesa, secondo cui detto appellante ricopriva, quale responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, "solo compiti di segnalazione di situazioni anomale"; ebbene, anche a voler ammettere per ipotesi astratta che il To. abbia rivestito solo tale ruolo minimale, proprio la violazione di tale dovere di segnalazione rimarrebbe comunque, secondo il tenore letterale dell'imputazione, alla base della responsabilità del T. (".... ometteva di segnalare al datore di lavoro la carenza di adeguati dispositivi di sicurezza atti ad evitare che il movimento del carro binario potesse determinare lo schiacciamento delle persone, in violazione dell'art. 41 D.P.R. 547/55"); onde non occorre spendere altre parole per ribadire l'esattezza della decisione gravata anche nei suoi confronti.
Quanto alle doglianze di entrambi gli imputati sull'eccessività della pena, la loro genericità ed aspecificità le rende chiaramente inammissibili, ed esime la Corte dal doverle esaminare, difettando del tutto nei gravami difensivi la confutazione dialettica delle ragioni specifiche effettivamente considerate dal giudice a quo nell'irrogare il trattamento sanzionatorio.
Al rigetto dell'appello conseguono le statuizioni, in punto di spese del presente grado di giudizio, indicate nel dispositivo (art. 592, comma 1, c.p.p.), nonché la condanna degli imputati alla rifusione delle spese processuali di secondo grado in favore della parte civile, secondo la liquidazione adottata in dispositivo.

P.Q.M.


Visto l'art. 605 c.p.p., conferma la sentenza in data 18 dicembre 2009 del Tribunale di Lanciano, sezione distaccata di Atessa, appellata dagli imputati B.P. e T.P., che condanna al pagamento delle maggiori spese nonché alla rifusione delle spese del grado sostenute dalla parte civile, che liquida in complessivi Euro 900,00 per diritti ed onorario, oltre accessori come per legge.
Motivazione riservata entro il 15 settembre 2011.