C.d.S., Sez. 6, 11 gennaio 2013, n. 114 - Diritto al riposo settimanale e usura psicofisica


 



N. 00114/2013 REG.PROV.COLL.

N. 04651/2008 REG.RIC.

N. 04652/2008 REG.RIC.





REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente


ORDINANZA




sul ricorso numero di registro generale 4651 del 2008, proposto dalla Circumvesuviana s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Enrico Soprano, presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma, via degli Avignonesi, 5;


contro

G.R., R.A., B.R., V. A. P., V. A., I.A., B.E., G.V., non costituiti nel presente grado del giudizio;




sul ricorso numero di registro generale 4652 del 2008, proposto dalla Circumvesuviana s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Enrico Soprano, presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma, via degli Avignonesi, 5;


contro

T.A., A.N., P.A., C.S., O.M., R.P., non costituiti nel presente grado del giudizio;


per la riforma

quanto al ricorso n. 4651 del 2008:

della sentenza del T.a.r. Campania - Napoli: Sezione III n. 5876/2007, resa tra le parti;

quanto al ricorso n. 4652 del 2008:

della sentenza del T.a.r. Campania - Napoli: Sezione III n. 5877/2007, resa tra le parti;



Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti delle cause;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2012 il consigliere Maurizio Meschino e uditi per le parti l’avvocato Marpillero per delega dell’avvocato Soprano.

Fatto



1. I signori G.R., R.A., B.R., V. A. P., V. A., I.A., B.E. e G.V. (in seguito “ricorrenti”), dipendenti della Gestione commissariale governativa della Circumvesuviana (poi Circumvesuviana s.r.l.), con il ricorso n. 9391 del 1999 proposto al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, hanno chiesto la declaratoria del loro diritto ad ottenere il risarcimento del danno, con rivalutazione monetaria e interessi legali, con conseguente condanna della società controparte al pagamento di quanto dovuto, per avere sempre reso la prestazione lavorativa in giorno dedicato al riposo settimanale senza ottenere riposo compensativo.

2. Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Napoli, sezione terza, con la sentenza n. 5876 del 2007, ha accolto il ricorso “nei sensi di cui in motivazione” compensando tra le parti le spese del giudizio.

3. Con l’appello n. 4651 del 2008 la s.r.l. Circumvesuviana ha chiesto l’annullamento della sentenza di primo grado.

4. I signori T.A., A.N., P.A., C.S., O.M. e R.P. (in seguito “ricorrenti”), dipendenti della Gestione commissariale governativa della Circumvesuviana (poi Circumvesuviana s.r.l.), con il ricorso n. 254 del 1999 proposto al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, hanno chiesto la declaratoria del loro diritto ad ottenere il risarcimento del danno, con rivalutazione monetaria e interessi legali, con conseguente condanna della società controparte al pagamento di quanto dovuto, per avere sempre reso la prestazione lavorativa in giorno dedicato al riposo settimanale senza ottenere riposo compensativo.

5. Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Napoli, sezione terza, con la sentenza n. 5877 del 2007, ha dichiarato il giudizio estinto in relazione al ricorso proposto dai signori T.A., P.A., C.S., O.M. e R.P., ha accolto “nei sensi di cui in motivazione” il ricorso proposto dal sign. A.N. compensando tra le parti le spese del giudizio.

6. Con l’appello n. 4652 del 2008 la s.r.l. Circumvesuviana ha chiesto l’annullamento della sentenza di primo grado.

7. All’udienza del 4 dicembre 2012 della Sezione VI di questo Consiglio di Stato le cause sono state trattenute in decisione.

Il Collegio ha ritenuto opportuno disporre la riunione degli appelli citati, n. 4652 e n. 4652 del 2008, data la loro connessione soggettiva, poiché proposti dalla medesima parte appellante, e oggettiva perché relativi a questione identica.

