IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 141, paragrafo 3,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale,
deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato,
considerando quanto segue:
1) La direttiva 76/207/CEE del Consiglio, del 9 febbraio 1976, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro e la direttiva 86/378/CEE del Consiglio, del 24 luglio 1986, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne nel settore dei regimi professionali di sicurezza sociale sono state sostanzialmente modificate. La direttiva 75/117/CEE del Consiglio, del 10 febbraio 1975, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile e la direttiva 97/80/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997, riguardante l'onere della prova nei casi di discriminazione basata sul sesso contengono anch'esse disposizioni che perseguono l'attuazione del principio della parità di trattamento fra uomini e donne. Tali direttive, dovendo essere ulteriormente modificate, sono rifuse per chiarezza e per raggruppare in un unico testo le principali disposizioni in materia, nonché certi sviluppi risultanti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee (di seguito denominata "Corte di giustizia").
2) La parità fra uomini e donne è un principio fondamentale del diritto comunitario, ai sensi dell'articolo 2 e dell'articolo 3, paragrafo 2, del trattato, nonché ai sensi della giurisprudenza della Corte di giustizia. Le suddette disposizioni del trattato sanciscono la parità fra uomini e donne quale "compito" e "obiettivo" della Comunità e impongono alla stessa l'obbligo concreto della sua promozione in tutte le sue attività.
3) La Corte di giustizia ha ritenuto che il campo d'applicazione del principio della parità di trattamento tra uomini e donne non possa essere limitato al divieto delle discriminazioni basate sul fatto che una persona appartenga all'uno o all'altro sesso. Tale principio, considerato il suo scopo e data la natura dei diritti che è inteso a salvaguardare, si applica anche alle discriminazioni derivanti da un cambiamento di sesso.
4) L'articolo 141, paragrafo 3, del trattato fornisce ormai una base giuridica specifica per l'adozione di provvedimenti comunitari volti ad assicurare l'applicazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento in materia di occupazione e di impiego, compreso il principio della parità delle retribuzioni per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.
5) Gli articoli 21 e 23 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea vietano anch'essi qualsiasi discriminazione fondata sul sesso e sanciscono il diritto alla parità di trattamento fra uomini e donne in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione.
6) Le molestie e le molestie sessuali sono contrarie al principio della parità di trattamento fra uomini e donne e costituiscono forme di discriminazione fondate sul sesso ai fini della presente direttiva. Queste forme di discriminazione non si producono soltanto sul posto di lavoro, ma anche nel quadro dell'accesso al lavoro, alla formazione professionale nonché alla promozione professionale. Queste forme di discriminazione dovrebbero pertanto essere vietate e soggette a sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive.
7) In questo contesto, occorrerebbe incoraggiare i datori di lavoro e i responsabili della formazione professionale a prendere misure per combattere tutte le forme di discriminazione fondate sul sesso e, in particolare, a prendere misure preventive contro le molestie e le molestie sessuali sul posto di lavoro e nell'accesso al lavoro, alla formazione professionale e alla promozione professionale, a norma del diritto e della prassi nazionali.
8) Il principio della parità delle retribuzioni per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, stabilito dall'articolo 141 del trattato e costantemente sostenuto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, costituisce un aspetto importante del principio della parità di trattamento fra uomini e donne nonché una parte essenziale e imprescindibile dell'acquis comunitario, ivi inclusa la giurisprudenza della Corte di giustizia, in materia di discriminazioni sessuali. È dunque opportuno adottare ulteriori provvedimenti per assicurarne l'attuazione.
9) A norma della giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia, per valutare se i lavoratori stanno svolgendo lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore, si dovrebbe stabilire se la situazione di detti lavoratori, tenuto conto di una serie di fattori quali la natura del lavoro e le condizioni di formazione e di lavoro, possa essere considerata comparabile.
10) La Corte di giustizia ha stabilito che in determinate circostanze il principio della parità retributiva non riguarda solo i casi in cui uomini e donne lavorino per uno stesso datore di lavoro.
11) Gli Stati membri, in collaborazione con le parti sociali, dovrebbero affrontare il problema della persistente disparità retributiva tra uomini e donne nonché della marcata separazione tra i sessi nel mercato del lavoro, attraverso un'organizzazione flessibile dell'orario di lavoro che consenta alle donne e agli uomini di conciliare meglio la vita familiare con la vita lavorativa. Sono necessarie a tal fine disposizioni appropriate in materia di congedo parentale, a beneficio di entrambi i genitori, nonché la creazione di strutture accessibili ed economiche per la cura dei figli e l'assistenza alle persone a carico.
12) Occorre adottare provvedimenti specifici per garantire l'attuazione del principio della parità di trattamento nel settore dei regimi professionali di sicurezza sociale e per definire più chiaramente la portata di detto principio.
13) Con la sentenza del 17 maggio 1990, nella causa C-262/88, la Corte di giustizia ha stabilito che tutte le forme di pensioni professionali costituiscono un elemento di retribuzione a norma dell'articolo 141 del trattato.
14) Sebbene il concetto di retribuzione ai sensi dell'articolo 141 del trattato non includa le prestazioni sociali, è stato ormai chiarito che i regimi pensionistici dei dipendenti pubblici rientrano nel campo d'applicazione del principio della parità retributiva se le relative prestazioni sono versate al beneficiario a motivo del suo rapporto di lavoro con il datore di lavoro pubblico, e ciò anche nell'ipotesi in cui il regime in questione faccia parte di un regime legale generale. Secondo le sentenze della Corte di giustizia nelle cause C-7/93 e C-351/00 questa condizione è soddisfatta se il regime pensionistico interessa una categoria particolare di lavoratori e se le prestazioni sono direttamente collegate al periodo di servizio e calcolate con riferimento all'ultimo stipendio del dipendente pubblico.
