Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 14 giugno 2012, n. 23630 - Lavori di sbancamento di un terreno e subappalto: infortunio mortale e responsabilità  di un datore di lavoro


 

 

 

Responsabilità di un datore di lavoro e legale rappresentante di un'impresa di costruzioni che eseguiva i lavori di sbancamento di un terreno su incarico di altra ditta, per infortunio mortale di un lavoratore il quale, impiegato nei lavori di realizzazione del muro di contenimento, decedeva per trauma cranico dopo essere stato travolto dal terreno sovrastante lo sbancamento.

 

La Corte afferma che "In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, gli obblighi di osservanza delle norme antinfortunistiche, con specifico riferimento all'esecuzione di lavori in subappalto all'interno di un unico cantiere edile predisposto dall'appaltatore, grava su tutti coloro che esercitano i lavori, quindi anche sul subappaltatore interessato all'esecuzione di un'opera parziale e specialistica, che ha l'onere di riscontrare ed accertare la sicurezza dei luoghi di lavoro, pur se la sua attività si svolga contestualmente ad altra, prestata da altri soggetti, e sebbene l'organizzazione del cantiere sia direttamente riconducibile all'appaltatore, che non cessa di essere titolare dei poteri direttivi generali" nonchè, quanto all'eventuale presenza di altri responsabili per la sicurezza, che "in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il datore di lavoro e gli altri responsabili della sicurezza dell'impresa, hanno l'obbligo di cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione che l'appaltatore di lavori da eseguirsi all'interno dell'azienda adotta in favore dei lavoratori alle sue dipendenze, e pertanto assumono nei confronti di questi ultimi una posizione di garanzia in relazione ai rischi specifici connessi all'ambiente di lavoro nel quale essi sono chiamati ad operare"

Sicchè sia dalla condotta del committente-appaltante sia dalla presenza di altre ditte sul cantiere, non è derivato alcun esonero di responsabilità dell'imputato, unico datore di lavoro del lavoratore deceduto.





 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCO Carlo G. - Presidente -

Dott. FOTI Giacomo - Consigliere -

Dott. D'ISA Claudio - Consigliere -

Dott. MASSAFRA Umber - rel. Consigliere -

Dott. VITELLI CASELLA Luca - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza



sul ricorso proposto da:

1) G.N. N. IL (Omissis);

avverso la sentenza n. 1883/2008 CORTE APPELLO di CATANZARO, del 02/05/2011;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/04/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Gialanella Antonio che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Udito il difensore avv. Pugliese Pierluigi, del foro di Cosenza che chiede l'accoglimento del ricorso.

 

Fatto



Con sentenza in data 2.5.2011 la Corte di Appello di Catanzaro confermava quella del Giudice monocratico del Tribunale di Cosenza con la quale G.N. era stato condannato, con circostanze attenuanti generiche, per il delitto di cui al capo a) alla pena condizionalmente sospesa di mesi sei di reclusione e per le contravvenzioni di cui ai capi b), c), d) ed e), unificate con il vincolo della continuazione, a quella di mesi cinque di arresto ed Euro 1.500,00 di ammenda oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita essendo stato riconosciuto colpevole:

a) del reato di cui all'art. 589 c.p., commi 1 e 2, perchè, quale datore di lavoro di C.G. e legale rappresentante dell'impresa di costruzioni "Edil Scavi", che eseguiva i lavori di sbancamento di un terreno, su incarico della ditta "Gianco Costruzioni", per negligenza, imprudenza e imperizia e per colpa specifica, ossia per violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, cagionava la morte del lavoratore C. G. il quale, impiegato nei lavori di realizzazione del muro di contenimento, decedeva per trauma cranico con frattura della teca cranica dopo essere stato travolto dal terreno sovrastante lo sbancamento. Colpa consistita nella violazione della normativa in materia di prevenzione sul lavoro e precisamente del D.P.R. n. 164 del 1956, art. 12, art. 4, comma 5, lett. F), D.Lgs. n. 626 del 1994, artt. 21 e 22. In particolare, non provvedeva all'armatura o comunque al consolidamento del terreno sovrastante il luogo di lavoro; non vigilava e non pretendeva che i lavoratori impegnati nella realizzazione della zattera di fondazione, in presenza di possibili cadute dall'alto di materiale, utilizzassero i dispositivi di protezione individuali (in particolare il casco di protezione) e che non si avvicinassero alla base della parete d'attacco; ometteva di fornire a C.G. le necessarie informazioni circa i rischi specifici della lavorazione cui era adibito (rischi di frane e smottamenti) e ometteva di fornirgli un'adeguata formazione riguardo alla salute e alla sicurezza con particolare riferimento alle sue mansioni;

b) del reato di cui al D.P.R. n. 164 del 1956, art. 12, commi 2 e 4, perchè, nella qualità indicata al capo a), non provvedeva all'armatura o al consolidamento del terreno sovrastante lo sbancamento e non vietava ai lavoratori di avvicinarsi alla base della parete d'attacco;