8. Nelle sentenze di primo grado impugnate si afferma, in sintesi, che:

- il diritto al riposo settimanale non comporta la sua necessaria fruizione la domenica potendosi d’altro lato anche prevedere il prolungamento dell’attività lavorativa oltre il limite dei sei giorni consecutivi;

- il diritto però, pur in tali limiti, è irrinunciabile e costituzionalmente tutelato, non potendosi perciò consentire la perdita definitiva del riposo settimanale né la sua sostituzione con una maggiorazione retributiva;

-nel caso di specie, in cui non risulta contestata la mancata fruizione dei riposi, la maggiorazione retributiva eventualmente corrisposta è perciò compensativa della deroga alla fruizione del riposo la domenica, o comunque nel settimo giorno, ma non può in alcun modo costituire corrispettivo del riposo settimanale non goduto, poiché la somma dovuta in questo caso al lavoratore è a titolo risarcitorio del danno dell’usura psico-fisica per la perdita del riposo che è assistito da una presunzione assoluta e non necessita, perciò, della relativa prova;

- non vale, di conseguenza, l’eccezione di prescrizione sollevata dalla Circumvesuviana s.r.l. poiché la pretesa dei ricorrenti concerne somme dovute non in dipendenza del rapporto di lavoro, con prescrizione quinquennale, ma per il risarcimento del danno biologico per l’inadempimento contrattuale di un obbligo con contenuto non patrimoniale sottoposto a prescrizione ordinaria.

9. Con gli appelli in epigrafe si censurano le sentenze impugnate per error in iudicando riguardo alla qualificazione della domanda dei ricorrenti ed alla individuazione del termine prescrizionale, venendo affermato che:

- i ricorrenti hanno chiesto il risarcimento del danno non da usura psico-fisica ma biologico; un danno perciò che si concretizza in una infermità contratta per lavoro usurante che non è presunta ma deve essere provata da parte del lavoratore insieme con il nesso causale con l’attività lavorativa, mentre tali prove non sono state nella specie fornite non essendo state allegate malattie o altre conseguenze causate dalla prestazione lavorativa senza riposo compensativo;

- quanto al termine di prescrizione è da applicare la regola generale della prescrizione quinquennale dei crediti da lavoro formatisi per l’inadempimento di un obbligo derivante dal rapporto, poiché la pretesa dei ricorrenti ha per oggetto il pagamento di somme periodicamente dovute in considerazione dell’invalidità dell’accordo di volta in volta formatosi sullo svolgimento dell’attività lavorativa.

10. Il Collegio ha riscontrato riguardo a controversie identiche la formazione da parte di questo Consiglio di un indirizzo giurisprudenziale che avrebbe comportato l’accoglimento degli appelli in esame.

Con questo indirizzo, risultante in particolare dalle sentenze della Sezione VI n. 1317 del 2012 e n. 4553 del 2010 (cfr. anche VI, n. 5125 del 2009), di accoglimento degli appelli proposti dalla s.r.l. Circumvesuviana, è stato in sintesi affermato che:

- per il risarcimento del danno non patrimoniale da usura psicofisica, derivante da attività lavorativa prestata anche nel giorno del riposo settimanale senza riposo compensativo, il lavoratore è tenuto ad allegare, e a provare in termini reali sia nell' an che nel quantum, il pregiudizio del suo diritto fondamentale alla salute psicofisica nei suoi caratteri naturalistici nonché nella sua dipendenza causale dalla violazione dei diritti patrimoniali di cui all’art. 36 della Costituzione;

- questa opzione interpretativa è la più convincente nel quadro dell’evoluzione giurisprudenziale sulla onnicomprensiva categoria del danno non patrimoniale ex art. 2059 cod. civ. il quale, anche nelle ipotesi in cui consegue alla violazione di diritti inviolabili della persona (es.: diritto alla salute), costituisce pur sempre un'ipotesi di danno conseguenza, il cui ristoro è in concreto possibile solo a seguito dell'integrale allegazione e prova in ordine alla sua consistenza materiale ed in ordine alla sua riferibilità eziologica alla condotta del soggetto asseritamente danneggiante (arg. ex Cass. Civ., Sez. Un., sent. 11 novembre 2008, n. 26972).

Ferma questa assorbente conclusione, quanto al termine di prescrizione entro cui dovrebbe comunque essere esercitato il preteso diritto risarcitorio, se decennale secondo le ordinarie ipotesi di responsabilità contrattuale ovvero quinquennale ai sensi dell'art. 2948, n. 4), Cod. civ., nelle medesime sentenze si osserva, per completezza espositiva, che risulta più persuasiva la seconda interpretazione “conformemente all'orientamento di questo Consiglio di Stato secondo cui le pretese economiche dei lavoratori al pagamento di somme periodicamente dovute in considerazione della invalidità dell'accordo di volta in volta formatosi con il datore di lavoro sullo svolgimento dell'attività lavorativa, sono soggette alla regola generale della prescrizione quinquennale dei crediti di cui al citato art. 2948, n. 4), Cod. civ.”.

