Cassazione Civile, Sez. Lav., 10 dicembre 2013, n. 27519 - Risarcimento del danno biologico per malattie contratte sul lavoro e prescrizione del diritto


 

Fatto





La Corte di Appello di Bari con la sentenza n. 2542 del 2008 ha confermato la decisione di primo grado del Tribunale di Bari del 31.01.2005, che aveva accolto l’eccezione di prescrizione proposta da Rete Ferroviaria Italiana avente ad oggetto il diritto, azionato da P.P., al risarcimento del danno sia sotto il profilo della responsabilità extracontrattuale ex art. 2947, 1° comma. Cod. Civ., sia sotto il profilo di quella contrattuale ex art. 2946 Cod. Civ.

La Corte ha ribadito che il termine di prescrizione in entrambi i due casi decorreva dal 1986, data in cui il P. aveva ammesso di essere stato ricoverato di urgenza in ospedale, per essere affetto da lombo sciatalgia sinistra, impotenza funzionale, cervicalgia, cefalea e rachialgia, tutte manifestazioni della patologia artrosica, per le quali egli aveva chiesto il risarcimento del danno biologico.

La stessa Corte ha aggiunto che, anche a voler prendere in considerazione la data dell’istanza amministrativa del 22.05.1992, il termine decennale si sarebbe comunque consumato, in quanto la domanda nei confronti della RFI era stata notificata soltanto in data 12.02.2004.

Né il termine di prescrizione, secondo la Corte, poteva ritenersi utilmente interrotto dalla raccomandata inviata il 4.12.2000 all’UPLMO e alla S.p.A. Ferrovie dello Stato, essendo quest’ultima società diversa dall’appellante RFI e comunque dotata di una propria autonomia giuridica, a nulla rilevando la circostanza che la S.p.A. fosse la holding del gruppo al quale apparteneva la stessa RFI.

Il P. ricorre per cassazione con un motivo.

La RFI resiste con controricorso.


Diritto





1. Con l'unico motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2935, 2943, 2945, 2946, 2087 Cod. Civ., degli artt. 115 e 127 CPC.

L’impugnata sentenza viene censurata per avere il giudice di merito affermato l’intervenuta la prescrizione del diritto azionato dal ricorrente (risarcimento del danno biologico per malattie contratte sul lavoro) sulla base di motivazioni che vorrebbero la maturazione della prescrizione ancor prima della manifestazione della patologia e della possibile conoscenza del nesso causale patologia/lavoro svolto.

La censura è priva di pregio e non merita di essere condivisa.

La Corte territoriale con valutazione, sorretta da congrua e logica motivazione, ha individuato il dies a quo ai fini della decorrenza della prescrizione all’interno dell'anno 1986, quando il P. venne ricoverato presso la clinica Z. di Monza e in quell’occasione gli vennero diagnosticate, tra l’altro, cervicalgia, cefalea e rachialgia, lombosciatalgia sinistra. Orbene secondo la Corte il P. sin dal 1986 avrebbe potuto conoscere la patologia artrosica cervicale, che, anche se considerata come aggravamento, rappresenta un peggioramento del processo morboso già in atto e non una manifestazione di una lesione nuova ed autonoma (cfr Cass. n. 7937 del 2000; Cass. n. 3498 del 2004). Tale asserito aggravamento delle originarie patologie pertanto non avrebbe potuto spostare il termine iniziale di decorrenza della prescrizione del diritto azionato ex art. 2087 Cod. Civ. Il ricorrente contesta inoltre la sentenza impugnata per avere ritenuto non idonea ai fini interattivi della prescrizione la richiesta del risarcimento del danno, di cui alla raccomandata inviata il 4 dicembre 2000 alle Ferrovie dello Stato S.p.A., osservando che la richiesta non poteva che essere avanzata a tale società e non ad una nuova società non ancora esistente, come la Rete Ferroviaria Italiana S.p.A.

La censura non assume una sua autonoma rilevanza e non è decisiva investendo motivazione adottata ad abundantiam da parte del giudice di appello, che, come già detto, ha accertato il decorso del termine prescrizionale decennale con decorrenza dal 1986, termine quindi ampiamente decorso al dicembre 2000.

2. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.



P.Q.M.




Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in € 100,00 per esborsi ed € 2.000,00 per compensi, oltre accessori di legge.