Schema di decreto legislativo attuativo della delega di cui all’articolo 1, comma 2 della legge 3 agosto 2007, n. 123


TITOLO IV

CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI

CAPO I
MISURE PER LA SALUTE E SICUREZZA NEI CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI

Articolo 88
Campo di applicazione

1. Ferme restando le disposizioni previste nei Titoli I, II, III, V, VI, VII, VIII, IX, X e XI, il presente Capo contiene disposizioni specifiche relative alle misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori nei cantieri temporanei o mobili quali definiti all’articolo 89, comma 1, lettera a).

2. Le disposizioni del presente Capo non si applicano:
a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze minerali;

b) ai lavori svolti negli impianti connessi alle attività minerarie esistenti entro il perimetro dei permessi di ricerca, delle concessioni o delle autorizzazioni;

c) ai lavori svolti negli impianti che costituiscono pertinenze della miniera: gli impianti fissi interni o esterni, i pozzi, le gallerie, nonché i macchinari, gli apparecchi e utensili destinati alla coltivazione della miniera, le opere e gli impianti destinati all'arricchimento dei minerali, anche se ubicati fuori del perimetro delle concessioni;

d) ai lavori di frantumazione, vagliatura, squadratura e trasporto dei prodotti delle cave ed alle operazioni di caricamento di tali prodotti dai piazzali;

e) alle attività di prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio degli idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio nazionale, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale e nelle altre aree sottomarine comunque soggette ai poteri dello Stato;

f) ai lavori svolti in mare;

g) alle attività svolte in studi teatrali, cinematografici, televisivi o in altri luoghi in cui si effettuino riprese, purché tali attività non implichino l'allestimento di un cantiere temporaneo o mobile.

Articolo 89
Definizioni

1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente Capo si intendono per:

a) cantiere temporaneo o mobile, di seguito denominato "cantiere": qualunque luogo in cui si effettuano lavori edili o di ingegneria civile il cui elenco è riportato nell’allegato X.

b) committente: il soggetto per conto del quale l'intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione. Nel caso di appalto di opera pubblica, il committente è il soggetto titolare del potere decisionale e di spesa relativo alla gestione dell'appalto;

c) responsabile dei lavori: soggetto incaricato, dal committente, della progettazione o del controllo dell'esecuzione dell'opera; tale soggetto coincide con il progettista per la fase di progettazione dell’opera e con il direttore dei lavori per la fase di esecuzione dell’opera. Nel campo di applicazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modifiche, il responsabile dei lavori è il responsabile unico del procedimento;

d) lavoratore autonomo: persona fisica la cui attività professionale contribuisce alla realizzazione dell'opera senza vincolo di subordinazione;

e) coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la progettazione dell'opera, di seguito denominato coordinatore per la progettazione: soggetto incaricato, dal committente o dal responsabile dei lavori, dell'esecuzione dei compiti di cui all'articolo 91 del presente Capo;

f) coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la realizzazione dell'opera, di seguito denominato coordinatore per l'esecuzione dei lavori: soggetto incaricato, dal committente o dal responsabile dei lavori, dell'esecuzione dei compiti di cui all'articolo 92 del presente Capo, che non può essere il datore di lavoro delle imprese esecutrici o un suo dipendente o il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) da lui designato;

g) uomini-giorno: entità presunta del cantiere rappresentata dalla somma delle giornate lavorative prestate dai lavoratori, anche autonomi, previste per la realizzazione dell'opera;

h) piano operativo di sicurezza: il documento che il datore di lavoro dell'impresa esecutrice redige, in riferimento al singolo cantiere interessato, ai sensi dell'articolo 17 comma 1, lettera a), del presente decreto legislativo, i cui contenuti sono riportati nell’allegato XV;

i) impresa affidataria: impresa titolare del contratto di appalto con il committente che, nell’esecuzione dell’opera appaltata, si avvale di imprese subappaltatrici o di lavoratori autonomi ;

l) idoneità tecnico-professionale: possesso di capacità organizzative, nonché disponibilità di forza lavoro, di macchine e di attrezzature, in riferimento alla realizzazione dell’opera.

Articolo 90
(Obblighi del committente o del responsabile dei lavori)

1. Il committente o il responsabile dei lavori, nella fase di progettazione dell'opera, ed in particolare al momento delle scelte tecniche, nell'esecuzione del progetto e nell'organizzazione delle operazioni di cantiere, si attiene ai principi e alle misure generali di tutela di cui all'articolo 15 del presente decreto legislativo. Al fine di permettere la pianificazione dell'esecuzione in condizioni di sicurezza dei lavori o delle fasi di lavoro che si devono svolgere simultaneamente o successivamente tra loro, il committente o il responsabile dei lavori prevede nel progetto la durata di tali lavori o fasi di lavoro.

2. Il committente o il responsabile dei lavori, nella fase della progettazione dell'opera, valuta i documenti di cui all'articolo 91, comma 1, lettere a) e b).

3. Nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese, anche non contemporanea, il committente, anche nei casi di coincidenza con l’impresa esecutrice, o il responsabile dei lavori, contestualmente all'affidamento dell'incarico di progettazione, designa il coordinatore per la progettazione, in possesso dei requisiti di cui all’articolo 98.

4. Nel caso di cui al comma 3, il committente o il responsabile dei lavori, prima dell'affidamento dei lavori, designa il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 98.

5. La disposizione di cui al comma 4 si applica anche nel caso in cui, dopo l'affidamento dei lavori a un'unica impresa, l'esecuzione dei lavori o di parte di essi sia affidata a una o più imprese.

6. Il committente o il responsabile dei lavori, qualora in possesso dei requisiti di cui all'articolo 98, ha facoltà di svolgere le funzioni sia di coordinatore per la progettazione sia di coordinatore per l'esecuzione dei lavori.

7. Il committente o il responsabile dei lavori comunica alle imprese esecutrici e ai lavoratori autonomi il nominativo del coordinatore per la progettazione e quello del coordinatore per l'esecuzione dei lavori. Tali nominativi sono indicati nel cartello di cantiere.

8. Il committente o il responsabile dei lavori ha facoltà di sostituire in qualsiasi momento, anche personalmente, se in possesso dei requisiti di cui all'articolo 98 del presente Capo, i soggetti designati in attuazione dei commi 3 e 4.

9. Il committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un'unica impresa:

a) verifica l'idoneità tecnico-professionale dell’impresa affidataria, delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi in relazione alle funzioni o ai lavori da affidare, con le modalità di cui all’allegato XVII;

b) chiede alle imprese esecutrici una dichiarazione dell'organico medio annuo, distinto per qualifica, corredata dagli estremi delle denunce dei lavoratori effettuate all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), all'Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro (INAIL) e alle casse edili, nonché una dichiarazione relativa al contratto collettivo stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, applicato ai lavoratori dipendenti.

c) trasmette all’amministrazione concedente prima dell’inizio dei lavori, oggetto del permesso di costruire o della denuncia di inizio attività, il nominativo delle imprese esecutrici dei lavori unitamente alla documentazione di cui alle lettere b) e c). Tale obbligo sussiste anche in caso di lavori realizzati direttamente con proprio personale dipendente senza ricorso all’appalto. In assenza della certificazione della regolarità contributiva, anche in caso di variazione dell’impresa esecutrice dei lavori, è sospesa l’efficacia del titolo abilitativo. L’obbligo di cui al periodo che precede sussiste anche in caso di lavori eseguiti in economia mediante affidamento delle singole lavorazioni a lavoratori autonomi, ovvero di lavori realizzati direttamente con proprio personale dipendente senza ricorso all’appalto.

10. In assenza del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all’articolo 100 o del fascicolo di cui all’articolo 91, comma 1, lettera b), quando previsti, oppure in assenza di notifica di cui all’articolo 99, quando prevista, è sospesa l’efficacia del titolo abilitativo. L’organo di vigilanza comunica l’inadempienza all’amministrazione concedente.

Articolo 91
(Obblighi del coordinatore per la progettazione)

1. Durante la progettazione dell'opera e comunque prima della richiesta di presentazione delle offerte, il coordinatore per la progettazione:

a) redige il piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100, comma 1, i cui contenuti sono dettagliatamente specificati nell’allegato XV;

b) predispone un fascicolo, i cui contenuti sono definiti all'allegato XVI, contenente le informazioni utili ai fini della prevenzione e della protezione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, tenendo conto delle specifiche norme di buona tecnica e dell'allegato II al documento UE 26 maggio 1993. Il fascicolo non è predisposto nel caso di lavori di manutenzione ordinaria di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a) del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

2. Il fascicolo di cui al comma 1, lettera b), è preso in considerazione all'atto di eventuali lavori successivi sull'opera.

Articolo 92
(Obblighi del coordinatore per l'esecuzione dei lavori)

1. Durante la realizzazione dell'opera, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori:

a) verifica, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l'applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100 e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro;

b) verifica l'idoneità del piano operativo di sicurezza, da considerare come piano complementare di dettaglio del piano di sicurezza e coordinamento di cui all'articolo 100, assicurandone la coerenza con quest’ultimo, adegua il piano di sicurezza e di coordinamento di cui all’articolo 100 e il fascicolo di cui all'articolo 91, comma 1, lettera b), in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere, verifica che le imprese esecutrici adeguino, se necessario, i rispettivi piani operativi di sicurezza;

c) organizza tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attività nonché la loro reciproca informazione;

d) verifica l'attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere;

e) segnala al committente o al responsabile dei lavori, previa contestazione scritta alle imprese e ai lavoratori autonomi interessati, le inosservanze alle disposizioni degli articoli 94, 95 e 96 e alle prescrizioni del piano di cui all'articolo 100, e propone la sospensione dei lavori, l'allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto. Nel caso in cui il committente o il responsabile dei lavori non adotti alcun provvedimento in merito alla segnalazione, senza fornire idonea motivazione, il coordinatore per l'esecuzione dà comunicazione dell'inadempienza alla azienda unità sanitaria locale e alla direzione provinciale del lavoro territorialmente competenti;

f) sospende, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate.

2. Nei casi di cui all'articolo 90, comma 5, il coordinatore per l'esecuzione, oltre a svolgere i compiti di cui al comma 1, redige il piano di sicurezza e di coordinamento e predispone il fascicolo, di cui all'articolo 91, comma 1, lettere a) e b).

Articolo 93
(Responsabilità dei committenti e dei responsabili dei lavori)

1. Il committente è esonerato dalle responsabilità connesse all’adempimento degli obblighi limitatamente all’incarico conferito al responsabile dei lavori. In ogni caso il conferimento dell’incarico al responsabile dei lavori non esonera il committente dalle responsabilità connesse alla verifica degli adempimenti degli obblighi di cui agli articoli 90, 92, comma 1, lettera e), e 99.

2. La designazione del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l'esecuzione, non esonera il responsabile dei lavori dalle responsabilità connesse alla verifica dell'adempimento degli obblighi di cui agli articoli 91, comma 1, e 92, comma 1, lettere a), b), c) e d).

Articolo 94
(Obblighi dei lavoratori autonomi)

1. I lavoratori autonomi che esercitano la propria attività nei cantieri, fermo restando gli obblighi di cui al presente decreto legislativo, si adeguano alle indicazioni fornite dal coordinatore per l'esecuzione dei lavori, ai fini della sicurezza.

Articolo 95
(Misure generali di tutela)

1. I datori di lavoro delle imprese esecutrici, durante l'esecuzione dell'opera osservano le misure generali di tutela di cui all'articolo 15 e curano, ciascuno per la parte di competenza, in particolare:

a) il mantenimento del cantiere in condizioni ordinate e di soddisfacente salubrità;

b) la scelta dell'ubicazione di posti di lavoro tenendo conto delle condizioni di accesso a tali posti, definendo vie o zone di spostamento o di circolazione;

c) le condizioni di movimentazione dei vari materiali;

d) la manutenzione, il controllo prima dell'entrata in servizio e il controllo periodico degli impianti e dei dispositivi al fine di eliminare i difetti che possono pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;

e) la delimitazione e l'allestimento delle zone di stoccaggio e di deposito dei vari materiali, in particolare quando si tratta di materie e di sostanze pericolose;

f) l'adeguamento, in funzione dell'evoluzione del cantiere, della durata effettiva da attribuire ai vari tipi di lavoro o fasi di lavoro;

g) la cooperazione tra datori di lavoro e lavoratori autonomi;

h) le interazioni con le attività che avvengono sul luogo, all'interno o in prossimità del cantiere.

Articolo 96
(Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti)

1. I datori di lavoro delle imprese aggiudicatarie e delle imprese esecutrici, anche nel caso in cui nel cantiere operi una unica impresa, anche familiare o con meno di dieci addetti:

a) adottano le misure conformi alle prescrizioni di cui all'allegato XIII;

b) predispongono l'accesso e la recinzione del cantiere con modalità chiaramente visibili e individuabili;

c) curano la disposizione o l’accatastamento di materiali o attrezzature in modo da evitarne il crollo o il ribaltamento;

d) curano la protezione dei lavoratori contro le influenze atmosferiche che possono compromettere la loro sicurezza e la loro salute;

e) curano le condizioni di rimozione dei materiali pericolosi, previo, se del caso, coordinamento con il committente o il responsabile dei lavori;

f) curano che lo stoccaggio e l'evacuazione dei detriti e delle macerie avvengano correttamente;

g) redigono il piano operativo di sicurezza di cui all'articolo 89, comma 1, lettera h).

2. L'accettazione da parte di ciascun datore di lavoro delle imprese esecutrici del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100 e la redazione del piano operativo di sicurezza costituiscono, limitatamente al singolo cantiere interessato, adempimento alle disposizioni di cui all'articolo 17 comma 1, lettera a), all’articolo 18, comma 1, lettera z), e all’articolo 26, commi 1, lettera b), e 3.

Articolo 97
(Obblighi del datore di lavoro dell’impresa affidataria)

1. Il datore di lavoro dell’impresa affidataria vigila sulla sicurezza dei lavori aggiudicati e sull’applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del piano di sicurezza e coordinamento.

2. Gli obblighi derivanti dall’articolo 26, fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 96, comma 2, sono riferiti anche al datore di lavoro dell’impresa affidataria. Per la verifica dell’idoneità tecnico professionale si fa riferimento alle modalità di cui all’allegato XVII.

3. Il datore di lavoro dell’impresa affidataria deve, inoltre:

a) coordinare gli interventi di cui agli articoli 95 e 96 del presente Capo;

b) verificare la congruenza dei piani operativi di sicurezza (POS) delle imprese esecutrici rispetto al proprio, prima della trasmissione dei suddetti piani operativi di sicurezza al coordinatore per l’esecuzione.

Articolo 98
(Requisiti professionali del coordinatore per la progettazione, del coordinatore per l'esecuzione dei lavori)

1. Il coordinatore per la progettazione e il coordinatore per l'esecuzione dei lavori devono essere in possesso dei seguenti requisiti:

a) laurea specialistica in ingegneria, architettura, geologia, scienze agrarie o scienze forestali, nonché attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l'espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno un anno;

b) laurea triennale in ingegneria o architettura nonché attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l'espletamento di attività lavorative nel settore delle costruzioni per almeno due anni;

c) diploma di geometra o perito industriale o perito agrario o agrotecnico nonché attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l'espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno tre anni.

2. I soggetti di cui al comma 1, devono essere, altresì, in possesso di attestato di frequenza a specifico corso in materia di sicurezza organizzato dalle regioni, mediante le strutture tecniche operanti nel settore della prevenzione e della formazione professionale, o, in via alternativa, dall'ISPESL, dall'INAIL, dall'Istituto italiano di medicina sociale, dai rispettivi ordini o collegi professionali, dalle università, dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori o dagli organismi paritetici istituiti nel settore dell'edilizia.

3. Il contenuto e la durata dei corsi di cui al comma 2 devono rispettare almeno le prescrizioni di cui all'allegato XIV.

4. L'attestato di cui al comma 2 non è richiesto per coloro che, non più in servizio, abbiano svolto attività tecnica in materia di sicurezza nelle costruzioni, per almeno cinque anni, in qualità di pubblici ufficiali o di incaricati di pubblico servizio e per coloro che producano un certificato universitario attestante il superamento di un esame relativo ad uno specifico insegnamento del corso di laurea il cui programma è conforme all’allegato XIV, o l'attestato di partecipazione ad un corso di perfezionamento universitario con le medesime caratteristiche di equipollenza.

5. Le spese connesse all'espletamento dei corsi di cui al comma 2 sono a totale carico dei partecipanti.

6. Le regioni determinano la misura degli oneri per il funzionamento dei corsi di cui al comma 2, da esse organizzati, da porsi a carico dei partecipanti.

Articolo 99
(Notifica preliminare)

1. Il committente o il responsabile dei lavori, prima dell'inizio dei lavori, trasmette all'azienda unità sanitaria locale e alla direzione provinciale del lavoro territorialmente competenti la notifica preliminare elaborata conformemente all'allegato XII, nonché gli eventuali aggiornamenti nei seguenti casi:

a) cantieri di cui all'articolo 90, comma 3, del presente Capo;

b) cantieri che, inizialmente non soggetti all'obbligo di notifica, ricadono nelle categorie di cui alla lettera a) per effetto di varianti sopravvenute in corso d'opera;

c) cantieri in cui opera un'unica impresa la cui entità presunta di lavoro non sia inferiore a duecento uomini-giorno.

2. Copia della notifica deve essere affissa in maniera visibile presso il cantiere e custodita a disposizione dell'organo di vigilanza territorialmente competente.

3. Gli organismi paritetici istituiti nel settore delle costruzioni in attuazione dell'articolo 51 del presente decreto legislativo possono chiedere copia dei dati relativi alle notifiche preliminari presso gli organi di vigilanza.

Articolo 100
(Piano di sicurezza e di coordinamento )

1. Il piano è costituito da una relazione tecnica e prescrizioni correlate alla complessità dell'opera da realizzare ed alle eventuali fasi critiche del processo di costruzione, atte a prevenire o ridurre i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi i rischi particolari di cui all’allegato XI, nonché la stima dei costi di cui al punto 4 dell’Allegato XV. Il piano di sicurezza e coordinamento (PSC) é corredato da tavole esplicative di progetto, relative agli aspetti della sicurezza, comprendenti almeno una planimetria sull’organizzazione del cantiere e, ove la particolarità dell'opera lo richieda, una tavola tecnica sugli scavi. I contenuti minimi del piano di sicurezza e di coordinamento e l’indicazione della stima dei costi della sicurezza sono definiti all’allegato XV.

2. Il piano di sicurezza e coordinamento è parte integrante del contratto di appalto.

3. I datori di lavoro delle imprese esecutrici e i lavoratori autonomi sono tenuti ad attuare quanto previsto nel piano di cui al comma 1 e nel piano operativo di sicurezza.

4. I datori di lavoro delle imprese esecutrici mettono a disposizione dei rappresentanti per la sicurezza copia del piano di sicurezza e di coordinamento e del piano operativo di sicurezza almeno dieci giorni prima dell'inizio dei lavori.

5. L'impresa che si aggiudica i lavori ha facoltà di presentare al coordinatore per l'esecuzione proposte di integrazione al piano di sicurezza e di coordinamento, ove ritenga di poter meglio garantire la sicurezza nel cantiere sulla base della propria esperienza. In nessun caso le eventuali integrazioni possono giustificare modifiche o adeguamento dei prezzi pattuiti.

6. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai lavori la cui esecuzione immediata è necessaria per prevenire incidenti imminenti o per organizzare urgenti misure di salvataggio.

Articolo 101
(Obblighi di trasmissione)

1. Il committente o il responsabile dei lavori trasmette il piano di sicurezza e di coordinamento a tutte le imprese invitate a presentare offerte per l'esecuzione dei lavori. In caso di appalto di opera pubblica si considera trasmissione la messa a disposizione del piano a tutti i concorrenti alla gara di appalto.

2. Prima dell'inizio dei lavori l'impresa affidataria trasmette il piano di cui al comma 1 alle imprese esecutrici e ai lavoratori autonomi.

3. Prima dell'inizio dei rispettivi lavori ciascuna impresa esecutrice trasmette il proprio piano operativo di sicurezza all’impresa affidataria, la quale, previa verifica della congruenza rispetto al proprio, lo trasmette al coordinatore per l’esecuzione. I lavori hanno inizio dopo l’esito positivo delle suddette verifiche che sono effettuate tempestivamente e comunque non oltre 15 giorni dall’avvenuta ricezione.

Articolo 102
(Consultazione dei rappresentanti per la sicurezza)

1. Prima dell'accettazione del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100 e delle modifiche significative apportate allo stesso, il datore di lavoro di ciascuna impresa esecutrice consulta il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli fornisce eventuali chiarimenti sul contenuto del piano. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha facoltà di formulare proposte al riguardo.

Articolo 103
(Modalità di attuazione della valutazione del rumore)

1. L'esposizione personale di un lavoratore al rumore è calcolata in fase preventiva facendo riferimento ai tempi di esposizione e ai livelli di rumore standard individuati da studi e misurazioni la cui validità è riconosciuta dalla commissione di cui all’articolo 6 del presente decreto, riportando la fonte documentale cui si è fatto riferimento.

Articolo 104
(Modalità attuative di particolari obblighi)

1. Nei cantieri la cui durata presunta dei lavori è inferiore ai 200 giorni lavorativi, l'adempimento di quanto previsto dall'articolo 102 costituisce assolvimento dell'obbligo di riunione di cui all'articolo 35, salvo motivata richiesta del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

2. Nei cantieri la cui durata presunta dei lavori è inferiore ai 200 giorni lavorativi, e ove sia prevista la sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41, la visita del medico competente agli ambienti di lavoro in cantieri aventi caratteristiche analoghe a quelli già visitati dallo stesso medico competente e gestiti dalle stesse imprese, è sostituita o integrata, a giudizio del medico competente, con l'esame di piani di sicurezza relativi ai cantieri in cui svolgono la loro attività i lavoratori soggetti alla sua sorveglianza. Il medico competente visita almeno una volta all’anno l’ambiente di lavoro in cui svolgono la loro attività i lavoratori soggetti alla sua sorveglianza.

3. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 37, i criteri e i contenuti per la formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti possono essere definiti dalle parti sociali in sede di contrattazione nazionale di categoria.

4. I datori di lavoro, quando è previsto nei contratti di affidamento dei lavori che il committente o il responsabile dei lavori organizzi apposito servizio di pronto soccorso, antincendio ed evacuazione dei lavoratori, sono esonerati da quanto previsto dall'articolo 18, comma 1, lettera b).

CAPO II

NORME PER LA PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI  SUL LAVORO NELLE COSTRUZIONI E NEI LAVORI IN QUOTA

SEZIONE I
CAMPO DI APPLICAZIONE

Articolo 105
Attività soggette

1. Le norme del presente Capo si applicano alle attività che, da chiunque esercitate e alle quali siano addetti lavoratori subordinati o autonomi, concernono la esecuzione dei lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione o equipaggiamento, la trasformazione, il rinnovamento o lo smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese le linee e gli impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche, di bonifica, sistemazione forestale e di sterro. Costituiscono, inoltre, lavori di costruzione edile o di ingegneria civile gli scavi, ed il montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per la realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile. Le norme del presente Capo si applicano ai lavori in quota di cui al presente Capo e ad in ogni altra attività lavorativa.

2. Sono, inoltre, lavori di costruzione edile o di ingegneria civile gli scavi, ed il montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per la realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile.

Articolo 106
Attività escluse

1. Le disposizioni del presente Capo non si applicano:

a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze minerali;

b) alle attività di prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio degli idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio nazionale, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale e nelle altre aree sottomarine comunque soggette ai poteri dello Stato;

c) ai lavori svolti in mare.

Articolo 107
Definizioni

1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente Capo si intende per:

a) lavoro in quota: attività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile.

SEZIONE II
DISPOSIZIONI DI CARATTERE GENERALE

Articolo 108
Viabilità nei cantieri

1. Durante i lavori deve essere assicurata nei cantieri la viabilità delle persone e dei veicoli conformemente al punto 1 dell’allegato XVIII.

Articolo 109
Recinzione del cantiere

1. Il cantiere, in relazione al tipo di lavori effettuati, deve essere dotato di recinzione avente caratteristiche idonee ad impedire l’accesso agli estranei alle lavorazioni.

Articolo 110
Luoghi di transito

1. Il transito sotto ponti sospesi, ponti a sbalzo, scale aeree e simili deve essere impedito con barriere o protetto con l'adozione di misure o cautele adeguate.

Articolo 111
Obblighi del datore di lavoro nell'uso di attrezzature per lavori in quota

1. Il datore di lavoro, nei casi in cui i lavori temporanei in quota non possono essere eseguiti in condizioni di sicurezza e in condizioni ergonomiche adeguate a partire da un luogo adatto allo scopo, sceglie le attrezzature di lavoro più idonee a garantire e mantenere condizioni di lavoro sicure, in conformità ai seguenti criteri:

a) priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;

b) dimensioni delle attrezzature di lavoro confacenti alla natura dei lavori da eseguire, alle sollecitazioni prevedibili e ad una circolazione priva di rischi.

2. Il datore di lavoro sceglie il tipo più idoneo di sistema di accesso ai posti di lavoro temporanei in quota in rapporto alla frequenza di circolazione, al dislivello e alla durata dell'impiego. Il sistema di accesso adottato deve consentire l'evacuazione in caso di pericolo imminente. Il passaggio da un sistema di accesso a piattaforme, impalcati, passerelle e viceversa non deve comportare rischi ulteriori di caduta.

3. Il datore di lavoro dispone affinché sia utilizzata una scala a pioli quale posto di lavoro in quota solo nei casi in cui l'uso di altre attrezzature di lavoro considerate più sicure non è giustificato a causa del limitato livello di rischio e della breve durata di impiego oppure delle caratteristiche esistenti dei siti che non può modificare.

4. Il datore di lavoro dispone affinché siano impiegati sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi alle quali il lavoratore è direttamente sostenuto, soltanto in circostanze in cui, a seguito della valutazione dei rischi, risulta che il lavoro può essere effettuato in condizioni di sicurezza e l'impiego di un'altra attrezzatura di lavoro considerata più sicura non è giustificato a causa della breve durata di impiego e delle caratteristiche esistenti dei siti che non può modificare. Lo stesso datore di lavoro prevede l'impiego di un sedile munito di appositi accessori in funzione dell'esito della valutazione dei rischi ed, in particolare, della durata dei lavori e dei vincoli di carattere ergonomico.

