Tribunale di Roma, GIP Finiti, Ordinanza 4 aprile 2003 - Idoneità delle misure predisposte dall'ente al fine di scongiurare il pericolo di reiterazione di illeciti


 



Tribunale di Roma
Ufficio del giudice per le indagini preliminari e dell'udienza preliminare



Il g.i.p. dott.ssa Marina Finiti, a scioglimento della riserva di cui al verbale di udienza del 4 aprile 2003,

osserva:

preliminarmente deve rilevarsi che il provvedimento emesso da questo Ufficio in data 22 novembre 2002, nell'ambito dell'odierno procedimento, costituisce parte integrante della presente ordinanza e deve intendersi ivi integralmente richiamato e trascritto.
L'oggetto delle odierne considerazioni è dato evidentemente dalle valutazioni dell'elaborato peritale depositato dal dr. Franco, in relazione al quesito formulato all'udienza del 6 dicembre 2002, in particolare in ordine alla rispondenza dei moduli organizzativi predisposti dalla ... -successivamente alla contestazione degli illeciti amministrativi -, alle previsioni dell'art. 17 lett. b) decreto legislativo 231/01, e, dunque, la sostanziale idoneità delle misure predisposte dall'ente al fine di scongiurare il pericolo di reiterazione di illeciti della stessa specie di quelli per cui si procede.
In sostanza le specifiche misure adottate dal gruppo ... possono essere sommariamente indicate nell'autolimitazione dell'operatività, nell'adozione del modello organizzativo e nelle misure di controllo al riguardo previste; nelle dimissioni del Presidente del C.D.A. della società capogruppo e nella corresponsione rateale di una somma di denaro all'... a titolo di risarcimento del danno - salva e impregiudicata ogni questione sulla fondatezza dell'ipotesi accusatoria -, e, infine, nell'adozione di misure di perfezionamento del modello con la delibera del 24.3.2003, adottata all'esito del deposito dell'elaborato peritale, a seguito dei rilievi ivi formulati.
Osserva il giudice che la condotta prevista dal citato art. 17 lett. b) è sostanzialmente identica a quella prevista dall'art. 12 comma 2 lett. B) relativa ai casi di riduzione della sanzione pecuniaria. I moduli organizzativi e di gestione dell'ente vengono previsti anche dall'art. 6 del citato decreto, norma che prevede che l'ente vada esente da responsabilità qualora i reati siano stati commessi da persone poste in posizione di vertice all'interno dell'azienda e ricorrano una serie di requisiti. Tra questi la lett. a) dell'articolo 6 richiede che l'organo dirigente abbia "adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli organizzativi e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi".
I modelli debbono necessariamente rispondere alle esigenze previste dal comma 2 dell'art. 6 citato, ovverosia individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati (nell'ipotesi evidentemente di predisposizione dei modelli prima della commissione del fatto, come prevede l'art. 6), prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l'attuazione delle decisioni dell'ente in relazione ai reati da prevenire, prevedere l'istituzione di un organismo di vigilanza deputato a verificarne il buon funzionamento, individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati, prevedere specifici obblighi di informazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare sul funzionamento e sull'osservanza dei modelli e, infine introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello organizzativo.
Si tratta di indicazione fornite dal legislatore in via preventiva, utilizzabili evidentemente, con i necessari adattamenti, anche ai modelli organizzativi predisposti dall'ente ex post, dunque ex art. 17.
Le linee guida indicate dall'art. 6 hanno, cioè, indubbia valenza anche in relazione ai modelli organizzativi previsti dall'art. 17, ma ritiene il giudice che alla diversità di situazioni - modelli adottati in via preventiva in un caso, dopo la contestazione dell'illecito nell'altro -, debba corrispondere un diverso ambito di operatività e incisività dei modelli.
