Tribunale di Milano, Sez. Lav., 24 ottobre 2011 - Licenziamento individuale e demansionamento


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE LAVORO

Il dott. Giorgio Mariani, in funzione di giudice del lavoro,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA


nella causa iscritta al numero di ruolo generale sopra riportato, promossa con ricorso depositato in data 1 giugno 2010 da
A.D., elettivamente domiciliato in Milano, Viale (...), presso lo studio degli Avv.ti M.G. e U.G., che lo rappresentano e difendono, per delega in margine al ricorso introduttivo;
ricorrente
contro
S. S.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Milano, C.so (...), presso lo studio dell'Avv. A.R., che lo rappresenta e difende, unitamente agli Avv.ti A.P. e M.D., per delega in calce alla copia notificata del ricorso; convenuto e contro S. S.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Milano, Via (...), presso lo studio dell'Avv. G.R., che lo rappresenta e difende, unitamente agli Avv.ti E.I. e F.M., per delega in calce alla copia notificata del ricorso; convenuto

Oggetto: licenziamento individuale e demansionamento.

 

Fatto

 

Con ricorso depositato in data 1 giugno 2010, A.D. ricorreva al Tribunale di Milano, in funzione di giudice del lavoro, per sentire accogliere le sopra indicate conclusioni nei confronti di S. S.r.l. e S. s.r.l. Riferiva il ricorrente di essere stato assunto da S. S.r.l. in data 11 febbraio 2008 con la qualifica di Quadro e di essere stato licenziato dalla società il 4 dicembre 2009, per giustificato motivo oggettivo (doc. 62 fasc. ric.), con effetto dal 15 dicembre 2009.
A.D. ricostruiva dettagliatamente la propria vicenda lavorativa, riferendo di essere stato immediatamente investito di mansioni superiori (B.D.), le stesse mansioni del dimissionario dott. Z.

Di fatto, come recato nei messaggi aziendali di posta elettronica, egli era in sostanza il Nuovo Responsabile Aziende Lombardia. Tuttavia, a giugno 2010, era stato assunto, proprio quale Nuovo Responsabile Aziende Lombardia, P.K., che aveva cominciato a tenere un atteggiamento irriguardoso nei confronti del ricorrente, come dei venditori. Da quel momento era iniziato un sistematico svilimento della attività di A., con progressiva sottrazione delle sue mansioni e sua riqualificazione professionale come sales consultant, ossia venditore.
A.D. era stato anche tenuto all'oscuro della creazione della nuova società S. S.r.l., contrariamente a tutto il resto del personale.
Peraltro, le retribuzioni avevano cominciato a giungergli in ritardo.
Progressivamente, egli era stato asseritamente spostato, il 1 dicembre 2009, al rientro da un periodo di malattia, in un'aula destinata allo studio e all'insegnamento, senza rete LAN e senza telefono fisso, per poi essere ricollocato in C.so (...) ove era stato obbligato più volte a cambiare scrivania e aula. Questi ed altri episodi erano stati alla base dell'insorgere di una patologia ansioso - depressiva.
Il licenziamento per g.m.o. gli era stato comunicato il 4 dicembre 2009, con efficacia dalla fine della sua malattia, il 15 dicembre 2009.
Su tali basi in fatto, A.D. chiedeva al Tribunale:
a) di accertare il demansionamento subito da parte di S. S.r.l., accertando e dichiarando che da tali condotte illecite sono conseguiti i danni patrimoniali e non patrimoniali per il ristoro dei quali chiedeva il pagamento della somma complessiva di Euro 95.144,71, anche in considerazione del danno biologico risentito, di rilevante entità;
b) di accertare la debenza degli elementi premiali per Euro 1.600,00;
c) di condannare S. S.r.l. al rimborso, in favore del ricorrente, delle spese mediche e di cura da questi sostenute per Euro 379,53;
d) di accertare la nullità o l'illegittimità del licenziamento discriminatorio e/o ritorsivo, poiché privo di giustificato motivo e/o giusta causa, e, per l'effetto, di condannare S. S.r.l. alla reintegrazione dell'A. in un posto di lavoro congruo rispetto alla qualifica e al livello retributivo contrattualmente dovuti oltre che alla corresponsione delle retribuzioni globali di fatto medio tempore maturate ed al risarcimento del danno ex art. 18 Stat. Lav. sulla base di una retribuzione mensile globale di fatto pari ad Euro 4.766,66, con la ricostituzione della posizione assicurativa e previdenziale;
e) in via alternativa o subordinata, di condannare Sh. S.r.l. alla reintegrazione dell'esponente in una posizione di lavoro corrispondente a quella dovuta secondo legge e contratto, con condanna di Sh. S.r.l. e di Sh. S.r.l. delle retribuzioni globali di fatto medio tempore maturate ed al risarcimento del danno ex art. 18 Stat. Lav. Si costituivano S. S.r.l. e S. S.r.l., chiedendo il rigetto del ricorso. Tentata invano la conciliazione, il giudice ammetteva la consulenza tecnica e la prova testimoniale con ordinanza 1 ottobre 2010.
Espletate le prove, S. S.r.l. depositava una istanza di revisione di provvedimenti istruttori e, successivamente, una istanza per l'astensione del giudice. Il Tribunale rendeva perciò l'ordinanza 15/16 febbraio 2011, con cui rigettava entrambe le istanze, fissando per il 2 maggio 2011 l'udienza per l'incarico al medico -legale dott. P.C. Depositato l'elaborato peritale, all'udienza del 24 ottobre 2011, pertanto, la causa veniva posta in decisione con contestuale lettura del dispositivo.