5. Il datore di lavoro, in relazione al tipo di attrezzature di lavoro adottate in base ai commi precedenti, individua le misure atte a minimizzare i rischi per i lavoratori, insiti nelle attrezzature in questione, prevedendo, ove necessario, l'installazione di dispositivi di protezione contro le cadute. I predetti dispositivi devono presentare una configurazione ed una resistenza tali da evitare o da arrestare le cadute da luoghi di lavoro in quota e da prevenire, per quanto possibile, eventuali lesioni dei lavoratori. I dispositivi di protezione collettiva contro le cadute possono presentare interruzioni soltanto nei punti in cui sono presenti scale a pioli o a gradini.

6. Il datore di lavoro nel caso in cui l'esecuzione di un lavoro di natura particolare richiede l'eliminazione temporanea di un dispositivo di protezione collettiva contro le cadute, adotta misure di sicurezza equivalenti ed efficaci. Il lavoro è eseguito previa adozione di tali misure. Una volta terminato definitivamente o temporaneamente detto lavoro di natura particolare, i dispositivi di protezione collettiva contro le cadute devono essere ripristinati.

7. Il datore di lavoro effettua i lavori temporanei in quota soltanto se le condizioni meteorologiche non mettono in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori.

8. Il datore di lavoro dispone affinché sia vietato assumere e somministrare bevande alcoliche e superalcoliche ai lavoratori addetti ai lavori in quota.

Articolo 112
Idoneità delle opere provvisionali

1. Le opere provvisionali devono essere allestite con buon materiale ed a regola d'arte, proporzionate ed idonee allo scopo; esse devono essere conservate in efficienza per la intera durata del lavoro.

2. Prima di reimpiegare elementi di ponteggi di qualsiasi tipo si deve provvedere alla loro verifica per eliminare quelli non ritenuti più idonei ai sensi dell’allegato XIX.

Articolo 113
Scale

1. Le scale fisse a gradini, destinate al normale accesso agli ambienti di lavoro, devono essere costruite e mantenute in modo da resistere ai carichi massimi derivanti da affollamento per situazioni di emergenza. I gradini devono avere pedata e alzata dimensionate a regola d'arte e larghezza adeguata alle esigenze del transito. Dette scale ed i relativi pianerottoli devono essere provvisti, sui lati aperti, di parapetto normale o di altra difesa equivalente. Le rampe delimitate da due pareti devono essere munite di almeno un corrimano.

2. Le scale a pioli di altezza superiore a m 5, fissate su pareti o incastellature verticali o aventi una inclinazione superiore a 75 gradi, devono essere provviste, a partire da m 2,50 dal pavimento o dai ripiani, di una solida gabbia metallica di protezione avente maglie o aperture di ampiezza tale da impedire la caduta accidentale della persona verso l'esterno. La parete della gabbia opposta al piano dei pioli non deve distare da questi più di cm 60. I pioli devono distare almeno 15 centimetri dalla parete alla quale sono applicati o alla quale la scala è fissata. Quando l'applicazione della gabbia alle scale costituisca intralcio all'esercizio o presenti notevoli difficoltà costruttive, devono essere adottate, in luogo della gabbia, altre misure di sicurezza atte ad evitare la caduta delle persone per un tratto superiore ad un metro.

3. Le scale semplici portatili (a mano) devono essere costruite con materiale adatto alle condizioni di impiego, devono essere sufficientemente resistenti nell'insieme e nei singoli elementi e devono avere dimensioni appropriate al loro uso. Dette scale, se di legno, devono avere i pioli fissati ai montanti mediante incastro. I pioli devono essere privi di nodi. Tali pioli devono essere trattenuti con tiranti in ferro applicati sotto i due pioli estremi; nelle scale lunghe più di 4 metri deve essere applicato anche un tirante intermedio. É vietato l'uso di scale che presentino listelli di legno chiodati sui montanti al posto dei pioli rotti. Esse devono inoltre essere provviste di:

a) dispositivi antisdrucciolevoli alle estremità inferiori dei due montanti;

b) ganci di trattenuta o appoggi antisdrucciolevoli alle estremità superiori, quando sia necessario per assicurare la stabilità della scala.

4. Per le scale provviste alle estremità superiori di dispositivi di trattenuta, anche scorrevoli su guide, non sono richieste le misure di sicurezza indicate nelle lettere a) e b) del precedente comma. Le scale a mano usate per l'accesso ai vari piani dei ponteggi e delle impalcature non devono essere poste l'una in prosecuzione dell'altra. Le scale che servono a collegare stabilmente due ponti, quando sono sistemate verso la parte esterna del ponte, devono essere provviste sul lato esterno di un corrimano parapetto.

5. Quando l'uso delle scale, per la loro altezza o per altre cause, comporti pericolo di sbandamento, esse devono essere adeguatamente assicurate o trattenute al piede da altra persona.

6. Il datore di lavoro assicura che le scale a pioli siano sistemate in modo da garantire la loro stabilità durante l'impiego e secondo i seguenti criteri:

a) le scale a pioli portatili devono poggiare su un supporto stabile, resistente, di dimensioni adeguate e immobile, in modo da garantire la posizione orizzontale dei pioli;

b) le scale a pioli sospese devono essere agganciate in modo sicuro e, ad eccezione delle scale a funi, in maniera tale da evitare spostamenti e qualsiasi movimento di oscillazione;

c) lo scivolamento del piede delle scale a pioli portatili, durante il loro uso, deve essere impedito con fissaggio della parte superiore o inferiore dei montanti, o con qualsiasi dispositivo antiscivolo, o ricorrendo a qualsiasi altra soluzione di efficacia equivalente;

d) le scale a pioli usate per l’accesso devono essere tali da sporgere a sufficienza oltre il livello di accesso, a meno che altri dispositivi garantiscono una presa sicura;

e) le scale a pioli composte da più elementi innestabili o a sfilo devono essere utilizzate in modo da assicurare il fermo reciproco dei vari elementi;

f) le scale a pioli mobili devono essere fissate stabilmente prima di accedervi.

7. Il datore di lavoro assicura che le scale a pioli siano utilizzate in modo da consentire ai lavoratori di disporre in qualsiasi momento di un appoggio e di una presa sicuri. In particolare il trasporto a mano di pesi su una scala a pioli non deve precludere una presa sicura.

8. Per l'uso delle scale portatili composte di due o più elementi innestati (tipo all'italiana o simili), oltre quanto prescritto nel precedente comma 3, si devono osservare le seguenti disposizioni:

a) la lunghezza della scala in opera non deve superare i 15 metri, salvo particolari esigenze, nel qual caso le estremità superiori dei montanti devono essere assicurate a parti fisse;

b) le scale in opera lunghe più di 8 metri devono essere munite di rompitratta per ridurre la freccia di inflessione;

c) nessun lavoratore deve trovarsi sulla scala quando se ne effettua lo spostamento laterale;

d) durante l'esecuzione dei lavori, una persona deve esercitare da terra una continua vigilanza della scala.

9. Le scale doppie non devono superare l'altezza di m 5 e devono essere provviste di catena di adeguata resistenza o di altro dispositivo che impedisca l'apertura della scala oltre il limite prestabilito di sicurezza.

10. È ammessa deroga alle disposizioni di cui ai commi 3, 8 e 9 del presente articolo per le scale portatili conformi all’allegato XX.

Articolo 114
Protezione dei posti di lavoro

1.Quando nelle immediate vicinanze dei ponteggi o del posto di caricamento e sollevamento dei materiali vengono impastati calcestruzzi e malte o eseguite altre operazioni a carattere continuativo il posto di lavoro deve essere protetto da un solido impalcato sovrastante, contro la caduta di materiali.

2. Il posto di carico e di manovra degli argani a terra deve essere delimitato con barriera per impedire la permanenza ed il transito sotto i carichi.

3. Nei lavori che possono dar luogo a proiezione di schegge, come quelli di spaccatura o scalpellatura di blocchi o pietre e simili, devono essere predisposti efficaci mezzi di protezione a difesa sia delle persone direttamente addette a tali lavori sia di coloro che sostano o transitano in vicinanza. Tali misure non sono richieste per i lavori di normale adattamento di pietrame nella costruzione di muratura comune.

Articolo 115
Sistemi di protezione contro le cadute dall’alto

1. Nei lavori in quota qualora non siano state attuate misure di protezione collettiva come previsto all’articolo 111, comma 1, lett. a), del presente Capo, è necessario che i lavoratori utilizzino idonei sistemi di protezione i cui componenti, non necessariamente presenti contemporaneamente, quali i seguenti:

a) assorbitori di energia;

b) connettori;

c) dispositivo di ancoraggio;

d) cordini;

e) dispositivi retrattili;

f) guide o linee vita flessibili;

g) guide o linee vita rigide;

h) imbracature.

2. Il sistema di protezione, certificato per l’uso specifico, deve permettere una caduta libera non superiore a 1,5 m o, in presenza di dissipatore di energia a 4 metri.

3. Il cordino deve essere assicurato, direttamente o mediante connettore lungo una guida o linea vita, a parti stabili delle opere fisse o provvisionali.

4. Nei lavori su pali il lavoratore deve essere munito di ramponi o mezzi equivalenti e di idoneo dispositivo anticaduta.

Articolo 116
Obblighi dei datori di lavoro concernenti l'impiego di sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi

1. Il datore di lavoro impiega sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi in conformità ai seguenti requisiti:

a) sistema comprendente almeno due funi ancorate separatamente, una per l'accesso, la discesa e il sostegno (fune di lavoro) e l'altra con funzione di dispositivo ausiliario (fune di sicurezza). È ammesso l'uso di una fune in circostanze eccezionali in cui l'uso di una seconda fune rende il lavoro più pericoloso e se sono adottate misure adeguate per garantire la sicurezza;

b) lavoratori dotati di un'adeguata imbracatura di sostegno collegata alla fune di sicurezza;

c) fune di lavoro munita di meccanismi sicuri di ascesa e discesa e dotata di un sistema autobloccante volto a evitare la caduta nel caso in cui l'utilizzatore perda il controllo dei propri movimenti. La fune di sicurezza deve essere munita di un dispositivo mobile contro le cadute che segue gli spostamenti del lavoratore;

d) attrezzi ed altri accessori utilizzati dai lavoratori, agganciati alla loro imbracatura di sostegno o al sedile o ad altro strumento idoneo;

e) lavori programmati e sorvegliati in modo adeguato, anche al fine di poter immediatamente soccorrere il lavoratore in caso di necessità. Il programma dei lavori definisce un piano di emergenza, le tipologie operative, i dispositivi di protezione individuale, le tecniche e le procedure operative, gli ancoraggi, il posizionamento degli operatori, i metodi di accesso, le squadre di lavoro e gli attrezzi di lavoro;

f) il programma di lavoro deve essere disponibile presso i luoghi di lavoro ai fini della verifica da parte dell'organo di vigilanza competente per territorio di compatibilità ai criteri di cui all’articolo 111, commi 1 e 2.

2. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori interessati una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste, in particolare in materia di procedure di salvataggio.

3. La formazione di cui al comma 2 ha carattere teorico-pratico e deve riguardare:

a) l'apprendimento delle tecniche operative e dell'uso dei dispositivi necessari;

b) l'addestramento specifico sia su strutture naturali, sia su manufatti;

c) l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, loro caratteristiche tecniche, manutenzione, durata e conservazione;

d) gli elementi di primo soccorso;

e) i rischi oggettivi e le misure di prevenzione e protezione;

f) le procedure di salvataggio.

4. I soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità dei corsi sono riportati nell’allegato XXI.

Articolo 117
Lavori in prossimità di parti attive

1. Quando occorre effettuare lavori in prossimità di linee elettriche o di impianti elettrici con parti attive non protette o che per circostanze particolari si debbano ritenere non sufficientemente protette, ferme restando le norme di buona tecnica, si deve rispettare almeno una delle seguenti precauzioni:

a) mettere fuori tensione ed in sicurezza le parti attive per tutta la durata dei lavori;

b) posizionare ostacoli rigidi che impediscano l’avvicinamento alle parti attive;

c) tenere in permanenza, persone, macchine operatrici, apparecchi di sollevamento, ponteggi ed ogni altra attrezzatura a distanza di sicurezza.

2. La distanza di sicurezza deve essere tale che non possano avvenire contatti diretti o scariche pericolose per le persone tenendo conto del tipo di lavoro, delle attrezzature usate e delle tensioni presenti.

SEZIONE III
SCAVI E FONDAZIONI

Articolo 118
Splateamento e sbancamento

1. Nei lavori di splateamento o sbancamento eseguiti senza l'impiego di escavatori meccanici, le pareti delle fronti di attacco devono avere una inclinazione o un tracciato tali, in relazione alla natura del terreno, da impedire franamenti. Quando la parete del fronte di attacco supera l'altezza di m 1,50, è vietato il sistema di scavo manuale per scalzamento alla base e conseguente franamento della parete.

2. Quando per la particolare natura del terreno o per causa di piogge, di infiltrazione, di gelo o disgelo, o per altri motivi, siano da temere frane o scoscendimenti, deve essere provveduto all'armatura o al consolidamento del terreno.

3. Nei lavori di escavazione con mezzi meccanici deve essere vietata la presenza degli operai nel campo di azione dell'escavatore e sul ciglio del fronte di attacco.

4. Il posto di manovra dell'addetto all'escavatore, quando questo non sia munito di cabina metallica, deve essere protetto con solido riparo.

5. Ai lavoratori deve essere fatto esplicito divieto di avvicinarsi alla base della parete di attacco e, in quanto necessario in relazione all'altezza dello scavo o alle condizioni di accessibilità del ciglio della platea superiore, la zona superiore di pericolo deve essere almeno delimitata mediante opportune segnalazioni spostabili col proseguire dello scavo.

Articolo 119
Pozzi, scavi e cunicoli

1. Nello scavo di pozzi e di trincee profondi più di m 1,50, quando la consistenza del terreno non dia sufficiente garanzia di stabilità, anche in relazione alla pendenza delle pareti, si deve provvedere, man mano che procede lo scavo, alla applicazione delle necessarie armature di sostegno.

2. Le tavole di rivestimento delle pareti devono sporgere dai bordi degli scavi di almeno 30 centimetri.

3. Nello scavo dei cunicoli, a meno che si tratti di roccia che non presenti pericolo di distacchi, devono predisporsi idonee armature per evitare franamenti della volta e delle pareti. Dette armature devono essere applicate man mano che procede il lavoro di avanzamento; la loro rimozione può essere effettuata in relazione al progredire del rivestimento in muratura.

4. Idonee armature e precauzioni devono essere adottate nelle sottomurazioni e quando in vicinanza dei relativi scavi vi siano fabbriche o manufatti le cui fondazioni possano essere scoperte o indebolite dagli scavi.

5. Nella infissione di pali di fondazione devono essere adottate misure e precauzioni per evitare che gli scuotimenti del terreno producano lesioni o danni alle opere vicine con pericolo per i lavoratori.

6. Nei lavori in pozzi di fondazione profondi oltre 3 metri deve essere disposto, a protezione degli operai addetti allo scavo ed all'asportazione del materiale scavato, un robusto impalcato con apertura per il passaggio delle benna.

7. Nei pozzi e nei cunicoli deve essere prevista una adeguata assistenza all’esterno e le loro dimensioni devono essere tali da permettere il recupero di un lavoratore infortunato privo di sensi.

Articolo 120
Deposito di materiali in prossimità degli scavi

1. É vietato costituire depositi di materiali presso il ciglio degli scavi. Qualora tali depositi siano necessari per le condizioni del lavoro, si deve provvedere alle necessarie puntellature.

Articolo 121
Presenza di gas negli scavi

1. Quando si eseguono lavori entro pozzi, fogne, cunicoli, camini e fosse in genere, devono essere adottate idonee misure contro i pericoli derivanti dalla presenza di gas o vapori tossici, asfissianti, infiammabili o esplosivi, specie in rapporto alla natura geologica del terreno o alla vicinanza di fabbriche, depositi, raffinerie, stazioni di compressione e di decompressione, metanodotti e condutture di gas, che possono dar luogo ad infiltrazione di sostanze pericolose.

2. Quando sia accertata o sia da temere la presenza di gas tossici, asfissianti o la irrespirabilità dell'aria ambiente e non sia possibile assicurare una efficiente aerazione ed una completa bonifica, i lavoratori devono essere provvisti di idonei dispositivi di protezione individuale delle vie respiratore, ed essere muniti di idonei dispositivi di protezione individuale collegati ad un idoneo sistema di salvataggio, che deve essere tenuto all'esterno dal personale addetto alla sorveglianza. Questo deve mantenersi in continuo collegamento con gli operai all'interno ed essere in grado di sollevare prontamente all'esterno il lavoratore colpito dai gas.

3. Possono essere adoperate le maschere respiratorie, in luogo di autorespiratori, solo quando, accertate la natura e la concentrazione dei gas o vapori nocivi o asfissianti, esse offrano garanzia di sicurezza e semprechè sia assicurata una efficace e continua aerazione.

4. Quando si sia accertata la presenza di gas infiammabili o esplosivi, deve provvedersi alla bonifica dell'ambiente mediante idonea ventilazione; deve inoltre vietarsi, anche dopo la bonifica, se siano da temere emanazioni di gas pericolosi, l'uso di apparecchi a fiamma, di corpi incandescenti e di apparecchi comunque suscettibili di provocare fiamme o surriscaldamenti atti ad incendiare il gas.

5. Nei casi previsti dal commi 2, 3 e 4, i lavoratori devono essere abbinati nell'esecuzione dei lavori.

SEZIONE IV
PONTEGGI E IMPALCATURE IN LEGNAME


Articolo 122
Ponteggi ed opere provvisionali

1. Nei lavori che sono eseguiti ad un'altezza superiore ai m 2, devono essere adottate, seguendo lo sviluppo dei lavori stessi, adeguate impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone e di cose conformemente al punto 2 dell’allegato XVIII.

Articolo 123
Montaggio e smontaggio delle opere provvisionali

1. Il montaggio e lo smontaggio delle opere provvisionali devono essere eseguiti sotto la diretta sorveglianza di un preposto ai lavori.

Articolo 124
Deposito di materiali sulle impalcature

1. Sopra i ponti di servizio e sulle impalcature in genere è vietato qualsiasi deposito, eccettuato quello temporaneo dei materiali ed attrezzi necessari ai lavori.

2. Il peso dei materiali e delle persone deve essere sempre inferiore a quello che è consentito dalla resistenza strutturale del ponteggio; lo spazio occupato dai materiali deve consentire i movimenti e le manovre necessarie per l'andamento del lavoro.

Articolo 125
Disposizione dei montanti

1. I montanti devono essere costituiti con elementi accoppiati, i cui punti di sovrapposizione devono risultare sfalsati di almeno un metro; devono altresì essere verticali o leggermente inclinati verso la costruzione.

2. Per le impalcature fino ad 8 metri di altezza sono ammessi montanti singoli in un sol pezzo; per impalcature di altezza superiore, soltanto per gli ultimi 7 metri i montanti possono essere ad elementi singoli.

3. Il piede dei montanti deve essere solidamente assicurato alla base di appoggio o di infissione in modo che sia impedito ogni cedimento in senso verticale ed orizzontale.

4. L'altezza dei montanti deve superare di almeno metri 1,20 l'ultimo impalcato o il piano di gronda.

5. La distanza tra due montanti consecutivi non deve essere superiore a m 3,60; può essere consentita una maggiore distanza quando ciò sia richiesto da evidenti motivi di esercizio del cantiere, purché, in tal caso, la sicurezza del ponteggio risulti da un progetto redatto da un ingegnere o architetto corredato dai relativi calcoli di stabilità.

6. Il ponteggio deve essere efficacemente ancorato alla costruzione almeno in corrispondenza ad ogni due piani di ponteggio e ad ogni due montanti, con disposizione di ancoraggi a rombo o di pari efficacia.

Articolo 126
Parapetti

1. Gli impalcati e ponti di servizio, le passerelle, le andatoie, che siano posti ad un'altezza maggiore di 2 metri, devono essere provvisti su tutti i lati verso il vuoto di robusto parapetto e in buono stato di conservazione.

Articolo 127
Ponti a sbalzo

1. Nei casi in cui particolari esigenze non permettono l'impiego di ponti normali, possono essere consentiti ponti a sbalzo purché la loro costruzione risponda a idonei procedimenti di calcolo e ne garantisca la solidità e la stabilità.

Articolo 128
Sottoponti

1. Gli impalcati e ponti di servizio devono avere un sottoponte di sicurezza, costruito come il ponte, a distanza non superiore a m 2,50.

2. La costruzione del sottoponte può essere omessa per i ponti sospesi, per i ponti a sbalzo e quando vengano eseguiti lavori di manutenzione e di riparazione di durata non superiore a cinque giorni.

Articolo 129
Impalcature nelle costruzioni in conglomerato cementizio

1. Nella esecuzione di opere a struttura in conglomerato cementizio, quando non si provveda alla costruzione da terra di una normale impalcatura con montanti, prima di iniziare la erezione delle casseforme per il getto dei pilastri perimetrali, deve essere sistemato, in corrispondenza al piano raggiunto, un regolare ponte di sicurezza a sbalzo, avente larghezza utile di almeno m 1,20.

2. Le armature di sostegno del cassero per il getto della successiva soletta o della trave perimetrale, non devono essere lasciate sporgere dal filo del fabbricato più di 40 centimetri per l'affrancamento della sponda esterna del cassero medesimo. Come sotto ponte può servire l'impalcato o ponte a sbalzo costruito in corrispondenza al piano sottostante.

3. In corrispondenza ai luoghi di transito o stazionamento deve essere sistemato, all'altezza del solaio di copertura del piano terreno, un impalcato di sicurezza (mantovana) a protezione contro la caduta di materiali dall'alto. Tale protezione può essere sostituita con una chiusura continua in graticci sul fronte del ponteggio, qualora presenti le stesse garanzie di sicurezza, o con la segregazione dell'area sottostante.

Articolo 130
Andatoie e passerelle

1. Le andatoie devono avere larghezza non minore di m 0,60, quando siano destinate soltanto al passaggio di lavoratori e di m 1,20, se destinate al trasporto di materiali. La loro pendenza non deve essere maggiore del 50 per cento.

2. Le andatoie lunghe devono essere interrotte da pianerottoli di riposo ad opportuni intervalli; sulle tavole delle andatoie devono essere fissati listelli trasversali a distanza non maggiore del passo di un uomo carico.

SEZIONE V
PONTEGGI FISSI

Articolo 131
Autorizzazione alla costruzione ed all'impiego

1. La costruzione e l'impiego dei ponteggi realizzati con elementi portanti prefabbricati, metallici o non, sono disciplinati dalle norme della presente Sezione.

2. Per ciascun tipo di ponteggio, il fabbricante chiede al Ministero del lavoro e della previdenza sociale l'autorizzazione alla costruzione ed all'impiego, corredando la domanda di una relazione nella quale devono essere specificati gli elementi di cui all'articolo seguente.

3. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, in aggiunta all'autorizzazione di cui al comma precedente attesta, a richiesta e a seguito di esame della documentazione tecnica, la rispondenza del ponteggio già autorizzato anche alle norme UNI EN 12810 e UNI EN 12811 o per i giunti alla norma UNI EN 74.

4. Possono essere autorizzati alla costruzione ed all'impiego ponteggi aventi interasse qualsiasi tra i montanti della stessa fila a condizione che i risultati adeguatamente verificati delle prove di carico condotte su prototipi significativi degli schemi funzionali garantiscano la sussistenza dei gradi di sicurezza previsti dalle norme di buona tecnica.

5. L’autorizzazione è soggetta a rinnovo ogni dieci anni per verificare l’adeguatezza del ponteggio all’evoluzione del progresso tecnico.

6. Chiunque intende impiegare ponteggi deve farsi rilasciare dal fabbricante copia della autorizzazione di cui al comma 2 e delle istruzioni e schemi elencati al comma 1, lettere d), e), f) e g) dell'articolo 132.

7. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale si avvale anche dell’ISPESL per il controllo delle caratteristiche tecniche dei ponteggi dichiarate dal titolare dell’autorizzazione, attraverso controlli a campione presso le sedi di produzione.

Articolo 132
Relazione tecnica

1. La relazione di cui all'articolo precedente deve contenere:

a) descrizione degli elementi che costituiscono il ponteggio, loro dimensioni con le tolleranze ammissibili e schema dell'insieme;

b) caratteristiche di resistenza dei materiali impiegati e coefficienti di sicurezza adottati per i singoli materiali;

c) indicazione delle prove di carico, a cui sono stati sottoposti i vari elementi;

d) calcolo del ponteggio secondo varie condizioni di impiego;

e) istruzioni per le prove di carico del ponteggio;

f) istruzioni per il montaggio, impiego e smontaggio del ponteggio;

g) schemi-tipo di ponteggio con l'indicazione dei massimi ammessi di sovraccarico, di altezza dei ponteggi e di larghezza degli impalcati per i quali non sussiste l'obbligo del calcolo per ogni singola applicazione.

Articolo 133
Progetto

1. I ponteggi di altezza superiore a 24 metri e quelli per i quali nella relazione di calcolo non sono disponibili le specifiche configurazioni strutturali utilizzate con i relativi schemi di impiego, nonché le altre opere provvisionali, costituite da elementi metallici o non, oppure di notevole importanza e complessità in rapporto alle loro dimensioni ed ai sovraccarichi, devono essere eretti in base ad un progetto comprendente:

a) calcolo di resistenza e stabilità eseguito secondo le istruzioni approvate nell'autorizzazione ministeriale;
b) disegno esecutivo.

2. Dal progetto, che deve essere firmato da un ingegnere o architetto abilitato a norma di legge all'esercizio della professione, deve risultare quanto occorre per definire il ponteggio nei riguardi dei carichi, delle sollecitazioni e dell'esecuzione.

3. Copia dell'autorizzazione ministeriale di cui all'articolo 131 e copia del progetto e dei disegni esecutivi devono essere tenute ed esibite, a richiesta degli organi di vigilanza, nei cantieri in cui vengono usati i ponteggi e le opere provvisionali di cui al primo comma.

Articolo 134
Documentazione

1. Nei cantieri in cui vengono usati ponteggi deve essere tenuta ed esibita, a richiesta degli organi di vigilanza, copia della documentazione di cui al comma 6 dell'articolo 131 e copia del piano di montaggio, uso e smontaggio (Pi.M.U.S.), in caso di lavori in quota, i cui contenuti sono riportati nell’allegato XXII del presente Titolo.

2. Le eventuali modifiche al ponteggio, che devono essere subito riportate sul disegno, devono restare nell'ambito dello schema-tipo che ha giustificato l'esenzione dall'obbligo del calcolo.