I protocolli rivolti a 'procedimentalizzare' la formazione e l'attuazione delle decisioni dell'ente ove vengano adottati non in funzione di prevenzione del rischio, ma successivamente al verificarsi dell'illecito, non potranno non tener conto nel concreto della situazione che ha favorito la commissione dell'illecito, sì da eliminare le carenze organizzative che hanno determinato il reato. Si tratta di una valutazione da formularsi dunque non in termini esclusivamente prognostici ed ipotetici, ma anche in considerazione del dato fattuale desumibile dalla prospettazione accusatoria. Conseguentemente, in siffatta ipotesi, il contenuto programmatico dell'attività dell'ente, specificato nei modelli, in relazione al quale l'intervento normativo non prevede rigide formule o cristallizzazioni, dovrà essere mirato e calibrato espressamente sulle carenze organizzative che hanno favorito la commissione del reato.
II criterio di minimizzazione del rischio, richiamato dal dr. Franco nell'elaborato e evidenziato nella relazione governativa, vale cioè per i modelli organizzativi predisposti ex ante. Quando il rischio si è concretizzato e manifestato in un'elevata probabilità di avvenuta commissione dell'illecito da parte della società, i modelli organizzativi predisposti dall'ente dovranno necessariamente risultare maggiormente incisivi in termini di efficacia dissuasiva e dovranno valutare in concreto le carenze dell'apparato organizzativo e operativo dell'ente che hanno favorito la perpetrazione dell'illecito.
Il già citato art. 6 al comma 3 prevede che "i modelli di organizzazione e di gestione possono essere adottati ... sulla base di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli enti, comunicati al Ministero della Giustizia che, di concreto con i Ministeri competenti può formulare, entro trenta giorni, osservazioni sull'idoneità dei modelli a prevenire i reati". Le associazioni di categoria che ad oggi risultano aver elaborato codici di comportamento, le cc.dd. "linee guida", sono state la Confindustria, l'Abi, l'Ania e l'Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili).
In particolare, l'Ance, che interessa in relazione all'attività del gruppo indica nelle c.d. 'linee guida' quali momento di rischio le "... fasi delle procedure selettive, di autorizzazione del subappalto, di gestione dell'eventuale contenzioso del subappalto con riferimento agli enti interessati a pubbliche gare o trattative per l'affidamento di lavori pubblici in appalto o in concessione.
La Confindustria prevede "in ogni società controllata deve essere istituito l'organismo di vigilanza ex art. 6 primo comma lett. b) l'organismo della controllata potrà avvalersi ... delle risorse allocate presso l'analogo organismo della capogruppo, i dipendenti dell'organismo della capogruppo, nella effettuazione di controlli presso le società del gruppo, assumono nella sostanza la veste di professionisti esterni che svolgono la loro attività nell'interesse della controllata stessa". Circa l'organo o i soggetti deputati a disporre tali misure osserva il giudicante che, mentre l'art. 17 fa espresso riferimento all'ente, l'art. 6 (comma 1 lett. a), menziona espressamente l'organo dirigente.
Peraltro ritiene questo Giudice che sia corretto demandare in entrambi i casi al C.d.A., ovverosia all'organo amministrativo, detta previsione. Si concorda con la difesa sulla legittimità del modulo adottato con delibera dell'organo amministrativo, e dunque in assenza di qualsivoglia modifica statuaria.
Invero, nessuna indicazione viene fornita al riguardo dal legislatore e rilevante appare il dettato dell'art. 2384 bis c.c., che prevede che "l'estraneità all'oggetto sociale (dunque in violazione delle disposizioni dello statuto) degli atti compiuti dagli amministratori in nome della società non può essere opposta ai terzi di buona fede".
