T.A.R. Toscana, Sez. 1, 04 maggio 2012, n. 873 - Accertamento della dipendenza da causa di servizio della malattia "persistente disturbo dell'adattamento con ansia ed umore depresso misti di grado marcato e cronicizzato"


 

N. 00873/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00996/2005 REG.RIC.




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA



sul ricorso numero di registro generale 996 del 2005, proposto dal sig. Alessandro L.R., rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesco Massimo Pozzi e Paolo Bastianini, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Firenze, lungarno A. Vespucci 20;


contro

Ministero della Difesa, costituitosi in giudizio in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la cui sede è domiciliato per legge in Firenze, via degli Arazzieri 4;


per l'annullamento

del decreto del Vice direttore Generale del Ministero della Difesa n. 2151/2055 del 07/03/2005 e di ogni altro presupposto e conseguente ed in particolare del parere del Comitato di verifica per le cause di servizio n,ro 68 reso alla seduta del 01/03/2005 atti tutti successivamente cogniti, nonché per l'accertamento della dipendenza da causa di servizio della malattia di cui il ricorrente soffre "persistente disturbo dell'adattamento con ansia ed umore depresso misti di grado marcato e cronicizzato" e per la condanna del Ministero intimato al risarcimento del danno biologico e patrimoniale cagionato al dipendente.




Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 marzo 2012 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




Fatto



Con ricorso notificato il 9 e depositato il 13 giugno 2005, il maresciallo dell’Aeronautica militare Alessandro L.R. – in servizio presso il IV Stormo di stanza a Grosseto come addetto alla segreteria del Servizio efficienza veicoli – proponeva impugnazione avverso il decreto in epigrafe, mediante il quale il Ministero della Difesa aveva negato il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia (persistente disturbo dell’adattamento con ansia ed umore depresso misti di grado marcato e cronicizzato) da esso ricorrente sofferta ed accertata dai competenti organi medico-legali. Sulla scorta di un unico motivo in diritto, il L.R. deduceva l’illegittimità del provvedimento impugnato e ne chiedeva l’annullamento, contestualmente concludendo per l’accertamento della fondatezza della sua pretesa e per la condanna dell’amministrazione procedente al risarcimento dei danni cagionatigli, a norma dell’art. 2087 c.c..

Costituitosi in giudizio il Ministero della Difesa, che resisteva alle domande avversarie, la causa veniva discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 14 marzo 2012, preceduta dal deposito di documenti e memorie difensive.

Diritto



Il ricorrente Alessandro L.R. – il quale, nelle more del giudizio, si è congedato dall’Aeronautica militare – espone in fatto di essersi sempre dedicato con impegno e perseveranza al proprio ufficio, instaurando rapporti umani e professionali ottimi con i superiori e con i propri collaboratori fino all’estate del 2000, quando il ruolo di capo servizio veniva assunto dal capitano Gabriele R.: questi lo avrebbe infatti sottoposto a ritmi di lavoro esasperanti, che, uniti a un atteggiamento inutilmente autoritario ed a pretestuosi rilievi disciplinari, gli avrebbero cagionato uno stato di sofferenza psicofisica sfociato nell’insorgere di una grave patologia depressiva, trattata con psicofarmaci. Il Ministero della Difesa, con il provvedimento in epigrafe, ha negato al ricorrente l’ascrivibilità della patologia predetta a causa di servizio, e questo mediante rinvio per relationem al parere del Comitato di verifica per le cause di servizio del 1° marzo 2005, secondo cui “trattasi di forma di nevrosi che si estrinseca con disturbi di somatizzazione attraverso i canali neuro vegetativi, scatenata spesso da situazioni contingenti che si innescano, di frequente, su personalità predisposta. Non rinvenendosi, nel caso di specie, documentate situazioni conflittuali relative al servizio idonee, per intensità e durata, a favorirne lo sviluppo, l’infermità non può ricollegarsi agli invocati eventi, neppure sotto il profilo concausale efficiente e determinante”.

Con l’unico motivo di gravame, il L.R. deduce innanzitutto la contraddittorietà intrinseca del parere rilasciato dal Comitato di verifica, con riferimento alla ritenuta esclusione del rapporto di causalità fra la patologia e gli episodi occorsi sul luogo di lavoro e da lui denunciati. Il parere, e di riflesso il provvedimento, sarebbero per altro verso viziati da difetto di istruttoria, non essendo stata dall’amministrazione svolta alcuna indagine sui dati di fatto determinanti al fine di poter formulare un giudizio sulla sussistenza o meno della causa di servizio.

Il ricorso è infondato.

A corredo dell’istanza di riconoscimento della dipendenza della malattia da causa di servizio, il ricorrente, sollecitato dall’amministrazione, ha allegato una dettagliata relazione, ove sono descritte in senso fortemente critico le modalità di svolgimento del rapporto lavorativo da lui trascorso agli ordini del capo servizio capitano R., cui vengono attribuiti comportamenti che da (quantomeno) poco ortodossi si fanno via via vessatori, fino a culminare nell’episodio scatenante del 6 febbraio 2002: giunto in ritardo al lavoro, pur dopo aver avvertito, il L.R. sarebbe stato ripetutamente affrontato dal capitano R., il quale con tono provocatorio ed aggressivo gli avrebbe domandato conto di alcune pratiche, per poi revocargli senza motivo l’autorizzazione ad osservare un orario di lavoro differenziato, senza peraltro dare seguito per iscritto al proposito manifestato solo verbalmente; nel pomeriggio, convocato a rapporto dal comandante di gruppo, al L.R. sarebbe stato contestato un provvedimento disciplinare proveniente dal R., con l’invito a produrre giustificazioni. Dopo questo episodio, il ricorrente avrebbe cominciato a soffrire di insonnia e depressione, di lì a poco venendogli effettivamente diagnosticato un disturbo depressivo ansioso reattivo (disadattamento ambientale).

Tanto premesso, in primo luogo deve osservarsi come la documentazione in atti non fornisca alcuna conferma oggettiva alla tesi secondo cui il ricorrente L.R. sarebbe stato sottoposto, durante il comando del capitano R., a ritmi di lavoro particolarmente stressanti e comunque ripetutamente eccedenti il normale orario di lavoro. Anche tralasciando la relazione a firma dello stesso capitano R., dai fogli riepilogativi delle presenze risulta infatti che, nel periodo agosto 2000 – febbraio 2002, l’allora maresciallo L.R. ha prestato un numero non certo consistente di ore di lavoro straordinario e, nel complesso, i mesi lavorati presentano una pressoché costante alternanza di eccedenze e carenze di orario oggetto di recupero nel mese successivo (sono numerose, dunque, le settimane nel corso delle quali il ricorrente ha svolto un orario inferiore al minimo di trentasei ore); di contro il ricorrente non ha fornito alcun elemento di prova a sostegno della lamentata gravosità dei carichi lavorativi, tale non potendosi ritenere il capitolo di prova testimoniale n. 7), relativo alla circostanza che egli si sarebbe lamentato con il capitano R. della propria difficoltà nell’affrontare contemporaneamente incarichi in precedenza ripartiti fra tre dipendenti: circostanza che – a tacere dell’inammissibilità della prova testimoniale che rimette alla valutazione dei testimoni il giudizio circa “i ritmi di lavoro molto stressanti” asseritamente osservati dal ricorrente – è del tutto irrilevante, nella misura in cui alla rappresentazione soggettiva della situazione non solo non corrisponde alcun oggettivo riscontro della effettiva entità dei compiti assegnati al L.R., ma gli unici dati disponibili attestano, come detto, lo svolgimento di orari lavorativi assolutamente ordinari anche nel periodo in cui egli sarebbe rimasto ad attendere alle mansioni di segreteria da solo (da cui l’irrilevanza anche delle circostanze oggetto del capitolo di prova testimoniale n. 5).