 

Diritto


1. Innanzitutto, va rilevato che il Tribunale non ha accolto l'istanza di rinvio della discussione elevata in udienza da S. S.r.l., legata ad un ritardo del CTU nel deposito dell'elaborato.
L'elaborato è stato depositato il 18 ottobre 2011. S. S.r.l. non ha manifestato l'intenzione di prestare osservazioni alla consulenza (peraltro a lei largamente favorevole), ed anzi, ha discusso in sede orale su di essa, mostrando quindi di avere piena cognizione del mezzo istruttorio, che era stato inviato in bozza tempestivamente dal CTU ai consulenti di parte. La decisione del Tribunale quindi non ha leso in alcun modo il contraddittorio fra le parti.

2. Nel merito, il ricorso di A.D. va accolto nei limiti che seguono, senza che sia necessario procedere ad alcun supplemento istruttorio.
Quanto al demansionamento, la questione in fatto non necessita di alcun supplemento istruttorio risultando provata per via documentale.
Innanzitutto, la discussione si può limitare al demansionamento.

Il mobbing è evocato dal ricorrente in fase di discussione dei fatti, quasi a voler aggiungere al petitum una nuova causa petendi, che però è, di fatto, inessenziale per la decisione sulle singole sue domande. A.D., viene assunto da S. S.r.l. come D. (doc. 1 fasc. ric.) e qualifica di Quadro, febbraio 2008. Il 20 febbraio 2008, il ricorrente riceve dal Direttore Commerciale, Dott. E.D., l'incarico di curare la selezione del personale finalizzata alla copertura di posizioni di sales consultant nell'area della Lombardia, dell'Emilia Romagna e del Piemonte (docc. 5, 6 e 7 fasc. ric.).
Il 22 febbraio 2008 riceve una e.mail per conoscenza, diretta a V.D., in cui si comunica che egli è stato inserito nella mailing list per incontri con i top clients in qualità di "Nuovo Responsabile aziende Lombardia" (doc. 8 fasc. ric.). Egli collabora con il Direttore Generale Area Nord, Ing. A.L., il quale gli chiede pareri per la formulazione di contratti e supporto nelle attività di visita presso clienti in area Piemonte (docc. 9, 10 e 11 fasc. ric.). Insomma, al ricorrente viene di fatto assegnata la funzione di C.B. (v. doc. 12 fasc. ric., biglietto da vista) e non quella recata dal contratto di D.C. Nel doc. 13 fasc. ric. (organigramma indicato come di S. S.r.l.), il ruolo del ricorrente è definito: "Responsabile Commerciale Lombardia". Presso a poco tale funzione viene individuata nel doc. 26 fasc. ric. ("Responsabile aziende Milano e Lombardia") a firma E.D. Né si deve ritenere che questa funzione sia più apparente che reale. Invero A.D. riporta ai dirigenti del settore commerciale (E.D. e A.L., doc. 24 fasc. ric.); seleziona e regola i sales consultants (doc. 14 fasc. ric.: schema delle indicazioni contrattuali ed economiche dei consulenti della rete vendita); collabora alla individuazione della strategia commerciale (doc. 15 e 16 fasc. ric.); interloquisce con la clientela vecchia e nuova (R. S.p.A., C. S.p.A., A. S.p.A.: docc. 17, 18 e 19 fasc. ric.); definisce gli obiettivi di vendita dei sales consultants sulla base del budget (doc. 20 fasc. ric.); interloquisce sulla assegnazione di aziende (doc. 23 fasc. ric.).
La svolta negativa per il ricorrente si individua cronologicamente con l'assunzione, come "C.M.", di P.K. dal 1 luglio 2008 (doc. 27 fasc. ric.). La mansione del neoassunto è esattamente quella ricoperta fino ad allora da A.D. K. dispone di A. in maniera perentoria (doc. 28 fasc. ric.) e il ricorrente viene reso destinatario di posta evidentemente destinata ai sales consultats (doc. 29 fase, ric., dove K. individua il sistema di valutazione di costoro, e fra essi An.). Come sale consultant A.D. viene indicato (e definito espressamente) nel doc. 33 fase, ric., dove egli viene invitato a svolgere attività di vendita telefonica, come nel doc. 35 fasc. ric., dove viene invitato agli "(...)". K. richiama poi A. (siamo all'8 settembre 2008) per non aver partecipato di persona alla campagna di promozione telefonica.
Insomma, l'arrivo di K., come detto, determina un immediato e drastico ridimensionamento delle mansioni di A.D., che durerà, intensificandosi (si vedano i docc. 54 bis, ter e quater fasc. ric.) anche dopo l'uscita incentivata da S. S.r.l. e la sua sostituzione con S.M. Questo stato di cose scivola fino all'esproprio della funzione residua del ricorrente in favore della neocostituita Sh. S.r.l. (cfr. doc. 58 fasc. ric.) ed al suo licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il 4 dicembre 2009 (doc. 62 fasc. ric.).

 

3. Circa la quantificazione del danno, A.D. la riporta non solo alla giurisprudenza in tema di violazione dell'art. 2103 c.c., ma anche al danno biologico, asseverato da una CTP medica che indica una sua invalidità del 10% per disturbo dell'adattamento con ansia ed umore depresso misti, DSMIVTR.