Per chiarezza, è dunque opportuno adottare una specifica disposizione in tal senso.
15) La Corte di giustizia ha confermato che, mentre i contributi dei lavoratori subordinati ad un regime pensionistico diretto a garantire una prestazione finale definita rientrano nella sfera di applicazione dell'articolo 141 del trattato, non può essere valutata alla luce di questa stessa disposizione la disparità dei contributi dei datori di lavoro versati nel quadro dei regimi a prestazioni definite, finanziate mediante capitalizzazione, derivante dall'impiego di fattori attuariali differenti a seconda del sesso.
16) Per esempio, nel caso di regimi a prestazioni definite, finanziate mediante capitalizzazione, alcuni elementi, quali la conversione in capitale di una parte della pensione periodica, il trasferimento dei diritti a pensione, la pensione di reversibilità pagabile ad un avente diritto in contropartita della rinuncia di una frazione della pensione o la diminuzione della pensione allorché il lavoratore opta per la pensione anticipata, possono variare sempreché l'ineguaglianza degli importi sia da attribuire alle conseguenze dell'utilizzazione di fattori attuariali che variano a seconda del sesso all'atto dell'attuazione del finanziamento del regime.
17) È un fatto assodato che le prestazioni dovute a norma di un regime professionale di sicurezza sociale non devono essere considerate retribuzione nella misura in cui esse possono essere attribuite ai periodi di occupazione precedenti il 17 maggio 1990, salvo per i lavoratori o loro aventi diritto che, prima di detta data, abbiano promosso un'azione giudiziaria o introdotto un reclamo equivalente secondo il diritto nazionale applicabile. Occorre limitare di conseguenza l'attuazione del principio della parità di trattamento.
18) La Corte di giustizia ha costantemente affermato che il protocollo Barber non ha alcun effetto sul diritto all'affiliazione ad un regime pensionistico professionale e che la limitazione degli effetti nel tempo della sentenza resa nella causa C-262/88 non si applica al diritto all'affiliazione ad un regime pensionistico professionale. La Corte di giustizia ha altresì stabilito che le norme nazionali riguardanti i termini per il ricorso di diritto interno sono opponibili ai lavoratori che chiedono il riconoscimento del loro diritto d'iscrizione a un regime pensionistico aziendale, a condizione che esse non siano meno favorevoli di quelle relative ad analoghe azioni del sistema processuale nazionale e che non rendano in pratica impossibile l'esercizio di diritti riconosciuti dalla normativa comunitaria.
La Corte di giustizia ha inoltre dichiarato che il fatto che un lavoratore possa reclamare l'iscrizione, con effetti retroattivi, a un regime pensionistico aziendale non consente allo stesso di esimersi dal versamento dei contributi concernenti il periodo d'iscrizione di cui trattasi.
19) Ai fini dell'applicazione del principio della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, è essenziale garantire la parità di accesso al lavoro e alla relativa formazione professionale. Pertanto, le eccezioni a tale principio dovrebbero essere limitate alle attività professionali che necessitano l'assunzione di una persona di un determinato sesso data la loro natura o visto il contesto in cui sono svolte, purché l'obiettivo ricercato sia legittimo e compatibile con il principio di proporzionalità.
20) La presente direttiva lascia impregiudicata la libertà di associazione, compreso il diritto di ogni individuo di fondare sindacati insieme con altri e di aderirvi per la difesa dei propri interessi. Misure ai sensi dell'articolo 141, paragrafo 4 del trattato possono includere l'adesione o la continuazione dell'attività di organizzazioni o sindacati il cui scopo principale sia la promozione, nella pratica, del principio della parità di trattamento fra uomini e donne.
21) Il divieto di discriminazione non dovrebbe pregiudicare il mantenimento o l'adozione da parte degli Stati membri di misure volte a prevenire o compensare gli svantaggi incontrati da un gruppo di persone di uno dei due sessi.
Tali misure autorizzano l'esistenza di organizzazioni di persone di un solo sesso se il loro principale obiettivo è la promozione di necessità specifiche delle persone stesse e la promozione della parità tra uomini e donne.
22) A norma dell'articolo 141, paragrafo 4 del trattato, allo scopo di assicurare l'effettiva e completa parità tra uomini e donne nella vita lavorativa, il principio della parità di trattamento non impedisce agli Stati membri di mantenere o di adottare misure che prevedono vantaggi specifici volti a facilitare l'esercizio di un'attività professionale da parte del sesso sottorappresentato oppure a evitare o compensare svantaggi nelle carriere professionali. Considerata l'attuale situazione e tenendo presente la dichiarazione n. 28 al trattato di Amsterdam, gli Stati membri dovrebbero mirare, anzitutto, a migliorare la situazione delle donne nella vita lavorativa.
23) Dalla giurisprudenza della Corte di giustizia risulta chiaramente che qualsiasi trattamento sfavorevole nei confronti della donna in relazione alla gravidanza o alla maternità costituisce una discriminazione diretta fondata sul sesso. Pertanto, occorre includere esplicitamente tale trattamento nella presente direttiva.
24) La Corte di giustizia ha costantemente riconosciuto la legittimità, per quanto riguarda il principio della parità di trattamento, della protezione della condizione biologica della donna durante la gravidanza e la maternità nonché dell'introduzione di misure di protezione della maternità come strumento per garantire una sostanziale parità. La presente direttiva non dovrebbe pertanto pregiudicare né la direttiva 92/85/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento né la direttiva 96/34/CE del Consiglio, del 3 giugno 1996, concernente l'accordo quadro sul congedo parentale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES.
