Cassazione Penale, Sez. 3, 20 febbraio 2012, n. 6646 - Lavori in cantiere e mancanza di opere destinate ad evitare il rischio di caduta dall'alto


 

 

Responsabilità del datore di lavoro di una srl per varie violazioni in tema di sicurezza all'interno di un cantiere durante i lavori di costruzione di una villa bifamiliare.

Ricorso in Cassazione - Inammissibile.

In diritto può considerarsi che correttamente il tribunale - che ha ritenuto raggiunta la prova della condotta contestata all'imputato attraverso l'audizione dei tecnici della Asl - ha affermato che la responsabilità del datore di lavoro può escludersi solo in caso di fatto imprevedibile o di atto abnorme del lavoratore: nella specie - secondo la ricostruzione di fatto della tribunale - mancavano proprio quelle opere previste per evitare il rischio di caduta dall'alto dei lavoratori.


 

 



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE


SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Ciro - Presidente

Dott. GENTILE Mario - Consigliere

Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere

Dott. ROSI Elisabetta - Consigliere

Dott. GAZZARA Santi - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza



sul ricorso proposto da:

S.M. nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 29 novembre 2010 del tribunale di Viterbo;

Udita la relazione fatta in pubblica udienza dal Consigliere Dr. Giovanni Amoroso;

Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale Dott. Cesqui Elisabetta che ha con

 

Fatto

 

1. S.M. era imputato:

a) del reato p. e p. dal D.P.R. n. 164 del 1956, art. 4, comma 1, e art. 77, lett. c) per non aver assicurato, nella sua qualità di datore di lavoro - ditta V. Costruzioni s.r.l. con sede in (OMISSIS), durante l'esecuzione dei lavori edili relativi alla costruzione di una villa bifamiliare in agro di (OMISSIS), la viabilità delle persone e dei mezzi, all'interno del cantiere stesso, i cui percorsi erano ingombri di materiale di risulta e di costruzione (in (OMISSIS));

b) del reato p. e p. dal D.P.R. n. 164 del 1956, art. 3, art. 23, comma 3 e art. 77, lett. c) in relazione al D.P.R. n. 547 del 1955, art. 4, per non aver, nella qualità indicata al capo a), verificato che l'intavolato del ponteggio installato sulla parte perimetrale del primo solaio, fuori terra, a circa tre metri dal piano di campagna "lato sud-ovest", sia accostato all'opera in costruzione - la distanza del solaio al ponteggio era di circa un metro (in (OMISSIS));

c) del reato p. e p. dal D.P.R. n. 547 del 1955, art. 68 e art. 77, lett. c) per non aver installato, nella qualità indicata al capo a), il parapetto sul lato "sud-est" del solaio indicato al capo precedente, al fine di evitare la caduta dei lavoratori nel vuoto e segnatamente da un altezza di circa tre metri dal piano di campagna (in (OMISSIS)); d) del reato p. e p. dal D.P.R. n. 164 del 1956, art. 69 e art. 77, lett. c) per non aver, nella sua qualità indicata al capo a), installato il parapetto sul lato esterno della scala in calcestruzzo utilizzata per l'accesso al solaio descritto al capo b) (in (OMISSIS)); e) del reato p e p. dal D.P.R. n. 164 del 1956, art. 10 e art. 77, lett. b), in relazione al D.P.R. n. 164 del 1956, art. 3 e D.P.R. n. 547 del 1955, art. 4, per aver, nella qualità di cui al capo a) omesso di consegnare ai propri lavoratori, addetti al montaggio dei ponteggi e quindi esposti a rischio di caduta dall'alto, le cinture di sicurezza con bretelle collegate a fune di trattenuta (in (OMISSIS)).

Con sentenza n. 848/10, depositata alla pubblica udienza del 29/11/2010, il Giudice Monocratico del Tribunale di Viterbo dichiarava S.M. colpevole di reati a lui ascritti nei capi d'imputazione e lo condannava "alla pena di Euro 750,00 di ammenda ed alle spese di giudizio".

2. Avverso questa pronuncia l'imputato propone ricorso per cassazione.

 

Diritto

 


1. Il ricorrente deduce che l'imputato doveva essere assolto ai sensi dell'art. 530 c.p.p., comma 1, per non aver commesso il fatto, o ai sensi dell'art. 530 c.p.p., comma 2, perchè la prova non era stata raggiunta. In particolare la sentenza impugnata non avrebbe considerato adeguatamente l'ingombro dei materiali di risulta; la distanza del ponteggio in alcuni punti inferiore a cm 100; la carenza di parapetto lato sud-ovest con solaio ad altezza di mt. 3 dal piano di campagna; la carenza di motivazione di parapetto sulla scala esterna; la mancanza di cinture di sicurezza per gli operai che montavano il ponteggio.

2. Il ricorso è inammissibile perchè si limita, nella sostanza, ad esprimere un mero dissenso di valutazione delle risultanze probatorie; ciò che è inammissibile nel giudizio di legittimità.

In diritto può considerarsi che correttamente il tribunale - che ha ritenuto raggiunta la prova della condotta contestata all'imputato attraverso l'audizione dei tecnici della Asl - ha affermato che la responsabilità del datore di lavoro può escludersi solo in caso di fatto imprevedibile o di atto abnorme del lavoratore; là dove nella specie - secondo la ricostruzione di fatto della tribunale - mancavano proprio quelle opere previste per evitare il rischio di caduta dall'alto. Sicchè risultava anche il nesso di causalità; cfr., proprio in materia di infortuni sul lavoro, Cass., Sez. 4, 26 ottobre 2005 - 13 gennaio 2006, n. 1214, che ha precisato che ai fini dell'apprezzamento del nesso causale tra la condotta e l'evento (art. 41 c.p., comma 2), il concetto di causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento non si riferisce solo al caso di un processo causale del tutto autonomo, giacchè, allora, la disposizione sarebbe pressochè inutile, in quanto all'esclusione del rapporto causale si perverrebbe comunque sulla base del principio dell'equivalenza delle cause di cui all'art. 41 c.p., comma 1. 3. Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile.

Tenuto poi conto della sentenza 13 giugno 2000 n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 1.000,00.

P.Q.M.



La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di Euro mille alla Cassa delle ammende.