Articolo 135
Marchio del fabbricante

1. Gli elementi dei ponteggi devono portare impressi, a rilievo o ad incisione, il marchio del fabbricante.

Articolo 136
Montaggio e smontaggio

1. Nei lavori in quota il datore di lavoro provvede a redigere a mezzo di persona competente un piano di montaggio, uso e smontaggio (Pi.M.U.S.), in funzione della complessità del ponteggio scelto, con la valutazione delle condizioni di sicurezza realizzate attraverso l‘adozione degli specifici sistemi utilizzati nella particolare realizzazione e in ciascuna fase di lavoro prevista. Tale piano può assumere la forma di un piano di applicazione generalizzata integrato da istruzioni e progetti particolareggiati per gli schemi speciali costituenti il ponteggio, ed è messo a disposizione del preposto addetto alla sorveglianza e dei lavoratori interessati.

2. Nel serraggio di più aste concorrenti in un nodo i giunti devono essere collocati strettamente l’uno vicino all’altro.

3. Per ogni piano di ponte devono essere applicati due correnti, di cui uno può fare parte del parapetto.

4. Il datore di lavoro assicura che:

a) lo scivolamento degli elementi di appoggio di un ponteggio è impedito tramite fissaggio su una superficie di appoggio, o con un dispositivo antiscivolo, oppure con qualsiasi altra soluzione di efficacia equivalente;

b) i piani di posa dei predetti elementi di appoggio hanno una capacità portante sufficiente;

c) il ponteggio è stabile;

d) dispositivi appropriati impediscono lo spostamento involontario dei ponteggi su ruote durante l'esecuzione dei lavori in quota;

e) le dimensioni, la forma e la disposizione degli impalcati di un ponteggio sono idonee alla natura del lavoro da eseguire, adeguate ai carichi da sopportare e tali da consentire un'esecuzione dei lavori e una circolazione sicure;

f) il montaggio degli impalcati dei ponteggi è tale da impedire lo spostamento degli elementi componenti durante l'uso, nonché la presenza di spazi vuoti pericolosi fra gli elementi che costituiscono gli impalcati e i dispositivi verticali di protezione collettiva contro le cadute.

5. Il datore di lavoro provvede ad evidenziare le parti di ponteggio non pronte per l'uso, in particolare durante le operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione, mediante segnaletica di avvertimento di pericolo generico e delimitandole con elementi materiali che impediscono l'accesso alla zona di pericolo, ai sensi del Titolo V.

6. Il datore di lavoro assicura che i ponteggi siano montati, smontati o trasformati sotto la diretta sorveglianza di un preposto, a regola d’arte e conformemente al Pi.M.U.S., ad opera di lavoratori che hanno ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste.

7. La formazione di cui al comma 6 ha carattere teorico-pratico e deve riguardare:

a) la comprensione del piano di montaggio, smontaggio o trasformazione del ponteggio;

b) la sicurezza durante le operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione del ponteggio con riferimento alla legislazione vigente;

c) le misure di prevenzione dei rischi di caduta di persone o di oggetti;

d) le misure di sicurezza in caso di cambiamento delle condizioni meteorologiche pregiudizievoli alla sicurezza del ponteggio;

e) le condizioni di carico ammissibile;

f) qualsiasi altro rischio che le suddette operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione possono comportare.

8. I soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità dei corsi sono riportati nell’allegato XXI del presente Titolo.

Articolo 137
Manutenzione e revisione

1. Il responsabile del cantiere, ad intervalli periodici o dopo violente perturbazioni atmosferiche o prolungata interruzione di lavoro deve assicurarsi della verticalità dei montanti, del giusto serraggio dei giunti, della efficienza degli ancoraggi e dei controventi, curando l'eventuale sostituzione o il rinforzo di elementi inefficienti.

2. I vari elementi metallici devono essere difesi dagli agenti nocivi esterni con idonei sistemi di protezione.

Articolo 138
Norme particolari

1. Le tavole che costituiscono l'impalcato devono essere fissate in modo che non possano scivolare sui traversi metallici.

2. É consentito un distacco delle tavole del piano di calpestio dalla muratura non superiore a 30 centimetri.

3. É fatto divieto di gettare dall'alto gli elementi del ponteggio.

4. É fatto divieto di salire e scendere lungo i montanti.

5. Per i ponteggi di cui alla presente Sezione valgono, in quanto applicabili, le disposizioni relative ai ponteggi in legno. Sono ammesse deroghe:

a) alla disposizione di cui all’articolo 125, comma 4, a condizione che l'altezza dei montanti superi di almeno 1 metro l'ultimo impalcato o il piano di gronda;

b) alla disposizione di cui all’articolo 126, comma 1, a condizione che l’altezza del parapetto sia non inferiore a 95 cm rispetto al piano di calpestio;

c) alla disposizione di cui all’articolo 126, comma 1, a condizione che l’altezza del fermapiede sia non inferiore a 15 cm rispetto al piano di calpestio;

d) alla disposizione di cui all’articolo 128, comma 1, nel caso di ponteggi di cui all'articolo 131, commi 2 e 3, che prevedano specifici schemi-tipo senza sottoponte di sicurezza.


SEZIONE VI
PONTEGGI MOVIBILI

Articolo 139
Ponti su cavalletti

1. I ponti su cavalletti non devono aver altezza superiore a metri 2 e non devono essere montati sugli impalcati dei ponteggi.

Articolo 140
Ponti su ruote a torre

1. I ponti su ruote devono avere base ampia in modo da resistere, con largo margine di sicurezza, ai carichi ed alle oscillazioni cui possono essere sottoposti durante gli spostamenti o per colpi di vento e in modo che non possano essere ribaltati.

2. Il piano di scorrimento delle ruote deve risultare livellato; il carico del ponte sul terreno deve essere opportunamente ripartito con tavoloni o altro mezzo equivalente.

3. Le ruote del ponte in opera devono essere saldamente bloccate con cunei dalle due parti o sistemi equivalenti.

4. I ponti su ruote devono essere ancorati alla costruzione almeno ogni due piani; è ammessa deroga a tale obbligo per i ponti su ruote a torre conformi all’allegato XXIII del presente Titolo.

5. La verticalità dei ponti su ruote deve essere controllata con livello o con pendolino.

6. I ponti, esclusi quelli usati nei lavori per le linee elettriche di contatto, non devono essere spostati quando su di essi si trovano lavoratori o carichi.

SEZIONE VII
COSTRUZIONI EDILIZIE

Articolo 141
Strutture speciali

1. Durante la costruzione o il consolidamento di cornicioni di gronda e di opere sporgenti dai muri, devono essere adottate precauzioni per impedirne la caduta, ponendo armature provvisorie atte a sostenerle fino a che la stabilità dell'opera sia completamente assicurata.

Articolo 142
Costruzioni di archi, volte e simili

1. Le armature provvisorie per la esecuzione di manufatti, quali archi, volte, architravi, piattabande, solai, scale e di qualsiasi altra opera sporgente dal muro, in cemento armato o in muratura di ogni genere, devono essere costruite in modo da assicurare, in ogni fase del lavoro, la necessaria solidità e con modalità tali da consentire, a getto o costruzione ultimata, il loro progressivo abbassamento e disarmo.

2. Le armature provvisorie per grandi opere, come centine per ponti ad arco, per coperture ad ampia luce e simili, che non rientrino negli schemi di uso corrente, devono essere eseguite su progetto redatto da un ingegnere o architetto, corredato dai relativi calcoli di stabilità.

3. I disegni esecutivi, firmati dal progettista di cui al comma precedente, devono essere esibiti sul posto di lavoro a richiesta degli organi di vigilanza.

Articolo 143
Posa delle armature e delle centine

1. Prima della posa delle armature e delle centine di sostegno delle opere di cui all'articolo precedente, è fatto obbligo di assicurarsi della resistenza del terreno o delle strutture sulle quali esse debbono poggiare, in modo da prevenire cedimenti delle armature stesse o delle strutture sottostanti, con particolare riguardo a possibili degradazioni per presenza d'acqua.

Articolo 144
Resistenza delle armature

1. Le armature devono sopportare con sicurezza, oltre il peso delle strutture, anche quello delle persone e dei sovraccarichi eventuali, nonché le sollecitazioni dinamiche che possano dar luogo a vibrazioni durante l'esecuzione dei lavori e quelle prodotte dalla spinta del vento e dell'acqua.

2. Il carico gravante al piede dei puntelli di sostegno deve essere opportunamente distribuito.

Articolo 145
Disarmo delle armature

1. Il disarmo delle armature provvisorie di cui al comma 2 dell'articolo 142 deve essere effettuato con cautela dai lavoratori che hanno ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste sotto la diretta sorveglianza del capo cantiere e sempre dopo che il direttore dei lavori ne abbia data l'autorizzazione.

2. É fatto divieto di disarmare qualsiasi tipo di armatura di sostegno quando sulle strutture insistano carichi accidentali e temporanei.

3. Nel disarmo delle armature delle opere in calcestruzzo devono essere adottate le misure precauzionali previste dalle norme per la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio.

Articolo 146
Difesa delle aperture

1. Le aperture lasciate nei solai o nelle piattaforme di lavoro devono essere circondate da normale parapetto e da tavola fermapiede oppure devono essere coperte con tavolato solidamente fissato e di resistenza non inferiore a quella del piano di calpestio dei ponti di servizio.

2. Qualora le aperture vengano usate per il passaggio di materiali o di persone, un lato del parapetto può essere costituito da una barriera mobile non asportabile, che deve essere aperta soltanto per il tempo necessario al passaggio.

3. Le aperture nei muri prospicienti il vuoto o vani che abbiano una profondità superiore a m 0,50 devono essere munite di normale parapetto e tavole fermapiede oppure essere convenientemente sbarrate in modo da impedire la caduta di persone.

Articolo 147
Scale in muratura

1. Lungo le rampe ed i pianerottoli delle scale fisse in costruzione, fino alla posa in opera delle ringhiere, devono essere tenuti parapetti normali con tavole fermapiede fissati rigidamente a strutture resistenti.

2. Il vano-scala deve essere coperto con una robusta impalcatura posta all'altezza del pavimento del primo piano a difesa delle persone transitanti al piano terreno contro la caduta dei materiali.

3. Sulle rampe delle scale in costruzione ancora mancanti di gradini, qualora non siano sbarrate per impedirvi il transito, devono essere fissati intavolati larghi almeno 60 centimetri, sui quali devono essere applicati trasversalmente listelli di legno posti a distanza non superiore a 40 centimetri.

Articolo 148
Lavori speciali

1. Prima di procedere alla esecuzione di lavori su lucernari, tetti, coperture e simili, deve essere accertato che questi abbiano resistenza sufficiente per sostenere il peso degli operai e dei materiali di impiego.

2. Nel caso in cui sia dubbia tale resistenza, devono essere adottati i necessari apprestamenti atti a garantire la incolumità delle persone addette, disponendo, a seconda dei casi, tavole sopra le orditure, sottopalchi e facendo uso di idonei dispositivi di protezione individuale anticaduta.

Articolo 149
Paratoie e cassoni

1. Paratoie e cassoni devono essere:

a) ben costruiti, con materiali appropriati e solidi dotati di resistenza sufficiente;

b) provvisti dall'attrezzatura adeguata per consentire ai lavoratori di ripararsi in caso di irruzione d'acqua e di materiali.

2. La costruzione, la sistemazione, la trasformazione o lo smantellamento di una paratoia o di un cassone devono essere effettuati soltanto sotto la diretta sorveglianza di un preposto.

3. Il datore di lavoro assicura che le paratoie e i cassoni vengano ispezionati ad intervalli regolari.

SEZIONE VIII
DEMOLIZIONI

Articolo 150
Rafforzamento delle strutture

1. Prima dell'inizio di lavori di demolizione è fatto obbligo di procedere alla verifica delle condizioni di conservazione e di stabilità delle varie strutture da demolire.

2. In relazione al risultato di tale verifica devono essere eseguite le opere di rafforzamento e di puntellamento necessarie ad evitare che, durante la demolizione, si verifichino crolli intempestivi.

Articolo 151
Ordine delle demolizioni

1. I lavori di demolizione devono procedere con cautela e con ordine, devono essere eseguiti sotto la sorveglianza di un preposto e condotti in maniera da non pregiudicare la stabilità delle strutture portanti o di collegamento e di quelle eventuali adiacenti.

2. La successione dei lavori deve risultare da apposito programma contenuto nel POS, tenendo conto di quanto indicato nel PSC, ove previsto, che deve essere tenuto a disposizione degli organi di vigilanza.

Articolo 152
Misure di sicurezza

1. La demolizione dei muri effettuate con attrezzature manuali deve essere fatta servendosi di ponti di servizio indipendenti dall'opera in demolizione.

2. É vietato fare lavorare gli operai sui muri in demolizione.

3. Gli obblighi di cui ai commi 1 e 2 non sussistono quando trattasi di muri di altezza inferiore ai due metri.

Articolo 153
Convogliamento del materiale di demolizione

1. Il materiale di demolizione non deve essere gettato dall'alto, ma deve essere trasportato oppure convogliato in appositi canali, il cui estremo inferiore non deve risultare ad altezza maggiore di due metri dal livello del piano di raccolta.

2. I canali suddetti devono essere costruiti in modo che ogni tronco imbocchi nel tronco successivo; gli eventuali raccordi devono essere adeguatamente rinforzati.

3. L'imboccatura superiore del canale deve essere realizzata in modo che non possano cadervi accidentalmente persone.

4. Ove sia costituito da elementi pesanti od ingombranti, il materiale di demolizione deve essere calato a terra con mezzi idonei.

5. Durante i lavori di demolizione si deve provvedere a ridurre il sollevamento della polvere, irrorando con acqua le murature ed i materiali di risulta.

Articolo 154
Sbarramento della zona di demolizione

1. Nella zona sottostante la demolizione deve essere vietata la sosta ed il transito, delimitando la zona stessa con appositi sbarramenti.

2. L'accesso allo sbocco dei canali di scarico per il caricamento ed il trasporto del materiale accumulato deve essere consentito soltanto dopo che sia stato sospeso lo scarico dall'alto.

Articolo 155
Demolizione per rovesciamento

1. Salvo l'osservanza delle leggi e dei regolamenti speciali e locali, la demolizione di parti di strutture aventi altezza sul terreno non superiore a 5 metri può essere effettuata mediante rovesciamento per trazione o per spinta.

2. La trazione o la spinta deve essere esercitata in modo graduale e senza strappi e deve essere eseguita soltanto su elementi di struttura opportunamente isolati dal resto del fabbricato in demolizione in modo da non determinare crolli intempestivi o non previsti di altre parti.

3. Devono inoltre essere adottate le precauzioni necessarie per la sicurezza del lavoro quali: trazione da distanza non minore di una volta e mezzo l'altezza del muro o della struttura da abbattere e allontanamento degli operai dalla zona interessata.

4. Il rovesciamento per spinta può essere effettuato con martinetti solo per opere di altezza non superiore a 3 metri, con l'ausilio di puntelli sussidiari contro il ritorno degli elementi smossi.

5. Deve essere evitato in ogni caso che per lo scuotimento del terreno in seguito alla caduta delle strutture o di grossi blocchi possano derivare danni o lesioni agli edifici vicini o ad opere adiacenti pericolose per i lavoratori addetti.

Articolo 156
Verifiche

1. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la Commissione Consultiva Permanente, può stabilire l'obbligo di sottoporre a verifiche ponteggi e attrezzature per costruzioni, stabilendo le modalità e l'organo tecnico incaricato.

CAPO III
SANZIONI

Articolo 157
(Sanzioni per i committenti e i responsabili dei lavori)

1. Il committente o il responsabile dei lavori sono puniti:

a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 10.000 euro per la violazione degli articoli 90, commi 1, secondo periodo, 3, 4 e 5;
b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.250 a 5.000 euro per la violazione dell’articolo 90, comma 9, lettera a);
c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 3.000 euro per la violazione dell’articolo 101, comma 1, primo periodo;
d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 6.000 euro per la violazione dell’articolo 90, comma 9, lettere c).

Articolo 158
(Sanzioni per i coordinatori)

1. Il coordinatore per la progettazione è punito con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 3.000 a 12.000 euro per la violazione dell’articolo 91, comma 1.

2. Il coordinatore per l’esecuzione dei lavori è punito:
a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 3.000 a 12.000 euro per la violazione dell’articolo 92, comma 1, lettere a), b), c), e) ed f), e con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 3.000 a 8.000 euro per la violazione dell’articolo 92, comma 2;
b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.250 a 5.000 euro per la violazione dell’articolo 92, comma 1, lettera d).

Articolo 159
(Sanzioni per i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti)

1. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 3.000 a 12.000 euro per la violazione degli articoli 96, comma 1, lettere a), b), c) e g), 97, comma 1, 100, comma 3, 117, 118, 121, 126, 128, comma 1, 145, commi 1 e 2, 148;
b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.500 a 5.000 euro per la violazione degli articoli 112, 119, 122, 123, 125, commi 1, 2 e 3, 127, 129, comma 1, 136, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, 151, comma 1, 152, comma 1, 154;
c) con l’arresto sino a due mesi o con l’ammenda da 500 a 2.000 euro per la violazione degli articoli 96, comma 1, lettera d), e 97, comma 3, nonché per la violazione delle disposizioni del Capo II del presente Titolo non altrimenti sanzionate;
d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 3.000 euro per la violazione degli articoli 100, comma 4, e 101, commi 2 e 3.

2. I preposti nei limiti dell’attività alla quale è tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all’articolo 19 sono puniti:
a) con l’arresto sino a due mesi o con l’ammenda da 500 a 2.000 euro per la violazione degli articoli 96, comma 1, lettera a), 100, comma 3, 121, 136, commi 5 e 6, 137, comma 1, 145, commi 1 e 2;
b) con l’arresto sino a un mese o con l’ammenda da 300 a 900 euro per la violazione degli articoli 118, commi 3 e 5, 123, 140, commi 3 e 6, 152, comma 2.

Articolo 160
(Sanzioni per i lavoratori)

1. I lavoratori autonomi sono puniti:
a) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.000 a 5.000 euro per la violazione dell’articolo 100, comma 3;
b) con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da 500 a 2.000 euro per la violazione dell’articolo 94.

2. I lavoratori sono puniti con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da 150 a 600 euro per la violazione degli articoli 124, 138, commi 3 e 4, 152, comma 2.

TITOLO V

SEGNALETICA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO

CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI

Articolo 161
Campo di applicazione

1. Il presente titolo stabilisce le prescrizioni per la segnaletica di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro.
2. Le disposizioni del presente decreto non si applicano alla segnaletica impiegata per regolare il traffico stradale, ferroviario, fluviale, marittimo ed aereo.

Articolo 162
Definizioni

1. Ai fini del presente titolo si intende per:
a) segnaletica di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro, di seguito indicata “segnaletica di sicurezza”, una segnaletica che, riferita ad un oggetto, ad una attività o ad una situazione determinata, fornisce una indicazione o una prescrizione concernente la sicurezza o la salute sul luogo di lavoro, e che utilizza, a seconda dei casi, un cartello, un colore, un segnale luminoso o acustico, una comunicazione verbale o un segnale gestuale;
b) segnale di divieto, un segnale che vieta un comportamento che potrebbe far correre o causare un pericolo;
c) segnale di avvertimento, un segnale che avverte di un rischio o pericolo;
d) segnale di prescrizione, un segnale che prescrive un determinato comportamento;
e) segnale di salvataggio o di soccorso, un segnale che fornisce indicazioni relative alle uscite di sicurezza o ai mezzi di soccorso o di salvataggio;
f) segnale di informazione, un segnale che fornisce indicazioni diverse da quelle specificate alle lettere da b) ad e);
g) cartello, un segnale che, mediante combinazione di una forma geometrica, di colori e di un simbolo o pittogramma, fornisce una indicazione determinata, la cui visibilità è garantita da una illuminazione di intensita' sufficiente;
h) cartello supplementare, un cartello impiegato assieme ad un cartello del tipo indicato alla lettera g) e che fornisce indicazioni complementari;
i) colore di sicurezza, un colore al quale É assegnato un significato determinato;
l) simbolo o pittogramma, un'immagine che rappresenta una situazione o che prescrive un determinato comportamento, impiegata su un cartello o su una superficie luminosa;
m) segnale luminoso, un segnale emesso da un dispositivo costituito da materiale trasparente o semitrasparente, che É illuminato dall'interno o dal retro in modo da apparire esso stesso come una superficie luminosa;
n) segnale acustico, un segnale sonoro in codice emesso e diffuso da un apposito dispositivo, senza impiego di voce umana o di sintesi vocale;
o) comunicazione verbale, un messaggio verbale predeterminato, con impiego di voce umana o di sintesi vocale;
p) segnale gestuale, un movimento o posizione delle braccia o delle mani in forma convenzionale per guidare persone che effettuano manovre implicanti un rischio o un pericolo attuale per i lavoratori.

Articolo 163
Obblighi del datore di lavoro

1. Quando, anche a seguito della valutazione effettuata in conformità all'articolo 28, risultano rischi che non possono essere evitati o sufficientemente limitati con misure, metodi, ovvero sistemi di organizzazione del lavoro, o con mezzi tecnici di protezione collettiva, il datore di lavoro fa ricorso alla segnaletica di sicurezza, conformemente alle prescrizioni di cui agli allegati da XXIV a XXXII.

2. Qualora sia necessario fornire mediante la segnaletica di sicurezza indicazioni relative a situazioni di rischio non considerate negli allegati XXIV a XXXII, il datore di lavoro, anche in riferimento alle norme di buona tecnica, adotta le misure necessarie, secondo le particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica.

3. Il datore di lavoro, per regolare il traffico all'interno dell'impresa o dell'unita' produttiva, fa ricorso, se del caso, alla segnaletica prevista dalla legislazione vigente relativa al traffico stradale, ferroviario, fluviale, marittimo o aereo, fatto salvo quanto previsto nell'allegato XXVIII.

Articolo 164
Informazione e formazione

1. Il datore di lavoro provvede affinché:
a) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e i lavoratori siano informati di tutte le misure da adottare riguardo alla segnaletica di sicurezza impiegata all'interno dell'impresa ovvero dell'unita' produttiva;
b) i lavoratori ricevano una formazione adeguata, in particolare sotto forma di istruzioni precise, che deve avere per oggetto specialmente il significato della segnaletica di sicurezza, soprattutto quando questa implica l'uso di gesti o di parole, nonché i comportamenti generali e specifici da seguire.

CAPO II
SANZIONI

Articolo 165
Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente

1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.000 a 10.000 euro per la violazione degli articoli 163 e 164, comma 1, lettera b);
b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.000 a 4.500 euro per la violazione dell’articolo 164, comma 1, lettera a).

Articolo 166
Sanzioni a carico del preposto

1. Il preposto è punito nei limiti dell’attività alla quale è tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all’articolo 19:
a) con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da 400 a 1.200 euro per la violazione dell’articolo 163;
b) con l’arresto fino ad un mese o con l’ammenda da 150 a 600 euro per la violazione dell’articolo 164, comma 1, lettera a).

TITOLO VI

Movimentazione manuale dei carichi

CAPO
DISPOSIZIONI GENERALI

Articolo 167
Campo di applicazione

1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività lavorative di movimentazione manuale dei carichi che comportano per i lavoratori rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari.

2. Ai fini del presente titolo, s’intendono:

a) movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico, che, per le loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari;
b) patologie da sovraccarico biomeccanico: patologie delle strutture osteoarticolari, muscolotendinee e nervovascolari.

Articolo 168
Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie e ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori.

2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati e fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di detti carichi, tenendo conto dell'allegato XXXIII, ed in particolare:

a) organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione assicuri condizioni di sicurezza e salute;
b) valuta, se possibile anche in fase di progettazione, le condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro in questione tenendo conto dell'allegato XXXIII;
c) evita o riduce i rischi, particolarmente di patologie dorso-lombari, adottando le misure adeguate, tenendo conto in particolare dei fattori individuali di rischio, delle caratteristiche dell'ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attività comporta, in base all'allegato XXXIII;
d) sottopone i lavoratori alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41, sulla base della valutazione del rischio e dei fattori individuali di rischio di cui all’allegato XXXIII.

3. Le norme tecniche costituiscono criteri di riferimento per le finalità del presente articolo e dell’allegato XXXIII, ove applicabili. Negli altri casi si può fare riferimento alle buone prassi e alle linee guida.

Articolo 169
Informazione, formazione e addestramento

1. Tenendo conto dell’allegato XXXIII, il datore di lavoro:

a) fornisce ai lavoratori le informazioni adeguate relativamente al peso ed alle altre caratteristiche del carico movimentato;
b) assicura ad essi la formazione adeguata in relazione ai rischi lavorativi ed alle modalità di corretta esecuzione delle attività.

2. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori l’addestramento adeguato in merito alle corrette manovre e procedure da adottare nella movimentazione manuale dei carichi.

CAPO II
SANZIONI

Articolo 170
Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente

1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 2.000 fino ad euro 10.000 per la violazione dell’articolo 168, commi 1 e 2, 169, comma 1, lettera b).
b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 1.000 a euro 4.500 per la violazione dell’articolo 169, comma 1, lettera a).

Articolo 171
Sanzioni a carico del preposto

1. Il preposto è punito nei limiti dell’attività alla quale è tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all’articolo 19:
a) con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da euro 400 ad euro 1.200 per la violazione dell’articolo 168, commi 1 e 2;
b) con l’arresto fino ad un mese o con l’ammenda da euro 150 ad euro 600 per la violazione dell’articolo 169, comma 1, lettera a).

TITOLO VII
Attrezzature munite di videoterminali

CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI

Articolo 172
Campo di applicazione

1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività lavorative che comportano l'uso di attrezzature munite di videoterminali.
2. Le norme del presente titolo non si applicano ai lavoratori addetti:
a) ai posti di guida di veicoli o macchine;
b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto; 
c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario all'utilizzazione da parte del pubblico; 
d) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure, necessario all'uso diretto di tale attrezzatura;
e) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato.

Articolo 173
Definizioni

1. Ai fini del presente decreto legislativo si intende per:

a) videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato;
b) posto di lavoro: l'insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di immissione dati, incluso il mouse, il software per l'interfaccia uomo-macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse, comprendenti l'unità a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonché l'ambiente di lavoro immediatamente circostante; 
c) lavoratore: il lavoratore che utilizza un'attrezzatura munita di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per venti ore settimanali, dedotte le interruzioni di cui all'articolo 175.