Il Giudice ha quindi ammesso CTU medico - legale. Il Consulente del Tribunale ha concluso riferendo quanto segue (pag. 13 elab.): "la situazione lavorativa avversa è stata causa di un Disturbo dell'Adattamento, che costituisce danno biologico. Passando, da ultimo, alla quantificazione del danno, occorre considerare che si è trattato di condizione psicopatologica di lieve entità (si noti che il Disturbo dell'Adattamento era quantificato nella tabella B. - V. del 2001 fino al 5%; e solo nel 2006 la quantificazione è stata rivista fino al massimo del 15%). In effetti, il sig. An. non ha assunto nessun tipo di terapia e ha seguito psicoterapia solo per brevissimo tempo. Inoltre, il Disturbo dell'Adattamento è per definizione transitorio, e dura, usualmente, non più di sei mesi oltre la risoluzione del fattore stressante che ne è causa, indipendentemente da eventuali terapie; e solo talvolta dura più a lungo, ma solo se più durevole è il fattore stressante. Nel caso in questione, le vicende lavorative si sono prolungate per circa un anno e mezzo; ciò che giustifica un disturbo oltre i sei mesi. Prendendo come riferimento sia la soggettività riferita dal sig. A. - coerente con la clinica - sia la documentazione, si può determinare un periodo di danno biologico temporaneo da luglio 2008 a dicembre 2009, quantificabile "in media" in misura del 10%. La quantificazione "media" è motivata dal fatto che i quadri psicopatologici - a differenza della maggior parte dei danni fisici - comincia progressivamente fino a raggiungere un picco; inoltre non si verifica mai un andamento lineare, ma "alti" e "bassi". Giova precisare che, in teoria, si sarebbe potuto definire un danno - Disturbo dell'Adattamento - fino al giugno 2010, ossia sei mesi dopo la fine dell'evento stressante -lavoro. Tuttavia, ciò non è in concreto possibile, perché non c 'è alcuna documentazione sanitaria oltre il dicembre 2009.
Permane oggi un modesto disagio psichico dovuto alla precaria situazione lavorativa; ma non configura "malattia" e va quindi lasciato all'apprezzamento del Giudice. In altre parole, non sussiste danno permanente". Le conclusioni del CTU sono state argomentate in modo pienamente convincente (anche con riferimento al nesso causale, fermamente contestato dal CTP di parte convenuta: v. elab. pag. 12), anche a fronte delle serrate critiche di entrambi i CTP, di cui il CTU dà atto, confermando pienamente, alla fine, le conclusioni già esposte.
Icasticamente, il dott. Ca. chiosa: "Un disagio psichico non può essere negato per il fatto che il paziente non assume una terapia farmacologica, per contro, una storia clinica rappresentata dalle certificazioni del curante e da un ricovero in ambito specialistico, non comporta il riconoscimento di una "malattia".