In data 20 novembre 2002 ... ha rassegnato le proprie dimissioni dall'incarico di Presidente "per favorire un completo ricambio e non condizionare in alcun modo l'operato del Consiglio", pur ribadendo la completa estraneità ai fatti sia personale che del gruppo societario. Il ... non risulta invece essersi dimesso dalla carica di Presidente del Cda e Amministratore delegato dell'impresa ... , potendosi altrimenti "determinare una situazione fortemente pregiudizievole per l'impresa atteso il ruolo dallo stesso svolto all'interno dell'azienda e i rapporti da questi da sempre intrattenuti con fornitori, subappaltatori e imprese bancarie.  La prospettazione accusatoria ipotizza che i reati di cui al parallelo procedimento penale siano stai commessi da due soggetti in posizione 'apicale', soggetti che hanno avuto funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione dell'ente, o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, ovvero che hanno esercitato anche di fatto la gestione e il controllo dello stesso. Si tratta del amministratore e legale rappresentante della ... e dell'..., gestore e responsabile di fatto della ... (incarico da cui si è dimesso il 20.11.2002) e socio di maggioranza della ... .
Ampia rilevanza viene data dal perito e dalla difesa all'autolimitazione dell'operatività disposta con la citata delibera del 20 novembre 2002 dalla capogruppo ... , misura non prevista nelle c.d. linee guida, misura che il dr. Franco ritiene sostanzialmente idonea a scongiurare ogni rischio di recidivanza.
Nel modulo si stabilisce, testualmente: "La ... e le società da essa controllate dovranno da oggi astenersi dal partecipare a gare di appalto per la realizzazione di opere pubbliche che non siano regolate dalla legge 109/94, come modificata dalla legge 1 agosto 2002 n. 166, c.d. legge Merloni, e non dovranno più partecipare a bandi di enti pubblici per la vendita e/o l'acquisto di immobili e sarà compito del comitato controllare che queste disposizioni siano eseguite e relazionare in merito nel rapporto quindicinale".
Nella stessa data i CDA delle società ... e l'assemblea ordinaria dei soci della ... deliberano di porre in atto tutte le procedure che il comitato nominato dalla ... vorrà predisporre per l'adozione e l'attuazione del modello organizzativo idoneo a scongiurare il pericolo di reati contro la p.a., nonché di astenersi dal partecipare ad appalti per l'esecuzione di opere pubbliche non regolare dalla legge Merloni, nonché di bandi di enti pubblici per la vendita e/o l'acquisto di immobili. La legge Merloni (art. 24) non preclude in assoluto il ricorso alla trattativa privata, lo limita in un ristretto ambito di operatività (non superiore ai 300.000 euro, salvo i casi di ripristino di opere già esistenti danneggiate da eventi di natura calamitosa). Peraltro, la società con la successiva delibera del 24 marzo 2003 (cfr. documento prodotto all'udienza del 26 marzo 2003 in atti), ha inserito nel modello il divieto per tutte le società del gruppo di partecipare a qualsiasi tipo di trattativa privata con la PA. Sostanzialmente ritiene il perito che il divieto di partecipazione delle società del gruppo a gare di appalto non ricomprese nella legge Merloni (detta normativa pur non vietando in modo assoluto il ricorso alla trattativa privata, prevede che i procedimenti di gara per l'assegnazione di appalti di opere pubbliche sono il pubblico incanto e la licitazione privata) e l'autolimitazione all'operatività voluta dal gruppo ... , relativa al divieto di partecipare a bandi indetti da enti pubblici per la vendita o l'acquisto di immobili di proprietà degli stessi enti pubblici, di cui alla più volte menzionata delibera 20 novembre 2002, criteri recepiti delle società del gruppo, risultino idonei a scongiurare il pericolo di commissione di illeciti della stessa specie di quelli per i quali si procede, attese le particolari modalità di commissione delle contestate ipotesi di corruzione propria, favorite dall'utilizzo da parte dell'..., a beneficio del gruppo per l'acquisto di immobili, della forma negoziale del c.d. contratto di compravendita di cosa futura ex art. 1472 c.c. Rileva al riguardo il giudicante che l'autolimitazione all'attività voluta dal gruppo societario di per sé è determinazione unilitarale, non costituisce norma imperativa, e non assume adeguata valenza esterna, neppure a seguito della pubblicizzazione sul sito internet aziendale. Dunque si porrà un problema di valenza dell'atto rispetto all'altro contraente e al terzo di buona fede, e, conseguentemente, di idoneità della previsione a garantire efficacemente il pericolo di recidiva dell'illecito.