25) Per chiarezza, è altresì opportuno prevedere esplicitamente la tutela dei diritti delle lavoratrici in congedo di maternità, in particolare per quanto riguarda il loro diritto a riprendere lo stesso lavoro o un lavoro equivalente e a non subire un deterioramento delle condizioni di lavoro per aver usufruito del congedo di maternità nonché a beneficiare di qualsiasi miglioramento delle condizioni lavorative cui dovessero aver avuto diritto durante la loro assenza.
26) Nella risoluzione del Consiglio e dei ministri incaricati dell'occupazione e della politica sociale, riuniti in sede di Consiglio il 29 giugno 2000, concernente la partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini all'attività professionale e alla vita familiare, gli Stati membri sono stati incoraggiati a valutare la possibilità che i rispettivi ordinamenti giuridici riconoscano ai lavoratori uomini un diritto individuale e non trasferibile al congedo di paternità, pur mantenendo i propri diritti inerenti al lavoro.
27) Condizioni analoghe si applicano alla concessione da parte degli Stati membri a uomini e donne di un diritto individuale e non trasferibile a un congedo per adozione.
Spetta agli Stati membri decidere se accordare o meno tale diritto al congedo di paternità e/o per adozione, nonché determinare qualsiasi condizione, diversa dal licenziamento e dal rientro al lavoro, che non rientra nel campo di applicazione della presente direttiva.
28) L'effettiva attuazione del principio della parità di trattamento richiede che gli Stati membri istituiscano procedure adeguate.
29) L'esistenza di procedure giudiziarie o amministrative adeguate, dirette a far rispettare gli obblighi imposti dalla presente direttiva, è essenziale per l'effettiva attuazione del principio della parità di trattamento.
30) L'adozione di norme sull'onere della prova contribuisce in modo significativo a che il principio della parità di trattamento possa essere applicato efficacemente. Pertanto, come dichiarato dalla Corte di giustizia, occorre adottare provvedimenti affinché l'onere della prova sia a carico della parte convenuta quando si può ragionevolmente presumere che vi sia stata discriminazione, a meno che si tratti di procedimenti in cui l'istruzione dei fatti spetta all'organo giurisdizionale o ad altro organo nazionale competente.
Occorre tuttavia chiarire che la valutazione dei fatti in base ai quali si può presumere che ci sia stata discriminazione diretta o indiretta rimane di competenza dell'organo nazionale competente, secondo il diritto e/o la prassi nazionali. Inoltre, spetta agli Stati membri prevedere, in qualunque fase del procedimento, un regime probatorio più favorevole alla parte attrice.
31) Al fine di migliorare ulteriormente il livello di protezione offerto dalla presente direttiva, anche alle associazioni, organizzazioni e altre persone giuridiche dovrebbe essere conferito il potere di avviare una procedura, secondo le modalità stabilite dagli Stati membri, per conto o a sostegno di chi lamenti una discriminazione, fatte salve le norme procedurali nazionali relative alla rappresentanza e alla difesa.
32) Vista la natura di diritto fondamentale della tutela legale effettiva, è opportuno garantire che i lavoratori continuino a godere di tale tutela anche dopo la fine del rapporto che ha dato origine alla presunta violazione del principio della parità di trattamento. La stessa tutela andrebbe assicurata a ogni dipendente che difenda una persona tutelata ai sensi della presente direttiva, o che testimoni in suo favore.
33) La Corte di giustizia ha chiaramente stabilito che, per essere efficace, il principio della parità di trattamento comporta che il risarcimento del danno riconosciuto in caso di violazione debba essere adeguato al danno subito. È dunque opportuno vietare la fissazione di un massimale a priori per tale risarcimento, fatti salvi i casi in cui il datore di lavoro può dimostrare che l'unico danno subito dall'aspirante a seguito di una discriminazione ai sensi della presente direttiva è costituito dal rifiuto di prendere in considerazione la sua domanda.
34) Al fine di migliorare l'effettiva attuazione del principio della parità di trattamento, gli Stati membri dovrebbero promuovere il dialogo fra le parti sociali e, nel quadro della prassi nazionale, con organizzazioni non governative.
35) Gli Stati membri dovrebbero prevedere sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive in caso di mancata ottemperanza agli obblighi derivanti dalla presente direttiva.
36) Poiché gli obiettivi della presente direttiva non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi, in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
37) Ai fini di una migliore comprensione della disparità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e di impiego, occorrerebbe mettere a punto, analizzare e predisporre ai livelli opportuni dati e statistiche comparabili, differenziati in base al sesso.
38) La parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e di impiego non può limitarsi a misure di carattere normativo. L'Unione europea e gli Stati membri dovrebbero invece continuare a favorire il processo di sensibilizzazione al problema della discriminazione in materia retributiva e un cambiamento d'approccio pubblico coinvolgendo, per quanto possibile, tutte le forze interessate a livello pubblico e privato. Il dialogo tra le parti sociali potrebbe fornire, a questo proposito, un importante contributo.
39) L'obbligo di attuare la presente direttiva nell'ordinamento interno dovrebbe essere limitato alle disposizioni che rappresentano un cambiamento sostanziale rispetto alle direttive precedenti. L'obbligo di attuare le disposizioni che restano sostanzialmente immutate deriva dalle direttive precedenti.
40) La presente direttiva dovrebbe lasciare impregiudicati gli obblighi degli Stati membri per quanto riguarda il rispetto dei termini per l'attuazione e l'applicazione delle direttive indicate nell'allegato I, parte B,
41) Conformemente al punto 34 dell'accordo interistituzionale "Legiferare meglio" gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e rendere pubblici, nell'interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di attuazione,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Scopo
Lo scopo della presente direttiva è assicurare l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego.