11. L’indirizzo così riassunto non risulta condiviso nella sentenza della Sezione V n. 6161 del 2012, pronunciata su controversia identica, con la quale l’appello della s.r.l. Circumvesuviana è di conseguenza respinto.

Nella detta sentenza della V Sezione, richiamato che le sentenze della Sezione VI di cui sopra hanno modificato un precedente orientamento di segno contrario, si afferma in sintesi quanto segue.

11.1. Il danno lamentato dai ricorrenti in primo grado, in quanto basato su generiche allegazioni non riferite a loro infermità, deve essere rapportato alla categoria del danno esistenziale e non a quella del danno alla salute o biologico che si concretizza in una infermità del lavoratore (Cass., 20 agosto 2004, n. 16398).

Nella pronuncia della Corte di Cassazione n. 26973 del 2008, citata nelle suddette sentenze della Sezione VI, si afferma, riguardo al pregiudizio incidente su un bene immateriale, come è nel caso di danno non patrimoniale diverso dal danno biologico, che il ricorso alla prova presuntiva è destinato ad assumere particolare rilievo e che, anche in caso di danno biologico, il giudice potrà non ricorrere al pur richiesto accertamento medico-legale se lo ritenga motivatamente superfluo e fondare la decisione, perciò, sugli altri elementi utili acquisiti al processo.

11.2. Ciò richiama la questione della prova per presunzioni semplici e dell’allegazione dei fatti come suo limite, considerato che tale tipo di prova, trasferendo sulla controparte l’onere della prova contraria, ha la medesima efficacia della presunzione legaleiuris tantum, consentendo al giudice, con il ricorso alle presunzioni, di sopperire alla carenza di prova ma non al mancato esercizio dell’onere di allegazione riguardo all’oggetto della domanda e alle circostanze su cui il fatto su cui si fonda.

11.3. Nella giurisprudenza amministrativa così come nella normativa, come dimostrato da numerosi esempi richiamati, sono spesso qualificate come “presunzioni” fattispecie non connesse con le questioni probatorie ma con la “fattispecie giuridica sostanziale”, in cui l’accertamento della situazione giuridica non concerne l’inversione dell’onere della prova, superabile dalla controparte con prova contraria, ma il fatto che la norma è fondata su un “ragionamento presuntivo” del legislatore condotto in base all’id quod plerumque accidit al cui riguardo il termine “presunto” non è impiegato nel significato tecnico di “ritenuto vero salvo prova contraria” ma in quello atecnico di “sospettato” o “supposto”.

Sono invece coerenti con i principi codicistici le applicazioni giurisprudenziali in materia di colpa della pubblica amministrazione, che è presunta in ragione dell’illegittimità dell’atto amministrativo accertata dal giudice sulla base dell’allegazione del danneggiato della violazione di norme di diritto o di principi della funzione pubblica (salva la pronuncia della CGUE, 30 settembre 2010, C-314/09, in cui è esclusa la rilevanza della colpa anche se presunta), così come lo sono (in coerenza con i principi di cui all’art. 2729 cod. civ.) i casi di imputazione dell’inquinamento ambientale ad un soggetto, dell’intesa restrittiva della concorrenza, della lottizzazione abusiva (Cons. Stato: V, n. 2885 del 2009; VI, n. 760 del 2008; V, n. 1157 del 1991).