c) del reato di cui all'art. 4, comma 5, lett. F) 626/94, perchè, nella qualità indicata al capo a), non vigilava e non pretendeva che i lavoratori impegnati nella realizzazione della zattera di fondazione delle opere di sbancamento, in presenza di possibili cadute dall'alto di materiale, utilizzassero i dispositivi di protezione individuali (in particolare il casco di protezione);

d) del reato di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 21 perchè, nella qualità indicata al capo a), ometteva di fornire a C.G. un'adeguata informazione circa i rischi generici e specifici in relazione alle mansioni dal predetto svolte;

e) del reato di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 22, perchè, nella qualità indicata al capo a), ometteva di fornire a C. G. un'adeguata formazione riguardo alla salute e alla sicurezza con particolare riferimento alle mansioni dal predetto svolte (in (Omissis)).

Avverso la predetta sentenza della Corte di appello di Catanzaro ricorre per cassazione il difensore di fiducia di G.N. articolando i motivi di seguito sinteticamente riportati ed allegando diverse copie di vari atti del processo.

1. La mancata assunzione di una prova decisiva ed il vizio motivazionale in relazione al rigetto della richiesta di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale per l'escussione di testi rivelatisi oltremodo necessari e per l'effettuazione di un confronto tra i testi G.F. ed I.M. e la testimone addotta dal P.M., S.M..

2. La violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione alla specifica normativa di settore riguardante la sicurezza sui luoghi di lavoro ed ancor più in particolare nei cantieri, temporanei o mobili all'interno dei quali si avvicendino diverse imprese esecutrici, non avendo la sentenza gravata valutato le censure mosse al riguardo con i motivi di appello.

Si assume che il direttore dei lavori, ing. V.L., e il coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione, l'ing. D.P.S., non avevano adempiuto agli obblighi di verifica, controllo e coordinamento loro imposti ex lege (si rileva l'estrema genericità ed inadeguatezza del P.S.C., assieme all'assenza sia del P.O.S. relativo ai lavori di scavo sia del P.O.S. relativo ai lavori di elevazione del muro di cemento armato) ed avrebbero dovuto sospendere i lavori in oggetto sino alla presentazione dei documenti mancanti, interrompendo in tal modo il rapporto di causalità, mentre sul punto la sentenza impugnata taceva.

3. La violazione di legge ed il vizio motivazionale in ordine ai reati contravvenzionali sub capi b), c) d) ed e) i quali, benchè nelle more prescritti, denotavano la contraddittorietà ed illogicità della motivazione e non potevano essere addebitati al ricorrente anche per erronea lettura delle dichiarazioni dei testi.

Diritto


In via preliminare ed assorbente, va rilevato, come del resto osservato anche dal ricorrente, che, in mancanza di periodi di sospensione, è decorso, al 14.7.2011, il termine prescrizionale di anni cinque ex artt. 157 e 161 c.p.p. (secondo l'attuale formulazione, attesa l'epoca del commesso reato) previsto per i reati contravvenzionali di cui ai capi b), c), d) ed e) sicchè, in assenza di cause di inammissibilità e non potendosi ravvisare elementi evidenti che inducano al proscioglimento nel merito ai sensi dell'art. 129 c.p.p., comma 2, i detti reati sono rimasti estinti per la detta prescrizione che va immediatamente dichiarata ai sensi dell'art. 129 c.p.p., comma 2, con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per estinzione dei citati reati con eliminazione della relativa pena di mesi cinque di arresto ed Euro 1.500,00 di ammenda.

Nel resto, il ricorso è infondato e va respinto.

Sub 1. La "prova decisiva" che fu richiesta, previa rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, con l'atto di appello è stata con puntuale e corretta motivazione negata dalla Corte territoriale che ne ha escluso l'influenza per la sua inconferenza rispetto all'oggetto dell'indagine processuale sul rapporto tra l'imputato e il lavoratore ai fini della diversa ricostruzione dei fatti prospettata dalla difesa. Invero, prova decisiva la cui mancata assunzione è deducibile come motivo di ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), solo quella prova che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante (Cass. pen. Sez. 3^, n. 27581 del 15.6.2010, Rv. 248105), nè, del resto, risulta che dello specifico mezzo di prova in questione sia stata chiesta l'ammissione a norma dell'art. 495 cod. proc. pen., comma 2, (Cass. pen. Sez. 1^, n, 16772 del 15.4.2010, Rv. 246932), bensì solo ex art. 507 c.p.p..