Il danno va quindi unicamente individuato nel danno temporaneo da luglio 2008 a dicembre 2009 (per 153 giorni), quantificabile "in media" in misura del 10%. Secondo le tabelle del Tribunale di Milano, per il risarcimento del danno non patrimoniale "temporaneo" complessivo corrispondente a un giorno di invalidità temporanea al 100%, si applica una forbice di valori monetari, da un minimo di Euro 88,00 ad un massimo di Euro 132,00. Il contesto di A.D. non è certo in grado di indicare una contesto di particolare gravità, per cui fatto pari il 100% di invalidità a Euro 88,00, il 10% giornaliero risulta pari ad Euro 8,8 che, moltiplicato per la durata dell'invalidità indicata dal CTU (153 giorni) risulta pari ad un credito di Euro 1.346,40 a dicembre 2009.
Quanto al danno diverso da quello biologico, ossia inerente la professionalità del demansionato (di cui agli atti è palese la prova, per quanto detto sopra), esso generalmente viene liquidato in base ad un criterio equitativo (Cass. 4 febbraio 1997 n. 1026), eventualmente con riferimento all'entità della retribuzione risultante dalle buste paga prodotte in giudizio (Cass. 1 giugno 2002 n. 7967).
Questo Tribunale ha già in passato rilevato che nell'ipotesi di demansionamento, il datore di lavoro va condannato al risarcimento del danno alla professionalità del lavoratore, in relazione al quale il pregiudizio connesso all'impossibilità di svolgere le proprie mansioni rientra tra le nozioni di comune esperienza e la sua sussistenza può essere altresì desunta da elementi presuntivi. Ai fini della determinazione del danno, appare corretto il criterio percentualistico avendo come punto di riferimento la retribuzione mensile lorda (qui Euro 4.766,66), con la considerazione che comunque questa viene determinata a compensazione non solo della capacità professionale del lavoratore ma anche di altri elementi come il tempo di lavoro (Trib. Milano, 29 aprile 2009).
Nel caso di A.D., il demansionamento e l'innegabile e notevole compressione delle sue potenzialità professionali durano dal 1 luglio 2008 al 4 dicembre 2009 (v. paragrafo 1), per un totale di 16 mesi. Pertanto, ritenendo congrua ai fatti la percentuale del 40% sulla retribuzione mensile indicata, risulta un credito di A.D. al dicembre 2009 di Euro 1.906,66 (= 4.766,66 -40%) - 16 = Euro 30.506,56.
L'esito parzialmente positivo della CTU determina l'addebitabili a Sh. S.r.l. delle spese mediche e di cura sostenute da A.D. in conseguenza del comportamento datoriale ed a quelle corrisposte al C.T.P. per ulteriori Euro 379,53.
Risulta un credito complessivo di Euro 32.232,49 (= Euro 379,53 + 30.506,56 + 1.346,40). Su tale somma decorrono interessi e rivalutazione monetaria dal 4 dicembre 2009.