In merito al contenuto del modello, si rileva che le due principali società operative, ... , in quanto operanti in sistema di qualità, risultano aver acquisito la certificazione SOA ISO 9002 prevista dalla legge 1209/94, c.d. legge Merloni. Trattasi sostanzialmente di una attestazione dell'esistenza in tali soggetti, esecutori di lavori pubblici, di una serie di requisiti indicativi di correttezza e validità a livello tecnico, organizzativo e economico finanziario. Le suddette società operano secondo le indicazioni di cui alla "Procedura gare ed appalti", che fissa le linee guida e la procedura per le partecipazioni a gare pubbliche e private nell'ambito del sistema di qualità. Con riferimento alle attività nel cui ambito possono essere commessi i reati, il modello considera in particolare l'area relativa all'ufficio gare, che deve garantire, secondo le linee programmatiche adottate dal CDA:
1) di avere rapporti con gli enti appaltanti improntati alla massima trasparenza;
2) di non avere con altri concorrenti rapporti e/o scambi di informazioni che possono configurare il reato di turbativa di asta.
Per i contratti di subappalto, che costituiscono un'indubbia area di rischio, attesa la prospettazione accusatoria l'art. 15 prevede che "per ... la quota di lavori che le imprese del Gruppo dovessero affidare in subappalto ... resta stabilito che i subappaltatori non potranno stabilire rapporti diretti con i rappresentanti della p.a. interessati all'esecuzione dell'appalto, per cui ogni intervento o comunicazione su quella quota di lavori dovrà sempre avvenire tramite l'impresa intestataria, così come previsto dalla normativa vigente. Nei contratti di subappalto dovrà essere evidenziata questa precisazione, con l'avvertenza aggiuntiva che il mancato rispetto della disposizione verrà una prima volta contestato con una comunicazione ufficiale diretta al subappaltatore ed al committente per conoscenza; un secondo successivo inadempimento sarà causa motivata di rescissione in danno del contratto".
Inoltre nella già citata delibera del 24 marzo 2003 del CDA viene introdotto l'obbligo per tutti i soggetti delle società del gruppo che a vario titolo compartecipano nella specifica e principale attività aziendale (appalti pubblici e privati) di segnalare le anomalie che dovessero rilevarsi nelle diverse fasi in cui tale operatività si articola. Anche nei confronti degli altri soggetti che partecipano alle decisioni e alle definizioni ed esecuzioni dei subappalti viene inserito l'obbligo di evidenziare anomalie di qualsiasi tipo con riferimento all'attribuzione dei subappalti, alle prestazioni rese dal subappaltatore e ai prezzi pattuiti.
Al riguardo, deve rilevarsi che in considerazione dell'ipotesi accusatoria e delle concrete modalità delittuose evidenziate nella prospettazione accusatoria del PM, allo stato suffragate dalle risultanze delle numerose informative della G.d.F. in atti, le gravi vicende corruttive contestate risultano perpetrate per il tramite di un subappaltatore vicino al gruppo ... , tale ... .
Ritiene il Giudice che, in considerazione di tale risultanza, l'area dei subappalti doveva essere necessariamente oggetto di specifica considerazione volta a scongiurare la possibilità di subappalti creati artatamente al precipuo scopo di precostituire costi a bilancio in tutto o in parte fittizi. Né si concorda in proposito con le conclusioni del perito sul punto, laddove sostiene che la più volte richiamata 'autolimitazione' dell'attività del gruppo costituisca mezzo idoneo a scongiurare pericolo di reiterazione di episodi corruttivi. Né al riguardo appare adeguata la predisposizione di un'integrazione delle previsioni di cui al citato art. 15 del modello. Invero una mera segnalazione appare assolutamente inefficace. Al riguardo appare necessaria l'adozione di una sorta di codice di autoregolamentazione che preveda espressamente il divieto di contratti di subappalto all'interno delle società del gruppo.