Capo II
Obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti

Articolo 174
Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro, all’atto della valutazione del rischio di cui all’articolo 28, analizza i posti di lavoro con particolare riguardo a:

1. ai rischi per la vista e per gli occhi;
2. ai problemi legati alla postura ed all'affaticamento fisico o mentale;
3. alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.

2. Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati in base alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo conto della somma ovvero della combinazione della incidenza dei rischi riscontrati.

3. Il datore di lavoro organizza e predispone i posti di lavoro di cui all’articolo 173, in conformità ai requisiti minimi di cui all’allegato XXXIV.

Articolo 175
Svolgimento quotidiano del lavoro

1. Il lavoratore, qualora svolga la sua attività per almeno quattro ore consecutive, ha diritto ad una interruzione della sua attività mediante pause ovvero cambiamento di attività.

2. Le modalità di tali interruzioni sono stabilite dalla contrattazione collettiva anche aziendale.

3. In assenza di una disposizione contrattuale riguardante l'interruzione di cui al comma 1, il lavoratore comunque ha diritto ad una pausa di quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al videoterminale.

4. Le modalità e la durata delle interruzioni possono essere stabilite temporaneamente a livello individuale ove il medico competente ne evidenzi la necessità.

5. È comunque esclusa la cumulabilità delle interruzioni all'inizio ed al termine dell'orario di lavoro.

6. Nel computo dei tempi di interruzione non sono compresi i tempi di attesa della risposta da parte del sistema elettronico, che sono considerati, a tutti gli effetti, tempo di lavoro, ove il lavoratore non possa abbandonare il posto di lavoro.

7. La pausa è considerata a tutti gli effetti parte integrante dell'orario di lavoro e, come tale, non è riassorbibile all'interno di accordi che prevedono la riduzione dell'orario complessivo di lavoro.

Articolo 176
Sorveglianza sanitaria

1. I lavoratori sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41, con particolare riferimento:
a) ai rischi per la vista e per gli occhi;
b) ai rischi per l’apparato muscolo-scheletrico.
2. Sulla base delle risultanze degli accertamenti di cui al comma 1 i lavoratori vengono classificati ai sensi dell’articolo 41, comma 6.
3. Salvi i casi particolari che richiedono una frequenza diversa stabilita dal medico competente, la periodicità delle visite di controllo è biennale per i lavoratori classificati come idonei con prescrizioni o limitazioni e per i lavoratori che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età; quinquennale negli altri casi.
4. Per i casi di inidoneità temporanea il medico competente stabilisce il termine per la successiva visita di idoneità.
5. Il lavoratore è sottoposto a visita di controllo per i rischi di cui al comma 1 a sua richiesta, secondo le modalità previste all’articolo 41, comma 2, lettera c).
6. Il datore di lavoro fornisce a sue spese ai lavoratori i dispositivi speciali di correzione visiva, in funzione dell'attività svolta, quando l’esito delle visite di cui ai commi 1, 3 e 4 ne evidenzi la necessità e non sia possibile utilizzare i dispositivi normali di correzione.

Articolo 177
Informazione e formazione

1. In ottemperanza a quanto previsto in via generale dall’articolo 18, comma 1, lettera l), il datore di lavoro:

a) fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto riguarda:
1) le misure applicabili al posto di lavoro, in base all'analisi dello stesso di cui all'articolo 174;
2) le modalità di svolgimento dell'attività;
3) la protezione degli occhi e della vista;

b) assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1, lettera a).

Capo III
Sanzioni

Articolo 178
Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente

1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 2.000 fino ad euro 10.000 per la violazione dell’articolo 174, comma 2 e 3, 175, 176, commi 1, 3, 5, 177, comma 1, lettera b);
b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 1.000 a euro 4.500 per la violazione dell’articolo 177, comma 1, lettera a).

Articolo 179
Sanzioni a carico del preposto

1. Il preposto è punito nei limiti dell’attività alla quale è tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all’articolo 19:
a) con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da euro 400 ad euro 1.200 per la violazione dell’articolo 174, comma 2 e 3, 175;
b) con l’arresto fino ad un mese o con l’ammenda da euro 150 ad euro 600 per la violazione dell’articolo 174, comma 1, lettera a).

TITOLO VIII

Agenti fisici

Capo I
Disposizioni generali


Articolo 180
Definizioni e campo di applicazione

1. Ai fini del presente decreto legislativo per agenti fisici si intendono il rumore, gli ultrasuoni, gli infrasuoni, le vibrazioni meccaniche, i campi elettromagnetici, le radiazioni ottiche, le atmosfere iperbariche, di origine artificiale, che possono comportare rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori.

2. Fermo restando quanto previsto dal presente Capo, per le attività comportanti esposizione a rumore si applica il Capo II, per quelle comportanti esposizione a vibrazioni si applica il Capo III, per quelle comportanti esposizione a campi elettromagnetici si applica il Capo IV, per quelle comportanti esposizione a radiazioni ottiche artificiali si applica il Capo V.

3. La protezione dei lavoratori dalle radiazioni ionizzanti è disciplinata unicamente dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e sue successive modifiche ed integrazioni.

Articolo 181
Valutazione dei rischi

1. Nell’ambito della valutazione di cui all’articolo 28, il datore di lavoro valuta tutti i rischi derivanti da esposizione ad agenti fisici in modo da identificare e adottare le opportune misure di prevenzione e protezione con particolare riferimento alle norme di buona tecnica ed alle buone prassi.

2. La valutazione dei rischi derivanti da esposizioni ad agenti fisici è programmata ed effettuata, con cadenza almeno quadriennale, da personale qualificato nell’ambito del servizio di prevenzione e protezione in possesso di specifiche conoscenze in materia. La valutazione dei rischi è aggiornata ogni qual volta si verifichino mutamenti che potrebbero renderla obsoleta, ovvero, quando i risultati della sorveglianza sanitaria rendano necessaria la sua revisione. I dati ottenuti dalla valutazione, misurazione e calcolo dei livelli di esposizione costituiscono parte integrante del documento di valutazione del rischio.

3. Il datore di lavoro nella valutazione dei rischi precisa quali misure di prevenzione e protezione devono essere adottate. La valutazione dei rischi è riportata sul documento di valutazione di cui all’articolo 28, essa può includere una giustificazione del datore di lavoro secondo cui la natura e l'entità dei rischi non rendono necessaria una valutazione dei rischi più dettagliata.

Articolo 182
Disposizioni miranti ad eliminare o ridurre i rischi

1. Tenuto conto del progresso tecnico e della disponibilità di misure per controllare il rischio alla fonte, i rischi derivanti dall'esposizione agli agenti fisici sono eliminati alla fonte o ridotti al minimo. La riduzione dei rischi derivanti dall'esposizione agli agenti fisici si basa sui principi generali di prevenzione contenuti nel presente decreto.

2. In nessun caso i lavoratori devono essere esposti a valori superiori ai valori limite di esposizione definiti nei Capi II, III, IV e V. Allorché, nonostante i provvedimenti presi dal datore di lavoro in applicazione del presente Capo i valori limite di esposizione risultino superati, il datore di lavoro adotta misure immediate per riportare l'esposizione al di sotto dei valori limite di esposizione, individua le cause del superamento dei valori limite di esposizione e adegua di conseguenza le misure di protezione e prevenzione per evitare un nuovo superamento.

Articolo 183
Lavoratori particolarmente sensibili

1. Il datore di lavoro adatta le misure di cui all’articolo 181 alle esigenze dei lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al rischio, incluse le donne in stato di gravidanza ed i minori.

Articolo 184
Informazione e formazione dei lavoratori

1. Nell'ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37, il datore di lavoro provvede affinché i lavoratori esposti a rischi derivanti da agenti fisici sul luogo di lavoro e i loro rappresentanti vengano informati e formati in relazione al risultato della valutazione dei rischi con particolare riguardo:
a) alle misure adottate in applicazione del presente Titolo;
b) all'entità e al significato dei valori limite di esposizione e dei valori di azione definiti nei Capi II, III, IV e V, nonché ai potenziali rischi associati;
c) ai risultati della valutazione, misurazione o calcolo dei livelli di esposizione ai singoli agenti fisici;
d) alle modalità per individuare e segnalare gli effetti negativi dell'esposizione per la salute;
e) alle circostanze nelle quali i lavoratori hanno diritto a una sorveglianza sanitaria e agli obiettivi della stessa;
f) alle procedure di lavoro sicure per ridurre al minimo i rischi derivanti dall'esposizione;
g) all'uso corretto di adeguati dispositivi di protezione individuale e alle relative indicazioni e controindicazioni sanitarie all’uso.

Articolo 185
Sorveglianza sanitaria

1. La sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti agli agenti fisici viene svolta secondo i principi generali di cui all’articolo 41, ed è effettuata dal medico competente nelle modalità e nei casi previsti ai rispettivi Capi del presente Titolo sulla base dei risultati della valutazione del rischio che gli sono trasmessi dal datore di lavoro per il tramite del servizio di prevenzione e protezione.

2. Nel caso in cui la sorveglianza sanitaria riveli in un lavoratore un’alterazione apprezzabile dello stato di salute correlata ai rischi lavorativi il medico competente ne informa il lavoratore e, nel rispetto del segreto professionale, il datore di lavoro, che provvede a:
a) sottoporre a revisione la valutazione dei rischi;
b) sottoporre a revisione le misure predisposte per eliminare o ridurre i rischi;
c) tenere conto del parere del medico competente nell’attuazione delle misure necessarie per eliminare o ridurre il rischio;

Articolo 186
Cartella sanitaria e di rischio

1. Nella cartella di cui all’articolo 25, comma 1, lettera c), il medico competente riporta i dati della sorveglianza sanitaria, ivi compresi i valori di esposizione individuali, ove previsti negli specifici Capi del presente Titolo, comunicati dal datore di lavoro per il tramite del servizio di prevenzione e protezione.

Capo II

PROTEZIONE DEI LAVORATORI CONTRO I RISCHI DI ESPOSIZIONE AL RUMORE DURANTE IL LAVORO

Articolo 187
Campo di applicazione

1. Il presente Capo determina i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall'esposizione al rumore durante il lavoro e in particolare per l'udito.

Articolo 188
Definizioni

1. Ai fini del presente Capo si intende per:
a) pressione acustica di picco (ppeak): valore massimo della pressione acustica istantanea ponderata in frequenza "C";
b) livello di esposizione giornaliera al rumore (LEX,8h): [dB(A) riferito a 20 µPa]: valore medio, ponderato in funzione del tempo, dei livelli di esposizione al rumore per una giornata lavorativa nominale di otto ore, definito dalla norma internazionale ISO 1999: 1990 punto 3.6. Si riferisce a tutti i rumori sul lavoro, incluso il rumore impulsivo;
c) livello di esposizione settimanale al rumore (LEX,w): valore medio, ponderato in funzione del tempo, dei livelli di esposizione giornaliera al rumore per una settimana nominale di cinque giornate lavorative di otto ore, definito dalla norma internazionale ISO 1999: 1990 punto 3.6, nota 2.

Articolo 189
Valori limite di esposizione e valori di azione

1. I valori limite di esposizione e i valori di azione, in relazione al livello di esposizione giornaliera al rumore e alla pressione acustica di picco, sono fissati a:
a) valori limite di esposizione rispettivamente LEX = 87 dB(A) e ppeak = 200 μPa (140 dB(C) riferito a 20 μPa);
b) valori superiori di azione: rispettivamente LEX = 85 dB(A) e ppeak = 140 Pa (137 dB(C) riferito a 20 μPa);
c) valori inferiori di azione: rispettivamente LEX = 80 dB(A) e ppeak = 112 Pa (135 dB(C) riferito a 20 μPa).

2. Laddove a causa delle caratteristiche intrinseche della attività lavorativa l'esposizione giornaliera al rumore varia significativamente, da una giornata di lavoro all'altra, è possibile sostituire, ai fini dell'applicazione dei valori limite di esposizione e dei valori di azione, il livello di esposizione giornaliera al rumore con il livello di esposizione settimanale a condizione che:
a) il livello di esposizione settimanale al rumore, come dimostrato da un controllo idoneo, non ecceda il valore limite di esposizione di 87 dB(A);
b) siano adottate le adeguate misure per ridurre al minimo i rischi associati a tali attività.

3. Nel caso di variabilità del livello di esposizione settimanale va considerato il livello settimanale massimo ricorrente.

Articolo 190
Valutazione del rischio

1. Nell'ambito di quanto previsto dall’articolo 181, il datore di lavoro valuta l'esposizione dei lavoratori al rumore durante il lavoro prendendo in considerazione in particolare:
a) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione, ivi inclusa ogni esposizione a rumore impulsivo;
b) i valori limite di esposizione e i valori di azione di cui all'articolo 189;
c) tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori particolarmente sensibili al rumore, con particolare riferimento alle donne in gravidanza e i minori;
d) per quanto possibile a livello tecnico, tutti gli effetti sulla salute e sicurezza dei lavoratori derivanti da interazioni fra rumore e sostanze ototossiche connesse con l'attività svolta e fra rumore e vibrazioni;
e) tutti gli effetti indiretti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori risultanti da interazioni fra rumore e segnali di avvertimento o altri suoni che vanno osservati al fine di ridurre il rischio di infortuni;
f) le informazioni sull'emissione di rumore fornite dai costruttori dell'attrezzatura di lavoro in conformità alle vigenti disposizioni in materia;
g) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre l'emissione di rumore;
h) il prolungamento del periodo di esposizione al rumore oltre l'orario di lavoro normale, in locali di cui è responsabile;
i) le informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria, comprese, per quanto possibile, quelle reperibili nella letteratura scientifica;
l) la disponibilità di dispositivi di protezione dell'udito con adeguate caratteristiche di attenuazione.

2. Se, a seguito della valutazione di cui al comma 1, può fondatamente ritenersi che i valori inferiori di azione possono essere superati, il datore di lavoro misura i livelli di rumore cui i lavoratori sono esposti, i cui risultati sono riportati nel documento di valutazione.

3. I metodi e le strumentazioni utilizzati devono essere adeguati alle caratteristiche del rumore da misurare, alla durata dell'esposizione e ai fattori ambientali secondo le indicazioni delle norme tecniche. I metodi utilizzati possono includere la campionatura, purché sia rappresentativa dell'esposizione del lavoratore.

4. Nell'applicare quanto previsto nel presente articolo, il datore di lavoro tiene conto dell’incertezza delle misure determinate secondo la prassi metrologica.

5. La valutazione di cui al comma 1 individua le misure di prevenzione e protezione necessarie ai sensi degli articoli 191, 192, 193, 194 e 195 ed è documentata in conformità all’articolo 28, comma 2.

Articolo 191
Valutazione di attività a livello di esposizione molto variabile

1. Fatto salvo il divieto al superamento dei valori limite di esposizione, per attività che comportano un'elevata fluttuazione dei livelli di esposizione personale dei lavoratori, il datore di lavoro può attribuire a detti lavoratori un'esposizione al rumore al di sopra dei valori superiori di azione, garantendo loro le misure di prevenzione e protezione conseguenti e in particolare:
a) la disponibilità dei dispositivi di protezione individuale dell’udito;
b) l’informazione e la formazione;
b) il controllo sanitario.
In questo caso la misurazione associata alla valutazione si limita a determinare il livello di rumore prodotto dalle attrezzature nei posti operatore ai fini dell’identificazione delle misure di prevenzione e protezione e per formulare il programma delle misure tecniche e organizzative di cui all’articolo 192, comma 2.

2. Sul documento di valutazione di cui all'articolo 28, a fianco dei nominativi dei lavoratori così classificati, va riportato il riferimento al presente articolo.

Articolo 192
Misure di prevenzione e protezione

1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 182, il datore di lavoro elimina i rischi alla fonte o li riduce al minimo mediante le seguenti misure:
a) adozione di altri metodi di lavoro che implicano una minore esposizione al rumore;
b) scelta di attrezzature di lavoro adeguate, tenuto conto del lavoro da svolgere, che emettano il minor rumore possibile, inclusa l'eventualità di rendere disponibili ai lavoratori attrezzature di lavoro conformi ai requisiti di cui al titolo III, il cui obiettivo o effetto è di limitare l'esposizione al rumore;
c) progettazione della struttura dei luoghi e dei posti di lavoro;
d) adeguata informazione e formazione sull'uso corretto delle attrezzature di lavoro in modo da ridurre al minimo la loro esposizione al rumore;
e) adozione di misure tecniche per il contenimento:
1) del rumore trasmesso per via aerea, quali schermature, involucri o rivestimenti realizzati con materiali fonoassorbenti;
2) del rumore strutturale, quali sistemi di smorzamento o di isolamento;
f) opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, del luogo di lavoro e dei sistemi sul posto di lavoro;
g) riduzione del rumore mediante una migliore organizzazione del lavoro attraverso la limitazione della durata e dell'intensità dell'esposizione e l’adozione di orari di lavoro appropriati, con sufficienti periodi di riposo.

2. Se a seguito della valutazione dei rischi di cui all’articolo 190 risulta che i valori inferiori di azione sono superati, il datore di lavoro elabora ed applica un programma di misure tecniche e organizzative volte a ridurre l’esposizione al rumore, considerando in particolare le misure di cui al comma 1.

3. I luoghi di lavoro dove i lavoratori possono essere esposti ad un rumore al di sopra dei valori superiori di azione sono indicati da appositi segnali. Dette aree sono inoltre delimitate e l’accesso alle stesse è limitato, ove ciò sia tecnicamente possibile e giustificato dal rischio di esposizione.

4. Nel caso in cui, data la natura dell'attività, il lavoratore benefici dell'utilizzo di locali di riposo messi a disposizione dal datore di lavoro, il rumore in questi locali è ridotto a un livello compatibile con il loro scopo e le loro condizioni di utilizzo.

Articolo 193
Uso dei dispositivi di protezione individuali

1. In ottemperanza a quanto disposto dall’articolo 18, comma 1, lettera c), il datore di lavoro, nei casi in cui i rischi derivanti dal rumore non possono essere evitati con le misure di prevenzione e protezione di cui all’articolo 192, fornisce i dispositivi di protezione individuali per l’udito conformi alle disposizioni contenute nel Titolo III, Capo II, e alle seguenti condizioni:
a) nel caso in cui l'esposizione al rumore superi i valori inferiori di azione il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori dispositivi di protezione individuale dell'udito;
b) nel caso in cui l'esposizione al rumore sia pari o al di sopra dei valori superiori di azione esige che i lavoratori utilizzino i dispositivi di protezione individuale dell'udito;
c) sceglie dispositivi di protezione individuale dell'udito che consentono di eliminare il rischio per l'udito o di ridurlo al minimo, previa consultazione dei lavoratori o dei loro rappresentanti;
d) verifica l'efficacia dei dispositivi di protezione individuale dell’udito.

2. Il datore di lavoro tiene conto dell'attenuazione prodotta dai dispositivi di protezione individuale dell'udito indossati dal lavoratore solo ai fini di valutare l’efficienza dei DPI uditivi e il rispetto del valore limite di esposizione. I mezzi individuali di protezione dell'udito sono considerati adeguati ai fini delle presenti norme se, correttamente usati, mantengono un livello di rischio uguale od inferiore ai livelli inferiori di azione.

Articolo 194
Misure per la limitazione dell’esposizione

1. Fermo restando l’obbligo del non superamento dei valori limite di esposizione, se, nonostante l’adozione delle misure prese in applicazione del presente Capo, si individuano esposizioni superiori a detti valori, il datore di lavoro:
a) adotta misure immediate per riportare l'esposizione al di sotto dei valori limite di esposizione;
b) individua le cause dell'esposizione eccessiva;
c) modifica le misure di protezione e di prevenzione per evitare che la situazione si ripeta.

Articolo 195
Informazione e formazione dei lavoratori

1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 184 nell’ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37, il datore di lavoro garantisce che i lavoratori esposti a valori uguali o superiori ai valori inferiori di azione vengano informati e formati in relazione ai rischi provenienti dall’esposizione al rumore.

Articolo 196
Sorveglianza sanitaria

1. Il datore di lavoro sottopone a sorveglianza sanitaria i lavoratori la cui esposizione al rumore eccede i valori superiori di azione. La sorveglianza viene effettuata periodicamente, di norma una volta l'anno o con periodicità diversa decisa dal medico competente, con adeguata motivazione riportata nel documento di valutazione dei rischi e resa nota ai rappresentanti per la sicurezza di lavoratori in funzione della valutazione del rischio. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità della sorveglianza diversi rispetto a quelli forniti dal medico competente.

2. La sorveglianza sanitaria di cui al comma 1 è estesa ai lavoratori esposti a livelli superiori ai valori inferiori di azione, su loro richiesta e qualora il medico competente ne confermi l’opportunità.

Articolo 197
Deroghe

1. Il datore di lavoro può richiedere deroghe all’uso dei dispositivi di protezione individuale e al rispetto del valore limite di esposizione, quando, per la natura del lavoro, l’utilizzazione di tali dispositivi potrebbe comportare rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori maggiori rispetto a quanto accadrebbe senza la loro utilizzazione.

2. Le deroghe di cui al comma 1 sono concesse, sentite le parti sociali, per un periodo massimo di quattro anni dall’organo di vigilanza territorialmente competente che provvede anche a darne comunicazione, specificando le ragioni e le circostanze che hanno consentito la concessione delle stesse, al Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Le circostanze che giustificano le deroghe di cui al comma 1 sono riesaminate ogni quattro anni e, in caso di venir meno dei relativi presupposti, riprende immediata applicazione la disciplina regolare.

3. La concessione delle deroghe di cui al comma 2 è condizionata dall'intensificazione della sorveglianza sanitaria e da condizioni che garantiscano, tenuto conto delle particolari circostanze, che i rischi derivanti siano ridotti al minimo. Il datore di lavoro assicura l’intensificazione della sorveglianza sanitaria ed il rispetto delle condizioni indicate nelle deroghe.

4. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale trasmette ogni quattro anni alla Commissione della Unione Europea un prospetto globale e motivato delle deroghe concesse ai sensi del presente articolo.

Articolo 198
Linee Guida per i settori della musica, delle attività ricreative e dei call center

1. Su proposta della Commissione permanente per la prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro di cui all’articolo 6, sentite la parti sociali, entro un anno dall’entrata in vigore del presente Capo, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano definisce le linee guida per l’applicazione del presente Capo nei settori della musica, delle attività ricreative e dei call center.

CAPO III

PROTEZIONE DEI LAVORATORI DAI RISCHI DI ESPOSIZIONE A VIBRAZIONI

Articolo 199
Campo di applicazione

1. Il presente Capo prescrive le misure per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori che sono esposti o possono essere esposti a rischi derivanti da vibrazioni meccaniche. Nei riguardi dei soggetti indicati all’articolo 3, comma 2, del presente decreto legislativo le disposizioni del presente capo sono applicate tenuto conto delle particolari esigenze connesse al servizio espletato, quali individuate dai decreti ivi previsti.

Articolo 200
Definizioni

1. Ai fini del presente Capo, si intende per:
a) vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio: le vibrazioni meccaniche che, se trasmesse al sistema mano-braccio nell'uomo, comportano un rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori, in particolare disturbi vascolari, osteoarticolari, neurologici o muscolari;
b) vibrazioni trasmesse al corpo intero: le vibrazioni meccaniche che, se trasmesse al corpo intero, comportano rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, in particolare lombalgie e traumi del rachide;
c) esposizione giornaliera a vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio A(8): [ms-2]: valore mediato nel tempo, ponderato in frequenza, delle accelerazioni misurate per una giornata lavorativa nominale di otto ore;
d) esposizione giornaliera a vibrazioni trasmesse al corpo intero A(8): [ms-2]: valore mediato nel tempo, ponderato, delle accelerazioni misurate per una giornata lavorativa nominale di otto ore.

Articolo 201
Valori limite di esposizione e valori d’azione

Ai fini del presente Capo, si definiscono i seguenti valori limite di esposizione e valori di azione.
1. Per le vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio:
a) il valore limite di esposizione giornaliero, normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, è fissato a 5 m/s2; mentre su periodi brevi è pari a 20 m/s2;
b) il valore d'azione giornaliero, normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, che fa scattare l'azione, è fissato a 2,5 m/s2.

2. Per le vibrazioni trasmesse al corpo intero:
a) il valore limite di esposizione giornaliero, normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, è fissato a 1,0 m/s2; mentre su periodi brevi è pari a 1,5 m/s2;
b) il valore d'azione giornaliero, normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, è fissato a 0,5 m/s2.

3. Nel caso di variabilità del livello di esposizione giornaliero va considerato il livello giornaliero massimo ricorrente.

Articolo 202
Valutazione dei rischi

1. Nell'ambito di quanto previsto dall’articolo 181, il datore di lavoro valuta e, quando necessario, misura, i livelli di vibrazioni meccaniche cui i lavoratori sono esposti.

2. Il livello di esposizione alle vibrazioni meccaniche può essere valutato mediante l'osservazione delle condizioni di lavoro specifiche e il riferimento ad appropriate informazioni sulla probabile entità delle vibrazioni per le attrezzature o i tipi di attrezzature nelle particolari condizioni di uso reperibili presso banche dati dell'ISPESL o delle regioni o, in loro assenza, dalle informazioni fornite in materia dal costruttore delle attrezzature. Questa operazione va distinta dalla misurazione, che richiede l'impiego di attrezzature specifiche e di una metodologia appropriata e che resta comunque il metodo di riferimento.

3. L'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio è valutata o misurata in base alle disposizioni di cui all'allegato XXXV, parte A.

4. L'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni trasmesse al corpo intero è valutata o misurata in base alle disposizioni di cui all'allegato XXXV, parte B.

5. Ai fini della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro tiene conto, in particolare, dei seguenti elementi:
a) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione, ivi inclusa ogni esposizione a vibrazioni intermittenti o a urti ripetuti;
b) i valori limite di esposizione e i valori d'azione specificati nell'articolo 201;
c) gli eventuali effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori particolarmente sensibili al rischio con particolare riferimento alle donne in gravidanza e ai minori;
d) gli eventuali effetti indiretti sulla sicurezza e salute dei lavoratori risultanti da interazioni tra le vibrazioni meccaniche, il rumore e l'ambiente di lavoro o altre attrezzature;
e) le informazioni fornite dal costruttore dell'attrezzatura di lavoro;
f) l'esistenza di attrezzature alternative progettate per ridurre i livelli di esposizione alle vibrazioni meccaniche;
g) il prolungamento del periodo di esposizione a vibrazioni trasmesse al corpo intero al di là delle ore lavorative, in locali di cui è responsabile;
h) condizioni di lavoro particolari, come le basse temperature, il bagnato, l’elevata umidità o il sovraccarico biomeccanico degli arti superiori e del rachide;
i) informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria, comprese, per quanto possibile, quelle reperibili nella letteratura scientifica.