Restano le condotte vessatorie attribuite al capitano R., e segnatamente: la presunta consuetudine di far ripetere al L.R. i lavori già eseguiti, senza motivo; i soprusi e continui richiami cui questi avrebbe sottoposto il L.R.; le minacce di punizione e l’aggressione verbale del 6 febbraio 2002 (capitoli di prova testimoniale nn. 8 – 11). Tuttavia, se anche di tali condotte fosse acquisita la dimostrazione, questo non varrebbe ad inficiare la intrinseca logicità del parere reso dal Comitato di verifica, le cui considerazioni circa l’assenza di situazioni conflittuali relative al servizio idonee, per intensità e durata, a favorire la sviluppo della malattia, non possono che venire rapportate proprio alle circostanze allegate dal L.R. nella domanda di riconoscimento, nel senso che, ad avviso del Comitato, quelle presunte condotte vessatorie avrebbero dovuto essere protratte per un periodo più prolungato, per poter essere considerate causa o concausa efficiente della patologia così come accertata. D’altro canto, dall’estratto dei brogliacci delle assenze, in atti, risulta che le occasioni di contatto sul luogo di lavoro fra il L.R. ed il capitano R. sono state tutt’altro che continuative, ammontando a circa un terzo dei giorni lavorativi nel periodo settembre 2000 – febbraio 2002; inoltre, ed è quel che più conta, la certificazione sanitaria prodotta dal ricorrente non contiene alcuna indicazione, neppure in via di ipotesi, in merito alle possibili cause della malattia ed alla sua necessaria dipendenza dalla situazione creatasi sul luogo di lavoro dell’interessato, avuto riguardo alla dedotta insussistenza di possibili cause scatenanti alternative.

Ne discende che la prospettazione del ricorrente si esaurisce nel contrapporre alla valutazione tecnico-discrezionale espressa dall’amministrazione, e fondata su regole scientifiche connotate da un certo margine di opinabilità, una valutazione difforme non supportata, tuttavia, da alcun principio di prova, di modo che la richiesta istruttoria volta all’ammissione di consulenza tecnica d’ufficio finisce per avere natura inammissibilmente esplorativa (questo, evidentemente, a prescindere dal fatto che, “a valle” della consulenza tecnica eventualmente disposta dal giudice, la rilevata opinabilità delle regole scientifiche applicate dall’amministrazione costituisce il limite del sindacato giurisdizionale di legittimità).

In forza delle considerazioni esposte, le domande di annullamento e di accertamento proposte dal ricorrente non possono trovare accoglimento. Sorte non diversa tocca alla domanda risarcitoria ex art. 2087 c.c., ove si consideri che, una volta esclusa la dimostrazione del nesso causale fra l’attività lavorativa e la patologia sofferta dal L.R., viene meno anche la configurabilità di un danno risarcibile. Non si vuol con questo affermare la pregiudizialità dell’accertamento della dipendenza della malattia da causa di servizio rispetto alla domanda di risarcimento del danno, trattandosi di fattispecie autonome ed eventualmente cumulabili; tuttavia, posto che sul dipendente che agisce per il risarcimento incombe pur sempre l’onere di dimostrare l'esistenza del danno e il nesso causale tra quest'ultimo e la prestazione lavorativa resa in favore dell’amministrazione (per tutte, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 19 gennaio 2011, n. 365), valgono ancora una volta i rilievi precedentemente svolti in ordine all’assenza, sul punto specifico, di qualsivoglia principio di prova ed al carattere palesemente esplorativo della richiesta di C.T.U..

In conclusione, il ricorso in epigrafe appare infondato e va, per l’effetto, respinto.

La natura della controversia rende opportuna la compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.



Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 14 marzo 2012 con l'intervento dei magistrati:



Paolo Buonvino, Presidente

Carlo Testori, Consigliere

Pierpaolo Grauso, Primo Referendario, Estensore



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE






DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/05/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)