T.A.R. Lazio Roma, Sez. 3, 18 gennaio 2013, n. 570 - Lungo periodo di stress lavorativo e morte di un Professore




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA



sul ricorso numero di registro generale 3499 del 2011, proposto da:

A.P., G.M. (minore), A.M., rappresentati e difesi dagli avv.ti Amos Andreoni e Pasquale Freddino, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Bergamo, n. 3;

contro

- Università degli Studi di Roma - La Sapienza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Alfredo Fava e Luigi Milanese, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, P.le Aldo Moro, n. 5;

- Azienda Policlinico Umberto I, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Paola Baglio, presso lo studio della quale è elettivamente domiciliata in Roma, viale del Policlinico, n. 155;

e con l'intervento di

ad opponendum:

Allianz SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Fabio Caiaffa, presso lo studio della quale è elettivamente domiciliata in Roma, via Nizza, n. 53;

per la condanna

delle amministrazioni intimate al risarcimento del danno ex art. 2087 c.c..

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Università degli Studi di Roma - La Sapienza e dell'Azienda Policlinico Umberto I;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 gennaio 2013 il Cons. Daniele Dongiovanni e uditi, ai preliminari, l'avv. Andreoni per i ricorrenti, l'avv. dello Stato Cesaroni e gli avv.ti Fava e Milanese per l'Università, l'avv. Baglio per il Policlinico Umberto I e l'avv. Caiaffa per l'interveniente ad opponendum Allianz SPA;

 

FattoDiritto


1. Con il ricorso in esame, gli istanti, nella loro qualità di eredi del Prof. M.M. (professore associato presso l'Università La Sapienza e, contestualmente, Dirigente di I livello dell'Istituto della III clinica chirurgica presso l'Azienda Policlinico Umberto I), deceduto in data 15 marzo 2007 dopo circa sei mesi di malattia (trascorso in uno stato di coma vegetativo a far data dal 12 settembre 2006), hanno chiesto la condanna delle amministrazioni intimate al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali (sia iure hereditario sia iure proprio), quantificati nella somma complessiva di Euro 984.456,00 (di cui Euro 316.620,00 iure hereditario ed Euro 667.836,00 iure proprio).

Al riguardo, i ricorrenti, nell'invocare la violazione da parte dell'Università dell'art. 2087 c.c. nella parte in cui pone a carico del datore di lavoro un generale obbligo di sicurezza a tutela della integrità psico-fisica del lavoratore, espongono, in sintesi, quanto segue:

- il prof. M.M. è stato assunto, nel 1989, dall'Università degli Studi di Roma - La Sapienza e, dal 2005, è stato nominato professore associato presso la cattedra di scienze chirurgiche dello stesso Ateneo;

- sempre dal 1989, il Prof. M. ha svolto attività assistenziale presso il Policlinico Umberto I di Roma, giungendo a ricoprire l'incarico di Dirigente di I livello dell'Istituto della III Clinica chirurgica (e, nel periodo 15 agosto-8 settembre 2006, di dirigente responsabile f.f. di unità complessa, in sostituzione del titolare in ferie), ovvero di un reparto presidiato da personale medico in misura molto inferiore rispetto all'organico previsto e con notevoli sovraccarichi di lavoro, causa di rilevanti fattori di stress;

- in data 9-10 settembre 2006, il Prof. M. ha partecipato ad un congresso a Scanno di chirurgia endocrina, in qualità di relatore;

- l'11 settembre 2006, ha effettuato, dalle ore 13.40 alle ore 19.00, un intervento chirurgico su un paziente affetto da carcinoma del retto;

- alle ore 21,30 del medesimo giorno, a seguito del peggioramento delle condizioni delle predetto paziente, raggiungeva nuovamente il nosocomio per poi abbandonarlo dopo la mezzanotte;