A tal fine, essa contiene disposizioni intese ad attuare il principio della parità di trattamento per quanto riguarda:
a) l'accesso al lavoro, alla promozione e alla formazione professionale;
b) le condizioni di lavoro, compresa la retribuzione;
c) i regimi professionali di sicurezza sociale.
Inoltre, la presente direttiva contiene disposizioni intese a renderne più efficace l'attuazione mediante l'istituzione di procedure adeguate.
Definizioni
1. Ai sensi della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:
a) discriminazione diretta: situazione nella quale una persona è trattata meno favorevolmente in base al sesso di quanto un'altra persona sia, sia stata o sarebbe trattata in una situazione analoga;
b) discriminazione indiretta: situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell'altro sesso, a meno che detta disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari;
c) molestie: situazione nella quale si verifica un comportamento indesiderato connesso al sesso di una persona avente lo scopo o l'effetto di violare la dignità di tale persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo;
d) molestie sessuali: situazione nella quale si verifica un comportamento indesiderato a connotazione sessuale, espresso in forma verbale, non verbale o fisica, avente lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una persona, in particolare attraverso la creazione di un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo;
e) retribuzione: salario o stipendio normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore a motivo dell'impiego di quest'ultimo;
f) regimi professionali di sicurezza sociale: regimi non regolati dalla direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale aventi lo scopo di fornire ai lavoratori, subordinati o autonomi, raggruppati nell'ambito di un'impresa o di un gruppo di imprese, di un ramo economico o di un settore professionale o interprofessionale, prestazioni destinate a integrare le prestazioni fornite dai regimi legali di sicurezza sociale o di sostituirsi ad esse, indipendentemente dal fatto che l'affiliazione a questi regimi sia obbligatoria o facoltativa.
2. Ai fini della presente direttiva, la discriminazione comprende:
a) le molestie e le molestie sessuali, nonché qualsiasi trattamento meno favorevole subito da una persona per il fatto di avere rifiutato tali comportamenti o di esservisi sottomessa;
b) l'ordine di discriminare persone a motivo del loro sesso;
c) qualsiasi trattamento meno favorevole riservato ad una donna per ragioni collegate alla gravidanza o al congedo per maternità ai sensi della direttiva 92/85/CEE.
Azione positiva
Gli Stati membri possono mantenere o adottare misure ai sensi dell'articolo 141, paragrafo 4, del trattato volte ad assicurare nella pratica la piena parità tra gli uomini e le donne nella vita lavorativa.
Divieto di discriminazione
Per quanto riguarda uno stesso lavoro o un lavoro al quale è attribuito un valore uguale, occorre eliminare la discriminazione diretta e indiretta basata sul sesso e concernente un qualunque aspetto o condizione delle retribuzioni.
In particolare, qualora si utilizzi un sistema di classificazione professionale per determinare le retribuzioni, questo deve basarsi su principi comuni per i lavoratori di sesso maschile e per quelli di sesso femminile ed essere elaborato in modo da eliminare le discriminazioni fondate sul sesso.
Divieto di discriminazione
Fermo restando quanto disposto dall'articolo 4, nei regimi professionali di sicurezza sociale è vietata qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso, specificamente per quanto riguarda:
a) il campo d'applicazione di tali regimi e relative condizioni d'accesso;
b) l'obbligo di versare i contributi e il calcolo degli stessi;
c) il calcolo delle prestazioni, comprese le maggiorazioni da corrispondere per il coniuge e per le persone a carico, nonché le condizioni relative alla durata e al mantenimento del diritto alle prestazioni.
Campo di applicazione personale
Il presente capo si applica alla popolazione attiva, compresi i lavoratori autonomi, i lavoratori la cui attività è interrotta per malattia, maternità, infortunio o disoccupazione involontaria e le persone in cerca di lavoro, ai lavoratori pensionati e ai lavoratori invalidi, nonché agli aventi causa di questi lavoratori in base alle normative e/o prassi nazionali.
Campo di applicazione materiale
1. Il presente capo si applica:
a) ai regimi professionali di sicurezza sociale che assicurano una protezione contro i rischi seguenti:
i) malattia,
ii) invalidità,
iii) vecchiaia, compreso il caso del pensionamento anticipato,
iv) infortunio sul lavoro e malattia professionale,
v) disoccupazione;
b) ai regimi professionali di sicurezza sociale che prevedono altre prestazioni sociali, in natura o in contanti, in particolare prestazioni per i superstiti e prestazioni per i familiari, ove tali prestazioni costituiscano vantaggi pagati dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell'impiego di quest'ultimo.
2. Inoltre, il presente capo si applica ai regimi pensionistici di una categoria particolare di lavoratori come quella dei dipendenti pubblici, se le relative prestazioni sono versate al beneficiario a motivo del suo rapporto di lavoro con il datore di lavoro pubblico. Tale disposizione si applica anche nell'ipotesi in cui il regime in questione faccia parte di un regime legale generale.
Esclusioni dal campo di applicazione materiale
1. Il presente capo non si applica:
a) ai contratti individuali dei lavoratori autonomi;
b) ai regimi dei lavoratori autonomi che hanno un solo membro;
c) nel caso dei lavoratori subordinati, ai contratti di assicurazione di cui non sia parte il datore di lavoro;
d) alle disposizioni facoltative dei regimi professionali di sicurezza sociale offerte individualmente ai partecipanti per garantire loro:
i) prestazioni complementari oppure
ii) la scelta della data da cui decorreranno le prestazioni normali a favore dei lavoratori autonomi o la scelta fra più prestazioni;
e) ai regimi professionali di sicurezza sociale qualora le prestazioni siano finanziate da contributi versati dai lavoratori su base volontaria.