Con riferimento all'organismo di controllo, previsto nella più volte menzionata delibera del CdA, osserva il giudice che tale organismo, per essere funzionale alle aspettative, deve necessariamente essere dotato di indispensabili poteri di iniziativa, autonomia e controllo. Evidente, infatti, che al fine di garantire efficienza e funzionalità l'organismo di controllo non dovrà avere compiti operativi che, facendolo partecipe di decisioni dell'attività dell'ente, potrebbero pregiudicare la serenità di giudizio al momento delle verifiche. Al riguardo appare auspicabile che si tratti di un organismo di vigilanza formato da soggetti non appartenenti agli organi sociale, soggetti da individuare eventualmente ma non necessariamente, anche in collaboratori esterni, forniti della necessaria professionalità, che vengano a realizzare effettivamente "quell'organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controlli". Indubbio che per enti di dimensioni medio grande la forma collegiale si impone, così come si impone una continuità di azione, ovverosia un impegno esclusivo sull'attività di vigilanza relativa alla concreta attuazione del modello.
Al riguardo, rileva il Giudice l'inidoneità dell'indicazione dell'... quale componente dell'organo di controllo, considerato che questi, essendo deputato a compiti di controllo interno, in quanto responsabile delle procedure del sistema ISO 9002 e della sicurezza all'interno della principale società operativa, potrebbe non possedere quei requisiti di autonomia e di indipendenza che dovrebbero caratterizzare l'organismo di vigilanza. Vi è un indubbia commistione tra il ruolo di vigilanza impostogli dalla partecipazione all'organo di controllo e un ruolo di amministrazione attiva, quale deriva dalla concorrente situazione di responsabile della sicurezza e del sistema ISO 9002. Né si concorda con il perito che la circostanza che sia stato previsto un organo collegiale, costituito oltre che dal ... da altro professionista esterno al gruppo, sia di per sé sufficiente ad escludere pericoli di interferenza tra organo di controllo e società controllata. Si consideri che nelle linee guida fissate in sede di codice comportamentale predisposto dall'Ance viene evidenziata la necessità di assicurare "sempre la separazione e l'indipendenza gerarchica tra coloro che elaborano la decisione, coloro che la attuano e chi è tenuto a svolgere i controlli".
Ugualmente la Confindustria preveda la "non attribuzione di compiti operativi che, rendendolo partecipe di decisioni ed attività operative, ne minerebbero l'obiettività di giudizio nel momento delle verifiche sui comportamenti e sul modello. Viene altresì sollecitata, in particolare nelle aziende di grandi e medie dimensioni, la costituzione di un organismo dedicato esclusivamente ed a tempo pieno all'attività di vigilanza, privo di mansioni operative.
Nel caso in esame, poi, l'organismo di controllo, come precisato dal perito nell'elaborato e in sede di esame all'udienza del 26 marzo 2003 (cfr. pag. 12 del p.v. trascrizione udienza), risulta previsto con delibera espressa solo con riferimento alla ... , in quanto società capogruppo. In proposito, il perito sottolinea la lacuna del modulo con riferimento all'assenza di previsione per le altre società del gruppo, assenza maggiormente rilevante per le due società medio-grandi del gruppo, in particolare l'impresa ... e l'impresa ... (cfr. elaborato peritale e esame del dr. Franco all'udienza del 26.3.2003, pag. 10 dell'elaborato). Le altre società del gruppo, sia pure con differenze quantitative l'una dall'altra, rientrano nelle categorie delle piccole imprese, per le quali il codice di comportamento elaborato dall'Ance ritiene che i compiti di controllo e vigilanza possono essere svolti direttamente dall'organo dirigente, recependo sul punto le previsioni dell'art. 6 comma penultimo legge 231/01. Evidente poi la necessità di prevedere uno specifico obbligo della società controllata di informare tempestivamente l'organo preposto al controllo delle vicende rilevanti. In tal senso la lett. d) del comma 2 dell'art. 6 impone uno specifico obbligo di informazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli. Il modello organizzativo predisposto dalla ... , prevede una serie di protocolli da attuare da parte delle società interessate, che entro il 5 ed il 20 di ogni mese dovranno far pervenire alla ... una relazione dettagliata e documentata dei rapporti tenuti dai suoi legali rappresentanti, capi commessa, dirigenti di cantiere, ecc., con i rappresentanti della p.a. con le quali sono attivati rapporti contrattuali, le persone preposte agli uffici Gara debbono far pervenire con la stessa cadenza un elenco dettagliato delle gare alle quali partecipano; la ... entro il 10 e il 25 di ogni mese consegna la documentazione ricevuta dalle società controllate, con una breve relazione d'accompagnamento all'organismo di controllo.