4. Quanto al licenziamento, avvenuto formalmente per giustificato motivo oggettivo poco tempo dopo la sua rivendicazione relativa al demansionamento ed ai danni (doc. 64 fasc. ric.), va rilevato che il datore di lavoro ha l'onere di provare (Cass. 4 marzo 1993 n. 2595):
- la sussistenza in concreto delle ragioni di carattere produttivo - organizzativo addotte;
- il nesso causale tra il motivo ed il recesso: le ragioni devono individualizzarsi in relazione al lavoratore, la cui attività deve essere da esse direttamente investita;
- l'impossibilità di utilizzare il prestatore di lavoro licenziato in alte mansioni compatibili (c.d. obbligo di repèchage: Cass. 13 ottobre 2008 n. 25043; Cass. 4 settembre 2008 n. 22289).
In relazione ai criteri di scelta dei lavoratori da licenziare, il datore di lavoro deve provare il rispetto dei principi di correttezza e la buona fede, il lavoratore l'eventuale intento discriminatorio (Cass. 21 novembre 2001 n.
14663).
Sul punto, il Tribunale ha assunto la prova orale.
Il teste O.D., dipendente di S. S.r.l. dal febbraio 2007, attualmente coordinatore delle sedi della Lombardia, ha riferito: "Nel luglio 2009 è stata creata la struttura completamente dedicata alle aziende che è la S. S.r.l. Essa ha assorbito tutti i clienti della S. S.r.l. e in essa sono confluiti tutti i commerciali di S. S.r.l. che erano dedicati alle aziende e che prima lavoravano in S. S.r.l. settore aziende. Dall'agosto 2009 il settore aziendale di S. S.r.l. dedicato alle aziende è cessato.
In particolare, è cessata l'attività di studio di strategie operative, di investimenti mirati, di ricerca, selezione e formazione del personale con riferimento alle aziende. Vi era un requisito dimensionale dell'azienda cliente: 250/300 dipendenti. Le più piccole rimanevano in gestione alle filiali, poiché non avevano necessità di essere seguite come andavano seguite le grosse aziende. Per "settore privati" si intendono i clienti - persone fisiche nonché le aziende sotto la dimensione citata. Non so se A.D. avesse gestito anche aziende minori. Può essere capitato poiché, precedentemente, in S. S.r.l. non c'era alcun limite dimensionale.
A tutti i commerciali aziendali è stata fatta la proposta di passare in S. S.r.l.
Essendo A.D. un commerciale, ritengo che abbia ricevuto tale proposta contrattuale.
Ad A.D. la proposta è stata fatta dal dott. S.M. che era i direttore della nuova società S. S.r.l. M. non era dipendente di S. S.r.l. Non ricordo di chi fosse dipendente, poiché c'erano diverse società nel gruppo.
F M. a riferirmi della proposta al ricorrente. Non so se esista una differenza di retribuzione. In S. S.r.l. vi erano dei premi produzione che in S. S.r.l. non c'erano. A.D. è stato irreperibile dal luglio 2009, fino a quando non è rientrato, dopo una serie di certificati medici. In quel momento ero responsabile delle sedi della Lombardia. Ho avuto modo di telefonare un paio di volte ad A.D., ma il telefonino era staccato. La circostanza che fosse irreperibile la so per sentito dire. Da settembre 2009 non esistono più posizioni come quella del ricorrente, né di quadro né di impiegati di 1 livello. S. s.r.l. non ha assunto altre persone nella posizione di A.D.".
Il teste D.L., già dipendente di S. S.r.l. dal 1981 fino al 31 dicembre 2009, quando è andato in pensione (egli riferisce di essere in causa con S. S.r.l. per la 13.ma del 2009 e per il TFR e i bonus e provvigioni), ha riferito:
"Quando hanno costituito S. S.r.l., io ero dipendente di S. S.r.l. ma vendevo per S. S.r.l.
Le aziende erano tutte passate a S. S.r.l.