Articolo 203
Misure di prevenzione e protezione

1. Fermo restando quanto previsto nell’articolo 182, in base alla valutazione dei rischi di cui all'articolo 202, quando sono superati i valori d'azione, il datore di lavoro elabora e applica un programma di misure tecniche o organizzative, volte a ridurre al minimo l'esposizione e i rischi che ne conseguono, considerando in particolare quanto segue:
a) altri metodi di lavoro che richiedono una minore esposizione a vibrazioni meccaniche;
b) la scelta di attrezzature di lavoro adeguate concepite nel rispetto dei principi ergonomici e che producono, tenuto conto del lavoro da svolgere, il minor livello possibile di vibrazioni;
c) la fornitura di attrezzature accessorie per ridurre i rischi di lesioni provocate dalle vibrazioni, quali sedili che attenuano efficacemente le vibrazioni trasmesse al corpo intero e maniglie o guanti che attenuano la vibrazione trasmessa al sistema mano-braccio;
d) adeguati programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, del luogo di lavoro, dei sistemi sul luogo di lavoro e dei DPI;
e) la progettazione e l'organizzazione dei luoghi e dei posti di lavoro;
f) l'adeguata informazione e formazione dei lavoratori sull'uso corretto e sicuro delle attrezzature di lavoro e dei DPI, in modo da ridurre al minimo la loro esposizione a vibrazioni meccaniche;
g) la limitazione della durata e dell'intensità dell'esposizione;
h) l'organizzazione di orari di lavoro appropriati, con adeguati periodi di riposo;
i) la fornitura, ai lavoratori esposti, di indumenti per la protezione dal freddo e dall'umidità.

2. Se, nonostante le misure adottate, il valore limite di esposizione è stato superato, il datore di lavoro prende misure immediate per riportare l’esposizione al di sotto di tale valore, individua le cause del superamento e adatta, di conseguenza, le misure di prevenzione e protezione per evitare un nuovo superamento.

Articolo 204
Sorveglianza sanitaria

1. I lavoratori esposti a livelli di vibrazioni superiori ai valori d'azione sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria. La sorveglianza viene effettuata periodicamente, di norma una volta l'anno o con periodicità diversa decisa dal medico competente con adeguata motivazione riportata nel documento di valutazione dei rischi e resa nota ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori in funzione della valutazione del rischio. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità della sorveglianza diversi rispetto a quelli forniti dal medico competente.

2. I lavoratori esposti a vibrazioni sono altresì sottoposti alla sorveglianza sanitaria quando, secondo il medico competente, si verificano una o più delle seguenti condizioni: l'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni É tale da rendere possibile l'individuazione di un nesso tra l'esposizione in questione e una malattia identificabile o ad effetti nocivi per la salute ed É probabile che la malattia o gli effetti sopraggiungano nelle particolari condizioni di lavoro del lavoratore ed esistono tecniche sperimentate che consentono di individuare la malattia o gli effetti nocivi per la salute.

Articolo 205
Deroghe

1. Nei settori della navigazione marittima e aerea, il datore di lavoro, in circostanze debitamente giustificate, può richiedere la deroga, limitatamente al rispetto dei valori limite di esposizione per il corpo intero qualora, tenuto conto della tecnica e delle caratteristiche specifiche dei luoghi di lavoro, non sia possibile rispettare tale valore limite nonostante le misure tecniche e organizzative messe in atto.

2. Nel caso di attività lavorative in cui l'esposizione di un lavoratore a vibrazioni meccaniche É abitualmente inferiore ai valori di azione, ma può occasionalmente superare il valore limite di esposizione, il datore di lavoro può richiedere la deroga al rispetto dei valori limite a condizione che il valore medio dell'esposizione calcolata su un periodo di 40 ore sia inferiore al valore limite di esposizione e dimostri, con elementi probanti, che i rischi derivanti dal tipo di esposizione cui É sottoposto il lavoratore sono inferiori a quelli derivanti dal livello di esposizione corrispondente al valore limite.

3. Le deroghe di cui ai commi 1 e 2 sono concesse, per un periodo massimo di quattro anni, dall'organo di vigilanza territorialmente competente che provvede anche a darne comunicazione, specificando le ragioni e le circostanze che hanno consentito la concessione delle stesse, al Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Le deroghe sono rinnovabili e possono essere revocate quando vengono meno le circostanze che le hanno giustificate.

4. Si applicano i commi 2, 3 e 4 dell’articolo 197.

5. La concessione delle deroghe di cui ai commi 1 e 2 è condizionata all'intensificazione della sorveglianza sanitaria.

6. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale trasmette ogni quattro anni alla Commissione della Unione europea un prospetto dal quale emergano circostanze e motivi delle deroghe concesse ai sensi del presente articolo.

CAPO IV

PROTEZIONE DEI LAVORATORI DAI RISCHI DI ESPOSIZIONE A CAMPI ELETTROMAGNETICI

Articolo 206
Campo di applicazione

1. Il presente Capo determina i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall'esposizione ai campi elettromagnetici (da 0 Hz a 300 GHz), come definiti dall'articolo 207, durante il lavoro. Le disposizioni riguardano la protezione dai rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori dovuti agli effetti nocivi a breve termine conosciuti nel corpo umano derivanti dalla circolazione di correnti indotte e dall'assorbimento di energia, e da correnti di contatto.
2. Il presente Capo non riguarda la protezione da eventuali effetti a lungo termine e i rischi risultanti dal contatto con i conduttori in tensione.

Articolo 207
Definizioni

1. Agli effetti delle disposizioni del presente Capo si intendono per:
a) campi elettromagnetici: campi magnetici statici e campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici variabili nel tempo di frequenza inferiore o pari a 300 GHz;
b) valori limite di esposizione: limiti all'esposizione a campi elettromagnetici che sono basati direttamente sugli effetti sulla salute accertati e su considerazioni biologiche. Il rispetto di questi limiti garantisce che i lavoratori esposti ai campi elettromagnetici sono protetti contro tutti gli effetti nocivi a breve termine per la salute conosciuti;
c) valori di azione: l'entità' dei parametri direttamente misurabili, espressi in termini di intensità di campo elettrico (E), intensità di campo magnetico (H), induzione magnetica (B) e densità di potenza (S), che determina l'obbligo di adottare una o più delle misure specificate nel presente Capo. Il rispetto di questi valori assicura il rispetto dei pertinenti valori limite di esposizione.

Articolo 208
Valori limite di esposizione e valori d’azione

1. I valori limite di esposizione sono riportati nell'allegato XXXVI, lettera A, tabella 1.

2. I valori di azione sono riportati nell'allegato XXXVI, lettera B, tabella 2.

Articolo 209
Identificazione dell’esposizione e valutazione dei rischi

1. Nell'ambito della valutazione dei rischi di cui all'articolo 181, il datore di lavoro valuta e, quando necessario, misura o calcola i livelli dei campi elettromagnetici ai quali sono esposti i lavoratori. La valutazione, la misurazione e il calcolo devono essere effettuati in conformità alle norme europee standardizzate del Comitato europeo di normalizzazione elettrotecnica (CENELEC). Finché le citate norme non avranno contemplato tutte le pertinenti situazioni per quanto riguarda la valutazione, misurazione e calcolo dell'esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici, il datore di lavoro adotta le specifiche linee guida individuate od emanate dalla Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro, o, in alternativa, quelle del Comitato Elettrotecnico italiano (CEI), tenendo conto, se necessario, dei livelli di emissione indicati dai fabbricanti delle attrezzature.

2. A seguito della valutazione dei livelli dei campi elettromagnetici effettuata in conformità al comma 1, qualora risulti che siano superati i valori di azione di cui all'articolo 208, il datore di lavoro valuta e, quando necessario, calcola se i valori limite di esposizione sono stati superati.

3. La valutazione, la misurazione e il calcolo di cui ai commi 1 e 2 non devono necessariamente essere effettuati in luoghi di lavoro accessibili al pubblico, purché si sia già proceduto ad una valutazione conformemente alle disposizioni relative alla limitazione dell'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz e risultino rispettate per i lavoratori le restrizioni previste dalla raccomandazione 1999/519/CE del Consiglio, del 12 luglio 1999, e siano esclusi rischi relativi alla sicurezza.

4. Nell'ambito della valutazione del rischio di cui all'articolo 181, il datore di lavoro presta particolare attenzione ai seguenti elementi:
a) il livello, lo spettro di frequenza, la durata e il tipo dell'esposizione;
b) i valori limite di esposizione e i valori di azione di cui all'articolo 208;
c) tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori particolarmente sensibili al rischio;
d) qualsiasi effetto indiretto quale:
1) interferenza con attrezzature e dispositivi medici elettronici (compresi stimolatori cardiaci e altri dispositivi impiantati);
2) rischio propulsivo di oggetti ferromagnetici in campi magnetici statici con induzione magnetica superiore a 3 mT;
3) innesco di dispositivi elettro-esplosivi (detonatori);
4) incendi ed esplosioni dovuti all'accensione di materiali infiammabili provocata da scintille prodotte da campi indotti, correnti di contatto o scariche elettriche;
e) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici;
f) la disponibilità di azioni di risanamento volte a minimizzare i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici;
g) per quanto possibile, informazioni adeguate raccolte nel corso della sorveglianza sanitaria, comprese le informazioni reperibili in pubblicazioni scientifiche;
h) sorgenti multiple di esposizione;
i) esposizione simultanea a campi di frequenze diverse.

5. Il datore di lavoro nel documento di valutazione del rischio di cui all'articolo 28 precisa le misure adottate, previste dall’articolo 210.

Articolo 210
Misure di prevenzione e protezione

1. A seguito della valutazione dei rischi, qualora risulti che i valori di azione di cui all'articolo 208 sono superati, il datore di lavoro, a meno che la valutazione effettuata a norma dell'articolo 209, comma 2, dimostri che i valori limite di esposizione non sono superati e che possono essere esclusi rischi relativi alla sicurezza, elabora ed applica un programma d'azione che comprenda misure tecniche e organizzative intese a prevenire esposizioni superiori ai valori limite di esposizione, tenendo conto in particolare:
a) di altri metodi di lavoro che implicano una minore esposizione ai campi elettromagnetici;
b) della scelta di attrezzature che emettano campi elettromagnetici di intensità inferiore, tenuto conto del lavoro da svolgere;
c) delle misure tecniche per ridurre l'emissione dei campi elettromagnetici, incluso se necessario l'uso di dispositivi di sicurezza, schermature o di analoghi meccanismi di protezione della salute;
d) degli appropriati programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
e) della progettazione e della struttura dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
f) della limitazione della durata e dell'intensità dell'esposizione;
g) della disponibilità di adeguati dispositivi di protezione individuale.

2. I luoghi di lavoro dove i lavoratori possono essere esposti a campi elettromagnetici che superano i valori di azione devono essere indicati con un'apposita segnaletica. Tale obbligo non sussiste nel caso che dalla valutazione effettuata a norma dell'articolo 209, comma 2, il datore di lavoro dimostri che i valori limite di esposizione non sono superati e che possono essere esclusi rischi relativi alla sicurezza. Dette aree sono inoltre identificate e l'accesso alle stesse è limitato laddove ciò sia tecnicamente possibile e sussista il rischio di un superamento dei valori limite di esposizione.

3. In nessun caso i lavoratori devono essere esposti a valori superiori ai valori limite di esposizione. Allorché, nonostante i provvedimenti presi dal datore di lavoro in applicazione del presente Capo, i valori limite di esposizione risultino superati, il datore di lavoro adotta misure immediate per riportare l'esposizione al di sotto dei valori limite di esposizione, individua le cause del superamento dei valori limite di esposizione e adegua di conseguenza le misure di protezione e prevenzione per evitare un nuovo superamento.

4. A norma dell'articolo 209, comma 4, lettera c), il datore di lavoro adatta le misure di cui al presente articolo alle esigenze dei lavoratori esposti particolarmente sensibili al rischio.

Articolo 211
Sorveglianza sanitaria

1. La sorveglianza sanitaria viene effettuata periodicamente, di norma una volta l'anno o con periodicità inferiore decisa dal medico competente con particolare riguardo ai lavoratori particolarmente sensibili al rischio di cui all’articolo 183, tenuto conto dei risultati della valutazione dei rischi trasmessi dal datore di lavoro. L’organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità diversi da quelli forniti dal medico competente.

2. Fermo restando il rispetto di quanto stabilito dall'articolo 182, sono tempestivamente sottoposti a controllo medico i lavoratori per i quali è stata rilevata un'esposizione superiore ai valori di azione di cui all'articolo 208, comma 2.

Articolo 212
Linee guida

1. Il Ministero della Salute, avvalendosi degli organi tecnico-scientifici del Servizio Sanitario Nazionale, sentita la Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, entro due anni dall'entrata in vigore del presente decreto, elabora le linee guida per l'applicazione del presente Capo nello specifico settore dell'utilizzo in ambito sanitario delle attrezzature di Risonanza Magnetica.

CAPO V

PROTEZIONE DEI LAVORATORI DAI RISCHI DI ESPOSIZIONE A RADIAZIONI OTTICHE

Articolo 213
Campo di applicazione

1. Il presente Capo stabilisce prescrizioni minime di protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che possono derivare, dall'esposizione alle radiazioni ottiche artificiali durante il lavoro con particolare riguardo ai rischi dovuti agli effetti nocivi sugli occhi e sulla cute.

Articolo 214
Definizioni

Agli effetti delle disposizioni del presente Capo si intendono per:
a) radiazioni ottiche: tutte le radiazioni elettromagnetiche nella gamma di lunghezza d'onda compresa tra 100 nm e 1 mm. Lo spettro delle radiazioni ottiche si suddivide in radiazioni ultraviolette, radiazioni visibili e radiazioni infrarosse:
i) radiazioni ultraviolette: radiazioni ottiche a lunghezza d'onda compresa tra 100 e 400 nm. La banda degli ultravioletti è suddivisa in UVA (315-400 nm), UVB (280-315 nm) e UVC (100-280 nm);
ii) radiazioni visibili: radiazioni ottiche a lunghezza d'onda compresa tra 380 e 780 nm;
iii) radiazioni infrarosse: radiazioni ottiche a lunghezza d'onda compresa tra 780 nm e 1 mm. La regione degli infrarossi è suddivisa in IRA (780-1400 nm), IRB (1400-3000 nm) e IRC (3000 nm-1 mm);

b) laser (amplificazione di luce mediante emissione stimolata di radiazione): qualsiasi dispositivo al quale si possa far produrre o amplificare le radiazioni elettromagnetiche nella gamma di lunghezze d'onda delle radiazioni ottiche, soprattutto mediante il processo di emissione stimolata controllata;

c) radiazione laser: radiazione ottica prodotta da un laser;

d) radiazione non coerente: qualsiasi radiazione ottica diversa dalla radiazione laser;

e) valori limite di esposizione: limiti di esposizione alle radiazioni ottiche che sono basati direttamente sugli effetti sulla salute accertati e su considerazioni biologiche. Il rispetto di questi limiti garantisce che i lavoratori esposti a sorgenti artificiali di radiazioni ottiche siano protetti contro tutti gli effetti nocivi sulla salute conosciuti;

f) irradianza (E) o densità di potenza: la potenza radiante incidente per unità di area su una superficie espressa in watt su metro quadrato (W m-2);

g) esposizione radiante (H): integrale nel tempo dell'irradianza espresso in joule su metro quadrato (J m-2);

h) radianza (L): il flusso radiante o la potenza per unità d'angolo solido per unità di superficie, espressa in watt su metro quadrato su steradiante (W m-2 sr-1);

i) livello: la combinazione di irradianza, esposizione radiante e radianza alle quali è esposto un lavoratore.

Articolo 215
Valori limite di esposizione

1. I valori limite di esposizione per le radiazioni incoerenti sono riportati nell'allegato XXXVII, Parte I.

2. I valori limite di esposizione per le radiazioni laser sono riportati nell'allegato XXXVII, Parte II.

Articolo 216
Identificazione dell’esposizione e valutazione dei rischi

1. Nell'ambito della valutazione dei rischi di cui all'articolo 181, il datore di lavoro valuta e, quando necessario, misura e/o calcola i livelli delle radiazioni ottiche a cui possono essere esposti i lavoratori. La metodologia seguita nella valutazione, nella misurazione e/o nel calcolo rispetta le norme della Commissione elettrotecnica internazionale (IEC), per quanto riguarda le radiazioni laser, e le raccomandazioni della Commissione internazionale per l'illuminazione (CIE) e del Comitato europeo di normazione (CEN) per quanto riguarda le radiazioni incoerenti. Nelle situazioni di esposizione che esulano dalle suddette norme e raccomandazioni, e fino a quando non saranno disponibili norme e raccomandazioni adeguate dell'Unione europea, il datore di lavoro adotta le specifiche linee guida individuate od emanate dalla Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro. In tutti i casi di esposizione, la valutazione tiene conto dei dati indicati dai fabbricanti delle attrezzature, se contemplate da pertinenti direttive comunitarie di prodotto.

2. Il datore di lavoro, in occasione della valutazione dei rischi, presta particolare attenzione ai seguenti elementi:
a) il livello, la gamma di lunghezze d'onda e la durata dell'esposizione a sorgenti artificiali di radiazioni ottiche;
b) i valori limite di esposizione di cui all'articolo 215;
c) qualsiasi effetto sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al rischio;
d) qualsiasi eventuale effetto sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori risultante dalle interazioni sul posto di lavoro tra le radiazioni ottiche e le sostanze chimiche foto-sensibilizzanti;
e) qualsiasi effetto indiretto come l'accecamento temporaneo, le esplosioni o il fuoco;
f) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre i livelli di esposizione alle radiazioni ottiche artificiali;
g) la disponibilità di azioni di risanamento volte a minimizzare i livelli di esposizione alle radiazioni ottiche;
h) per quanto possibile, informazioni adeguate raccolte nel corso della sorveglianza sanitaria, comprese le informazioni pubblicate;
i) sorgenti multiple di esposizione alle radiazioni ottiche artificiali;
l) una classificazione dei laser stabilita conformemente alla pertinente norma IEC e, in relazione a tutte le sorgenti artificiali che possono arrecare danni simili a quelli di un laser della classe 3B o 4, tutte le classificazioni analoghe;
m) le informazioni fornite dai fabbricanti delle sorgenti di radiazioni ottiche e delle relative attrezzature di lavoro in conformità delle pertinenti direttive comunitarie.

Articolo 217
Disposizioni miranti ad eliminare o a ridurre i rischi

1. Se la valutazione dei rischi 17, comma 1, lettera a), mette in evidenza che i valori limite d'esposizione possono essere superati, il datore di lavoro definisce e attua un programma d'azione che comprende misure tecniche e/o organizzative destinate ad evitare che l'esposizione superi i valori limite, tenendo conto in particolare:
a) di altri metodi di lavoro che comportano una minore esposizione alle radiazioni ottiche;
b) della scelta di attrezzature che emettano meno radiazioni ottiche, tenuto conto del lavoro da svolgere;
c) delle misure tecniche per ridurre l'emissione delle radiazioni ottiche, incluso, quando necessario, l'uso di dispositivi di sicurezza, schermatura o analoghi meccanismi di protezione della salute;
d) degli opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
e) della progettazione e della struttura dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
f) della limitazione della durata e del livello dell'esposizione;
g) della disponibilità di adeguati dispositivi di protezione individuale;
h) delle istruzioni del fabbricante delle attrezzature.

2. In base alla valutazione dei rischi di cui all'articolo 216, i luoghi di lavoro in cui i lavoratori potrebbero essere esposti a livelli di radiazioni ottiche che superino i valori di azione devono essere indicati con un'apposita segnaletica. Dette aree sono inoltre identificate e l'accesso alle stesse è limitato, laddove ciò sia tecnicamente possibile.

3. Il datore di lavoro adatta le misure di cui al presente articolo alle esigenze dei lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al rischio.

Articolo 218
Sorveglianza sanitaria

1. La sorveglianza sanitaria viene effettuata periodicamente, di norma una volta l'anno o con periodicità inferiore decisa dal medico competente con particolare riguardo ai lavoratori particolarmente sensibili al rischio, tenuto conto dei risultati della valutazione dei rischi trasmessi dal datore di lavoro. La sorveglianza sanitaria è effettuata con l’obiettivo di prevenire e scoprire tempestivamente effetti negativi per la salute, nonché prevenire effetti a lungo termine negativi per la salute e rischi di malattie croniche derivanti dall’esposizione a radiazioni ottiche.

2. Fermo restando il rispetto di quanto stabilito dall'articolo 182 e di quanto previsto al comma 1, sono tempestivamente sottoposti a controllo medico i lavoratori per i quali è stata rilevata un'esposizione superiore ai valori limite di cui all'articolo 215.

3. Laddove i valori limite sono superati, oppure sono identificati effetti nocivi sulla salute:
a) il medico o altra persona debitamente qualificata comunica al lavoratore i risultati che lo riguardano. Il lavoratore riceve in particolare le informazioni e i pareri relativi al controllo sanitario cui dovrebbe sottoporsi dopo la fine dell'esposizione;
b) il datore di lavoro è informato di tutti i dati significativi emersi dalla sorveglianza sanitaria tenendo conto del segreto professionale.

Capo VI
Sanzioni


Articolo 219
Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente

1. Il datore di lavoro è punito con l’arresto da quattro a otto mesi o con l’ammenda da 4.000 a 12.000 euro per la violazione dagli articoli 181, comma 2, 190, commi 1 e 5, 209, commi 1 e 5, 216, comma 1.

2. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con arresto da quattro a otto mesi o con l’ammenda da 2.000 a 4.000 euro per la violazione degli articoli 182, comma 2, 184, 185, 190, commi 2 e 3, 192, comma 2, 193, comma 1, 195, 196, 202, 209, comma 2, 210, comma 1, e 217, comma 1;
b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 1.000 a euro 4.500 per la violazione degli articoli 210, commi 2 e 3, e 217, commi 2 e 3.

Articolo 220
Sanzioni a carico del medico competente

1. Il medico competente è punito con l’arresto fino tre mesi o con l’ammenda da euro 1.000 a euro 4.000 per la violazione degli articoli 185 e 186.

TITOLO IX
SOSTANZE PERICOLOSE


CAPO I
PROTEZIONE DA AGENTI CHIMICI

Articolo 221
Campo di applicazione

1. Il presente decreto determina i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che derivano, o possono derivare, dagli effetti di agenti chimici presenti sul luogo di lavoro o come risultato di ogni attività lavorativa che comporti la presenza di agenti chimici.

2. I requisiti individuati dal presente titolo si applicano a tutti gli agenti chimici pericolosi che sono presenti sul luogo di lavoro, fatte salve le disposizioni relative agli agenti chimici per i quali valgono provvedimenti di protezione radiologica regolamentati dal decreto legislativo del 17 marzo 1995, n. 230, e successive modifiche.

3. Le disposizioni del presente decreto si applicano altresì al trasporto di agenti chimici pericolosi, fatte salve le disposizioni specifiche contenute nei decreti ministeriali 4 settembre 1996, 15 maggio 1997, 28 settembre 1999 e decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 41, emanato in attuazione della direttiva 94/55/CE, nelle disposizioni del codice IMDG del codice IBC e nel codice IGC, quali definite dall’articolo 2 della direttiva 93/75/CEE, nelle disposizioni dell’accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci pericolose per vie navigabili interne (ADN) e del regolamento per il trasporto delle sostanze pericolose sul Reno (ADNR), quali incorporate nella normativa comunitaria e nelle istruzioni tecniche per il trasporto sicuro di merci pericolose emanate alla data del 25 maggio 1998.

4. Le disposizioni del presente titolo non si applicano alle attività comportanti esposizione ad amianto che restano disciplinate dalle norme contenute al Capo III del presente Titolo.

Articolo 222
Definizioni

1. Ai fini del presente titolo si intende per:
a) agenti chimici: tutti gli elementi o composti chimici, sia da soli sia nei loro miscugli, allo stato naturale o ottenuti, utilizzati o smaltiti, compreso lo smaltimento come rifiuti, mediante qualsiasi attività lavorativa, siano essi prodotti intenzionalmente o no e siano immessi o no sul mercato;
b) agenti chimici pericolosi:
1) agenti chimici classificati come sostanze pericolose ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modifiche, nonchè gli agenti che corrispondono ai criteri di classificazione come sostanze pericolose di cui al predetto decreto. Sono escluse le sostanze pericolose solo per l’ambiente;
2) agenti chimici classificati come preparati pericolosi ai sensi del decreto legislativo 16 luglio 1998, n. 285, e successive modifiche, nonchè gli agenti che rispondono ai criteri di classificazione come preparati pericolosi di cui al predetto decreto. Sono esclusi i preparati pericolosi solo per l’ambiente;
3) agenti chimici che, pur non essendo classificabili come pericolosi, in base ai punti 1) e 2), possono comportare un rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori a causa di loro proprietà chimicofisiche chimiche o tossicologiche e del modo in cui sono utilizzati o presenti sul luogo di lavoro, compresi gli agenti chimici cui è stato assegnato un valore limite di esposizione professionale;
c) attività che comporta la presenza di agenti chimici: ogni attività lavorativa in cui sono utilizzati agenti chimici, o se ne prevede l’utilizzo, in ogni tipo di procedimento, compresi la produzione, la manipolazione, l’immagazzinamento, il trasporto o l’eliminazione e il trattamento dei rifiuti, o che risultino da tale attività lavorativa;
d) valore limite di esposizione professionale: se non diversamente specificato, il limite della concentrazione media ponderata nel tempo di un agente chimico nell’aria all’interno della zona di respirazione di un lavoratore in relazione ad un determinato periodo di riferimento; un primo elenco di tali valori è riportato nell’allegato XXXVIII;
e) valore limite biologico: il limite della concentrazione del relativo agente, di un suo metabolita, o di un indicatore di effetto, nell’appropriato mezzo biologico; un primo elenco di tali valori è riportato nell’allegato XXXIX;
f) sorveglianza sanitaria: la valutazione dello stato di salute del singolo lavoratore in funzione dell’esposizione ad agenti chimici sul luogo di lavoro;
g) pericolo: la proprietà intrinseca di un agente chimico di poter produrre effetti nocivi;
h) rischio: la probabilità che si raggiunga il potenziale nocivo nelle condizioni di utilizzazione o esposizione.