Mentre il ricorso alla presunzione semplice non appare plausibile nella giurisprudenza per cui il valore dell’offerta dell’impresa illegittimamente pretermessa dall’aggiudicazione è dimezzato dal 10% al 5%, ai fini del lucro cessante liquidabile, se la stessa non documenti di non aver potuto utilizzare mezzi e maestranze lasciati disponibili nell’espletamento di altri servizi. Ciò in quanto: l’onere di provare l’aliunde perceptum grava sull’Amministrazione quale fatto modificativo della domanda né ciò è superabile, come invece affermato, sulla base dell’assunzione per cui l’imprenditore normalmente, se non aggiudicatario di un appalto, in quanto operatore economico non rimane inerte procurandosi lavori alternativi, poiché con ciò si inverte l’onere della prova potendo il giudice sopperire alla mancanza di prova ma non anche all’onere di allegazione; l’inversione dell’onere della prova finisce per divenire il presupposto del procedimento inferenziale anziché l’esito, poiché “Nella specie, invece, il giudice enuclea un fatto-base (l’immobilizzazione delle risorse), estraneo al fatto costitutivo del diritto al risarcimento del danno dedotto in giudizio, ne inverte l’onere della prova, addossandolo al danneggiato, e ne desume per inferenza il fatto rilevante (l’aliunde perceptum), postulato come probabile secondo l’id quod plerumque accidit”, in contrasto con la fattispecie della presunzione semplice che presuppone che sia la parte onerata a dar prova del “fatto base” dal quale il giudice per inferenza risale al fatto rilevante (art. 2727 c.c.) in ordine al quale la controparte ha l’onere della prova contraria; dubbia è, infine, l’osservanza nella specie della regola di giudizio della ragionevole probabilità dell’inferenza, essendo l’immobilizzazione delle risorse agevolmente dimostrabile durante l’esecuzione del contratto, a cantieri aperti, ma non nel corso di una gara ed in pendenza del giudizio sulla mancata aggiudicazione e considerato che l’acquisizione di un contratto in luogo di quello mancato per illegittimità dell’aggiudicazione è, in concreto, tutt’altro che ragionevolmente probabile mentre nei casi di cui si tratta l’inferenza è ritenuta in via generale indipendentemente dalle circostanze concrete.

11.4. L’applicazione al caso in esame dei criteri sinora indicati porta a concludere che nella specie vi sono i presupposti per dare ingresso alla prova per presunzioni e per ritenere che può essere rilevata, in quanto:

- trattandosi di un pregiudizio relativo a un bene immateriale la prova per presunzioni è non solo ammissibile ma è la prova principale;

- i ricorrenti hanno allegato i fatti, non controversi, di aver lavorato continuativamente per circa un decennio per la Circumvesuviana per sette giorni senza riposo compensativo, svolgendo per un lungo periodo un lavoro comportante particolare diligenza e responsabilità;

- da tali fatti noti è possibile inferire la conseguenza dell’usura psico-fisica, poiché la ragionevole probabilità che l’attività del trasporto passeggeri anche nel settimo giorno senza riposo compensativo per quasi un decennio abbia ingenerato nei ricorrenti usura psico-fisica si desume dalle regole di esperienza delle diverse discipline, da quelle mediche a quelle psicologiche a quelle aziendalistiche che hanno studiato lo stress.

11.5 Il termine di prescrizione da applicare al caso di specie è quello ordinario sulla base dell’esatta individuazione della natura dei diritti di cui si tratta, poiché, come ritenuto dalla Corte di Cassazione (22 gennaio 2004, n. 1121; 7 marzo 2002, n. 3298; 24 dicembre 1997, n. 13039; 4 dicembre 1997, n. 12334), “Nell’ipotesi in cui il lavoratore chieda in giudizio l’accertamento di un diritto avente ad oggetto non già una voce ordinaria o straordinaria della retribuzione, ma l’accertamento di un danno patito per effetto di una inadempienza contrattuale del datore di lavoro, come nel caso di danno da usura psico-fisica provocato dal mancato godimento del riposo settimanale, la tutela richiesta non riguarda prestazioni periodiche o aventi causa debendi continuativa, ma l’accertamento di un debito connesso e tuttavia di distinta natura, per il quale vale la regola della prescrizione nel termine ordinario (decennale) e non la disciplina della prescrizione (quinquennale) stabilita dall’art. 2948 c.c.”.

12. Il Collegio, rilevata la diversità degli indirizzi giurisprudenziali sopra esposti, ha ritenuto di rimettere all’Adunanza Plenaria l’esame delle controversie per cui è causa, ai sensi dell’art. 99 del codice del processo amministrativo, in previsione della possibilità che in materia si consolidino interpretazioni atte a dare luogo a contrasti giurisprudenziali riguardo ai principi di diritto considerati, concernenti la prova da allegare se sia asserito il danno alla salute da usura psico-fisica per prestazioni lavorative non dovute e l’individuazione del termine di prescrizione per l’esercizio del diritto al risarcimento di conseguenza affermato.

P.Q.M.



Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) riuniti gli appelli in epigrafe, n. 4651 e 4652 del 2008, ne rimette l’esame all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato.

Così deciso in Roma, nelle camere di consiglio del 4 e del 18 dicembre 2012, con l'intervento dei magistrati:



Giuseppe Severini, Presidente

Maurizio Meschino, Consigliere, Estensore

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Roberta Vigotti, Consigliere







L'ESTENSORE IL PRESIDENTE






DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/01/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)