Non ho mai cambiato il mio datore. Mi dissero che, poiché dopo pochi mesi sarei andato in pensione, sarebbe stato assurdo farmi passare sotto S. S.r.l.

Tutti i venditori di tutta Italia erano passati a S. S.r.l. 10 e A.D., credo, siamo su unici che siamo rimasti sotto S. S.r.l.
Ho sentito dire che dal 1 settembre 2009 la S. S.r.l. non si occupava più di aziende, perché era costituita la S. S.r.l. Io, che ero nel settore aziende, ho sempre seguito il mio pacchetto di clienti: dalla persona fisica all'ENI, che ha 30.000 dipendenti, anche dopo il 1 settembre 2009. Prima dell'agosto 2009 vi era un settore di S. S.r.l. che vendeva ai privati e uno che vendeva alle aziende. È sempre stato così. Le società, di qualunque dimensione, venivano gestite dal settore aziende.
Le aziende piccole, non so il requisito dimensionale, venivano gestite dai commerciali di S. S.r.l. anche in questo ultimo periodo.
Dopo il 10 settembre 2009 i miei costi incidevano su S. S.r.l.
Da settembre 2009 il sig. B. sostituiva come responsabile commerciale il ricorrente. Era il mio capo. Non ricordo che era in S. S.r.l. o in S. S.r.l.".
Il teste S.M., già dipendente di S. S.r.l. fino al 28 gennaio 2010 e di S. S.r.l. dal 28 gennaio 2010 fino al 14 - febbraio 2010, ha riferito: "L'ultima mansione, dal 2009 in poi, era quello di vice direttore commerciale, sia nella S. S.r.l., il sia in S. S.r.l. (...). Sono stato io a proporre a A.D. il passaggio da S. S.r.l. a S. S.r.l., in veste di dirigente di S. S.r.l., con l'incarico di vice direttore commerciale; avevo mandato a proporre il passaggio da una società all'altra, con contratti a termine. Il mandato l'ho ricevuto dal C.d.A. di S. S.r.l. in particolare dal consigliere delegato per la parte commerciale, dott. E.D.
Mi pare che ciò avvenisse a fine luglio 2009. La proposta è avvenuta oralmente, come a tutti gli altri dipendenti. Mi pare che fossimo nel mio ufficio a Milano, solo io e A.D. Gli unici due commerciali settore aziende non migrati da S. S.r.l. a S. S.r.l. erano: A.D. e R.Z. La parte variabile della retribuzione del ricorrente era potenzialmente maggiore di quella da lui percepita in S. S.r.l. C'era una parte provvisionale relativa ai contratti acquisiti, sia un piano di premi produzione al raggiungimento di obbiettivi.
A.D. non ha accettato. Io ho avuto un solo incontro, mi pare, con A.D. Io non ho più avuto la possibilità di incontrarlo, perché è caduto in malattia. So che è stato cercato, anche da me direttamente. Aveva il telefono staccato.
Tra giugno e luglio 2009, il C.d.A. e la Direzione commerciale hanno deliberato una ristrutturazione del gruppo, che prevedeva di scorporare le attività di tipo commerciale e le attività di gestione dei clienti, per il settore aziende. Era stato stabilito un limite di competenza mi pare relativo a 300 dipendenti. Sh. S.r.l. avrebbe dovuto prendere incarico i clienti e le future attività oltre questo limite dimensionale, in tutte le sedi italiane.
Alla S. S.r.l. come alle altre società del gruppo territorialmente competenti, rimanevano i clienti privati e le aziende sotto quella soglia.