Peraltro è da rammentare che, in tema di rinnovazione, in appello, della istruzione dibattimentale, mentre la decisione di procedere a rinnovazione deve essere specificatamente motivata, occorrendo dar conto dell'uso del potere discrezionale, derivante dalla acquisita consapevolezza della rilevanza dell'acquisizione probatoria, nella ipotesi di rigetto, viceversa, la decisione può essere sorretta anche da una motivazione implicita nella stessa struttura argomentativa posta a base della pronuncia di merito, che evidenzi la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione in ordine alla responsabilità, con la conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento (Cass. pen. sez. 6^, 18.12.2006, n. 5782, Rv. 236064). Sub 2. Giova premettere che (Sez. 4^, 24 ottobre 2005, n. 1149, Rv, 233187) "nella motivazione della sentenza il giudice di merito non è tenuto a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo; nel qual caso devono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata e ravvisare, quindi, la superfluità delle deduzioni suddette".

Ma la motivazione della sentenza impugnata ha affrontato con la dovuta puntualità le doglianze rappresentate in sede di appello anche richiamando e condividendo quella del Tribunale di Cosenza che in ogni caso vale ad integrarla costituendo con essa un unicum inscindibile.

Peraltro, la sentenza impugnata, sullo specifico punto della sicurezza sui cantieri in cui si avvicendino più imprese esecutrici, si è posta in linea con la consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità laddove ha affermato che "In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, gli obblighi di osservanza delle norme antinfortunistiche, con specifico riferimento all'esecuzione di lavori in subappalto all'interno di un unico cantiere edile predisposto dall'appaltatore, grava su tutti coloro che esercitano i lavori, quindi anche sul subappaltatore interessato all'esecuzione di un'opera parziale e specialistica, che ha l'onere di riscontrare ed accertare la sicurezza dei luoghi di lavoro, pur se la sua attività si svolga contestualmente ad altra, prestata da altri soggetti, e sebbene l'organizzazione del cantiere sia direttamente riconducibile all'appaltatore, che non cessa di essere titolare dei poteri direttivi generali" (Cass. pen. Sez. 4^,n. 42477 del 16.7.2009, Rv. 245786) nonchè, quanto all'eventuale presenza di altri responsabili per la sicurezza, che "in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il datore di lavoro e gli altri responsabili della sicurezza dell'impresa, hanno l'obbligo di cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione che l'appaltatore di lavori da eseguirsi all'interno dell'azienda adotta in favore dei lavoratori alle sue dipendenze, e pertanto assumono nei confronti di questi ultimi una posizione di garanzia in relazione ai rischi specifici connessi all'ambiente di lavoro nel quale essi sono chiamati ad operare" (Cass. pen. Sez. 4^, n. 19752 del 19.3.2009, Rv. 243642).

Sicchè sia dalla condotta del committente-appaltante sia dalla presenza di altre ditte sul cantiere, non è derivato alcun esonero di responsabilità dell'imputato, unico datore di lavoro del lavoratore deceduto.

Inoltre, il coordinatore per la progettazione, ai sensi del D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 4, ha essenzialmente il compito di redigere il piano di sicurezza e coordinamento (PSC), che contiene l'individuazione, l'analisi e la valutazione dei rischi, e le conseguenti procedure, apprestamenti ed attrezzature per tutta la durata dei lavori; diversamente, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, ai sensi dell'art. 5 citato D.Lgs., ha i compiti: (a) di verificare, con opportune azioni di coordinamento e di controllo, l'applicazione delle disposizioni del piano di sicurezza; (b) di verificare l'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS), piano complementare di dettaglio del PSC, che deve essere redatto da ciascuna impresa presente nel cantiere; (c) di adeguare il piano di sicurezza in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, di vigilare sul rispetto del piano stesso e sospendere, in caso di pericolo grave ed imminente, le singole lavorazioni. Trattasi di figure le cui posizioni di garanzia non si sovrappongono a quelle degli altri soggetti responsabili nel campo della sicurezza sul lavoro, ma ad esse si affiancano per realizzare, attraverso la valorizzazione di una figura unitaria con compiti di coordinamento e controllo, la massima garanzia dell'incolumità dei lavoratori (Cass. pen. Sez. 4^, n. 18472 del 4.3.2008, Rv. 240393).

Ancora, il direttore dei lavori o responsabile dei lavori edili è titolare di una posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori, ed ha, pertanto, l'obbligo di predisporre e fare osservare i presidi di sicurezza richiesti dalla legge per l'esecuzione dei predetti lavori, a nulla rilevando la compresenza di un "coordinatore della sicurezza in fase di progettazione" e di un "coadiutore della sicurezza in fase di esecuzione", a loro volta titolari di autonome e concorrenti posizioni di garanzia (cfr. Cass. pen. Sez. 4^, n. 17634 del 10.3.2009, Rv. 243996).


P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle ipotesi di reati contravvenzionali di cui ai capi b), c) d), e) di imputazione per essere i reati medesimi estinti per prescrizione ed elimina la relativa pena di mesi cinque di arresto ed Euro 1.500,00 di ammenda. Rigetta il ricorso nel resto.