- la mattina del 12 settembre 2006, il Prof. M., alle ore 8.11, ritornava al Policlinico Umberto I per seguire fino alle ore 10.30 l'evoluzione clinica del predetto paziente e, alle ore 11.00, partecipava agli esami del corso di laurea in medicina e chirurgia in qualità di membro della Commissione;

- nel pomeriggio dello stesso 12 settembre 2006, veniva colto da un malore mentre percorreva Viale Regina Elena per raggiungere lo studio nel quale svolgeva attività libero-professionale intramuraria;

- il malore causato da un arresto cardiocircolatorio provocava uno stato di coma vegetativo che, dopo circa sei mesi (il 15 marzo 2007), portava al decesso del Prof. M.;

- con Provv. n. 1729 del 14 giugno 2007, la Commissione medica di verifica di Roma ha riconosciuto la predetta infermità ascrivibile alla I catg. della tabella A e la derivazione causale della morte da tale infermità, mentre il Comitato di verifica delle cause di servizio, in data 12 ottobre 2007, accertava la dipendenza dal servizio della predetta infermità.

A sostegno della domanda risarcitoria, i ricorrenti hanno, altresì, rappresentato quanto segue:

- l'evento morte è stato causato dalla sottoposizione del Prof. M. ad un lungo periodo di stress durato dal 1 agosto 2005 al 12 settembre 2006, durante il quale è stato contestualmente impegnato nell'attività universitaria ed assistenziale;

- a livello universitario, al Prof. M. sono stati attribuiti cinque insegnamenti pari a 415 ore di didattica oltre a quelle necessarie per seguire le tesi di laurea e gli esami;

- nel contempo, il medico chirurgo partecipava alle attività del CIMS - Centro interdipartimentale per le malattie sociali - La Sapienza:

- a livello assistenziale, il Prof. M. ha svolto un orario settimanale di circa 50 ore settimanali quando il limite massimo è di 40 ore, siccome previsto dal CCNL dell'area della dirigenza dei ruoli sanitario, professionale, tecnico, ed amministrativo del servizio sanitario nazionale (derogando, peraltro, anche al limite massimo orario giornaliero);

- al predetto medico chirurgo non sono stati concessi 36 giorni di ferie, come previsto dal predetto CCNL di categoria;

- sempre a livello assistenziale, si è assistito, nel tempo, ad una riduzione delle risorse umane e stramentali nell'ambito del reparto di appartenenza con conseguente aumento dei carichi di lavoro e delle conseguenti responsabilità del Prof. M.;

- il culmine del periodo di stress è stato raggiunto tra il 9 ed il 12 settembre 2006 quando il Prof. M. è stato dapprima impegnato in un convegno a Scanno, poi nell'attività chirurgica e assistenziale e infine in quella universitaria.

Si sono costituite in giudizio l'Università degli Studi di Roma - La Sapienza e l'Azienda Policlinico Umberto I eccependo, dapprima, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e la tardività del ricorso per violazione dell'art. 30, comma 3, del CPA e chiedendo comunque il rigetto del ricorso per infondatezza nel merito, ciò in ragione della mancanza del nesso eziologico tra i fatti esposti e l'evento dannoso e dell'assenza di responsabilità in capo alle amministrazioni convenute.

È intervenuta ad opponendum la Allianz SPA (società di assicurazione dell'Università degli Studi di Roma - La Sapienza) eccependo, allo stesso modo, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e chiedendo, in subordine, il rigetto della domanda risarcitoria perché infondata.

In prossimità della trattazione del merito, le parti hanno depositato memorie, insistendo nelle loro rispettive conclusioni.

Alla pubblica udienza del 9 gennaio 2013, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

2. Va, anzitutto, dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore di quello ordinario con riferimento alla domanda proposta dai ricorrenti - eredi del Prof. M. - volta ad ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale subito iure proprio a causa della morte del de cuius (la cui richiesta ammonta ad Euro 667.836,00).