2. Il presente capo non osta al fatto che un datore di lavoro conceda a determinate persone che hanno raggiunto l'età pensionabile a norma di un regime professionale di sicurezza sociale, ma che non hanno ancora raggiunto l'età pensionabile per la concessione di una pensione legale, un complemento di pensione volto a perequare o a ravvicinare l'importo delle prestazioni globali rispetto alle persone di sesso opposto che si trovino nella stessa situazione avendo già raggiunto l'età della pensione legale, finché i beneficiari del complemento non abbiano raggiunto tale età.
Esempi di discriminazione
1. Nelle disposizioni contrarie al principio della parità di trattamento sono da includere quelle che si basano direttamente o indirettamente sul sesso per:
a) definire le persone ammesse a partecipare ad un regime professionale di sicurezza sociale;
b) stabilire se la partecipazione ad un regime professionale di sicurezza sociale sia obbligatoria o facoltativa;
c) prevedere norme differenti per quanto riguarda l'età di accesso al regime o per quanto riguarda la durata minima di occupazione o di affiliazione al regime per ottenerne le prestazioni;
d) prevedere norme differenti, salvo quanto previsto alle lettere h) e j), per il rimborso dei contributi nel caso in cui il lavoratore lasci il regime senza aver soddisfatto le condizioni che gli garantiscono un diritto differito alle prestazioni a lungo termine;
e) stabilire condizioni differenti per la concessione delle prestazioni o fornire queste ultime esclusivamente ai lavoratori di uno dei due sessi;
f) stabilire limiti di età differenti per il collocamento a riposo;
g) interrompere il mantenimento o l'acquisizione dei diritti durante i periodi di congedo di maternità o di congedo per motivi familiari prescritti in via legale o convenzionale e retribuiti dal datore di lavoro;
h) fissare livelli differenti per le prestazioni, salvo se necessario per tener conto di elementi di calcolo attuariale che sono differenti per i due sessi nel caso di regimi a contribuzione definita; nel caso di regimi a prestazioni definite, finanziate mediante capitalizzazione, alcuni elementi possono variare sempreché l'ineguaglianza degli importi sia da attribuire alle conseguenze dell'utilizzazione di fattori attuariali che variano a seconda del sesso all'atto dell'attuazione del finanziamento del regime;
i) fissare livelli differenti per i contributi dei lavoratori;
j) fissare livelli differenti per i contributi dei datori di lavoro, salvo:
i) nel caso di regimi a contribuzione definita, quando si persegue lo scopo di perequare o ravvicinare gli importi delle prestazioni pensionistiche basate su detti contributi; ii) nel caso di regimi a prestazioni definite, finanziate mediante capitalizzazione, quando i contributi dei datori di lavoro sono destinati a integrare la base finanziaria indispensabile per coprire il costo delle prestazioni definite;
k) prevedere norme differenti o norme applicabili unicamente ai lavoratori di un solo sesso, salvo quanto previsto alle lettere h) e j), per quanto riguarda la garanzia o il mantenimento del diritto a prestazioni differite nel caso in cui il lavoratore lasci il regime.
2. Quando l'erogazione di prestazioni che rientrano nel campo di applicazione del presente capo è lasciata alla discrezionalità degli organi di gestione del regime, questi ultimi devono rispettare il principio di parità di trattamento.
Attuazione per quanto riguarda i lavoratori autonomi
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le disposizioni dei regimi professionali di sicurezza sociale dei lavoratori autonomi contrarie al principio della parità di trattamento siano rivedute al più tardi con effetto dal 1° gennaio 1993 o, per gli Stati membri la cui adesione ha avuto luogo dopo tale data, dalla data in cui la direttiva 86/378/CEE è divenuta applicabile nel loro territorio.
2. Il presente capo non osta al fatto che i diritti e gli obblighi relativi ad un periodo di affiliazione ad un regime professionale di sicurezza sociale dei lavoratori autonomi anteriore alla revisione di tale regime rimangano disciplinati dalle disposizioni del regime in vigore nel corso di tale periodo.
Possibilità di differimento per quanto riguarda i lavoratori autonomi
Relativamente ai regimi professionali di sicurezza sociale dei lavoratori autonomi, gli Stati membri possono differire l'attuazione obbligatoria del principio della parità di trattamento per quanto riguarda:
a) la fissazione del limite d'età per la concessione di pensioni di vecchiaia e di collocamento a riposo e le conseguenze che possono derivare per altre prestazioni, a loro scelta:
i) fino alla data alla quale tale parità sia conseguita nei regimi legali;
ii) o al più tardi fino a quando una direttiva imponga tale parità;
b) le pensioni di reversibilità, finché il diritto comunitario non imponga il principio della parità di trattamento nei regimi legali di sicurezza sociale in materia;
c) l'applicazione dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera i), con riferimento all'uso di elementi di calcolo attuariale, fino al 1° gennaio 1999 o, per gli Stati membri la cui adesione ha avuto luogo dopo tale data, fino alla data in cui la direttiva 86/378/CEE è divenuta applicabile nel loro territorio.
