Cassazione Penale, Sez. 4, 11 marzo 2013, n. 11472 - Operaio travolto dalla caduta di un albero durante l'abbattimento e responsabilità di un datore di lavoro


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli 111.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARZANO Francesco - Presidente
Dott. D'ISA Claudio - Consigliere
Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere
Dott. CIAMPI Francesco Maria - Consigliere -
Dott. GRASSO Giuseppe - rei. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza

 

sul ricorso proposto da:
T.T. N. IL (OMISSIS); avverso la sentenza n. 3308/2010 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 09/03/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/01/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. IACOVIELLO Francesco Mauro che ha concluso per il rigetto del ricorso: udito il difensore aw. PUOTI Giovanni del foro di Foligno, il qual e ha resistito per l'accoglimento del ricorso.



Fatto

 

1. Il Tribunale di Pistoia, Sezione Distaccata di Monsummano Terme, con sentenza del 4/3/2010, dichiarato T.T., amministratore unico dell'azienda agricola BTR s.r.l., colpevole del delitto di lesioni personali colpose, in violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro, in relazione all'incidente occorso a M. V., operaio alle dipendenze della predetta società, travolto dalla caduta di un albero che era intento ad abbattere, condannò il medesimo alla pena sospesa stimata di giustizia, nonché a rifondere il danno, da liquidarsi in separata sede, procurato alla P.C., in favore della quale poneva provvisionale immediatamente esecutiva.
Con la stessa sentenza R.F., caposquadra sempre alle dipendenze della BTR s.r.l., veniva assolto, in quanto da diversi giorni esonerato e sostituito da tale F..
1.1. La Corte d'appello di Firenze, con sentenza del 9/3/2012, giudicando a seguito dell'impugnazione proposta dall'imputato, concesse a costui le attenuanti generiche, ridusse la pena, nel resto confermando la statuizione di condanna.
2. L'imputato proponeva ricorso per cassazione, prospettando plurime censure.
2.1. Con i motivi numerati dall'1 al 6 il ricorrente, avuto riguardo alle diverse ripercussioni dell'affermazione, assume che quel giorno l'infortunato non stava lavorando alle dipendenze della BTR, bensì di altra impresa (la СТА), essendo stato risolto il contratto d'appalto tra la BTR e l'ENEL, nel cui interesse il disboscamento veniva attuato. Ciò tanto vero che nelle funzioni di caposquadra era subentrato, al posto del R. (per questo assolto), F.F.. La circostanza trovava conferma nelle dichiarazioni della stessa P.C., nonché nella deposizione di M.P., tecnico dell'ENEL. La distorsione di questo dato fattuale era stata causa di violazione di legge (art. 590, 40, cod. pen. e artt. 2087, 1655, 1656, cod. civ.), contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
Infatti, per un verso, incongruamente, dopo avere assolto il R., si era reputato ancora in essere l'appalto e, soprattutto, non si era dato atto che l'infortunato svolgeva attività lavorativa in conto proprio о alle dipendenze della СТА, nuovo appaltante. Venivano, quindi, meno la posizione di garanzia dell'imputato e il rapporto di causalità.
2.2. Con il settimo e l'ottavo motivo il Т., ancora una volta, denunzia violazione della legge penale, con riferimento all'art. 590 ср., comma 3 e art. 43 ср., comma 3.
La valutazione dei rischi era stata effettuata e, peraltro, a tal fine, non era richiesta obbligatoriamente la forma scritta. In ogni caso, essendosi trattato di evento eccezionale ed imprevedibile, secondo le qualità dell'agente modello nessuna valutazione di prevedibilità avrebbe potuto essere fatta. Inoltre, la responsabilità dell'infortunato nella causazione del sinistro è assorbente rispetto ad ogni altra condotta.


Diritto

 

3. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
L'impugnante sembra ignorare che la posizione di garanzia che rivestiva gli imponeva di approntare ogni mezzo prevedibile secondo il modello dell'agente avveduto perchè il garantito (l'operario infortunato) non andasse incontro ad infortuni. I motivi da 1) a 6) contestano l'ovvia superiore conseguenza adducendo, senza sostegni corroboranti, che l'infortunato il giorno dell'incidente non era alle dipendenze dell'imputato. Il detto asserto è stato efficacemente disatteso dalla Corte territoriale con argomenti niente affatto attinti efficacemente dal ricorso, il quale non fa altro che insistere sulla dedotta risoluzione del contratto di subappalto tra la BTR del T. e la CTA, che non ha trovato riscontro di sorta (sul punto cfr. pag. 4 della sentenza impugnata).
Nel resto le doglianze attengono al fatto e, pertanto, non possono essere prese in considerazione nel giudizio di legittimità, in presenza di plausibile motivazione resa dal giudice di merito. Ovviamente, in questa sede non è consentito sostituire la motivazione della Corte territoriale, pur anche ove il proposto ragionamento alternativo apparisse di una qualche plausibilità.
Sull'argomento può richiamarsi, fra le tante, la seguente massima, tratta dalla sentenza n. 15556 del 12/2/2008 di questa Sezione, particolarmente chiara nel delineare i confini del giudizio di legittimità sulla motivazione: Il nuovo testo dell'art. 606 cp.p., comma 1, lett. e), come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli "atti del processo", non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di cassazione di procedere a una rinnovata valutazione dei fatti ovvero a una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Il "novum" normativo, invece, rappresenta il riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto travisamento della prova, finora ammesso in via di interpretazione giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal procedere a un'inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde verificare se il relativo contenuto sia stato o no "veicolato", senza travisamenti, all'interno della decisione.
Ciò vale, significativamente, per la natura dell'evento, del tutto tipico e, pertanto, niente affatto imprevedibile e imprevenibile da parte del datore di lavoro - agente modello del settore; per il piano di sicurezza, superficiale ed incompleto, mera apparenza formale; per la formazione, rappresentata solo da qualche occasionale consiglio orale.

Anche a riguardo della pretesa abnormità della condotta del lavoratore il ricorrente non sembra avere preso nota delle osservazioni del giudice di secondo grado e, così, si è limitato a riproporre la critica già svolta contro la sentenza di primo grado, efficacemente soddisfatta dalla Corte territoriale. Può sul punto richiamarsi, fra le ultime, la sentenza di questa Sezione del 28/4/2011, n. 23292, in linea con la consolidata giurisprudenza di legittimità (tra le tante, v. Sez. 4, 10 novembre 2009, n. 7267; Sez. 4, 17 febbraio 2009, n. 15009; Sez. 4, 23 maggio 2007, n. 25532; Sez. 4, 19 aprile 2007, n. 25502; Sez. 4, 23 marzo 2007, n. 21587; Sez. 4, 29 settembre 2005, n. 47146; Sez. 4, 23 giugno 2005, n. 38850; Sez. 4, 3 giugno 2004), la quale ha precisato che la colpa del lavoratore, eventualmente concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica addebitata ai soggetti tenuti a osservarne le disposizioni, non esime questi ultimi dalle proprie responsabilità, poiché l'esistenza del rapporto di causalità tra la violazione e l'evento morte o lesioni del lavoratore che ne sia conseguito può essere esclusa unicamente nei casi in cui sia provato che il comportamento del lavoratore fu abnorme, e che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento; abnormità che, per la sua stranezza e imprevedibilità si ponga al di fuori delle possibilità di controllo dei garanti.
4. L'epilogo giustifica la condanna del ricorrente alle spese processuali e al pagamento della sanzione pecuniaria stimata di giustizia di cui in dispositivo.


P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2013. Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2013


Cassazione penale sez. IV, 15 gennaio 2013 (udienza), n. 11472