Cassazione Penale, Sez. 4, 24 gennaio 2013, n. 3837 - Carrello elevatore e movimentazione degli scarti di produzione: idoneità all'uso


 



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SIRENA Pietro Antoni - Presidente -

Dott. FOTI Giacomo - Consigliere -

Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere -

Dott. ESPOSITO Antonio - rel. Consigliere -

Dott. DELL'UTRI Marco - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza



sul ricorso proposto da:

P.G. N. IL (Omissis);

Z.C. N. IL (Omissis);

F.S. NON RICORRENTE;

avverso la sentenza n. 1120/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 27/10/2011;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/01/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. D'Angelo Giovanni che ha concluso per prescrizione;

Udito il difensore avv. Francesco Virgone che insiste per l'accoglimento del ricorso.

 

Fatto



Con sentenza 27/10/2011 la Corte d'Appello di Firenze confermava la sentenza di primo grado che aveva ritenuto P.G. e Z.C. responsabili del reato di cui all'art. 113, art. 590, comma 3 in relazione all'art. 583 c.p., n. 1 perchè, in cooperazione colposa tra loro, nelle rispettive qualità di responsabile della Palma Servizi Ecologici e di responsabile della ditta Società iniziative industriali (che in forza di contratto d'appalto aveva incaricato la Palma servizi ecologici della gestione della raccolta dei rifiuti presso uno stabilimento dell'appaltante), nel corso dei lavori eseguiti da Palma servizi ecologici presso lo stabilimento di Iniziative Industriali S.p.A., per colpa generica e violazione di norme infortunistiche, specificamente il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 22, comma 1 e art. 35, comma 2 nonchè il D.P.R. n. 547 del 1955, art. 11 comma 3 e D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, comma 3 in particolare omettendo di valutare i rischi professionali connessi alla movimentazione degli scarti di produzione della ditta "Iniziative Industriali Spa", contenuti all'interno di un sacco trasportato appeso alle forche di un carrello elevatore attraverso il piazzale sterrato dell'opificio, procuravano a F.S., dipendente della P. servizi ecologici, lesioni personali consistite nella frattura delle vertebre lombari l 4 l -15, nella lussazione dell'anca destra e nella frattura dell'acetabolo sinistro, che lo stesso si procurava rimanendo schiacciato a terra sotto gli elementi del carrello elevatore ribaltatosi durante il trasporto degli scarti di lavorazione della resina (fatto del 15/6/2004).

La Corte aveva posto a fondamento del giudizio di responsabilità il rilievo in forza del quale era risultato che il carrello elevatore, utilizzato dal lavoratore e messo a disposizione dal P., non fosse idoneo al trasporto di sacchi contenenti materiale vario e appesi alle forche di sollevamento del mezzo mediante anelli flessibili, potendo essere utilizzato solo per il trasporto dei carichi appoggiati sul pancale, come previsto nel relativo manuale di uso e manutenzione. Inoltre al P. veniva addebitato di non aver informato il lavoratore in merito al corretto uso del carrello elevatore. Gli imputati erano condannati alla pena di giustizia, e, altresì, al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, da liquidarsi in separata sede, oltre al pagamento di una provvisionale provvisoriamente esecutiva.

Avverso la sentenza propongono ricorso per Cassazione gli imputati.

