T.A.R. Lazio Roma, Sez. 1 bis, 16 gennaio 2013, n. 421 - Corso da palombaro e lesioni neurologiche





REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA



sul ricorso numero di registro generale 3996 del 2010, proposto da:

L.D.M., rappresentato e difeso dagli avv. ti Francesco Cristiani e Francesca Guerrera, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Francesco Cristiani in Roma, via Po, 43;

contro

Ministero della Difesa, Marina Militare, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la condanna

dell'Amministrazione intimata al risarcimento dei danni da infortunio (ricorso in riassunzione originariamente proposto al Tribunale di la Spezia, sezione lavoro)

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa - Marina Militare;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 ottobre 2012 il dott. Nicola D'Angelo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

 

Fatto



Il ricorrente riassume dinanzi al TAR Lazio il ricorso originariamente proposto al Tribunale di La Spezia, sezione lavoro, con il quale ha chiesto al Ministero della Difesa, Marina Militare, il risarcimento del danno, quantificato in complessivi 400.000,00 Euro, subito durante il corso da palombaro a Taranto.

La riassunzione consegue alla sentenza n. 227 del 24.3.2010 con cui il suddetto Tribunale di La Spezia ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione a favore del giudice amministrativo.

Nel gravame proposto a questo Tribunale il ricorrente ha dedotto:

la responsabilità del Ministero della Difesa per i danni cagionati in occasione dell'esecuzione della prestazione lavorativa ai sensi dell'art. 2087 c.c. e della L. n. 626 del 1994.

Il Ministero della Difesa si è costituito in giudizio depositando documentazioni e memorie, per ultimo il 28 gennaio 2012.

Anche il ricorrente ha depositato un'ultima memoria il 18 luglio 2012, con allegata una nuova consulenza medica di parte.

La causa è passata in decisione all'udienza pubblica del 17 ottobre 2012.

 

Diritto



Il ricorrente chiede la condanna dell'Amministrazione intimata al pagamento di Euro 400.00,00 in ragione del fatto che a causa del corso di palombaro svolto presso la Marina Militare a Taranto avrebbe riportato alcune lesioni neurologiche.

In particolare, al termine di un'immersione il giorno 1 luglio 1999 ha manifestato una progressiva sintomatologia consistente nel prurito e nella parestesia nella regione dell'avambraccio destro, mano destra e piede destro. Messo in osservazione e trattato cautelativamente con terapia iperbarica veniva poi dimesso dal personale sanitario militare, riprendendo nei giorni seguenti il corso.

Successivamente, gli accertamenti sanitari cui si è sottoposto hanno mostrato un'anomalia elettrica delle sue cellule nervose celebrali che egli afferma essere collegata all'evento occorsogli in occasione dell'immersione del 1 luglio 1999.

Egli dunque chiede il risarcimento del danno subito che quantifica in 400.000,00 Euro più gli interessi e la rivalutazione fino al soddisfo, le spese e le competenze legali.

Nella sostanza giustifica la richiesta di risarcimento in ragione del fatto che la mancanza di cure appropriate da parte del personale sanitario della Marina Militare dopo il malore accusato a conclusione della predetta immersione avrebbe causato la patologia neurologica di cui è poi risultato affetto (modificazioni elettriche corticali).

L'Amministrazione intimata oltre che l'infondatezza della pretesa, ha preliminarmente eccepito l'intervenuta prescrizione quinquennale dell'eventuale diritto al risarcimento del danno ai sensi dell'art. 2947 c.c. in considerazione dell'assenza di atti interruttivi della stessa prescrizione tra il momento dell'evento dannoso e la proposizione di un atto di diffida e messa in mora della stessa Amministrazione trasmesso dal ricorrente il 18 maggio 2005.

Tale preliminare eccezione di intervenuta prescrizione non può tuttavia essere condivisa.

Il ricorso proposto dal ricorrente ha per oggetto la responsabilità contrattuale dell'Amministrazione. La pretesa azionata infatti si fonda sull'asserita inosservanza da parte del datore di lavoro dei precetti dettati dall'art. 2087 c.c. e dalle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro (T.U. n. 81/2008). Non è dunque nell'ambito della responsabilità aquiliana che deve essere decisa la controversia, giacché l'art. 2087 c.c. fa carico al datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica del dipendente come conseguenza del rapporto contrattuale di lavoro. Eventuali inosservanze dell'obbligo laddove siano state causa di danno possono perciò esser fatte valere nell'ordinario termine di prescrizione decennale di cui all'art. 2946 c.c. (sul punto merita di essere ricordata la giurisprudenza costante della Corte di Cassazione per la quale la violazione degli obblighi previsti dall'art. 2087 cc. è soggetta al termine di prescrizione decennale, configurandosi a carico del datore di lavoro un obbligo di protezione più specifico del generale principio del neminem laedere).