Articolo 223
Valutazione dei rischi

1. Nella valutazione di cui all’articolo 28, il datore di lavoro determina, preliminarmente l’eventuale presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro e valuta anche i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori derivanti dalla presenza di tali agenti, prendendo in considerazione in particolare:
a) le loro proprietà pericolose;
b) le informazioni sulla salute e sicurezza comunicate dal produttore o dal fornitore tramite la relativa scheda di sicurezza predisposta ai sensi dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52 e 16 luglio 1998, n. 285 e successive modifiche;
c) il livello, il tipo e la durata dell’esposizione;
d) le circostanze in cui viene svolto il lavoro in presenza di tali agenti, compresa la quantità degli stessi;
e) i valori limite di esposizione professionale o i valori limite biologici; di cui un primo elenco è riportato negli allegati XXXVIII e XXXIX;
f) gli effetti delle misure preventive e protettive adottate o da adottare;
g) se disponibili, le conclusioni tratte da eventuali azioni di sorveglianza sanitaria già intraprese.

2. Nella valutazione dei rischi il datore di lavoro indica quali misure sono state adottate ai sensi dell’articolo 224 e, ove applicabile, dell’articolo 225. Nella valutazione medesima devono essere incluse le attività, ivi compresa la manutenzione, per le quali è prevedibile la possibilità di notevole esposizione o che, per altri motivi, possono provocare effetti nocivi per la salute e la sicurezza, anche dopo l’adozione di tutte le misure tecniche.

3. Nel caso di attività lavorative che comportano l’esposizione a più agenti chimici pericolosi, i rischi sono valutati in base al rischio che comporta la combinazione di tutti i suddetti agenti chimici.

4. Fermo restando quanto previsto dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285, e successive modifiche, il fornitore o il produttore di agenti chimici pericolosi è tenuto a fornire al datore di lavoro acquirente tutte le ulteriori informazioni necessarie per la completa valutazione del rischio.

5. La valutazione del rischio può includere la giustificazione che la natura e l’entità dei rischi connessi con gli agenti chimici pericolosi rendono non necessaria un’ulteriore valutazione maggiormente dettagliata dei rischi.

6. Nel caso di un’attività nuova che comporti la presenza di agenti chimici pericolosi, la valutazione dei rischi che essa presenta e l’attuazione delle misure di prevenzione sono predisposte preventivamente. Tale attività comincia solo dopo che si sia proceduto alla valutazione dei rischi che essa presenta e all’attuazione delle misure di prevenzione.

7. Il datore di lavoro aggiorna periodicamente la valutazione e, comunque, in occasione di notevoli mutamenti che potrebbero averla resa superata ovvero quando i risultati della sorveglianza medica ne mostrino la necessità.

Articolo 224
Misure e principi generali per la prevenzione dei rischi

1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 15, devono essere eliminati i rischi derivanti da agenti chimici pericolosi devono essere eliminati o ridotti al minimo mediante le seguenti misure:
a) progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di lavoro;
b) fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e relative procedure di manutenzione adeguate;
c) riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o potrebbero essere esposti;
d) riduzione al minimo della durata e dell’intensità dell’esposizione;
e) misure igieniche adeguate;
f) riduzione al minimo della quantità di agenti presenti sul luogo di lavoro in funzione delle necessità della lavorazione;
g) metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che garantiscono la sicurezza nella manipolazione, nell’immagazzinamento e nel trasporto sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonchè dei rifiuti che contengono detti agenti chimici.

2. Se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano che, in relazione al tipo e alle quantità di un agente chimico pericoloso e alle modalità e frequenza di esposizione a tale agente presente sul luogo di lavoro, vi è solo un rischio moderato per la sicurezza e la salute dei lavoratori e che le misure di cui al comma 1 sono sufficienti a ridurre il rischio, non si applicano le disposizioni degli articoli 225, 226, 229, 230.

Articolo 225
Misure specifiche di protezione e di prevenzione

1. Il datore di lavoro, sulla base dell’attività e della valutazione dei rischi di cui all’articolo 223, provvede affinché il rischio sia eliminato o ridotto mediante la sostituzione, qualora la natura dell’attività lo consenta, con altri agenti o processi che, nelle condizioni di uso, non sono o sono meno pericolosi per la salute dei lavoratori. Quando la natura dell’attività non consente di eliminare il rischio attraverso la sostituzione il datore di lavoro garantisce che il rischio sia ridotto mediante l’applicazione delle seguenti misure da adottarsi nel seguente ordine di priorità:
a) progettazione di appropriati processi lavorativi e controlli tecnici, nonché uso di attrezzature e materiali adeguati;
b) appropriate misure organizzative e di protezione collettive alla fonte del rischio;
c) misure di protezione individuali, compresi i dispositivi di protezione individuali, qualora non si riesca a prevenire con altri mezzi l’esposizione;
d) sorveglianza sanitaria dei lavoratori a norma degli articoli 229 e 230.

2. Salvo che non possa dimostrare con altri mezzi il conseguimento di un adeguato livello di prevenzione e di protezione, il datore di lavoro, periodicamente ed ogni qualvolta sono modificate le condizioni che possono influire sull’esposizione, provvede ad effettuare la misurazione degli agenti che possono presentare un rischio per la salute, con metodiche standardizzate di cui è riportato un elenco meramente indicativo nell’allegato XLI o in loro assenza, con metodiche appropriate e con particolare riferimento ai valori limite di esposizione professionale e per periodi rappresentativi dell’esposizione in termini spazio temporali.

3. Quando sia stato superato un valore limite di esposizione professionale stabilito dalla normativa vigente il datore di lavoro identifica e rimuove le cause che hanno cagionato tale superamento dell’evento, adottando immediatamente le misure appropriate di prevenzione e protezione.

4. I risultati delle misurazioni di cui al comma 2 sono allegati ai documenti di valutazione dei rischi e resi noti ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori. Il datore di lavoro tiene conto delle misurazioni effettuate ai sensi del comma 2 per l’adempimento degli obblighi conseguenti alla valutazione dei rischi di cui all’articolo 223. Sulla base della valutazione dei rischi e dei principi generali di prevenzione e protezione, il datore di lavoro adotta le misure tecniche e organizzative adeguate alla natura delle operazioni, compresi l’immagazzinamento, la manipolazione e l’isolamento di agenti chimici incompatibili fra di loro; in particolare, il datore di lavoro previene sul luogo di lavoro la presenza di concentrazioni pericolose di sostanze infiammabili o quantità pericolose di sostanze chimicamente instabili.

5. Laddove la natura dell’attività lavorativa non consenta di prevenire sul luogo di lavoro la presenza di concentrazioni pericolose di sostanze infiammabili o quantità pericolose di sostanze chimicamente instabili, il datore di lavoro deve in particolare:
a) evitare la presenza di fonti di accensione che potrebbero dar luogo a incendi ed esplosioni, o l’esistenza di condizioni avverse che potrebbero provocare effetti fisici dannosi ad opera di sostanze o miscele di sostanze chimicamente instabili;
b) limitare, anche attraverso misure procedurali ed organizzative previste dalla normativa vigente, gli effetti pregiudizievoli sulla salute e la sicurezza dei lavoratori in caso di incendio o di esplosione dovuti all’accensione di sostanze infiammabili, o gli effetti dannosi derivanti da sostanze o miscele di sostanze chimicamente instabili;

6. Il datore di lavoro mette a disposizione attrezzature di lavoro ed adotta sistemi di protezione collettiva ed individuale conformi alle disposizioni legislative e regolamentari pertinenti, in particolare per quanto riguarda l’uso dei suddetti mezzi in atmosfere potenzialmente esplosive.

7. Il datore di lavoro adotta misure per assicurare un sufficiente controllo degli impianti, apparecchi e macchinari, anche mettendo a disposizione sistemi e dispositivi finalizzati alla limitazione del rischio di esplosione o dispositivi per limitare la pressione delle esplosioni.

8. Il datore di lavoro informa i lavoratori del superamento dei valori limite di esposizione professionale, delle cause dell’evento e delle misure di prevenzione e protezione adottate e ne dà comunicazione, senza indugio,all’organo di vigilanza.

Articolo 226
Disposizioni in caso di incidenti o di emergenze

1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 43 e 44, nonché quelle previste dal decreto ministeriale 10 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 81 del 7 aprile 1998, il datore di lavoro, al fine di proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori dalle conseguenze di incidenti o di emergenze derivanti dalla presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro, predispone procedure di intervento adeguate da attuarsi al verificarsi di tali eventi. Tale misure comprendono esercitazioni di sicurezza da effettuarsi a intervalli connessi alla tipologia di lavorazione e la messa a disposizione di appropriati mezzi di pronto soccorso.

2. Nel caso di incidenti o di emergenza, il datore di lavoro adotta immediate misure dirette ad attenuarne gli effetti ed in particolare, di assistenza, di evacuazione e di soccorso e ne informa i lavoratori. Il datore di lavoro adotta inoltre misure adeguate per porre rimedio alla situazione quanto prima.

3. Ai lavoratori cui è consentito operare nell’area colpita o ai lavoratori indispensabili all’effettuazione delle riparazioni e delle attività necessarie, sono forniti indumenti protettivi, dispositivi di protezione individuale ed idonee attrezzature di intervento che devono essere utilizzate sino a quando persiste la situazione anomala.

4. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per approntare sistemi d’allarme e altri sistemi di comunicazione necessari per segnalare tempestivamente l’incidente o l’emergenza.

5. Le misure di emergenza devono essere contenute nel piano previsto dal decreto di cui al comma 1. In particolare nel piano vanno inserite:
a) informazioni preliminari sulle attività pericolose, sugli agenti chimici pericolosi, sulle misure per l’identificazione dei rischi, sulle precauzioni e sulle procedure, in modo tale che servizi competenti per le situazioni di emergenza possano mettere a punto le proprie procedure e misure precauzionali;
b) qualunque altra informazione disponibile sui rischi specifici derivanti o che possano derivare dal verificarsi di incidenti o situazioni di emergenza, comprese le informazioni sulle procedure elaborate in base al presente articolo.

6. Nel caso di incidenti o di emergenza i soggetti non protetti devono immediatamente abbandonare la zona interessata.

Articolo 227
Informazione e formazione per i lavoratori

1. Fermo restando quanto previsto agli articoli 36 e 37, il datore di lavoro garantisce che i lavoratori o i loro rappresentanti dispongano di:
a) dati ottenuti attraverso la valutazione del rischio e ulteriori informazioni ogni qualvolta modifiche importanti sul luogo di lavoro determinino un cambiamento di tali dati;
b) informazioni sugli agenti chimici pericolosi presenti sul luogo di lavoro, quali l’identità degli agenti, i rischi per la sicurezza e la salute, i relativi valori limite di esposizione professionale e altre disposizioni normative relative agli agenti;
c) formazione ed informazioni su precauzioni ed azioni adeguate da intraprendere per proteggere loro stessi ed altri lavoratori sul luogo di lavoro;
d) accesso ad ogni scheda dei dati di sicurezza messa a disposizione dal fornitore ai sensi dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52 e 16 luglio 1998, n. 285, e successive modifiche.

2. Il datore di lavoro assicura che le informazioni siano:
a) fornite in modo adeguato al risultato della valutazione del rischio di cui all’articolo 223. Tali informazioni possono essere costituite da comunicazioni orali o dalla formazione e dall’addestramento individuali con il supporto di informazioni scritte, a seconda della natura e del grado di rischio rivelato dalla valutazione del rischio;
b) aggiornate per tener conto del cambiamento delle circostanze.

3. Laddove i contenitori e le condutture per gli agenti chimici pericolosi utilizzati durante il lavoro non siano contrassegnati da segnali di sicurezza in base a quanto disposto dal titolo V, il datore di lavoro provvede affinchè la natura del contenuto dei contenitori e delle condutture e gli eventuali rischi connessi siano chiaramente identificabili.

4. Il produttore e il fornitore devono trasmettere ai datori di lavoro tutte le informazioni concernenti gli agenti chimici pericolosi prodotti o forniti secondo quanto stabilito dai decreti legislativi 3 febbraio 1997 n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285, e successive modifiche.

Articolo 228
Divieti

1. Sono vietate la produzione, la lavorazione e l’impiego degli agenti chimici sul lavoro e le attività indicate all’allegato XL

2. Il divieto non si applica se un agente è presente in un preparato, o quale componente di rifiuti, purché la concentrazione individuale sia inferiore al limite indicato nell’allegato stesso.

3. In deroga al divieto di cui al comma 1, possono essere effettuate, previa autorizzazione da rilasciarsi ai sensi del comma 5, le seguenti attività:
a) attività a fini esclusivi di ricerca e sperimentazione scientifica, ivi comprese le analisi;
b) attività volte ad eliminare gli agenti chimici che sono presenti sotto forma di sottoprodotto o di
rifiuti;
c) produzione degli agenti chimici destinati ad essere usati come intermedi.

4. Ferme restando le disposizioni di cui al presente Capo, nei casi di cui al comma 3, lettera c), il datore di lavoro evita l’esposizione dei lavoratori, stabilendo che la produzione e l’uso più rapido possibile degli agenti come prodotti intermedi avvenga in un sistema chiuso dal quale gli stessi possono essere rimossi soltanto nella misura necessaria per il controllo del processo o per la manutenzione del sistema.

5. Il datore di lavoro che intende effettuare le attività di cui al comma 3 deve inviare una richiesta di autorizzazione al Ministero del lavoro e della previdenza sociale che la rilascia sentito il Ministero della salute e la regione interessata. La richiesta di autorizzazione è corredata dalle seguenti informazioni:
a) i motivi della richiesta di deroga;
b) i quantitativi dell’agente da utilizzare annualmente;
c) il numero dei lavoratori addetti;
d) descrizione delle attività e delle reazioni o processi;
e) misure previste per la tutela della salute e sicurezza e per prevenire l’esposizione dei lavoratori.

Articolo 229
Sorveglianza sanitaria

1. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 224, comma 2, sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41 i lavoratori esposti agli agenti chimici pericolosi per la salute che rispondono ai criteri per la classificazione come molto tossici, tossici, nocivi, sensibilizzanti, irritanti, tossici per il ciclo riproduttivo.

2. La sorveglianza sanitaria viene effettuata:
a) prima di adibire il lavoratore alla mansione che comporta l’esposizione;
b) periodicamente, di norma una volta l’anno o con periodicità diversa decisa dal medico competente con adeguata motivazione riportata nel documento di valutazione dei rischi e resa nota ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori, in funzione della valutazione del rischio e dei risultati della sorveglianza sanitaria;
c) all’atto della cessazione del rapporto di lavoro. In tale occasione il medico competente deve fornire al lavoratore le eventuali indicazioni relative alle prescrizioni mediche da osservare.

3. Il monitoraggio biologico è obbligatorio per i lavoratori esposti agli agenti per i quali è stato fissato un valore limite biologico. Dei risultati di tale monitoraggio viene informato il lavoratore interessato. I risultati di tale monitoraggio, in forma anonima, vengono allegati al documento di valutazione dei rischi e comunicati ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori.

4. Gli accertamenti sanitari devono essere a basso rischio per il lavoratore.

5. Il datore di lavoro, su parere conforme del medico competente, adotta misure preventive e protettive particolari per i singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati. Le misure possono comprendere l’allontanamento del lavoratore secondo le procedure dell’articolo 42.

6. Nel caso in cui all’atto della sorveglianza sanitaria si evidenzi, in un lavoratore o in un gruppo di lavoratori esposti in maniera analoga ad uno stesso agente, l’esistenza di effetti pregiudizievoli per la salute imputabili a tale esposizione o il superamento di un valore limite biologico, il medico competente informa individualmente i lavoratori interessati ed il datore di lavoro.

7. Nei casi di cui al comma 6, il datore di lavoro deve:
a) sottoporre a revisione la valutazione dei rischi effettuata a norma dell’articolo 223;
b) sottoporre a revisione le misure predisposte per eliminare o ridurre i rischi;
c) tenere conto del parere del medico competente nell’attuazione delle misure necessarie per eliminare o ridurre il rischio;
d) prendere le misure affinché sia effettuata una visita medica straordinaria per tutti gli altri lavoratori che hanno subito un’esposizione simile.

8. L’organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità della sorveglianza sanitaria diversi rispetto a quelli definiti dal medico competente.

Articolo 230
Cartelle sanitarie e di rischio

1. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all’articolo 229 istituisce ed aggiorna la cartella sanitaria secondo quanto previsto dall’articolo 25, comma 1, lettera c), e fornisce al lavoratore interessato tutte le informazioni previste dalle lettere g) ed h) del medesimo articolo. Nella cartella di rischio sono, tra l’altro, indicati i livelli di esposizione professionale individuali forniti dal Servizio di prevenzione e protezione.

2. Su richiesta, è fornita agli organi di vigilanza copia dei documenti di cui al comma 1.

Articolo 231
Consultazione e partecipazione dei lavorato
ri

1. La consultazione e partecipazione dei lavoratori o dei loro rappresentanti sono attuate ai sensi delle disposizioni di cui all’articolo 50.

Articolo 232
Adeguamenti normativi

1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, è istituito senza oneri per lo Stato, un comitato consultivo per la determinazione e l’aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici. Il Comitato è composto da nove membri esperti nazionali di chiara fama in materia tossicologica e sanitaria di cui tre in rappresentanza del Ministero della salute su proposta dell’Istituto superiore di sanità, dell’ISPESL e della Commissione tossicologica nazionale, tre in rappresentanza della Conferenza dei Presidenti delle regioni e tre in rappresentanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Il Comitato si avvale del supporto organizzativo e logistico della direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

2. Con uno o più decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentiti il Ministro per le attività produttive, il Comitato di cui al comma 1 e le parti sociali, sono recepiti i valori di esposizione professionale e biologici obbligatori predisposti dalla Commissione europea, sono altresì stabiliti i valori limite nazionali anche tenuto conto dei valori limite indicativi predisposti dalla Commissione medesima e sono aggiornati gli allegati XXXVIII, XXXIX, XL e XLI in funzione del progresso tecnico, dell’evoluzione di normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti chimici pericolosi.

3. Con i decreti di cui al comma 2 è inoltre determinato il rischio moderato di cui all’articolo 224, comma 2, in relazione al tipo, alle quantità ed alla esposizione di agenti chimici, anche tenuto conto dei valori limite indicativi fissati dalla Unione europea e dei parametri di sicurezza.

4. Nelle more dell’emanazione dei decreti di cui al comma 2, con uno o più decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, possono essere stabiliti, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i parametri per l’individuazione del rischio moderato di cui all’articolo 224, comma 2, sulla base di proposte delle associazioni di categoria dei datori di lavoro interessate comparativamente rappresentative, sentite le associazioni dei prestatori di lavoro interessate comparativamente rappresentative. Scaduto inutilmente il termine di cui al precedente periodo, la valutazione del rischio moderato è comunque effettuata dal datore di lavoro.

CAPO II
PROTEZIONE DA AGENTI CANCEROGENI E MUTAGENI


SEZIONE I
DISPOSIZIONI GENERALI

Articolo 233
Campo di applicazione

1. Fatto salvo quanto previsto per le attività disciplinate dal Capo III e per i lavoratori esposti esclusivamente alle radiazioni previste dal trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività nelle quali i lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni a causa della loro attività lavorativa.

Articolo 234
Definizioni

1. Agli effetti del presente decreto si intende per:
a) agente cancerogeno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;
2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle categorie cancerogene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285;
3) una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato XLII, nonchè una sostanza od un preparato emessi durante un processo previsto dall'allegato XLII;
b) agente mutageno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione nelle categorie mutagene 1 o 2, stabiliti dal decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;
2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle categorie mutagene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285;
c) valore limite: se non altrimenti specificato, il limite della concentrazione media, ponderata in funzione del tempo, di un agente cancerogeno o mutageno nell'aria, rilevabile entro la zona di respirazione di un lavoratore, in relazione ad un periodo di riferimento determinato stabilito nell'allegato XLIII.

SEZIONE II
OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO

Articolo 235
Sostituzione e riduzione

1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, se tecnicamente possibile, con una sostanza o un preparato o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non risulta nocivo o risulta meno nocivo per la salute e la sicurezza dei lavoratori.

2. Se non è tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno o mutageno il datore di lavoro provvede affinché la produzione o l'utilizzazione dell'agente cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema chiuso purché tecnicamente possibile.

3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente possibile il datore di lavoro provvede affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile.
L’esposizione non deve comunque superare il valore limite dell’agente stabilito nell’allegato XLIII.

Articolo 236
Valutazione del rischio

1. Fatto salvo quanto previsto all'articolo 235, il datore di lavoro effettua una valutazione dell'esposizione a agenti cancerogeni o mutageni, i risultati della quale sono riportati nel documento di cui all'articolo 17.

2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della capacità degli stessi di penetrare nell'organismo per le diverse vie di assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie o in forma polverulenta e se o meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o ne impedisce la fuoriuscita. La valutazione deve tener conto di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi è assorbimento cutaneo.

3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma 1, adotta le misure preventive e protettive del presente Capo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.

4. Il documento di cui all'articolo 28, comma 2, è integrato con i seguenti dati:
a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati cancerogeni o mutageni o di processi industriali di cui all’allegato XLII, con l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni;
b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti;
c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni o mutageni;
d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa;
e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezione individuale utilizzati;
f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come sostituti.

5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.

6. Il rappresentante per la sicurezza può richiedere i dati di cui al comma 4, fermo restando l'obbligo di cui all'articolo 50, comma 6.

Articolo 237
Misure tecniche, organizzative, procedurali

1. Il datore di lavoro:
a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni non superiori alle necessità delle lavorazioni e che gli agenti cancerogeni o mutageni in attesa di impiego, in forma fisica tale da causare rischio di introduzione, non sono accumulati sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessità predette;
b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni, anche isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali "vietato fumare", ed accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o con la loro funzione. In dette aree è fatto divieto di fumare;
c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi è emissione di agenti cancerogeni o mutageni nell'aria. Se ciò non è tecnicamente possibile, l'eliminazione degli agenti cancerogeni o mutageni deve avvenire il più vicino possibile al punto di emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell'articolo 18, comma 1, lettera q). L'ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato sistema di ventilazione generale;
d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni o mutageni per verificare l'efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da un incidente, con metodi di campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato XLI del presente decreto legislativo;
e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature e degli impianti;
f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono comportare esposizioni elevate;
g) assicura che gli agenti cancerogeni o mutageni sono conservati, manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza;
h) assicura che la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini dello smaltimento degli scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti agenti cancerogeni, avvengano in condizioni di sicurezza, in particolare utilizzando contenitori ermetici etichettati in modo chiaro, netto, visibile;
i) dispone, su conforme parere del medico competente, misure protettive particolari con quelle categorie di lavoratori per i quali l'esposizione a taluni agenti cancerogeni o mutageni presenta rischi particolarmente elevati.

Articolo 238
Misure tecniche

1. Il datore di lavoro:
a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici appropriati ed adeguati;
b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti protettivi da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) provvede affinché i dispositivi di protezione individuale siano custoditi in luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi o deteriorati, prima di ogni nuova utilizzazione.

2. Nelle zone di lavoro di cui all'articolo 237, comma 1, lettera b), è vietato assumere cibi e bevande, fumare, conservare cibi destinati al consumo umano, usare pipette a bocca e applicare cosmetici.

Articolo 239
Informazione e formazione

1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:
a) gli agenti cancerogeni o mutageni presenti nei cicli lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per la salute connessi al loro impiego, ivi compresi i rischi supplementari dovuti al fumare;
b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la necessità di indossare e impiegare indumenti di lavoro e protettivi e dispositivi individuali di
protezione ed il loro corretto impiego;
e) il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure da adottare per ridurre al minimo le conseguenze.

2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.

3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione e vengono ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.

4. Il datore di lavoro provvede inoltre affinché gli impianti, i contenitori, gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni o mutageni siano etichettati in maniera chiaramente leggibile e comprensibile. I contrassegni utilizzati e le altre indicazioni devono essere conformi al disposto della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modifiche ed integrazioni.

Articolo 240
Esposizione non prevedibile

1. Qualora si verifichino eventi non prevedibili o incidenti che possono comportare un'esposizione anomala dei lavoratori ad agenti cancerogeno o mutageni, il datore di lavoro adotta quanto prima misure appropriate per identificare e rimuovere la causa dell'evento e ne informa i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza.

2. I lavoratori devono abbandonare immediatamente l'area interessata, cui possono accedere soltanto gli addetti agli interventi di riparazione ed ad altre operazioni necessarie, indossando idonei indumenti protettivi e dispositivi di protezione delle vie respiratorie, messi a loro disposizione dal datore di lavoro. In ogni caso l'uso dei dispositivi di protezione non può essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, è limitata al tempo strettamente necessario.

3. Il datore di lavoro comunica senza indugio all'organo di vigilanza il verificarsi egli eventi di cui al comma 1 indicando analiticamente le misure adottate per ridurre al minimo le conseguenze dannose o pericolose.

Articolo 241
Operazioni lavorative particolari

1. Per le operazioni lavorative, quale quella di manutenzione, per le quali è prevedibile, nonostante l'adozione di tutte le misure di prevenzione tecnicamente applicabili, un'esposizione rilevante dei lavoratori addetti ad agenti cancerogeno o mutageni, il datore di lavoro previa consultazione del rappresentante per la sicurezza:
a) dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle suddette aree anche provvedendo, ove tecnicamente possibile, all'isolamento delle stesse ed alla loro identificazione mediante appositi contrassegni;
b) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi di protezione individuale che devono essere indossati dai lavoratori adibiti alle suddette operazioni.

2. La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori addetti è in ogni caso ridotta al tempo strettamente necessario con riferimento alle lavorazioni da espletare..

SEZIONE III
SORVEGLIANZA SANITARIA

Articolo 242
Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche

1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all'articolo 236 ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria.

2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure preventive e protettive per i singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati.

3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l'allontanamento del lavoratore secondo le procedure dell'articolo 42.

4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di una anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.

5. A seguito dell'informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro effettua:
a) una nuova valutazione del rischio in conformità all'articolo 236;
b) ove sia tecnicamente possibile, una misurazione della concentrazione dell'agente in aria per verificare l'efficacia delle misure adottate.

6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo all'opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività lavorativa.

Articolo 243
Registro di esposizione e cartelle sanitarie

1. I lavoratori di cui all'articolo 242 sono iscritti in un registro nel quale è riportata, per ciascuno di essi, l'attività svolta, l'agente cancerogeno o mutageno utilizzato e, ove noto, il valore dell'esposizione a tale agente. Detto registro è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione ed i rappresentanti per la sicurezza hanno accesso a detto registro.

2. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all'articolo 242, provvede ad istituire e aggiornare una cartella sanitaria e di rischio secondo quanto previsto dall’articolo 25, comma 1, lettera c).

3. Il datore di lavoro comunica ai lavoratori interessati, su richiesta, le relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e, tramite il medico competente, i dati della cartella sanitaria e di rischio.

4. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro invia all'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro - ISPESL la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro e ne consegna copia al lavoratore stesso.

5. In caso di cessazione di attività dell'azienda, il datore di lavoro consegna il registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio all'ISPESL.

6. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro almeno fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a quarant'anni dalla cessazione di ogni attività che espone ad agenti cancerogeni o mutageni.

7. I registri di esposizione, le annotazioni individuali e le cartelle sanitarie e di rischio sono custoditi e trasmessi con salvaguardia del segreto professionale e del trattamento dei dati personali e nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e successive modifiche ed integrazioni.

8. Il datore di lavoro, in caso di esposizione del lavoratore ad agenti cancerogeni, oltre a quanto previsto ai commi da 1 a 7:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL ed all'organo di vigilanza competente per territorio, e comunica loro ogni tre anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le variazioni intervenute;
b) consegna, a richiesta, all'Istituto superiore di sanità copia del registro di cui al comma 1;
c) in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegna copia del registro di cui al comma 1 all'organo di vigilanza competente per territorio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato attività con esposizione ad agenti cancerogeni, il datore di lavoro chiede all'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1, nonché copia della cartella sanitaria e di rischio, qualora il lavoratore non ne sia in possesso ai sensi del comma 4.

9. I modelli e le modalità di tenuta del registro e delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati dal decreto del Ministro della salute 12 luglio 2007, n. 155, ed aggiornati con decreto dello stesso Ministro, emanato di concerto con il Ministro del Lavoro e della previdenza sociale e con il Ministro per le riforme e l’innovazione nella pubblica amministrazione, sentita la commissione consultiva permanente.

10. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della sanità dati di sintesi relativi al contenuto dei
registri di cui al comma 1 ed a richiesta li rende disponibili alle regioni.

Art. 244
Registrazione dei tumori

1. É istituito presso l’ISPESL il registro nazionale dei casi di neoplasia di sospetta origine professionale.

2. I medici, le strutture sanitarie pubbliche e private, nonché gli istituti previdenziali e assicurativi pubblici o privati, che identificano casi di neoplasie da loro ritenute attribuibili ad esposizioni lavorative ad agenti cancerogeni, trasmettono all'ISPESL, tramite i Centri Operativi Regionali (COR) di cui al decreto del Presidente del consiglio dei Ministri 10 dicembre 2002, n. 308, le informazioni di cui all’allegato tecnico.

3. Nei casi accertati di mesotelioma è costituito presso l’ISPESL un apposito registro nazionale. Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 dicembre 2002, n. 308 regola le modalità di tenuta del registro, di raccolta e trasmissione delle informazioni.

4. L’ISPESL realizza, nei limiti delle ordinarie risorse di bilancio, sistemi di monitoraggio dei rischi cancerogeni di sospetta origine professionale utilizzando i flussi informativi di cui al comma 1, le informazioni raccolte dai sistemi di registrazione delle patologie attivi sul territorio regionale, nonché i dati di carattere occupazionale, anche a livello nominativo, rilevati, nell’ambito delle rispettive attività istituzionali, dall’Istituto nazionale della previdenza sociale, dall’Istituto nazionale di statistica, dall’Istituto nazionale contro gli infortuni sul lavoro e da altre amministrazioni pubbliche. L’ISPESL rende disponibile al Ministero della salute, al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, all’INAIL ed alle regioni i risultati del monitoraggio con periodicità annuale.

5. I registri di cui ai comma 1, 3, 4 e i sistemi di monitoraggio di cui al comma 5 integrano e si avvalgono dei flussi informativi previsti dall’articolo 8.

6. Il Ministero della salute fornisce, su richiesta, alla Commissione CE, informazioni sulle utilizzazioni dei dati del registro di cui al comma 1.

Articolo 245
Adeguamenti normativi

1. La Commissione consultiva tossicologica nazionale individua periodicamente le sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione che, pur non essendo classificate ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, rispondono ai criteri di classificazione ivi stabiliti e fornisce consulenza ai ministeri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, su richiesta, in tema di classificazione di agenti chimici pericolosi.

2. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, sentita la commissione consultiva permanente e la Commissione consultiva tossicologica nazionale:
a) sono aggiornati gli allegati XLII e XLIII in funzione del progresso tecnico, dell’ evoluzione di normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti cancerogeni o mutageni;
b) è pubblicato l’elenco delle sostanze in funzione dell’individuazione effettuata ai sensi del comma  1.

CAPO III
PROTEZIONE DAI RISCHI CONNESSI ALL’ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO


SEZIONE I
DISPOSIZIONI GENERALI

Articolo 246
Campo di applicazione

1. Fermo restando quanto previsto dalla legge 27 marzo 1992, n. 257, le norme del presente decreto si applicano alle ulteriori attività lavorative che possono comportare, per i lavoratori, il rischio di esposizione ad amianto, quali manutenzione, rimozione dell'amianto o dei materiali contenenti amianto, smaltimento e trattamento dei relativi rifiuti, nonché bonifica delle aree interessate.

Articolo 247
Definizioni

l. Ai fini del presente titolo il termine amianto designa i seguenti silicati fibrosi:
a) l'actinolite d'amianto, n. CAS 77536-66-4;
b) la grunerite d'amianto (amosite), n. CAS 12172-73-5;
c) l'antofillite d'amianto, n. CAS 77536-67-5;
d) il crisotilo, n. CAS 12001-29-5;
e) la crocidolite, n. CAS 12001-28-4;
f) la tremolite d'amianto, n. CAS 77536-68-6.

SEZIONE II
OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO

Articolo 248
Individuazione della presenza di amianto

1. Prima di intraprendere lavori di demolizione o di manutenzione, il datore di lavoro adotta, anche chiedendo informazioni ai proprietari dei locali, ogni misura necessaria volta ad individuare la presenza di materiali a potenziale contenuto d'amianto.

2. Se vi è il minimo dubbio sulla presenza di amianto in un materiale o in una costruzione, applica le disposizioni previste dal presente titolo.

Articolo 249
Valutazione del rischio

l. Nella valutazione di cui all'articolo 28, il datore di lavoro valuta i rischi dovuti alla polvere proveniente dall'amianto e dai materiali contenenti amianto, al fine di stabilire la natura e il grado dell’esposizione e le misure preventive e protettive da attuare.

2. Nei casi di esposizioni sporadiche e di debole intensità e a condizione che risulti chiaramente dalla valutazione dei rischi di cui al comma 1 che il valore limite di esposizione all’amianto non è superato nell'aria dell'ambiente di lavoro, non si applicano gli articoli 250, 259 e 260, comma 2, nelle seguenti attività:
a) brevi attività non continuative di manutenzione durante le quali il lavoro viene effettuato solo su materiali non friabili;
b) rimozione senza deterioramento di materiali non degradati in cui le fibre di amianto sono fermamente legate ad una matrice;
c) incapsulamento e confinamento di materiali contenenti amianto che si trovano in buono stato;
d) sorveglianza e controllo dell’aria e prelievo dei campioni ai fini dell'individuazione della presenza di amianto in un determinato materiale.

3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione ogni qualvolta si verifichino modifiche che possono comportare un mutamento significativo dell'esposizione dei lavoratori alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto.

4. La Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6 provvede a definire orientamenti pratici per la determinazione delle esposizioni sporadiche e di debole intensità, di cui al comma 2.

Articolo 250
Notifica

1. Prima dell'inizio dei lavori di cui all'articolo 246, il datore di lavoro presenta una notifica all'organo di vigilanza competente per territorio.

2. La notifica di cui al comma l comprende almeno una descrizione sintetica dei seguenti elementi:
a) ubicazione del cantiere;
b) tipi e quantitativi di amianto manipolati;
c) attività e procedimenti applicati;
d) numero di lavoratori interessati;
e) data di inizio dei lavori e relativa durata;
f) misure adottate per limitare l'esposizione dei lavoratori all'amianto.

3. Il datore di lavoro provvede affinché i lavoratori o i loro rappresentanti abbiano accesso, a richiesta, alla documentazione oggetto della notifica di cui ai commi l e 2.

4. Il datore di lavoro, ogni qualvolta una modifica delle condizioni di lavoro possa comportare un aumento significativo dell'esposizione alla polvere proveniente dall'amianto o da materiali contenenti amianto, effettua una nuova notifica.

Articolo 251
Misure di prevenzione e protezione

1. In tutte le attività di cui all’articolo 246, l'esposizione dei lavoratori alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto nel luogo di lavoro deve essere ridotta al minimo e, in ogni caso, al di sotto del valore limite fissato nell'articolo 254, in particolare mediante le seguenti misure:
a) il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti alla polvere proveniente dall'amianto o da materiali contenenti amianto deve essere limitato al numero più basso possibile;
b) i processi lavorativi devono essere concepiti in modo tale da evitare di produrre polvere di amianto o, se ciò non è possibile, da evitare emissione di polvere di amianto nell'aria;
c) tutti i locali e le attrezzature per il trattamento dell'amianto devono poter essere sottoposti a regolare pulizia e manutenzione;
d) l'amianto o i materiali che rilasciano polvere di amianto o che contengono amianto devono essere stoccati e trasportati in appositi imballaggi chiusi;
e) i rifiuti devono essere raccolti e rimossi dal luogo di lavoro il più presto possibile in appropriati imballaggi chiusi su cui sarà apposta un'etichettatura indicante che contengono amianto. Detti rifiuti devono essere successivamente trattati in conformità alla vigente normativa in materia di rifiuti pericolosi.

Articolo 252
Misure igieniche

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 249, comma 2, per tutte le attività di cui all’articolo 246, il datore di lavoro adotta le misure appropriate affinché:
a) i luoghi in cui si svolgono tali attività siano:
1) chiaramente delimitati e contrassegnati da appositi cartelli;
2) accessibili esclusivamente ai lavoratori che vi debbano accedere a motivo del loro lavoro o della loro funzione;
3) oggetto del divieto di fumare;
b) siano predisposte aree speciali che consentano ai lavoratori di mangiare e bere senza rischio di contaminazione da polvere di amianto;
c) siano messi a disposizione dei lavoratori adeguati indumenti di lavoro o adeguati dispositivi di protezione individuale;
d) detti indumenti di lavoro o protettivi restino all'interno dell'impresa. Essi possono essere trasportati all'esterno solo per il lavaggio in lavanderie attrezzate per questo tipo di operazioni, in contenitori chiusi, qualora l'impresa stessa non vi provveda o in caso di utilizzazione di indumenti monouso per lo smaltimento secondo le vigenti disposizioni;
e) gli indumenti di lavoro o protettivi siano riposti in un luogo separato da quello destinato agli abiti civili;
f) i lavoratori possano disporre di impianti sanitari adeguati, provvisti di docce, in caso di operazioni in ambienti polverosi;
g) l'equipaggiamento protettivo sia custodito in locali a tale scopo destinati e controllato e pulito dopo ogni utilizzazione: siano prese misure per riparare o sostituire l'equipaggiamento difettoso o deteriorato prima di ogni utilizzazione;

Articolo 253
Controllo dell’esposizione

1. Al fine di garantire il rispetto del valore limite fissato all'articolo 254 e in funzione dei risultati della valutazione iniziale dei rischi, il datore di lavoro effettua periodicamente la misurazione della concentrazione di fibre di amianto nell’aria del luogo di lavoro. I risultati delle misure sono riportati nel documento di valutazione dei rischi.

2. Il campionamento deve essere rappresentativo dell’esposizione personale del lavoratore alla polvere proveniente dall’amianto o dai materiali contenenti amianto.

3. I campionamenti sono effettuati previa consultazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti.

4. Il prelievo dei campioni deve essere effettuato da personale in possesso di idonee qualifiche nell'ambito del servizio di cui all'articolo 31. I campioni prelevati sono successivamente analizzati ai sensi del decreto del Ministro della sanità in data 14 maggio 1996, pubblicato nel supplemento ordinario n. 178 alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 251 del 25 ottobre 1996.

5. La durata dei campionamenti deve essere tale da consentire di stabilire un'esposizione rappresentativa, per un periodo di riferimento di 8 ore tramite misurazioni o calcoli ponderati nel tempo.

6. Il conteggio delle fibre di amianto è effettuato di preferenza tramite microscopia a contrasto di fase, applicando il metodo raccomandato dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) nel 1997 o qualsiasi altro metodo che offra risultati equivalenti.

7. Ai fini della misurazione dell’amianto nell'aria, di cui al comma l, si prendono in considerazione unicamente le fibre che abbiano una lunghezza superiore a cinque micrometri e una larghezza inferiore a tre micrometri e il cui rapporto lunghezza/larghezza sia superiore a 3:1.

Articolo 254
Valore limite

1. Il valore limite di esposizione per l'amianto è fissato a 0,l fibre per centimetro cubo di aria, misurato come media ponderata nel tempo di riferimento di otto ore. I datori di lavoro provvedono affinché nessun lavoratore sia esposto a una concentrazione di amianto nell’aria superiore al valore limite.

2. Quando il valore limite fissato al comma l viene superato, il datore di lavoro individua le cause del superamento e adotta il più presto possibile le misure appropriate per ovviare alla situazione. Il lavoro può proseguire nella zona interessata solo se vengono prese misure adeguate per la protezione dei lavoratori interessati.

3. Per verificare l'efficacia delle misure di cui al comma 2, il datore di lavoro procede immediatamente ad una nuova determinazione della concentrazione di fibre di amianto nell'aria.

4. In ogni caso, se l'esposizione non può essere ridotta con altri mezzi e per rispettare il valore limite è necessario l'uso di un dispositivo di protezione individuale delle vie respiratorie; tale uso non può essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, deve essere limitata al tempo minimo strettamente necessario.

5. Nell'ipotesi di cui al comma 4, il datore di lavoro, previa consultazione con i lavoratori o i loro rappresentanti, assicura i periodi di riposo necessari, in funzione dell'impegno fisico e delle condizioni climatiche.

Articolo 255
Operazioni lavorative particolari

1. Nel caso di determinate operazioni lavorative in cui, nonostante l’adozione di misure tecniche preventive per limitare la concentrazione di amianto nell'aria, è prevedibile che l'esposizione dei lavoratori superi il valore limite di cui all'articolo 254, il datore di lavoro adotta adeguate misure per la protezione dei lavoratori addetti, ed in particolare:
a) fornisce ai lavoratori un adeguato dispositivo di protezione delle vie respiratorie e altri dispositivi
di protezione individuali e ne esige l'uso durante tali lavori;
b) provvede all’affissione di cartelli per segnalare che si prevede il superamento del valore limite di esposizione;
c) adotta le misure necessarie per impedire la dispersione della polvere al di fuori dei locali o luoghi di lavoro;
d) consulta i lavoratori o i loro rappresentanti di cui all’articolo 46 sulle misure da adottare prima di procedere a tali attività.

Articolo 256
Lavori di demolizione o rimozione dell’amianto

1. I lavori di demolizione o di rimozione dell'amianto possono essere effettuati solo da imprese rispondenti ai requisiti di cui all'articolo 30, comma 4, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.

2. Il datore di lavoro, prima dell'inizio di lavori di demolizione o di rimozione dell’amianto o di materiali contenenti amianto da edifici, strutture, apparecchi e impianti, nonché dai mezzi di trasporto, predispone un piano di lavoro.

3. Il piano di cui al comma 2 prevede le misure necessarie per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro e la protezione dell'ambiente esterno.

4. Il piano, in particolare, prevede e contiene informazioni sui seguenti punti:
a) rimozione dell’amianto o dei materiali contenenti amianto prima dell’applicazione delle tecniche di demolizione, a meno che tale rimozione non possa costituire per i lavoratori un rischio maggiore di quello rappresentato dal fatto che l’amianto o i materiali contenenti amianto vengano lasciati sul posto;
b) fornitura ai lavoratori dei dispositivi di protezione individuale;
c) verifica dell’assenza di rischi dovuti all’esposizione all’amianto sul luogo di lavoro, al termine dei lavori di demolizione o di rimozione dell’amianto;
d) adeguate misure per la protezione e la decontaminazione del personale incaricato dei lavori;
e) adeguate misure per la protezione dei terzi e per la raccolta e lo smaltimento dei materiali;
f) adozione, nel caso in cui sia previsto il superamento dei valori limite di cui all’articolo 254, delle misure di cui all’articolo 255, adattandole alle particolari esigenze del lavoro specifico;
g) natura dei lavori e loro durata presumibile;
h) luogo ove i lavori verranno effettuati;
i) tecniche lavorative adottate per la rimozione dell’amianto;
l) caratteristiche delle attrezzature o dispositivi che si intendono utilizzare per attuare quanto previsto dalla lettera d) ed e).

5. Copia del piano di lavoro è inviata all'organo di vigilanza, almeno 30 giorni prima dell'inizio dei lavori.

6. L'invio della documentazione di cui al comma 5 sostituisce gli adempimenti di cui all’articolo 50.

7. Il datore di lavoro provvede affinché i lavoratori o i loro rappresentanti abbiano accesso alla documentazione di cui al comma 4.

Articolo 257
Informazione dei lavoratori

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 36, il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, prima che essi siano adibiti ad attività comportanti esposizione ad amianto, nonché ai loro rappresentanti, informazioni su:
a) i rischi per la salute dovuti all’esposizione alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto;
b) le specifiche norme igieniche da osservare, ivi compresa la necessità di non fumare;
c) le modalità di pulitura e di uso degli indumenti protettivi e dei dispositivi di protezione individuale;
d) le misure di precauzione particolari da prendere nel ridurre al minimo l'esposizione;
e) l'esistenza del valore limite di cui all’articolo 254 e la necessità del monitoraggio ambientale.

2. Oltre a quanto previsto al comma l, qualora dai risultati delle misurazioni della concentrazione di amianto nell'aria emergano valori superiori al valore limite fissato dall'articolo 254, il datore di lavoro informa il più presto possibile i lavoratori interessati e i loro rappresentanti del superamento e delle cause dello stesso e li consulta sulle misure da adottare o, nel caso in cui ragioni di urgenza non rendano possibile la consultazione preventiva, il datore di lavoro informa tempestivamente i lavoratori interessati e i loro rappresentanti delle misure adottate.

Articolo 258
Formazione dei lavoratori

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 37, il datore di lavoro assicura che tutti i lavoratori esposti o potenzialmente esposti a polveri contenenti amianto ricevano una formazione sufficiente ed adeguata, ad intervalli regolari.

2. Il contenuto della formazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le conoscenze e le competenze necessarie in materia di prevenzione e di sicurezza, in particolare per quanto riguarda:
a) le proprietà dell’amianto e i suoi effetti sulla salute, incluso l'effetto sinergico del tabagismo;
b) i tipi di prodotti o materiali che possono contenere amianto;
c) le operazioni che possono comportare un’esposizione all’amianto e l'importanza dei controlli preventivi per ridurre al minimo tale esposizione;
d) le procedure di lavoro sicure, i controlli e le attrezzature di protezione;
e) la funzione, la scelta, la selezione, i limiti e la corretta utilizzazione dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie;
f) le procedure di emergenza;
g) le procedure di decontaminazione;
h) l’eliminazione dei rifiuti;
i) la necessità della sorveglianza medica.

3. Possono essere addetti alla rimozione e , smaltimento dell’amianto e alla bonifica delle aree interessate i lavoratori che abbiano frequentato i corsi di formazione professionale di cui all'articolo 10, comma 2, lettera h), della legge 27 marzo 1992, n. 257.

Articolo 259
Sorveglianza sanitaria

1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 249, comma 2, i lavoratori esposti ad amianto sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41.

2. La sorveglianza sanitaria viene effettuata:
a) prima di adibire il lavoratore alla mansione che comporta esposizione;
b) periodicamente, almeno una volta ogni tre anni o con periodicità fissata dal medico competente con adeguata motivazione riportata nella cartella sanitaria, in funzione della valutazione del rischio e dei risultati della sorveglianza medica;
c) all’atto della cessazione dell'attività comportante esposizione, per tutto il tempo ritenuto opportuno dal medico competente;
d) all’atto della cessazione del rapporto di lavoro ove coincidente con la cessazione dell’esposizione all’amianto. In tale occasione il medico competente deve fornire al lavoratore le eventuali indicazioni relative alle prescrizioni mediche da osservare ed all’opportunità di sottoporsi a successivi accertamenti.

3. Gli accertamenti sanitari devono comprendere almeno l'anamnesi individuale, l’esame clinico generale ed in particolare del torace, nonché esami della funzione respiratoria.

4. Il medico competente, sulla base dell’evoluzione delle conoscenze scientifiche e dello stato di salute del lavoratore, valuta l’opportunità di effettuare altri esami quali la citologia dell’espettorato, l'esame radiografico del torace o la tomodensitometria.

Articolo 260
Registro di esposizione e cartelle sanitarie e di rischio

1. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all’articolo 259, provvede ad istituire e aggiornare una cartella sanitaria e di rischio, secondo quanto previsto dall’articolo 25, comma 1, lettera c). Il datore di lavoro, per il tramite del servizio di prevenzione e protezione, comunica al medico competente i valori di esposizione individuali, al fine del loro inserimento nella cartella sanitaria e di rischio.

2. Oltre a quanto previsto al comma 1, il datore di lavoro, iscrive i lavoratori esposti nel registro di cui all’articolo 243, comma 1.

3. Il datore di lavoro, su richiesta, fornisce agli organi di vigilanza e all’ISPESL copia dei documenti di cui ai commi l e 2.

4. Il datore di lavoro, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, trasmette all’ISPESL la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato, unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 2.

5. L' ISPESL provvede a conservare i documenti di cui al comma 4 per un periodo di quaranta anni dalla cessazione dell’esposizione.

Articolo 261
Mesoteliomi

1. Nei casi accertati di mesotelioma asbesto-correlati, trovano applicazione le disposizioni contenute nell'articolo 244, comma 3.

Capo IV
Sanzioni


Articolo 262
Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente

1. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:

1. con quattro a otto mesi o con l’ammenda da 4.000 a 12.000 euro per la violazione degli articoli 223, commi da 1 a 3, 225, 226, 228, commi 1, 3, 4 e 5, 229, comma 7, 235, 236, comma 3, 237, 238, comma 1, 239, comma 2, 240, commi 1 e 2, 241, 242, commi 1, 2 e 5, lett. b), 250, commi 1, 2 e 4, 251, 253, comma 1, 254, 255, 256, commi da 1 a 4, 257, 258, 259, commi 1, 2 e 3, 260, commi 1, secondo periodo e 2;
2. con l’arresto da quattro a otto mesi o con l’ammenda da 2.000 a 4.000 euro per la violazione degli articoli 223, comma1, 227, commi 1, 2 e 3, 229, commi 1, 2, 3 e 5, 239, commi 1 e 4, 240, comma 3, 248, comma 1, 252;
3. con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da 1.000 a 3.000 euro per la violazione degli articoli 250, comma 3, 256, commi 5 e 7;
4. con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 3.000 euro per la violazione degli articoli 243, commi 3, 4, 5, 6 e 8, 253, comma 3, 260, commi 3 e 4.

Articolo 263
Sanzioni per il preposto

1. Il preposto è punito nei limiti dell’attività alla quale è tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all’articolo 19:
1. con l’arresto sino a due mesi o con l’ammenda da 400 a 1.200 euro per la violazione degli articoli 225, 226, 228, commi 1, 3, 4 e 5, 235, 236, comma 3, 237, 238, comma 1, 240, commi 1 e 2, 241, 242, commi 1 e 2;
2. con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da 200 a 800 euro per la violazione degli articoli 229, commi 1, 2, 3 e 5, 239, commi 1 e 4.

Articolo 264
Sanzioni per il medico competente

1. Il medico competente è punito:

1. con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da 1.000 a 4.500 euro per la violazione degli articoli 229, comma 3, primo periodo, e comma 6, 230, 242, comma 4;
2. con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da 200 a 800 euro per la violazione dell’articolo 243, comma 2.

Articolo 265
Sanzioni per i lavoratori

1. I lavoratori sono puniti con l’arresto fino a quindici giorni o con l’ammenda da 100 a 400 euro per la violazione dell’articolo 240, comma 2.

TITOLO X
ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI

CAPO I

Articolo 266
Campo di applicazione

1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici.

1. Restano ferme le disposizioni particolari di recepimento delle norme comunitarie sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati e sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati.

Articolo 267
Definizioni

1. Ai sensi del presente titolo s’ intende per:
a) agente biologico: qualsiasi microrganismo anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni;
b) microrganismo: qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico; 
c) coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro di cellule derivate da organismi pluricellulari.

Articolo 268
Classificazione degli agenti biologici

1. Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppi a seconda del rischio di infezione:
a) agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità di causare malattie in soggetti umani;
b) agente biologico del gruppo 2: un agente che può causare malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco probabile che si propaga nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
c) agente biologico del gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l'agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
d) agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che può provocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori e può presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità; non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche.

2. Nel caso in cui l'agente biologico oggetto di classificazione non può essere attribuito in modo inequivocabile ad uno fra i due gruppi sopraindicati, esso va classificato nel gruppo di rischio più elevato tra le due possibilità.

3. L'allegato XLVI riporta l'elenco degli agenti biologici classificati nei gruppi 2, 3 e 4.

Articolo 269
Comunicazione

1. Il datore di lavoro che intende esercitare attività che comportano uso di agenti biologici dei gruppi 2 o 3, comunica all'organo di vigilanza territorialmente competente le seguenti informazioni, almeno 30 giorni prima dell'inizio dei lavori:
a) il nome e l'indirizzo dell'azienda e il suo titolare; 
b) il documento di cui all' articolo 271, comma 5.

2. Il datore di lavoro che è stato autorizzato all'esercizio di attività che comporta l'utilizzazione di un agente biologico del gruppo 4 è tenuto alla comunicazione di cui al comma 1.

3. Il datore di lavoro invia una nuova comunicazione ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni mutamenti che comportano una variazione significativa del rischio per la salute sul posto di lavoro, o, comunque, ogni qualvolta si intende utilizzare un nuovo agente classificato dal datore di lavoro in via provvisoria.

4. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso alle informazioni di cui al comma 1.

5. Ove le attività di cui al comma 1 comportano la presenza di microrganismi geneticamente modificati appartenenti al gruppo II, come definito all'articolo 4 del decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91, il documento di cui al comma 1, lettera b), è sostituito da copia della documentazione prevista per i singoli casi di specie dal predetto decreto.

6. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono tenuti alla comunicazione di cui al comma 1 anche per quanto riguarda gli agenti biologici del gruppo 4.

Articolo 270
Autorizzazione

1. Il datore di lavoro che intende utilizzare, nell'esercizio della propria attività, un agente biologico del gruppo 4 deve munirsi di autorizzazione del Ministero della sanità.

2. La richiesta di autorizzazione è corredata da:
a) le informazioni di cui all’articolo 269, comma 1; 
b) l'elenco degli agenti che si intende utilizzare.

3. L'autorizzazione è rilasciata dai competenti uffici del Ministero della salute sentito il parere dell'Istituto superiore di sanità. Essa ha la durata di 5 anni ed è rinnovabile. L'accertamento del venir meno di una delle condizioni previste per l'autorizzazione ne comporta la revoca.

4. Il datore di lavoro in possesso dell'autorizzazione di cui al comma 1 informa il Ministero della salute di ogni nuovo agente biologico del gruppo 4 utilizzato, nonché di ogni avvenuta cessazione di impiego di un agente biologico del gruppo 4.

5. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono esentati dagli adempimenti di cui al comma 4.

6. Il Ministero della salute comunica all'organo di vigilanza competente per territorio le autorizzazioni concesse e le variazioni sopravvenute nell'utilizzazione di agenti biologici del gruppo 4. Il Ministero della salute istituisce ed aggiorna un elenco di tutti gli agenti biologici del gruppo 4 dei quali è stata comunicata l'utilizzazione sulla base delle previsioni di cui ai commi 1 e 4.

CAPO II
OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO

Articolo 271
Valutazione del rischio

1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui all'articolo 17, comma 1, tiene conto di tutte le informazioni disponibili relative alle caratteristiche dell'agente biologico e delle modalità lavorative, ed in particolare:
a) della classificazione degli agenti biologici che presentano o possono presentare un pericolo per la salute umana quale risultante dall'allegato XLVI o, in assenza, di quella effettuata dal datore di lavoro stesso sulla base delle conoscenze disponibili e seguendo i criteri di cui all'articolo 268, commi 1 e 2; 
b) dell'informazione sulle malattie che possono essere contratte; 
c) dei potenziali effetti allergici e tossici;
d) della conoscenza di una patologia della quale è affetto un lavoratore, che è da porre in correlazione diretta all'attività lavorativa svolta; 
e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall'autorità sanitaria competente che possono influire sul rischio;
f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici utilizzati.

2. Il datore di lavoro applica i principi di buona prassi microbiologica, ed adotta, in relazione ai rischi accertati, le misure protettive e preventive di cui al presente titolo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.

3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche dell'attività lavorativa significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.

4. Nelle attività, quali quelle riportate a titolo esemplificativo nell'allegato XLIV, che, pur non comportando la deliberata intenzione di operare con agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori agli stessi, il datore di lavoro può prescindere dall'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 273, 274, commi 1 e 2, 275, comma 3, e 279, qualora i risultati della valutazione dimostrano che l'attuazione di tali misure non è necessaria.

5. Il documento di cui all'articolo 17 è integrato dai seguenti dati:
a) le fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischio di esposizione ad agenti biologici; 
b) il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla lettera a); 
c) le generalità del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi; 
d) i metodi e le procedure lavorative adottate, nonché le misure preventive e protettive applicate; 
e) il programma di emergenza per la protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad un agente biologico del gruppo 3 o del gruppo 4, nel caso di un difetto nel contenimento fisico.

6. Il rappresentante per la sicurezza è consultato prima dell'effettuazione della valutazione di cui al comma 1 ed ha accesso anche ai dati di cui al comma 5.

Articolo 272
Misure tecniche, organizzative, procedurali

1. In tutte le attività per le quali la valutazione di cui all'articolo 271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori il datore di lavoro attua misure tecniche, organizzative e procedurali, per evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti biologici.

2. In particolare, il datore di lavoro:
a) evita l'utilizzazione di agenti biologici nocivi, se il tipo di attività lavorativa lo consente; 
b) limita al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente esposti, al rischio di agenti biologici; 
c) progetta adeguatamente i processi lavorativi;
d) adotta misure collettive di protezione ovvero misure di protezione individuali qualora non sia possibile evitare altrimenti l'esposizione; 
e) adotta misure igieniche per prevenire e ridurre al minimo la propagazione accidentale di un agente biologico fuori dal luogo di lavoro; 
f) usa il segnale di rischio biologico, rappresentato nell'allegato XLV, e altri segnali di avvertimento appropriati; 
g) elabora idonee procedure per prelevare, manipolare e trattare campioni di origine umana ed animale; 
h) definisce procedure di emergenza per affrontare incidenti; 
i) verifica la presenza di agenti biologici sul luogo di lavoro al di fuori del contenimento fisico primario, se necessario o tecnicamente realizzabile; 
l) predispone i mezzi necessari per la raccolta, l'immagazzinamento e lo smaltimento dei rifiuti in condizioni di sicurezza, mediante l'impiego di contenitori adeguati ed identificabili eventualmente dopo idoneo trattamento dei rifiuti stessi; 
m) concorda procedure per la manipolazione ed il trasporto in condizioni di sicurezza di agenti biologici all'interno del luogo di lavoro.

Articolo 273
Misure igieniche

1. In tutte le attività nelle quali la valutazione di cui all'articolo 271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro assicura che:
a) i lavoratori dispongano dei servizi sanitari adeguati provvisti di docce con acqua calda e fredda, nonché, se del caso, di lavaggi oculari e antisettici per la pelle; 
b) i lavoratori abbiano in dotazione indumenti protettivi od altri indumenti idonei, da riporre in posti separati dagli abiti civili; 
c) i dispositivi di protezione individuale siano controllati, disinfettati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi prima dell'utilizzazione successiva; 
d) gli indumenti di lavoro e protettivi che possono essere contaminati da agenti biologici vengano tolti quando il lavoratore lascia la zona di lavoro, conservati separatamente dagli altri indumenti, disinfettati, puliti e, se necessario, distrutti.

2. Nelle aree di lavoro in cui c'è rischio di esposizione è vietato assumere cibi e bevande, fumare, conservare cibi destinati al consumo umano, usare pipette a bocca e applicare cosmetici.

Articolo 274
Misure specifiche per strutture sanitarie e veterinarie

1. Il datore di lavoro, nelle strutture sanitarie e veterinarie, in sede di valutazione dei rischi, presta particolare attenzione alla possibile presenza di agenti biologici nell'organismo dei pazienti o degli animali e nei relativi campioni e residui e al rischio che tale presenza comporta in relazione al tipo di attività svolta.

2. In relazione ai risultati della valutazione, il datore di lavoro definisce e provvede a che siano applicate procedure che consentono di manipolare, decontaminare ed eliminare senza rischi per l'operatore e per la comunità, i materiali ed i rifiuti contaminati.

3. Nei servizi di isolamento che ospitano pazienti od animali che sono, o potrebbero essere, contaminati da agenti biologici del gruppo 3 o del gruppo 4, le misure di contenimento da attuare per ridurre al minimo il rischio di infezione sono indicate nell'allegato XLVII.

Articolo 275
Misure specifiche per i laboratori e gli stabulari

1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato XLVI, punto 6, nei laboratori comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 o 4 a fini di ricerca, didattici o diagnostici, e nei locali destinati ad animali da laboratorio deliberatamente contaminati con tali agenti, il datore di lavoro adotta idonee misure di contenimento in conformità all'allegato XLVII.

2. Il datore di lavoro assicura che l'uso di agenti biologici sia eseguito:
a) in aree di lavoro corrispondenti almeno al secondo livello di contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 2;
b) in aree di lavoro corrispondenti almeno al terzo livello di contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 3; 
c) in aree di lavoro corrispondenti almeno al quarto livello di contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 4.

3. Nei laboratori comportanti l'uso di materiali con possibile contaminazione da agenti biologici patogeni per l'uomo e nei locali destinati ad animali da esperimento, possibili portatori di tali agenti, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del secondo livello di contenimento.

4. Nei luoghi di cui ai commi 1 e 3 in cui si fa uso di agenti biologici non ancora classificati, ma il cui uso può far sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento.

5. Per i luoghi di lavoro di cui ai commi 3 e 4, il Ministero della sanità, sentito l'Istituto superiore di sanità, può individuare misure di contenimento più elevate.

Articolo 276
Misure specifiche per i processi industriali

1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato XLVII, punto 6, nei processi industriali comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 e 4, il datore di lavoro adotta misure opportunamente scelte tra quelle elencate nell'allegato XLVIII, tenendo anche conto dei criteri di cui all'articolo 275.

2. Nel caso di agenti biologici non ancora classificati, il cui uso può far sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento.

Articolo 277
Misure di emergenza

1. Se si verificano incidenti che possono provocare la dispersione nell'ambiente di un agente biologico appartenente ai gruppi 2, 3 o 4, i lavoratori devono abbandonare immediatamente la zona interessata, cui possono accedere soltanto quelli addetti ai necessari interventi, con l'obbligo di usare gli idonei mezzi di protezione.

2. Il datore di lavoro informa al più presto l'organo di vigilanza territorialmente competente, nonché i lavoratori ed il rappresentante per la sicurezza, dell'evento, delle cause che lo hanno determinato e delle misure che intende adottare, o che ha già adottato, per porre rimedio alla situazione creatasi.

3. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto, qualsiasi infortunio o incidente relativo all'uso di agenti biologici.

Articolo 278
Informazioni e formazione

1. Nelle attività per le quali la valutazione di cui all'articolo 271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:
a) i rischi per la salute dovuti agli agenti biologici utilizzati; 
b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione; 
c) le misure igieniche da osservare; 
d) la funzione degli indumenti di lavoro e protettivi e dei dispositivi di protezione individuale ed il loro corretto impiego; 
e) le procedure da seguire per la manipolazione di agenti biologici del gruppo 4; 
f) il modo di prevenire il verificarsi di infortuni e le misure da adottare per ridurne al minimo le conseguenze.

2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.

3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione, e ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.

4. Nel luogo di lavoro sono apposti in posizione ben visibile cartelli su cui sono riportate le procedure da seguire in caso di infortunio od incidente.

CAPO III
SORVEGLIANZA SANITARIA

Articolo 279
Prevenzione e controllo

1. I lavoratori addetti alle attività per le quali la valutazione dei rischi ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria.

2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione, fra le quali:
a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all'agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente;
b) l'allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure dell'articolo 42.

3. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.

4. A seguito dell'informazione di cui al comma 3 il datore di lavoro effettua una nuova valutazione del rischio in conformità all'articolo 271.

5. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sul controllo sanitario cui sono sottoposti e sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività che comporta rischio di esposizione a particolari agenti biologici individuati nell'allegato XLVI nonché sui vantaggi ed inconvenienti della vaccinazione e della non vaccinazione.

Articolo 280
Registri degli esposti e degli eventi accidentali

1. I lavoratori addetti ad attività comportanti uso di agenti del gruppo 3 ovvero 4 sono iscritti in un registro in cui sono riportati, per ciascuno di essi, l'attività svolta, l'agente utilizzato e gli eventuali casi di esposizione individuale.

2. Il datore di lavoro istituisce ed aggiorna il registro di cui al comma 1 e ne cura la tenuta tramite il medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il rappresentante per la sicurezza hanno accesso a detto registro.

3. Il datore di lavoro:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'Istituto superiore di sanità, all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro e all'organo di vigilanza competente per territorio, comunicando ad essi ogni tre anni e comunque ogni qualvolta questi ne fanno richiesta, le variazioni intervenute;
b) comunica all'Istituto superiore per la Prevenzione e sicurezza sul lavoro e all'organo di vigilanza competente per territorio la cessazione del rapporto di lavoro, dei lavoratori di cui al comma 1 fornendo al contempo l'aggiornamento dei dati che li riguardano e consegna al medesimo Istituto le relative cartelle sanitarie e di rischio;
c) in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegna all'Istituto superiore di sanità e all'organo di vigilanza competente per territorio copia del registro di cui al comma 1 ed all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro copia del medesimo registro nonché le cartelle sanitarie e di rischio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno esercitato attività che comportano rischio di esposizione allo stesso agente richiede all'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1, nonché copia della cartella sanitaria e di rischio; 
e) tramite il medico competente comunica ai lavoratori interessati le relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e nella cartella sanitaria e di rischio, ed al rappresentante per la sicurezza i dati collettivi anonimi contenuti nel registro di cui al comma 1.

4. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a dieci anni dalla cessazione di ogni attività che espone ad agenti biologici. Nel caso di agenti per i quali è noto che possono provocare infezioni consistenti o latenti o che danno luogo a malattie con recrudescenza periodica per lungo tempo o che possono avere gravi sequele a lungo termine tale periodo è di quaranta anni.

5. La documentazione di cui ai precedenti commi è custodita e trasmessa con salvaguardia del segreto professionale.

6. I modelli e le modalità di tenuta del registro di cui al comma 1 e delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati con decreto del Ministro della salute e del lavoro e della previdenza sociale sentita la Commissione consultiva permanente.

7. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della sanità dati di sintesi relativi alle risultanze del registro di cui al comma 1.

Articolo 281
Registro dei casi di malattia e di decesso

1. Presso l'ISPESL è tenuto un registro dei casi di malattia ovvero di decesso dovuti all'esposizione ad agenti biologici.

2. I medici, nonché le strutture sanitarie, pubbliche o private, che refertano i casi di malattia, ovvero di decesso di cui al comma 1, trasmettono all'ISPESL copia della relativa documentazione clinica.

3. Con decreto dei Ministri della salute e del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione consultiva, sono determinati il modello e le modalità di tenuta del registro di cui al comma 1, nonché le modalità di trasmissione della documentazione di cui al comma 2.

4. Il Ministero della salute fornisce alla commissione CE, su richiesta, informazioni su l'utilizzazione dei dati del registro di cui al comma 1.

Capo IV
Sanzioni

Articolo 282
Sanzioni a carico dei datori di lavoro e dei dirigen
ti

1. Il datore di lavoro e i dirigenti sono puniti:
a) con l’arresto da quattro a otto mesi o con l’ammenda da 2.000 a 4.000 euro per la violazione degli articoli 269, commi 1, 2 e 3; 270, commi 1 e 4; 271, comma 2; 272; 273, comma 1; 274, commi 2 e 3; 275; 276; 277, comma 2; 278, comma 1, 2 e 4; 279, commi 1, 2, 280, commi 1 e 2;
c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da € 1.000 a € 3.600 per la violazione degli articoli: 280, commi 3 e 4.

Articolo 283
Sanzioni a carico dei preposti

2. Il preposto è punito nei limiti dell’attività alla quale è tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all’articolo 19:
a) con l’arresto da quattro a otto mesi o con l’ammenda da 2.000 a 4.000 euro per la violazione degli articoli: 271, comma 2; 272; 273, comma 1; 274, commi 2 e 3; 275; 276; 278, commi 1 e 4; 279, commi 1 e 2;

Articolo 284
(Sanzioni a carico del medico competente)

1. Il medico competente è punito con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da € 1.000 a € 4.000 per la violazione dell’articolo 279, comma 3.

Articolo 285
(Sanzioni a carico dei lavoratori
)

1. I lavoratori sono puniti:
a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da € 150 a € 600 per la violazione dell’articolo 277, comma 3;
b) con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da € 103 a € 309 per la violazione dell’articolo 277, comma 1.

Articolo 286
Sanzioni concernenti il divieto di assunzione in luoghi esposti

1. Chiunque viola le disposizioni di cui all’articolo 273, comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro.

TITOLO XI
PROTEZIONE DA ATMOSFERE ESPLOSIVE  

CAPO I - DISPOSIZIONI GENERALI

Articolo 287
Campo di applicazione

1. Il presente titolo prescrive le misure per la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive come definite all'articolo 288.
2. Il presente titolo si applica anche nei lavori in sotterraneo ove è presente un'area con atmosfere esplosive, oppure è prevedibile, sulla base di indagini geologiche, che tale area si possa formare nell'ambiente.
3. Il presente titolo non si applica:
a) alle aree utilizzate direttamente per le cure mediche dei pazienti, nel corso di esse;
b) all'uso di apparecchi a gas di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1996, n. 661;
c) alla produzione, alla manipolazione, all'uso, allo stoccaggio ed al trasporto di esplosivi o di sostanze chimicamente instabili;
d) alle industrie estrattive a cui si applica il decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624;
e) all'impiego di mezzi di trasporto terrestre, marittimo, fluviale e aereo per i quali si applicano le pertinenti disposizioni di accordi internazionali tra i quali il Regolamento per il trasporto delle sostanze pericolose sul Reno (ADNR), l'Accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci pericolose per vie navigabili interne (ADN), l'Organizzazione per l'Aviazione civile internazionale (ICAO), l'Organizzazione marittima internazionale (IMO), nonché la normativa comunitaria che incorpora i predetti accordi. Il presente titolo si applica invece ai veicoli destinati ad essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva.

Articolo 288
Definizioni

1. Ai fini del presente titolo, si intende per: «atmosfera esplosiva» una miscela con l'aria, a condizioni atmosferiche, di sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri.

CAPO II
OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO

Articolo 289
Prevenzione e protezione contro le esplosioni

1. Ai fini della prevenzione e della protezione contro le esplosioni, sulla base della valutazione dei rischi e dei principi generali di tutela di cui all'articolo 15, il datore di lavoro adotta le misure tecniche e organizzative adeguate alla natura dell'attività; in particolare il datore di lavoro previene la formazione di atmosfere esplosive.
2. Se la natura dell'attività non consente di prevenire la formazione di atmosfere esplosive, il datore di lavoro deve:

1. evitare l'accensione di atmosfere esplosive;
2. attenuare gli effetti pregiudizievoli di un'esplosione in modo da garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori.

3. Se necessario, le misure di cui ai commi 1 e 2 sono combinate e integrate con altre contro la propagazione delle esplosioni e sono riesaminate periodicamente e, in ogni caso, ogniqualvolta si verifichino cambiamenti rilevanti.

Articolo 290
Valutazione dei rischi di esplosione

1. Nell'assolvere gli obblighi stabiliti dall'articolo 17, comma 1, il datore di lavoro valuta i rischi specifici derivanti da atmosfere esplosive, tenendo conto almeno dei seguenti elementi:
1. probabilità e durata della presenza di atmosfere esplosive;
2. probabilità che le fonti di accensione, comprese le scariche elettrostatiche, siano presenti e divengano attive ed efficaci;
3. caratteristiche dell'impianto, sostanze utilizzate, processi e loro possibili interazioni;
4. entità degli effetti prevedibili.
2. I rischi di esplosione sono valutati complessivamente.
3. Nella valutazione dei rischi di esplosione vanno presi in considerazione i luoghi che sono o possono essere in collegamento, tramite aperture, con quelli in cui possono formarsi atmosfere esplosive.

Articolo 291
Obblighi generali

1. Al fine di salvaguardare la sicurezza e la salute dei lavoratori, e secondo i principi fondamentali della valutazione dei rischi e quelli di cui all'articolo 289, il datore di lavoro prende i provvedimenti necessari affinché:
a) dove possono svilupparsi atmosfere esplosive in quantità tale da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori o di altri, gli ambienti di lavoro siano strutturati in modo da permettere di svolgere il lavoro in condizioni di sicurezza;
b) negli ambienti di lavoro in cui possono svilupparsi atmosfere esplosive in quantità tale da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori, sia garantito un adeguato controllo durante la presenza dei lavoratori, in funzione della valutazione del rischio, mediante l'utilizzo di mezzi tecnici adeguati.

Articolo 292
Coordinamento

1. Fermo restando quanto previsto dal Titolo IV per i cantieri temporanei e mobili, qualora nello stesso luogo di lavoro operino lavoratori di più imprese, ciascun datore di lavoro è responsabile per le questioni soggette al suo controllo.
2. Fermo restando la responsabilità individuale di ciascun datore di lavoro e quanto previsto dall'articolo 26, il datore di lavoro che è responsabile del luogo di lavoro, coordina l'attuazione di tutte le misure riguardanti la salute e la sicurezza dei lavoratori e specifica nel documento sulla protezione contro le esplosioni, di cui all'articolo 294, l'obiettivo, le misure e le modalità di attuazione di detto coordinamento.

Articolo 293
Aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive

1. Il datore di lavoro ripartisce in zone, a norma dell'allegato XLIX, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive.
2. Il datore di lavoro assicura che per le aree di cui al comma 1 siano applicate le prescrizioni minime di cui all'allegato L.
3. Se necessario, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive in quantità tali da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori sono segnalate nei punti di accesso a norma dell'allegato LI.

Articolo 294
Documento sulla protezione contro le esplosioni

1. Nell'assolvere gli obblighi stabiliti dall'articolo 290 il datore di lavoro provvede a elaborare e a tenere aggiornato un documento, denominato: «documento sulla protezione contro le esplosioni».
2. Il documento di cui al comma 1, in particolare, deve precisare:
1. che i rischi di esplosione sono stati individuati e valutati;
2. che saranno prese misure adeguate per raggiungere gli obiettivi del presente titolo;
3. quali sono i luoghi che sono stati classificati nelle zone di cui all'allegato XLIX;
4. quali sono i luoghi in cui si applicano le prescrizioni minime di cui all'allegato L;
5. che i luoghi e le attrezzature di lavoro, compresi i dispositivi di allarme, sono concepiti, impiegati e mantenuti in efficienza tenendo nel debito conto la sicurezza;
6. che, ai sensi del Titolo III, sono stati adottati gli accorgimenti per l'impiego sicuro di attrezzature di lavoro.
3. Il documento di cui al comma 1 deve essere compilato prima dell'inizio del lavoro ed essere riveduto qualora i luoghi di lavoro, le attrezzature o l'organizzazione del lavoro abbiano subito modifiche, ampliamenti o trasformazioni rilevanti.
4. Il documento di cui al comma 1 è parte integrante del documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 17, comma 1.

Articolo 295
Termini per l'adeguamento

1. Le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive, già utilizzate o a disposizione dell'impresa o dello stabilimento per la prima volta prima del 30 giugno 2003, devono soddisfare, a decorrere da tale data, i requisiti minimi di cui all'allegato L, parte A, fatte salve le altre disposizioni che le disciplinano.
2. Le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive, che sono a disposizione dell'impresa o dello stabilimento per la prima volta dopo il 30 giugno 2003, devono soddisfare i requisiti minimi di cui all'allegato L, parti A e B.
3. I luoghi di lavoro che comprendono aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive devono soddisfare le prescrizioni minime stabilite dal presente titolo.

Articolo 296
Verifiche

1. Il datore di lavoro provvede affinché le installazioni elettriche nelle aree classificate come zone 0, 1, 20 o 21 ai sensi dell'allegato XLIX siano sottoposte alle verifiche di cui ai capi III e IV del decreto del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462.

Capo II
Sanzioni


Articolo 297
Sanzioni a carico dei datori di lavoro e dei dirigenti

1. Il datore di lavoro e i dirigenti sono puniti con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da € 2.000 a € 10.000 per la violazione degli articoli 289, comma 2, 291, 292, comma 2, 293, commi 1 e 2, e 296.

TITOLO XII

DISPOSIZIONI DIVERSE IN MATERIA PENALE E DI PROCEDURA PENALE

Articolo 298
Principio di specialità

1. Quando uno stesso fatto è punito da una disposizione prevista dal titolo I del presente decreto e da una o più disposizioni previste negli altri titoli del medesimo decreto, si applica la disposizione speciale.

Articolo 299
Esercizio di fatto di poteri direttivi

1. Le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b), d) ed e) gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti.

Articolo 300
Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231

1. L’articolo 25-septies (Omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela della igiene e della salute sul lavoro) del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, è sostituito dal seguente:

«1. In relazione al delitto di cui all’articolo 589 del codice penale, commesso con violazione dell’articolo 55, comma 2, del decreto legislativo attuativo della delega di cui alla legge 123 del 2007 in materia di salute e sicurezza nel lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura pari a 1.000 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno.
2. Salvo quanto previsto dal comma 1, in relazione al delitto di cui all’articolo 589 del codice penale, commesso con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura non inferiore a 250 quote e non superiore a 500 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno.
3. In relazione al delitto di cui all’articolo 590, terzo comma, del codice penale, commesso con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura non superiore a 250 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, per una durata non superiore a sei mesi».

Articolo 301
Prescrizione

1. Alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro previste dal presente decreto nonché da altre disposizioni aventi forza di legge, per le quali sia prevista la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda, si applicano le disposizioni in materia di prescrizione di cui agli articoli 20 e seguenti del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758.

Articolo 302
Definizione delle contravvenzioni punite con la sola pena dell’arresto

1. Con riferimento alle contravvenzioni disciplinate dal presente decreto e punite con la sola pena dell’arresto il giudice, su richiesta dell’imputato, sostituisce la pena da irrogare con il pagamento di una somma non inferiore ad 8.000 euro e non superiore a 24.000 euro, previa verifica della piena ottemperanza al disposto dell’articolo 17, comma 1, lettera a) e conseguente ripristino delle regolari condizioni di lavoro.
2. La sostituzione di cui al comma 1 non è in ogni caso consentita:
a) quando la violazione abbia avuto un contributo causale nel verificarsi di un infortunio sul lavoro;
b) quando il fatto è stato commesso da soggetto che abbia già riportato condanna definitiva per la violazione di norme relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro, ovvero per i reati di cui all’articolo 589 e 590, limitatamente all’ipotesi di violazione delle norme relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro.
3. La contravvenzione di cui al presente articolo si estingue decorso un periodo di tre anni dal passaggio in giudicato della sentenza che ha operato la sostituzione di cui al comma 1 del medesimo articolo senza che l’imputato abbia commesso ulteriori reati tra quelli previsti dal presente decreto, ovvero i reati di cui all’articolo 589 e 590, limitatamente all’ipotesi di violazione delle norme relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro.

TITOLO XIII

DISPOSIZIONI FINALI

Articolo 303
Abrogazioni

1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo sono abrogati:
1. il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, il decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956 n. 164, il decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, il decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493, il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 187;
2. l’articolo 36 bis, commi 1 e 2 del decreto legge 4 luglio 2006 n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 5 agosto 2006 n. 248;
3. gli articoli: 2, 3, 5, 6 e 7 della legge 3 agosto 2007, n. 123;
4. ogni altra disposizione legislativa e regolamentare nella materia disciplinata dal decreto legislativo medesimo incompatibili con lo stesso.