Effetto retroattivo
1. Qualsiasi misura di attuazione del presente capo, per quanto riguarda i lavoratori subordinati, comprende tutte le prestazioni di regimi professionali di sicurezza sociale derivanti dai periodi di occupazione successivi al 17 maggio 1990 e ha effetto retroattivo a tale data, fatta eccezione per i lavoratori o i loro aventi diritto che, prima di questa data, abbiano promosso un'azione giudiziaria o proposto un reclamo equivalente a norma del diritto nazionale. In questo caso le misure di attuazione hanno effetto retroattivo alla data dell'8 aprile 1976 e comprendono tutte le prestazioni derivanti da periodi di occupazione successivi a tale data. Per gli Stati membri che hanno aderito alla Comunità dopo l'8 aprile 1976 e anteriormente al 17 maggio 1990, tale data è sostituita dalla data in cui l'articolo 141 del trattato è divenuto applicabile sul loro territorio.
2. La seconda frase del paragrafo 1 non osta a che le norme nazionali relative ai termini per i ricorsi di diritto interno possano essere opposte ai lavoratori o ai loro aventi diritto che abbiano promosso un'azione giudiziaria o proposto un reclamo equivalente a norma del diritto nazionale prima del 17 maggio 1990, purché non siano meno favorevoli, per questo tipo di ricorsi, rispetto a ricorsi analoghi di natura interna e non rendano impossibile nella pratica l'esercizio di diritti riconosciuti dalla normativa comunitaria.
3. Per gli Stati membri la cui adesione alla Comunità sia successiva al 17 maggio 1990 e che al 1° gennaio 1994 erano parti contraenti dell'accordo sullo Spazio economico europeo, la data del 17 maggio 1990 nella prima frase del paragrafo 1 è sostituita da quella del 1° gennaio 1994.
4. Per gli altri Stati membri la cui adesione alla Comunità sia successiva al 17 maggio 1990, quest'ultima data è sostituita nei paragrafi 1 e 2 dalla data in cui l'articolo 141 del trattato è divenuto applicabile nel loro territorio.
Età pensionabile flessibile
Il fatto che uomini e donne possano chiedere un'età pensionabile flessibile alle stesse condizioni non è considerato incompatibile con il presente capo.
Divieto di discriminazione
1. È vietata qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso nei settori pubblico o privato, compresi gli enti di diritto pubblico, per quanto attiene:
a) alle condizioni di accesso all'occupazione e al lavoro, sia dipendente che autonomo, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione indipendentemente dal ramo di attività e a tutti i livelli della gerarchia professionale, nonché alla promozione;
b) all'accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione professionale, perfezionamento e riqualificazione professionale, inclusi i tirocini professionali;
c) all'occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione come previsto all'articolo 141 del trattato;
d) all'affiliazione e all'attività in un'organizzazione di lavoratori o datori di lavoro, o in qualunque organizzazione i cui membri esercitino una particolare professione, nonché alle prestazioni erogate da tali organizzazioni.
2. Per quanto riguarda l'accesso al lavoro, inclusa la relativa formazione, gli Stati membri possono stabilire che una differenza di trattamento basata su una caratteristica specifica di un sesso non costituisca discriminazione laddove, per la particolare natura delle attività lavorative di cui trattasi o per il contesto in cui esse vengono espletate, tale caratteristica costituisca un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell'attività lavorativa, purché l'obiettivo sia legittimo e il requisito proporzionato.
Rientro dal congedo di maternità
Alla fine del periodo di congedo per maternità, la donna ha diritto di riprendere il proprio lavoro o un posto equivalente secondo termini e condizioni che non le siano meno favorevoli, e a beneficiare di eventuali miglioramenti delle condizioni di lavoro che le sarebbero spettati durante la sua assenza.
Congedo di paternità e di adozione
La presente direttiva lascia impregiudicata la facoltà degli Stati membri di riconoscere diritti distinti di congedo di paternità e/o adozione. Gli Stati membri che riconoscono siffatti diritti adottano le misure necessarie per tutelare i lavoratori e le lavoratrici contro il licenziamento causato dall'esercizio di tali diritti e per garantire che alla fine di tale periodo di congedo essi abbiano diritto di riprendere il proprio lavoro o un posto equivalente secondo termini e condizioni che non siano per essi meno favorevoli, e di beneficiare di eventuali miglioramenti delle condizioni di lavoro che sarebbero loro spettati durante la loro assenza.
Tutela dei diritti
1. Gli Stati membri provvedono affinché tutte le persone che si ritengono lese, in seguito alla mancata applicazione nei loro confronti del principio della parità di trattamento, possano accedere, eventualmente dopo essersi rivolte ad altre autorità competenti o dopo aver esperito le eventuali procedure di conciliazione, a procedure giurisdizionali finalizzate all'esecuzione degli obblighi derivanti dalla presente direttiva anche dopo la cessazione del rapporto nell'ambito del quale si sarebbe prodotta la discriminazione.
2. Gli Stati membri riconoscono alle associazioni, organizzazioni o altre persone giuridiche, che, conformemente ai criteri stabiliti dalle rispettive legislazioni nazionali, abbiano un legittimo interesse a garantire che le disposizioni della presente direttiva siano rispettate, il diritto di avviare, in via giurisdizionale e/o amministrativa, per conto o a sostegno della persona che si ritiene lesa e con il suo consenso, una procedura finalizzata all'esecuzione degli obblighi derivanti dalla presente direttiva.
3. I paragrafi 1 e 2 lasciano impregiudicate le norme nazionali relative ai termini per la proposta di azioni relative al principio della parità di trattamento.
Risarcimento o riparazione
Gli Stati membri introducono nei rispettivi ordinamenti giuridici nazionali le misure necessarie per garantire, per il danno subito da una persona lesa a causa di una discriminazione fondata sul sesso, un indennizzo o una riparazione reali ed effettivi, da essi stessi stabiliti in modo tale da essere dissuasivi e proporzionati al danno subito. Tale indennizzo o riparazione non può avere un massimale stabilito a priori, fatti salvi i casi in cui il datore di lavoro può dimostrare che l'unico danno subito dall'aspirante a seguito di una discriminazione ai sensi della presente direttiva è costituito dal rifiuto di prendere in considerazione la sua domanda.
Onere della prova
1. Gli Stati membri, secondo i loro sistemi giudiziari, adottano i provvedimenti necessari affinché spetti alla parte convenuta provare l'insussistenza della violazione del principio della parità di trattamento ove chi si ritiene leso dalla mancata osservanza nei propri confronti di tale principio abbia prodotto dinanzi ad un organo giurisdizionale, ovvero dinanzi ad un altro organo competente, elementi di fatto in base ai quali si possa presumere che ci sia stata discriminazione diretta o indiretta.
2. Il paragrafo 1 non osta a che gli Stati membri impongano un regime probatorio più favorevole alla parte attrice.
3. Gli Stati membri possono non applicare il paragrafo 1 alle procedure nelle quali l'istruzione dei fatti spetta all'organo giurisdizionale o all'organo competente.
4. I paragrafi 1, 2 e 3 si applicano anche:
a) alle situazioni contemplate dall'articolo 141 del trattato e, in caso di discriminazione fondata sul sesso, dalle direttive 92/85/CEE e 96/34/CE;
b) a qualsiasi procedimento civile o amministrativo riguardante il settore pubblico o privato che preveda mezzi di ricorso secondo il diritto nazionale in base alle disposizioni di cui alla lettera a), ad eccezione dei procedimenti non giurisdizionali di natura volontaria o previsti dal diritto nazionale.
5. Salvo diversa disposizione degli Stati membri, il presente articolo non si applica ai procedimenti penali.
Organismi per la parità
1. Gli Stati membri designano uno o più organismi per la promozione, l'analisi, il controllo e il sostegno della parità di trattamento di tutte le persone senza discriminazioni fondate sul sesso. Tali organismi possono far parte di agenzie incaricate, a livello nazionale, della difesa dei diritti umani o della salvaguardia dei diritti individuali.
2. Gli Stati membri assicurano che nella competenza di tali organismi rientrino:
a) l'assistenza indipendente alle vittime di discriminazioni nel dare seguito alle denunce da essi inoltrate in materia di discriminazione, fatto salvo il diritto delle vittime e delle associazioni, organizzazioni o altre persone giuridiche di cui all'articolo 17, paragrafo 2;
b) lo svolgimento di inchieste indipendenti in materia di discriminazione;
c) la pubblicazione di relazioni indipendenti e la formulazione di raccomandazioni su questioni connesse con tali discriminazioni;
d) al livello appropriato, lo scambio di informazioni disponibili con gli organismi europei corrispondenti, come un futuro Istituto europeo per l'eguaglianza di genere.
Dialogo sociale
1. Gli Stati membri, conformemente alle tradizioni e prassi nazionali, prendono le misure adeguate per incoraggiare il dialogo tra le parti sociali al fine di promuovere la parità di trattamento, fra l'altro, ad esempio, tramite il monitoraggio delle prassi nei luoghi di lavoro, nell'accesso al lavoro, alla formazione professionale e alla promozione professionale, nonché tramite il monitoraggio dei contratti collettivi, codici di comportamento, ricerche o scambi di esperienze e di buone pratiche.
2. Laddove ciò sia conforme alle tradizioni e prassi nazionali, gli Stati membri incoraggiano le parti sociali, lasciando impregiudicata la loro autonomia, a promuovere la parità tra gli uomini e le donne, a introdurre disposizioni lavorative flessibili intese a facilitare l'armonizzazione della vita professionale con la vita privata e a concludere al livello appropriato accordi che fissino regole antidiscriminatorie negli ambiti di cui all'articolo 1 che rientrano nella sfera della contrattazione collettiva. Tali accordi rispettano le disposizioni della presente direttiva e le relative misure nazionali di attuazione.
3. Gli Stati membri, in conformità con la legislazione, i contratti collettivi o le prassi nazionali, incoraggiano i datori di lavoro a promuovere in modo sistematico e pianificato la parità di trattamento tra uomini e donne sul posto di lavoro, in materia di accesso al lavoro, nonché alla formazione e alla promozione professionali.
4. A tal fine, i datori di lavoro sono incoraggiati a fornire ai lavoratori e/o ai rappresentanti dei lavoratori, ad intervalli regolari appropriati, informazioni adeguate sulla parità di trattamento tra uomini e donne nell'impresa.
Tali informazioni possono includere uno studio sulla distribuzione di uomini e donne ai vari livelli dell'impresa, sulle remunerazioni e le differenze di remunerazione tra uomini e donne, nonché proposte di misure atte a migliorare la situazione in cooperazione con i rappresentanti dei dipendenti.
Dialogo con le organizzazioni non governative
Al fine di promuovere il principio della parità di trattamento, gli Stati membri incoraggiano il dialogo con le competenti organizzazioni non governative che, conformemente alle rispettive legislazioni e prassi nazionali, hanno un legittimo interesse a contribuire alla lotta contro le discriminazioni fondate sul sesso.
Osservanza
Gli Stati membri prendono tutte le misure necessarie per assicurare che:
a) tutte le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative contrarie al principio della parità di trattamento siano abrogate;
b) le disposizioni contrarie al principio della parità di trattamento contenute nei contratti individuali o collettivi, nei regolamenti interni delle aziende o nelle regole che disciplinano il lavoro autonomo e le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro o in qualsiasi altro accordo siano o possano essere dichiarate nulle e prive di effetto oppure siano modificate;
c) i regimi professionali di sicurezza sociale contenenti siffatte disposizioni non possano essere oggetto di misure amministrative di approvazione o di estensione.
Vittimizzazione
Gli Stati membri introducono nei rispettivi ordinamenti giuridici le disposizioni necessarie per proteggere i lavoratori, inclusi i rappresentanti dei dipendenti previsti dalle leggi e/o prassi nazionali, dal licenziamento o da altro trattamento sfavorevole da parte del datore di lavoro, quale reazione ad un reclamo all'interno dell'impresa o ad un'azione legale volta ad ottenere il rispetto del principio della parità di trattamento.
Sanzioni
Gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni nazionali di attuazione della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione. Le sanzioni, che possono prevedere un risarcimento dei danni, devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano le relative disposizioni alla Commissione entro il 5 ottobre 2005 e provvedono poi a notificare immediatamente le eventuali modificazioni successive.
Prevenzione della discriminazione
Gli Stati membri incoraggiano, in conformità con il diritto, gli accordi collettivi o le prassi nazionali, i datori di lavoro e i responsabili dell'accesso alla formazione professionale a prendere misure efficaci per prevenire tutte le forme di discriminazione sessuale e, in particolare, le molestie e le molestie sessuali nel luogo di lavoro, nell'accesso al lavoro nonché alla formazione e alla promozione professionali come pure nelle condizioni di lavoro.
Prescrizioni minime
1. Gli Stati membri possono introdurre o mantenere, per quanto riguarda il principio della parità di trattamento, disposizioni più favorevoli di quelle fissate nella presente direttiva.
2. L'attuazione delle disposizioni della presente direttiva non costituisce in nessun caso una ragione sufficiente per giustificare una riduzione del livello di tutela dei lavoratori nei settori rientranti nel suo campo d'applicazione e non pregiudica il diritto degli Stati membri di introdurre, in base all'evolversi della situazione, disposizioni legislative, regolamentari o amministrative diverse da quelle in vigore al momento della notificazione della presente direttiva, purché siano rispettate le norme in essa previste.
Relazione con le disposizioni comunitarie e nazionali
1. La presente direttiva non pregiudica le misure relative alla protezione della donna, in particolare per quanto riguarda la gravidanza e la maternità.
2. La presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni della direttiva 96/34/CE e della direttiva 92/85/CEE.
Integrazione della dimensione di genere
Gli Stati membri tengono conto dell'obiettivo della parità tra gli uomini e le donne nel formulare ed attuare leggi, regolamenti, atti amministrativi, politiche e attività nei settori di cui alla presente direttiva.
Diffusione di informazioni
Gli Stati membri provvedono a che le misure adottate a norma della presente direttiva e le pertinenti disposizioni già in vigore siano portate a conoscenza degli interessati con qualsiasi mezzo idoneo e, se del caso, sul luogo di lavoro.
Relazioni
1. Entro il 15 febbraio 2011, gli Stati membri comunicano alla Commissione tutte le informazioni necessarie per consentire alla Commissione di redigere una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'applicazione della presente direttiva.
2. Salvo il disposto del paragrafo 1, gli Stati membri sottopongono ogni quattro anni alla Commissione il testo delle eventuali misure adottate in base all'articolo 141, paragrafo 4, del trattato nonché relazioni su tali misure e sulla loro attuazione.
Sulla base di tali informazioni, la Commissione adotta e pubblica ogni quattro anni una relazione di valutazione comparativa di tali misure, alla luce della dichiarazione n. 28 allegata all'atto finale del trattato di Amsterdam.
3. Gli Stati membri valutano le attività professionali di cui all'articolo 14, paragrafo 2, al fine di stabilire se sia giustificato, tenuto conto dell'evoluzione sociale, mantenere le esclusioni in questione. Essi comunicano alla Commissione periodicamente, ma almeno ogni 8 anni, i risultati di tale esame.
Riesame
Al più tardi entro il 15 febbraio 2013, la Commissione riesamina la presente direttiva e, se del caso, propone le modifiche che ritenga necessarie.
Attuazione
Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi entro il 15 agosto 2008 o provvedono, entro tale data, a che le parti sociali introducano le disposizioni necessarie mediante accordo. Ove necessario per tener conto di particolari difficoltà, gli Stati membri dispongono di un ulteriore anno al massimo per conformarsi alla presente direttiva. Gli Stati membri prendono tutte le misure necessarie per potere garantire i risultati imposti dalla presente direttiva.
Essi comunicano immediatamente alla Commissione i testi di tali disposizioni.
Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Gli Stati membri devono altresì adottare una norma la quale preveda che i riferimenti alle direttive abrogate dalla presente direttiva, contenuti nelle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative esistenti, vanno intesi come riferimenti alla presente direttiva. Gli Stati membri stabiliscono come formulare il suddetto riferimento e la suddetta norma.
L'obbligo di attuare la presente direttiva si limita alle disposizioni che rappresentano un cambiamento sostanziale rispetto alle direttive precedenti. L'obbligo di attuare le disposizioni sostanzialmente immutate deriva dalle direttive precedenti.
Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle principali disposizioni di diritto nazionale da essi adottate nel campo oggetto della presente direttiva.
1. A decorrere dal 15 agosto 2009 le direttiva 75/117/CEE, 76/207/CEE, 86/378/CEE e 97/80/CE sono abrogate, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri concernenti i termini per l'attuazione e l'applicazione delle direttive di cui all'allegato I, parte B.
2. I riferimenti alle direttive abrogate vanno intesi come riferimenti alla presente direttiva e vanno letti alla luce della tabella di corrispondenza contenuta nell'allegato II.
Giurisprudenza Collegata: Corte Giustizia CE, C-506/06;
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
ALLEGATO I
ALLEGATO II