Comunque, anche il termine da cui far decorrere la prescrizione non è quello dell'evento, indicato dalla difesa dell'Amministrazione, ma quello successivo al 2003 coincidente con la manifestazione esplicita della patologia (cfr. Cass. Civ., sez. lav., n.17629/2010).

Ciò premesso il ricorso è infondato.

Non è infatti certo il nesso di causalità tra l'evento occorso al ricorrente in occasione dell'immersione del 1 luglio 1999 e l'accertamento successivo della sussistenza di una patologia neurologica. Dalla documentazione depositata il 24 maggio 2010 dall'Amministrazione della Difesa risulta infatti che nel corso delle successive visite per l'idoneità al mantenimento del brevetto di subacqueo non sono emerse anomalie tali da giustificare il collegamento eziologico tra l'evento del 1 luglio 1999 e la patologia neurologica lamentata. Solo successivamente al 2003 il ricorrente perde l'idoneità a causa di tale patologia. Manca dunque una continuità temporale tra l'evento ritenuto dannoso e l'insorgere della stessa patologia, come manca la sussistenza di riscontri in tale periodo (1999 - 2003) di lesioni celebrali accertate, così come si evince dalla documentazione depositata dall'Amministrazione intimata, in particolare dagli esami elettroencefalografici successivi al 1999, dalle valutazioni specialistiche intermedie e dalla RM celebrale del 5.12.2003 che testualmente referta: "Normale l'ampiezza del sistema ventricolare e degli spazi sub aracnoidei posti a ridosso della base e della convessità di entrambe gli emisferi. Non si osservano alterazioni del segnale del parenchima celebrale".

Neppure sotto il profilo soggettivo può imputarsi all'Amministrazione chiamata al risarcimento del danno un comportamento censurabile. Come previsto dai protocolli di sicurezza per l'attività subacquea, alla comparsa dei sintomi (prurito e parestesie) in occasione dell'immersione del 1 luglio 1999, dopo aver effettuato un esame obiettivo, il personale medico militare ha disposto, cautelativamente ed immediatamente, il trattamento iperbarico del ricorrente, trattamento che si è protratto a scopo cautelare e nonostante la scomparsa dei sintomi in un ulteriore ciclo di ossigeno.

D'altra parte, l'affermata responsabilità contrattuale non può dar luogo comunque ad un'ipotesi di responsabilità oggettiva del datore di lavoro per il solo fatto dello svolgimento di un'attività rischiosa (cfr. Cass. Civ., sez. lav., n. 14192/2012). Occorre infatti che l'evento dannoso sia imputabile anche sotto il profilo della colpa datoriale in forza della violazione comprovata di obblighi concretamente individuabili concernenti la tutela dell'integrità fisica del lavoratore. Come sopra detto, dagli atti di causa non emerge alcuna negligenza da parte dell'Amministrazione intimata dopo l'immersione e neppure durante la stessa.

Per ultimo, il ricorrente ha evidenziato a questo Tribunale che successivamente all'instaurazione del giudizio de quo il Ministero della Difesa, Direzione Generale della Previdenza, con nota prot. 045587 dell'11 marzo 2011, gli ha concesso l'equo indennizzo. L'equo indennizzo è però oggettivamente distinto dal risarcimento del danno in quanto rientra in una delle tante indennità che l'Amministrazione conferisce ai dipendenti in relazione alle vicende del servizio, mentre il secondo tende a compensare, per equivalente, la perdita dell'integrità fisica. Ne deriva che, poiché l'equo indennizzo ha natura retributiva e non risarcitoria, di esso non può tenersi conto ai fini del risarcimento dei danni subiti dal dipendente nello svolgimento del servizio, anche se connessi a quell'infermità (cfr. CDS, sez. IV, n. 4121/2012).

Per le ragioni sopra esposte, il ricorso va respinto.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in favore dell'Amministrazione intimata nella misura di Euro 2.000,00(duemila).

P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore dell'Amministrazione intimata nella misura indicata in motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.