Il P. deduce: 1) omessa motivazione in relazione alla qualificazione come colposa della condotta dell'imputato, nella quale viene ravvisata genericamente violazione degli obblighi di garanzia, senza considerare che il F. era dipendente che non necessitava di insegnamento o raccomandazione circa la tecnica di guida del carrello elevatore, avendo conseguito un apposito patentino e avendo praticato specificamente per un ventennio tale attività; 2) mancanza e illogicità della motivazione riguardo al nesso di causalità tra la violazione contestata e le lesioni subite dal lavoratore, rilevando che anche una persona priva di specifica conoscenza nel settore avrebbe avuto chiaro l'estremo pericolo connesso alla movimentazione del mezzo meccanico recante un peso oscillante e che le cause del ribaltamento erano da individuare nell'uso anomalo del carrello elevatore; 3) sopravvenuta prescrizione del reato, maturata nel dicembre 2011. Invoca, inoltre, la revoca della costituzione di parte civile e l'estromissione della stessa; richiama al riguardo il disposto di cui all'art. 82 c.p.p., avendo il F. intrapreso autonomo giudizio per il risarcimento dei danni dinanzi al giudice del lavoro. Z., a sua volta, deduce: 1) apparenza e contraddittorietà della motivazione, osservando che la difesa aveva rilevato che non potesse dirsi violato il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, comma 3, poichè proprio in attuazione del dovere di cui alla citata norma era stato predisposto su incarico della committente un piano di sicurezza con descrizione delle lavorazioni, delle caratteristiche dei mezzi, delle procedure operative per ciascun mezzo; 2) inosservanza delle norme processuali e vizio di motivazione in relazione alle statuizioni civili contenute in sentenza, avendo il F. revocato la costituzione di parte civile, instaurando con ricorso 10/3/2011 un giudizio risarcitorio a seguito di infortunio dinanzi al giudice del lavoro; 3) mancanza e manifesta contraddittorietà della motivazione in relazione alla determinazione della pena: osserva che le attenuanti generiche erano state negate sulla scorta del rilievo dell'esistenza di numerose violazioni antinfortunistiche, laddove l'unico addebito mosso al ricorrente è individuabile nella violazione della L. n. 626 del 1994, art. 7, comma 3; 4) erronea applicazione della L. n. 125 del 2008, art. 2 bis e 2 ter di cui all'ordinanza del 19/1/2010, poichè erroneamente era stata ritenuta applicabile la disciplina richiamata in tema di sospensione dei termini di prescrizione: all'udienza del 19/1/2010 il giudice aveva disposto rinvio della trattazione per la rinnovazione dell'istruttoria, prevedendo la sospensione del termine fino alla successiva udienza del 17/5/2010 (per un totale di 3 mesi e 28 giorni); trattandosi di disposizione svincolata da provvedimento generale del dirigente dell'ufficio, non era idonea a determinare la sospensione della prescrizione che, in ogni caso, si era comunque maturata.

 

Diritto


Va preliminarmente rilevato che il reato è estinto per prescrizione.

Invero, ai sensi della L. n. 251 del 2005, art. 10, che ha introdotto una nuova disciplina in materia di prescrizione dei reati, e secondo l'interpretazione dettata dalla Corte Costituzionale con sentenza n 393/2006 circa la normativa transitoria, deve ritenersi che debbano applicarsi i termini di prescrizione più brevi (tra quelli ex novo in vigore e quelli previgenti) nel caso di procedimenti in corso al momento di entrata in vigore della legge per i quali non sia stata emessa ancora sentenza neppure in primo grado. Nel caso di specie, deve, quindi, applicarsi la normativa previgente che prevedeva per il reato in questione (che veniva punito con la pena della reclusione in misura inferiore a cinque anni) la prescrizione di anni cinque prorogabile per interruzione della metà. Per cui, essendosi verificato il fatto in data 15/6/2004, la prescrizione, tenuto anche conto del periodo di sospensione, si è compiuta in data 14/4/2012.

Non ricorrendo, pertanto, per un verso elementi attestanti con evidenza la mancata colpevolezza dell'imputato, e, per altro verso, la radicale inammissibilità dell'impugnazione, deve applicarsi la causa di estinzione del reato per prescrizione. Non opera il disposto di cui all'art. 578 c.p.p., in ragione della revoca tacita della costituzione di parte civile intervenuta ex art. 82 c.p.p. a seguito di autonoma proposizione di domanda risarcitoria da parte della persona offesa in sede civile autonoma. Ne consegue l'annullamento senza rinvio della decisione, con la dichiarazione della causa di estinzione che viene applicata (cfr. Cass. 31320/2004: "Il trasferimento dell'azione civile comporta la revoca della costituzione di parte civile e l'estinzione del rapporto processuale civile nel processo penale e ciò impedisce al giudice penale di mantenere ferme le statuizioni civili relative ad un rapporto processuale ormai estinto. (Nella fattispecie la Corte, investita di un ricorso proposto dall'imputato e relativo alla responsabilità penale, preso atto della revoca, ha annullato senza rinvio la sentenza in ordine alle statuizioni civili in essa contenute").

P.Q.M.



Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione.