Cassazione Penale, Sez. 4, 21 febbraio 2012, n. 6840 - Lesioni colpose gravi per la rottura di un pannello del tetto di un capannone e assoluta mancanza di ogni misura di prevenzione


 

 

Responsabilità del legale rappresentante di una s.a.s. per il reato di lesioni colpose gravi perpetrato a danno del proprio dipendente geom. F.A.: in fatto, era avvenuto che l'operaio D.W. era stato inviato dall'imputato per verificare i lavori da effettuarsi per eliminare un'infiltrazione d'acqua proveniente dal tetto del capannone industriale della ditta "Pac 2"; il predetto si era recato in loco, era salito sul tetto ed aveva provveduto ad eliminare il danno ripristinando un'ondulina in plexiglas. Nel frangente, era sopraggiunto il geom. F., il quale, al fine di controllare il lavoro, era salito a sua volta sulla copertura del capannone con una scala e, per la rottura di un pannello, era caduto a terra riportando le gravi lesioni. I due lavoratori non indossavano mezzi di protezione antinfortunistica e neppure risultava montato il necessario sottopalco, ai sensi del D.P.R. n. 164 del 1956, art. 70, comma 2. 3.

Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - Rigetto.

Ciò che i giudici di merito hanno evidenziato in modo esaustivo è l'assoluta mancanza di ogni misura di prevenzione antinfortunistica (cinture di sicurezza ovvero esistenza di soppalco) opportunamente predisposta per l'esecuzione dell'intervento, caratterizzato da indubbi profili di pericolosità.


 



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE


SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCO Carlo G. - Presidente

Dott. ZECCA Gaetanino - Consigliere

Dott. GALBIATI Ruggero - rel. Consigliere

Dott. D'ISA Claudio - Consigliere

Dott. VITELLI CASELLA Luca - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

 

 

sul ricorso proposto da:

1. C.R. n. il (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 993/2010 della Corte di Appello di L'Aquila in data 13/12/2010;

udita la relazione svolta dal consigliere Ruggero Galbiati;

udito il Pubblico Ministero in persona del dott. DELEHAYE Enrico che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

 

Fatto

 


1. Il Tribunale di Teramo - Giudice monocratico -, con sentenza in data 19/10/2009, dichiarava C.R., in qualità di legale rappresentante della ditta "C.R. Costruzioni s.a.s." e datore di lavoro, colpevole per il reato di lesioni colpose gravi perpetrato a danno del proprio dipendente geom. F.A., con violazione della normativa in materia di prevenzione infortuni sul lavoro (fatto del 31/8/2007). Concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti all'aggravante, lo condannava alla pena di mesi due di reclusione.

2.1 In fatto, era avvenuto, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, che l'operaio D.W. era stato inviato da R. C. per verificare i lavori da effettuarsi per eliminare un'infiltrazione d'acqua proveniente dal tetto del capannone industriale della ditta "Pac 2"; il predetto si era recato in loco, era salito sul tetto ed aveva provveduto ad eliminare il danno ripristinando un'ondulina in plexiglas. Nel frangente, era sopraggiunto il geom. F., il quale, al fine di controllare il lavoro, era salito a sua volta sulla copertura del capannone con una scala e, per la rottura di un pannello, era caduto a terra riportando le gravi lesioni. I due lavoratori non indossavano mezzi di protezione antinfortunistica e neppure risultava montato il necessario sottopalco, ai sensi del D.P.R. n. 164 del 1956, art. 70, comma 2. 3. Proposta impugnazione, la Corte di Appello di L'Aquila, con decisione in data 13/12/2010, confermava la sentenza di primo grado.

Rilevava che, diversamente da quanto sostenuto dall'imputato, il comportamento tenuto dalla parte offesa F. non poteva ritenersi in alcun modo abnorme ed inconsueto, poichè questi era stato incaricato di fare un controllo per i cantieri e nello svolgimento di tale incombente era salito sul tetto per verificare l'intervento effettuato.

D'altro canto, non vi erano dubbi, in base alle emergenze processuali acquisite, che presso la copertura del capannone della ditta "Pac 2" fossero state eseguite delle opere da parte della Soc. Coruzzi Rocco Costruzioni e, quindi, fosse sussistente un cantiere di lavoro.

4. Il prevenuto proponeva ricorso per cassazione.

Censurava la motivazione resa dalla Corte di merito ritenuta contraddittoria e manifestamente illogica. Al riguardo, ribadiva che l'occorso presentava elementi di imprevedibilità, contrassegnati sin dalle prime determinazioni assunte dal dipendente W. D., il quale aveva avuto solo l'incarico di accertare i lavori da effettuare per eliminare le infiltrazioni d'acqua lamentate dalla proprietà; per contro, il predetto, di sua iniziativa, aveva eseguito direttamente l'intervento sul tetto, riposizionando l'ondulina in plexiglas: il che a sua volta aveva indotto il geom. F. a salire sulla copertura pur in mancanza dell'apprestamento di misure di sicurezza.

Aggiungeva che non sussistevano elementi probatori attestanti la sussistenza di un cantiere predisposto dall'Impresa di esso istante per l'esecuzione di opere presso il capannone della ditta "Pac 2".

Censurava il mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti sull'aggravante, sulla base di una motivazione non adeguata.

Chiedeva l'annullamento della sentenza.

 

Diritto

 


1. Il ricorso deve essere respinto perchè infondato.

Si osserva che i giudici di merito hanno correttamente preso in considerazione gli elementi di fatto della vicenda, apprezzandoli in modo adeguato, per pervenire ad una logica e ragionevole ricostruzione dell'occorso. Gli incarichi ricevuti dai due dipendenti, l'operaio D. ed il geom. F., in ordine alla riparazione del tetto del capannone della Ditta Pac 2 al fine di eliminare un'infiltrazione d'acqua, si palesano connessi tra loro e dimostrativi della ricorrenza di direttive provenienti in tal senso dal datore di lavoro di entrambi. Ciò che i giudici di merito hanno evidenziato in modo esaustivo è l'assoluta mancanza di ogni misura di prevenzione antinfortunistica (cinture di sicurezza ovvero esistenza di soppalco) opportunamente predisposta per l'esecuzione dell'intervento, caratterizzato da indubbi profili di pericolosità.

2. Parimenti, la Corte di Appello ha sottolineato congruamente l'insussistenza di elementi, neppure messi in luce dal ricorrente nei motivi di appello, idonei a giustificare un giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche, già concesse, sull'aggravante ex art. 590 cod. pen., comma 2. 3. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.