S. S.r.l. aveva commerciali suddivisi fra settore aziende e settore privato. In questo caso, i clienti molto grandi venivano gestiti direttamente dalla Direzione commerciale. Per il resto la distinzione fra azienda e cliente individuale era formale: se il cliente si presentava come azienda, veniva gestito dal settore aziende. Fra settembre e dicembre 2009 S. S.r.l. non aveva posizioni equivalenti a quella di A.D.".
Il teste M.B., amico di lunga data del ricorrente, ha riferito: "A.D. mi ha riferito che c'erano problemi con la sua azienda. So che A.D. non è stato bene fra luglio ed agosto 2009".
Sembra assai arduo ritenere che vi sia stato quel licenziamento "discriminatorio e/o ritorsivo" che A.D. propugna nel suo atto introduttivo. Anche il teste in astratto più vicino alla sua condizione (D.) ha riferito che dal "7 settembre 2009 la S. S.r.l. non si occupava più di aziende, perché era costituita la S. S.r.l. "che è lo stesso concetto espresso dal teste M., il quale riferisce che tra giugno e luglio 2009, il C.d.A. e la Direzione commerciale avevano deliberato una "ristrutturazione del gruppo, che prevedeva di scorporare le attività di tipo commerciale e le attività di gestione dei clienti, per il settore aziende. Era stato stabilito un limite di competenza mi pare relativo a 300 dipendenti. S. S.r.l. avrebbe dovuto prendere incarico i clienti e le future attività oltre questo limite dimensionale, in tutte le sedi italiane. Alla S. S.r.l. come alle altre società del gruppo territorialmente competenti, rimanevano i clienti privati e le aziende sotto quella soglia".
Insomma, le aziende, come rilevante settore merceologico, passano da S. S.r.l. alla neocostituita S. S.r.l.
Sulla questione non pare incidere l'assunzione di A.Z., sottolineata con forza in sede di discussione, quale responsabile di sede (cfr. memoria autorizzata del ricorrente, pag. 6).
La mansione di A.D. riguarda le aziende, e quindi la riorganizzazione lo investe direttamente. Ma. propone a A.D. il passaggio a S. S.r.l., ma questi rifiuta, fosse per mancanza di garanzie di equivalenza dello stipendio. La ristrutturazione però ricorre, ricorre il fatto che "Dall'agosto 2009 il settore aziendale di S. S.r.l. dedicato alle aziende è cessato" (teste D.).
S. S.r.l. offre, tramite M. (il ricorrente dedica parte della memoria autorizzata a infirmare non tanto la proposta ricordata dal teste M., ma la sua collocazione temporale, mentre tale proposta è confermata anche dal teste D.), una ricollocazione in S. S.r.l. e con ciò il li gruppo dimostra di aver tentato un repèchage. Risulta quindi confermata dall'istruttoria la veridicità del contenuto della lettera di licenziamento: "la nostra società dallo scorso 31 agosto non vende più alle aziende limitandosi alla sola vendita ai privati. Per questo il suo ruolo è stato soppresso" (doc. 62 fasc. ric.). Per ruolo s'intende quello svolto di fatto dal ricorrente e non certo quello della vendita a "piccole" aziende, che non può dirsi infirmante il licenziamento, visto che il ricorrente fa anche questione di demansionamento, per cui, in questa prospettiva, la sopravvivenza in capo a S. S.r.l. di un residuale commercio con piccole aziende è evidentemente ininfluente.
Risulta anche vero che "lei non ha accettato nessuna proposta di passaggio alla società S.". Pertanto, risultando legittimo il licenziamento, ogni questione da tale fatto dipendente va ritenuta assorbita.

