Cassazione Penale, sez. quarta, 19.03.2012 (ud. 01.02.2012), n. 10702

Guida alla lettura” a cura di Romina Allegrezza

SOMMARIO: FATTI DI CAUSA - QUESTIONI DI DIRITTO - SOLUZIONE ADOTTATA - RIFERIMENTI GIURISPRUDENZIALI - ESSENZIALI RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI


Fatti di causa

Un dipendente di una srl, mentre stava procedendo al taglio di alcune piante a bordo del cestello di un mezzo meccanico, veniva a contatto con la linea elettrica a media tensione che si trovava nei pressi e riportava lesioni letali. Dell’accaduto veniva ritenuta responsabile, quale datore di lavoro, la legale rappresentante della società per non aver adeguatamente valutato il rischio e per non aver adottato misure tecniche ed organizzative appropriate, consistenti, nello specifico, nell’interruzione temporanea dell’erogazione dell’energia elettrica nel corso della lavorazione. Occorre precisare che, per i medesimi fatti, veniva giudicato, con separato processo, anche il soggetto delegato per la gestione degli aspetti operativi dell’ente, compresi quelli della sicurezza del lavoro.


Questioni di diritto

La fattispecie in esame concerne la problematica della validità della delega di funzioni, istituto, questo, di creazione dottrinaria e giurisprudenziale, oggi specificatamente disciplinato dall’art. 16 del D.lgs. n. 81/2008.
In particolare, la sentenza impugnata aveva condannato quale datore di lavoro, e quindi per la sua posizione di garanzia, la legale rappresentante della società ritenendo sussistente in capo alla medesima l’obbligo di vigilanza nei confronti del soggetto appositamente delegato all’esercizio delle funzioni afferenti la sicurezza. Alla base dell’argomentare dei giudici della corte di appello, un presupposto: “la delega non libera interamente il delegante, in quanto l’obbligo originario si trasforma in obbligo di vigilanza e di controllo sull’adempimento dell’incarico da parte del delegato, obbligo della cui omissione il primo risponde in quanto con il proprio comportamento omissivo non abbia impedito l’evento che aveva l’obbligo giuridico di impedire (art. 40, comma 2 c.p.)”. Secondo i giudici di merito nei confronti di detto obbligo l’imputata avrebbe mostrato un’assoluta inerzia, un disinteresse tale da non permetterle di intervenire per sopperire, con iniziativa propria, all’inadempienza dell’obbligato principale. Ben diverse sono invece le argomentazioni addotte dall’imputata, la quale, a sostegno delle proprie ragioni, ha indicato anzitutto l’erronea attribuzione della qualifica di legale rappresentante, il suo possedere soltanto capacità amministrative e contabili, nonché l’ulteriore elemento, da cui non poteva che scaturire un giustificato affidamento sulla altrui capacità gestionale, della validità della delega de qua. La Suprema Corte, tuttavia, ha ritenuto che nel caso di specie non assumesse decisivo rilievo il tema della legale rappresentanza dell’ente, ma che fosse piuttosto necessario comprendere se, accanto all’evidente responsabilità del delegato, potesse configurarsi pure quella dell’imputata per concorso mediante omissione nel reato del delegato.


Soluzione adottata

Secondo la Cassazione, indiscussa l’esistenza dell’obbligo di vigilanza, è proprio il contenuto di detto obbligo a fare la differenza. La medesima Corte ha così ribadito come “il controllo richiesto al delegante non possa essere analitico, cioè essere così penetrante e costante al punto da sostanziarsi nell’adempimento dell’obbligo stesso di cui il delegante è originario destinatario. Infatti, se così fosse, la dimensione di tale obbligo di controllo renderebbe sostanzialmente inutile il ricorso alla delega”. È stata così esclusa l’esistenza in capo al delegante di un dovere di vigilanza esteso sino a controllare personalmente la gestione di aspetti contingenti delle singole lavorazioni. Conseguentemente, il Supremo Collegio, non ritenendo sussistente la posizione di garanzia che fonda l’imputazione della condotta omissiva ex art. 40 capoverso cod. pen. e confermando la decisione del Giudice di primo grado, ha accolto il ricorso, annullando la sentenza senza rinvio per non aver commesso il fatto.


Riferimenti giurisprudenziali

La sentenza conferma l’orientamento costante della Suprema Corte che tende a limitare la misura del controllo esigibile dal delegante, non estendendo i confini della culpa in vigilando oltre un generale controllo dell’attività delegata.
Cfr. in senso conforme sullo specifico aspetto del dovere di vigilanza:
- Cass. pen., sez. IV, 08 maggio 2012, n. 17074;

- Cass. pen., sez. V, del 22 novembre 2006, n. 38425.

Più in generale in tema di delega di funzioni, cfr., ex multis:
- Cass. pen., sez. IV, nn., 48219 del 13.12.2012, 46446 del 30.11.2012, 43814 del 12.11.2012, 43454 del 08.11.2012, 41063 del 19.10.2012; 20592 del 01.06.2012, 38111 del 28.10.2010, 45931 del 01.12.2009; Tribunale di Trento, sez. pen., 07 marzo 2011, Corte di Appello di Trieste, sez. I, 3 febbraio 2010, Tribunale di Urbino, 22 maggio 2001.


Essenziali riferimenti bibliografici

Per un approfondimento circa la portata contenutistica del dovere di vigilanza del delegante, nonché sull’istituto della delega di funzioni in generale, si rinvia a:

- G. Benedetti, Gli obblighi giuridici del datore delegante e del soggetto delegato, in Igiene e sicurezza del lavoro, n. 5/2012, pp. 253-258

- E. Ciccarelli, La delega di funzioni, in Rivista scientifica di diritto dei lavori, anno IV, n. 3

- V. Mongillo, La delega di funzioni in materia di sicurezza del lavoro alla luce del d.lgs. n. 81/2008 e del decreto “correttivo” (working paper), in www.penalecontemporaneo.it, p. 42 e ss.