Dunque, appare adempiuto l'obbligo di informazione nei confronti dell'organismo di vigilanza sull'osservanza dei modelli. L'organismo di controllo, secondo le previsioni dell'art. 9 del modello, "potrà agire all'interno delle società del gruppo con i più ampi poteri di iniziativa e di controllo, per verificare la correttezza dello svolgimento della attività svolte da chiunque rappresenti le società facenti parte del gruppo". L'art. 14 prevede le sanzioni disciplinari volte a colpire il mancato rispetto delle misure indicate in modello, sanzioni che nella sostanza appaiono adeguate. Con riferimento all'esigenza di "individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati il modello stabilisce che i "pagamenti da effettuare a nome e per conto delle Società interessate, devono essere effettuati in base a documenti amministrativi emessi nel rispetto delle pattuizioni contrattuali e della normativa fiscale ... " Da aggiungere, per completezza espositiva, la lacuna rilevabile dalla mancata previsione di un termine di non modificabilità del modulo organizzativo adottato. In particolare, si concorda con il PM sull'opportunità di inserire una previsione in deroga all'art. 2388 c.c., che preveda una maggioranza qualificata del CDA in caso di modifiche del modulo organizzativo adottato, una maggioranza particolarmente significativa, sì da garantire la stabilità e l'effettività del modulo. Pertanto, ritenuto non sufficientemente satisfattivo il modulo organizzativo predisposto dall'ente (in particolare per quanto concerne i subappalti, l'organo di controllo e la maggioranza necessaria a modificare il modulo organizzativo adottato), deve valutarsi l'idoneità e l'adeguatezza della misura cautelare invocata dal PM - l'interdizione dalla capacità di contrattare con la p.a. per il termine di anni uno -, in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, misura che per espresso dettato normativo deve altresì risultare proporzionata all'entità del fatto e alla sanzione che si ritiene possa essere applicata all'ente (cfr. art. 45 e 46 d.lgs. 231/01). Sulla gravità degli episodi corruttivi contestati, sulla reiterazione delle condotte criminose e sul livello di diffusione delle stesse, sulla gravità degli indizi, questo giudice si è già soffermato ampiamente nella parte motiva della precedente ordinanza. Il concreto pericolo di reiterazione di illeciti della stessa specie consegue con evidenza dal livello di diffusione e radicamento del sistema corruttivo posto in essere, e dalla recente epoca di commissione degli illeciti. La gravità è tale da consentire in via astratta l'adozione della misura cautelare interdittiva richiesta dal PM. Peraltro, ex art. 15 decreto citato, considerato che "l'interruzione dell'attività dell'ente (che lavora prevalentemente con la p.a.) può provocare, tenuto conto delle sue dimensioni e delle condizioni economiche del territorio in cui è situato, rilevanti ripercussioni sull'occupazione", deve disporsi la prosecuzione dell'attività con la nomina di un commissario giudiziale per il periodo di anni uno a decorrere dall'esecuzione della presente ordinanza.

P.Q.M.


Visto l'art. 45 e ss. d. l.vo 231/2001;
DISPONE
il commissariamento giudiziale della Società ... Nomina commissario giudiziale il ... Manda al PM per l'esecuzione e per la notifica all'ente. Così deciso in Roma, all'udienza del 4.4.2003.
Il G.I.P.
(dott.ssa Marina Finiti)