2.1 L'art. 63, comma 4, del D.Lgs. n. 165 del 2001 devolve, invero, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie - tra le altre - relative ai rapporti di lavoro dei professori e dei ricercatori universitari (di cui all'art. 3 del predetto decreto), così collegando l'individuazione del giudice competente alla sussistenza, in particolare, dello status giuridico di docente universitario, status che i ricorrenti, tutti eredi del Prof. M.M., non ricoprono.

A ciò va aggiunto che, sebbene gli istanti, con la prospettazione contenuta nel ricorso, abbiano proposto l'azione risarcitoria (iure hereditario) basandola sulla presunta violazione dell'art. 2087 c.c. (di natura contrattuale), quella intentata iure proprio mantiene invece la natura extracontrattuale ex art. 2043 c.c. che, invece, non rientra tra le ipotesi contemplate, per l'individuazione della giurisdizione, nel citato art. 63, comma 4, del D.Lgs. n. 165 del 2001, ciò in quanto la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, nelle controversie della specie, è subordinata alla sussistenza del requisito - come detto - soggettivo (nel senso che l'istante deve ricoprire lo status di docente universitario) ma anche oggettivo ovvero deve riguardare le controversie aventi ad oggetto il rapporto di impiego con l'Università di riferimento.

2.2 Nel caso di specie, i due requisiti (soggettivo ed oggettivo) non sussistono con riferimento ai ricorrenti che, sebbene eredi di un docente universitario, hanno comunque intentato un'azione risarcitoria a titolo personale (iure proprio), per la cui individuazione del giudice munito di giurisdizione devono essere seguiti gli ordinari canoni di riparto della giurisdizione.

2.3 Né, al riguardo, vale invocare l'art. 40 del c.p.c., in tema di continenza di cause assoggettate a riti speciali diversi, in quanto, in disparte il fatto che - secondo la prospettazione contenuta nel ricorso in esame - il danno subito a titolo personale dai ricorrenti sarebbe stato causato dal medesimo fatto (illecito), la predetta norma regola comunque il rapporto di connessione tra cause comunque sottoposte alla stessa giurisdizione, seppure assoggettate a riti processuali diversi, dettando quindi una disciplina che consente, per ragioni di economia processuale, la trattazione congiunta di controversie connesse.

Tuttavia, la disciplina contenuta nell'art. 40 c.p.c. non può essere estesa in via analogica fino a derogare agli ordinari criteri di riparto della giurisdizione, in quanto ciò violerebbe il principio costituzionale del c.d. "giudice naturale precostituito per legge" (art. 25 Cost.).

Ciò che si vuole dire è che, pur volendo ammettere la giurisdizione del giudice amministrativo con riferimento all'azione risarcitoria proposta dai ricorrenti iure hereditario (di cui si tratterà, comunque, nel prosieguo), la regola contenuta nel citato art. 40 c.p.c., non può essere interpretata in senso analogico come vorrebbero i ricorrenti in quanto, laddove la norma di rito sia invocata per attrarre in un unico plesso giurisdizionale le due domande contenute nella stessa iniziativa contenziosa per le quali sono competenti a conoscere due distinte giurisdizioni, ciò costituirebbe una deroga - non consentita - al principio costituzionale sopra ricordato.

Del resto, anche il giudice della giurisdizione, in un caso analogo, ha avuto modo di chiarire che la controversia instaurata dagli eredi di un dipendente pubblico deceduto nel corso del rapporto d'impiego, volta a conseguire il risarcimento del danno (patrimoniale e non) da essi sofferto per la morte del congiunto e che gli stessi assumano determinata dalla violazione, da parte della P.A. datrice di lavoro, di misure di prevenzione previste dall'art. 2087 cod. civ., è devoluta alla giurisdizione ordinaria, proprio perché si tratta di pretesa risarcitoria fatta valere "iure proprio" e connessa solo occasionalmente al pregresso rapporto di pubblico impiego (cfr, sul punto, Cass. Civ., SS.UU., 8 luglio 1993, n. 7477).

3. Ciò posto in merito alla pretesa risarcitoria fatta valere "iure proprio" dagli istanti, va, poi, , dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore di quello ordinario anche con riferimento alla domanda volta ad ottenere il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito dal de cuius Prof. M. e trasferito ai ricorrenti iure hereditario (la cui richiesta ammonta ad Euro 316.620,00).

3.1 Parte ricorrente, invero, ha chiamato in giudizio, a titolo di responsabilità contrattuale, l'Università degli Studi La Sapienza di Roma (ciò nell'intento di àncorare la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - cfr, per tutte, Cass. Civ., SS.UU., 4 marzo 2008, n. 5785) invocando la violazione dell'art. 2087 c.c. da parte del datore di lavoro, colpevole di non avere adottato misure idonee ad evitare la sottoposizione del proprio dipendente Prof. M. ad un prolungato periodo di stress, culminato nell'evento dannoso del 12 settembre 2006 e nel decesso del 15 marzo 2007.

La stessa parte ricorrente ha, altresì, convenuto in giudizio l'Azienda Policlinico Umberto I (presso la quale il Prof. M. svolgeva l'attività assistenziale), ritenendo che lo svolgimento congiunto della duplice attività (universitaria ed assistenziale) sia stata la causa determinante ed efficiente per la verificazione del predetto evento dannoso.

In sostanza, gli istanti, con riferimento all'attività universitaria del de cuius, hanno individuato i fattori di stress vissuti dal Prof. M. nell'attribuzione di cinque insegnamenti pari a 415 ore di didattica (oltre a quelle necessarie per seguire le tesi di laurea e gli esami).

Per quanto riguarda, invece, l'attività assistenziale svolta dal Prof. M. presso l'Azienda Policlinico Umberto I, i ricorrenti hanno rappresentato una situazione (documentata) di particolare stress connessa alle condizioni lavorative del de cuius in ragione dei carichi di lavoro dallo stesso sopportati, della situazione deficitaria del reparto in termini di risorse umane e strumentali e della mancata fruizione di giorni di ferie (quest'ultima circostanza, tuttavia, non documentata in atti).

3.2 Ora, posto che, dalla prospettazione dei ricorrenti, emerge la volontà di àncorare la giurisdizione del giudice amministrativo in ragione dello status di professore universitario rivestita dal Prof. M. quando, invece, secondo quanto si ricava dagli atti depositati in giudizio, la situazione di stress dallo stesso sopportata risulta documentata, in concreto, solo e con particolare riferimento all'attività assistenziale svolta dal de cuius nell'ambito dell'Azienda Policlinico Umberto I, il Collegio ritiene di dover aderire all'indirizzo del giudice della giurisdizione che, anche di recente, ha avuto modo di affermare che appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente ad oggetto il rapporto lavorativo del personale universitario con l'azienda sanitaria, ciò in quanto l'art. 5, comma 2, del D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517 distingue il rapporto di lavoro dei professori e ricercatori con l'università da quello instaurato dagli stessi con l'azienda ospedaliera e dispone che, sia per l'esercizio dell'attività assistenziale, sia per il rapporto con le aziende, si applicano le norme stabilite per il personale del servizio sanitario nazionale, con la conseguenza che, quando la qualifica di professore universitario funge da mero presupposto del rapporto lavorativo e l'attività svolta si inserisce nei fini istituzionali e nell'organizzazione dell'azienda, si determina l'operatività del principio generale di cui all'art. 63, comma 1, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, che sottopone al giudice ordinario le controversie dei dipendenti delle aziende e degli enti del servizio sanitario nazionale (Cass. Civ., SS.UU., 15 maggio 2012, n. 7503).

Nel caso di specie, invero, non si discute del rapporto del Prof. M. alle dipendenze dell'Università degli Studi di Roma - La Sapienza, bensì dell'attività dallo stesso prestata nel distinto rapporto instaurato con l'Azienda ospedaliera Policlinico Umberto I che, come sopra ribadito, spetta alla cognizione del giudice ordinario.

Del resto, sempre con riferimento all'attività assistenziale svolta dal Prof. M. presso l'Azienda Policlinico Umberto I, i ricorrenti hanno rappresentato una situazione (come detto, documentata) di particolare stress connessa alle condizioni lavorative del de cuius in ragione dei carichi di lavoro dallo stesso sopportati, della situazione deficitaria del reparto in termini di risorse umane e strumentali e della mancata fruizione di giorni di ferie (si osservi, in particolare, che, con riferimento a tale ultima circostanza, i ricorrenti hanno invero richiamato il CCNL di categoria ovvero quello dell'area della dirigenza dei ruoli sanitario, professionale, tecnico, ed amministrativo del servizio sanitario nazionale); l'unico elemento di responsabilità addebitato all'Università è connesso all'attribuzione di cinque insegnamenti pari a 415 ore di didattica (oltre a quelle necessarie per seguire le tesi di laurea e gli esami) ma nulla tuttavia i ricorrenti deducono con riferimento alle omissioni dell'Ateneo ed alle possibilità di quest'ultimo di adottare misure per ridurre lo stress sopportato dal de cuius con riferimento all'attività assistenziale svolta presso il Policlinico Umberto I ovvero nello svolgimento dell'attività libero-professionale intramuraria, pure esercitata dal Prof. M. (oltre a quella assistenziale, universitaria e di collaborazione presso il CIMS).

Sul punto, va invero osservato che, per la proposizione dell'azione di responsabilità contrattuale, occorre che la domanda sia espressamente fondata sull'inosservanza da parte del datore di lavoro (Università) di una precisa obbligazione contrattuale, non essendo sufficiente la semplice prospettazione dell'inosservanza del precetto dell'art. 2087 c.c. o di altre disposizioni legislative strumentali alla protezione delle condizioni del lavoratore dipendente.

Del resto, la responsabilità ex art. 2087 c.c. non è circoscritta alla violazione di regole di esperienza o di regole preesistenti e collaudate, ma è volta a sanzionare, alla luce delle garanzie costituzionali del lavoratore, la mancata predisposizione da parte del datore di lavoro di tutte quelle misure e cautele atte a preservare l'integrità psicofisica e la salute del lavoratore sul luogo di lavoro, in considerazione della concreta realtà lavorativa e della sua maggiore o minore possibilità di venire a conoscenza e di indagare sull'esistenza di fattori di rischio in un determinato momento storico (cfr, sul punto, Cass. civ., sez. lavoro, 5 novembre 2012, n. 18921).

Da quanto sopra esposto ed alla luce delle allegazioni dei ricorrenti, deriva che la domanda proposta dai ricorrenti sia di competenza del giudice ordinario.

4. In conclusione, con riferimento alle domande contenute nel ricorso in esame, va quindi dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore di quello ordinario presso il quale le azioni risarcitorie possono essere riproposte ai sensi dell'art. 11 del CPA.

Al riguardo, sono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda non trovando, invero, fondamento l'eccezione di tardività per violazione dell'art. 30, comma 3, del CPA sollevata dalle amministrazioni resistenti; è sufficiente, al riguardo, osservare che, ai sensi dell'art. 2 dell'allegato 3 del D.Lgs. n. 104 del 2010, per i termini processuali in corso all'entrata in vigore del codice del processo amministrativo (16 settembre 2010) continuano a trovare comunque applicazione le norme previgenti (nel caso di specie, il termine di proposizione dell'azione risarcitoria, sia se di natura contrattuale che extracontrattuale, è comunque iniziato a decorrere il 12 settembre 2006).

5. Le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti, in ragione delle difficoltà interpretative sopra esposte in ordine alla individuazione del giudice munito di giurisdizione.

P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore di quello ordinario, presso il quale l'azione va riproposta con le modalità e nei termini di cui all'art. 11 del codice del processo amministrativo.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.