5. La questione residua della unicità di struttura organizzativa fra S. S.r.l. e S. S.r.l. non pare fondata.
Infatti, A.D. avanza domanda di reintegrazione ex art. 18 S.L. nei confronti di S. S.r.l., ma poi rileva essersi verificata una cessione (informale) di ramo d'azienda relativo al marketing ex art. 2112 c.c. dal 1 agosto 2009 nei confronti di S. S.r.l. Se fosse così, si dovrebbe dedurre che le domande fatte prima sono malposte, poiché S. S.r.l. non avrebbe alcuna legittimazione passiva.
Se si parlasse di simulazione (come si è suggerito nel corso dell'odierna udienza) vorrebbe dire che la cessione è fittizia, e ciò contraddirebbe la stessa domanda ex art. 2112 c.c. Peraltro, A.D. parla di "unico centro di imputazione di rapporti giuridici ed economici" "in capo alla sig.ra B.S." (memoria, pag. 77) con ciò creando un ulteriore species di domanda di non facile comprensione.
La perplessità della domanda, quindi, in assenza peraltro di ogni richiesta di declaratoria, depone per una sua infondatezza, con tutto quello che ne consegue in termini di difetto di legittimazione passiva di S. S.r.l.

6. Quanto alla pretesa debenza da parte di S. S.r.l. ad A.D. degli elementi premiali di cui paragrafo VI.5 del ricorso, per Euro 1.600,00, va rilevato che i documenti asseritamente probanti (docc. 48 e 50 fasc. ric.) non valgono a ritenere esistente alcun debito della società.


7. La reciproca soccombenza fra A.D. e S. S.r.l. determina la compensazione totale fra di loro delle spese di giudizio.
A.D. va condannato a pagare le spese di giudizio di S. S.r.l., per Euro 4.000,00 oltre accessori fiscali e previdenziali.
A.D. e S. S.r.l. sopportano per la metà ciascuno le spese del CTU dott. C., liquidate con separato decreto in Euro 2.000,00 oltre IVA. P.Q.M.

Il Tribunale di Milano, in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunciando, ogni contraria ed ulteriore istanza domanda ed eccezione disattesa, così decide:
1) dichiara il difetto di legittimazione passiva di S. S.r.l.;
2) accerta e dichiara l'illegittimità delle condotte demansionanti inflitte al ricorrente, con condanna di S. S.r.l. in favore di A.D. al pagamento della somma, a titolo di risarcimento danni, di complessivi Euro 32.232,49 oltre interessi e rivalutazione monetaria dal 4 dicembre 2009 al saldo; rigetta per il resto;
3) compensa integralmente le spese del giudizio fra A.D. e S. S.r.l.; pone a carico paritario di A.D. e S. S.r.l. le spese del CTU dott. C., liquidate con separato decreto;
4) condanna A.D. alla rifusione delle spese processuali a vantaggio di S. S.r.l., liquidate in complessivi Euro 4.000,00, oltre agli accessori fiscali e previdenziali previsti ai sensi di legge;
5) ai sensi dell'art. 53 d.l. 25 giugno 2008, n. 112, che ha modificato l'art. 429, primo comma, c.p.c., fissa in giorni cinque il termine per il deposito della sentenza.
Così deciso in Milano il 24 ottobre 2011.

Depositata in Cancelleria il 24 ottobre 2011.